Pensavo fosse un Paul Gascoigne, invece era un Angelo Di Livio. Arrivato all’Etihad Stadium nell’estate del 2021, forse Jack Grealish non valeva i 100 milioni di sterline sborsati allora dal Manchester City per il suo cartellino, ma sicuramente era uno dei talenti più fulgidi della sua generazione. Oggi, le difficoltà dell’ex Aston Villa sono in qualche modo l’epitome della crisi tecnica che stanno attraversando i Citizens, condensata nel dato che recita nove sconfitte subite dalla squadra di Pep Guardiola nell’arco delle ultime dodici partite disputate fra le varie competizioni.
La crisi di Grealish e del Manchester City
L’ultima di queste battute d’arresto è arrivata sabato a Birmingham, proprio in casa di quell’Aston Villa nel cui settore giovanile Grealish è cresciuto, per poi imporsi in prima squadra.
https://x.com/footballontnt/status/1870494033807577214
Se è vero, com’è vero, che il City in questo periodo ha riscontrato più di un problema in fase difensiva (e non soltanto per l’infortunio che ha tolto di mezzo per tutta la stagione il pallone d’oro Rodri) è altrettanto evidente come la formazione campione d’Inghilterra abbia dei seri guai da dover risolvere anche in avanti.
https://x.com/Jon_Mackenzie/status/1870482717936374191
Là dove cioè il gioco rigidamente posizionale di Guardiola sta incontrando delle difficoltà. Proprio perché inserito in un contesto del genere, a struttura fissa e con compiti precisi, il talento di Grealish è parso annacquato, ben lontano da quello che il giocatore inglese aveva mostrato quando vestiva la maglia dei Villains. Con il bordeaux e celeste della squadra di Birmingham infatti Grealish entusiasmava a suon di dribbling e di giocate individuali, partendo centralmente all’interno di un sistema come quello costruito dal tecnico inglese Dean Smith, che lasciava il suo gioiellino libero di esprimersi da vero no.10.
Una delle specialità della casa era la risalita del campo. In queste situazioni Grealish attaccava verticalmente con la palla come incollata al suo destro, incurante di avversari che venivano di volta in volta saltati in dribbling. Un tipo di giocata che l’inglese ha ancora nel suo repertorio. Se guardiamo infatti alla distanza progressiva, cioè ai metri totali che Grealish ha fatto guadagnare alla sua squadra spostando la palla verso la rete avversaria, notiamo come il dato per 90 minuti di questa prima parte di campionato (211.13 m) è superiore sia a quello della stagione scorsa (169.80) che a quello della Premier 2022-23 (159.65).
Da artista del pallone a burocrate
Il problema è un altro e riguarda il fatto che Guardiola ne abbia in qualche modo castrato l’iniziativa. Con l’ordine primario che è diventato quello di passare, in un contesto dove il mantenimento del controllo del pallone e dello spazio raggiunge toni esasperati, Grealish infatti ha finito per immalinconire se stesso e anche il proprio gioco, non risultando più determinante negli ultimi trenta metri di campo.
Un dato su tutti è sufficiente per esemplificare questo fatto: come riportato dal Times, nelle due ultime stagioni trascorso all’Aston Villa Grealish ha provocato otto reti in Premier da tiri seguiti a sue portate di palla, contro nessuna dal momento del suo passaggio al Manchester City.
In base a quanto calcolato da whoscored inoltre i dribbling di Grealish sono passati in Premier da una media di 2.5 nel 2020-21 (ultima stagione al Villa) agli 0.9 del campionato 2023-24 e di quello attuale. La casella dei gol realizzati nella Premier di quest’anno è ancora desolatamente vuota. Questi numeri, combinati con quelli precedenti, danno l’immagine di un calciatore che contribuisce a portare palla nei trenta metri offensivi ma che poi non rischia la giocata.
L’anno della Champions vinta in finale contro l’Inter (2023) l’impiego di Grealish come arma tattica per garantire alla squadra il controllo sulle partite era stata una delle mosse vincenti da parte di Guardiola. Ora, con la crisi (momentanea?) di quel tipo di calcio, questo tipo di utilizzo è diventato in qualche modo limitante.
Talmente impattante (in negativo) è stata la sua trasformazione recente da giocatore estroso a calciatore di sistema, da artista del pallone a burocrate, che Grealish recentemente è stato impiegato da Guardiola anche in mezzo al campo, come un no.8 qualsiasi.
Rischio zero
Quella della posizione è una delle note dolenti dell’avventura di Grealish a Manchester. L’inglese dovrebbe giocare più centralmente sì, ma sulla trequarti, come faceva al Villa Park. La presenza in squadra dei vari Phil Foden, Kevin De Bruyne e İlkay Gündoğan rende però difficile questa soluzione. Ma non è soltanto una questione di posizionamento di partenza. È la libertà di movimento che sembra venuta meno.
Al Villa Grealish vedeva la zona sinistra del campo come quella elettiva, dove poter andare liberamente per muoversi poi a rientrare sfruttando il proprio destro. Al City invece, quando impiegato largo, il corridoio mancino sta diventando per il giocatore inglese una sorta di gabbia, nemmeno tanto dorata. La libertà di movimento di cui godeva sotto Dean Smith è diventata ormai una chimera.
Quando passa da Grealish, il gioco del City non approfitta dei guizzi del ragazzo, ma continua a rimanere prevedibile, poco avvezzo al rischio, maggiormente orientato a impedire la perdita del possesso e quelle eventuali transizioni che ultimamente si stanno rivelando letali per gli uomini di Guardiola.
A tal proposito, è emblematico quanto riportato da The Athletic riguardo la già citata sfida fra il City e l’Aston Villa. In questa occasione i Citizens hanno fatto fatica a superare il blocco difensivo predisposto da Unai Emery, col risultato di limitarsi a servire un Grealish largo e isolato a sinistra. L’esterno inglese però si limitava più che altro a far riciclare il possesso della sua squadra, senza incidere più di tanto sulla manovra offensiva.
https://x.com/Top4FPL/status/1870454778322645259
Grealish il soldatino
In queste stagioni al City Grealish non è dunque cresciuto. Anzi, per certi aspetti sembra regredito. Quando esplose con l’Aston Villa si pensava che l’Inghilterra avesse trovato un giocatore in grado di sparigliare le carte, un novello Gascoigne o, almeno, uno Steve McManaman (ex Liverpool, Real Madrid e proprio Manchester City).
Invece, questi anni con Pep hanno trasformato Grealish in un soldatino (da qui il paragone con Di Livio fatto a inizio articolo), in grado di eseguire bene il compitino, applicato, non però in grado di riuscire ad elevarsi oltre la sufficienza. Le partite di Grealish, quando schierato all’ala, si riducono quindi a ricevere palla, passarla ad un compagno o tagliare centralmente per poi…passarla ad un compagno.
Cosa fare per recuperare Grealish
Cosa fare per recuperare Grealish? Tanto per cominciare, bisognerebbe ricollocare il ragazzo sulla trequarti. Poi Guardiola dovrebbe garantirgli un po’ più di libertà. Ma questo comporterebbe un cambiamento nell’approccio tattico da parte del catalano, difficile ad oggi da immaginare.
Più facile forse pensare ad un ricambio a livello di organico (di cui il Manchester City sembra avere bisogno) che porti a fine stagione Guardiola a considerare Grealish nuovamente come un giocatore da impiegare nei corridoi di mezzo.
Una ricollocazione centrale che potrebbe giocare all’inglese e dalla quale potrebbe trarre vantaggio anche la nuova Inghilterra di Thomas Tuchel. Il tedesco ai tempi del Chelsea espresse la propria ammirazione per Grealish. Uno dei compiti che attendono Tuchel è proprio quello di far convivere il talento dei vari Foden, Grealish, Jude Bellingham e Cole Palmer. Forse non sarà possibile vederli tutti insieme contemporaneamente in campo. La speranza comunque è che l’ex allenatore del Bayern sia in grado di tirare fuori il meglio da ognuno di questi giocatori (e dagli altri del reparto offensivo).
In un’altra squadra?
E se invece Grealish lasciasse il City? Lasciando perdere le considerazioni economiche per un calciatore pagato quanto lui, la questione ruoterebbe attorno alla capacità di Grealish di riproporre quei flash di brillantezza individuali che lo fecero esplodere all’Aston Villa.
Un contesto più relazionale, meno strutturato, ove incontrare maggiore libertà rappresenterebbe in questo senso un aiuto per ritornare ai fasti del passato. Il problema, come detto, non è che Grealish stia facendo male nel gioco di Guardiola, ma che stia dando meno di quanto ci si attendeva.
Per questo cambiare aria potrebbe essergli d’aiuto. O, almeno, chiarirebbe a tutti se davvero Grealish è quel fantasista che si immaginava potesse diventare a Birmingham o se, invece, ad altissimo livello, il giocatore dovrà accontentarsi di diventare ‘solo’ un buon giocatore di sistema.