Dopo tante delusioni, dal 2023 l’Italia del tennis è tornata sul tetto del mondo. Sinner e compagni hanno riportato nel nostro Paese un titolo che mancava addirittura dal 1976, anno del primo storico trionfo in Coppa Davis targato Adriano Panatta, Paolo Bertolucci e Corrado Barazzutti, guidati da Nicola Pietrangeli. Un digiuno lungo ben 47 anni che stava per essere interrotto nel 1998 grazie al fenomenale Andrea Gaudenzi, trascinatore del movimento tennistico italiano a cavallo tra gli anni ‘90 e i primi anni ‘00.
I Gaudenzi, dinastia col tennis nel sangue
Classe 1973, Gaudenzi inizia a calcare i campi da tennis a 4 anni e diventa professionista ancora prima di essere maggiorenne. La sua storia però parte da molto più lontano. Nel 1933 Teo Gaudenzi, nonno di Andrea, fu l’ideatore del primo campo dell’attuale Tennis Club Faenza. Fiduciario del club fino al 1965, ne divenne presidente fino al 1986, anno della sua scomparsa. Il suo successore è stato il figlio Stefano, numero 5 italiano negli anni ’60 dietro a mostri sacri quali Pietrangeli, Orlando Sirola, Fausto Gardini e Giuseppe Merlo. L’altro figlio Gabriele, dopo un discreto passato da giocatore a livello giovanile, decide di completare gli studi e di mettere su famiglia: nascono la primogenita Annalisa e in seguito il “nostro” Andrea.
Il piccolo di casa si appassiona al tennis giocando nel cortile della residenza Gaudenzi a Borgo San Rocco e il padre intravede quasi subito qualcosa di speciale in lui, tanto da farlo allenare tutti i giorni al Tennis Club Zavaglia di Ravenna. Nell’epoca delle racchette di legno e dei completi firmati Sergio Tacchini, a 12 anni Gaudenzi raggiunge la finale della Coppa Lambertini – il campionato nazionale Under 12 – persa poi contro Luca Dallapiazza. Sebbene il torneo gli sfugga di mano le sue qualità sono chiare, tanto che la FIT lo convoca al Centro Federale di Riano. Andrea fa passi da gigante, una crescita che lo porta al trionfo nel famoso Torneo di Salsomaggiore e, soprattutto, alla doppietta Roland Garros – US Open Juniores nel 1990.
Gaudenzi diventa numero 1 del mondo Juniores, traguardo che attira l’attenzione della IMG, colosso del tennis che lo prende sotto la propria ala e lo affida a Bob Hewitt. Dovrebbe essere il preludio al grande passo ma il feeling con il coach australiano non sboccia. Con una decisione non facile ed estremamente coraggiosa per un ragazzo a caccia di fama nel mondo del tennis, Gaudenzi riprende in mano la propria carriera, salutando IMG e la FIT. Da quel momento in poi si allena in Austria sotto la guida di Ronnie Leitgeb – già tecnico di un’altra giovane star come Thomas Muster – e Wolfgang Dal Negro.
Sta nascendo una stella e tutta Italia ripone in Gaudenzi le proprie speranze. Per il nostro tennis d’altronde non è un bel momento, tutt’altro. Il seguito del tennis è ai minimi storici, non ci sono giocatori particolarmente talentuosi né giovani su cui puntare. Andrea Gaudenzi, come Luke Skywalker, diventa la nostra nuova speranza.
Un giovanissimo Gaudenzi ai primi assaggi di terra rossa
Anni di cocenti sconfitte
È il 1994, siamo in Germania e si gioca il torneo ATP di Stoccarda. Dopo aver affrontato e sconfitto, tra gli altri, il numero 3 del ranking mondiale Michael Stich, Gaudenzi è pronto per giocarsi la finale della competizione contro il basco Alberto Berasategui. La gara è combattuta, il giovane italiano mette sul campo tutto ciò che ha in termini tecnici e fisici. Ma i suoi sforzi sono vani, finisce 7-5 6-3 7-6 per lo spagnolo, che nel corso dello stesso anno si spingerà fino alla settima posizione nel ranking mondiale. Alla prima finale giocata corrisponde la prima sconfitta ma il nostro ha moltissima fame e altrettanto talento, caratteristiche che sette mesi più tardi lo portano a giocarsi un’altra finale.
Questa volta di fronte al faentino, capace di eliminare nel primo turno il numero cinque al mondo Goran Ivanišević, c’è il sudafricano Wayne Ferreira. Nonostante l’italiano si sia presentato all’atto conclusivo dopo aver superato uno dei più grandi tennisti dell’epoca, sul cemento di Dubai arriva un’altra sconfitta con un doppio 6-3. Si tratta del secondo KO in altrettante finali per Gaudenzi, che però si può consolare con il diciottesimo posto nel ranking ATP (miglior piazzamento in carriera, nonché nono miglior piazzamento italiano di sempre). Una posizione che ne agevola il tabellone fino a spingerlo alla finalissima del torneo di San Marino del 13 agosto 1995. Andrea può finalmente giocarsi una finale “in casa” e lo fa sulla terra rossa, la sua superficie preferita.
Dall’altra parte della rete c’è un avversario non solo di grande calibro – è il numero 3 al mondo – ma anche uno dei peggiori possibili, che lo conosce meglio di chiunque altro: Thomas Muster. I contendenti si rispettano, si temono e, da buoni compagni di allenamento, conoscono i rispettivi difetti. Sarà determinante la disparità di talento, a Gaudenzi non basta il supporto del pubblico amico: Muster è troppo superiore e schiaccia il tennista di Faenza 6-2 6-0.
Una vittoria netta e un parziale di due set a zero che si ripete nella rivincita di Estoril dell’anno seguente, nella quale l’austriaco si impone vincendo 7-6 6-4. Sembra una maledizione: in sei anni da professionista Gaudenzi ha perso quattro finali su quattro, che diventano cinque con la sconfitta a Bucarest nel 1997 contro Richard Fromberg. Il nostro giocatore più talentuoso non riesce a vincere. La grande speranza azzurra rischia di rimanere soltanto uno straordinario perdente. Ma il 29 marzo del 1998 la storia cambia.
Grand Prix Hassan II, Gaudenzi si presenta sulla terra rossa marocchina da testa di serie numero 4. Nel primo turno sconfigge in rimonta il romeno Andrei Pavel, nel secondo liquida il francese Arnaud Di Pasquale con un secco 6-2 6-3. Ai quarti di finale arriva il costaricano Juan Antonio Marín, testa di serie numero 6 della manifestazione: come nel primo turno, Gaudenzi rimonta e vince in tre set. Ad attenderlo al penultimo atto c’è Sébastien Grosjean, che nel frattempo ha eliminato l’idolo di casa Hicham Arazi, testa di serie numero 2. Ma il faentino è in gran forma e con un doppio 6-4 si guadagna la finale. Sarà Italia contro Spagna, Gaudenzi contro Álex Calatrava, l’ennesima chance di redenzione.
Dopo aver vinto il primo set 6-4, Gaudenzi cede il secondo 7-5. Ci si gioca tutto al terzo set. Ma in Marocco la storia non si ripete, si riscrive. Gaudenzi chiude con un altro 6-4 e diventa campione, scrollandosi di dosso un peso che aveva sulle spalle da troppo tempo. Se è vero che quattro mesi dopo in Austria arriverà la sesta sconfitta in finale, l’alloro in Marocco gli dona una maggiore fiducia e una ritrovata serenità, ingredienti fondamentali per caricarsi sulle spalle l’intera Italia del tennis e dare la caccia a un traguardo che sarebbe storico.
1994, un giovane Andrea Gaudenzi festeggia un inatteso successo su Jim Courier allo US Open
Coppa Davis 1998: sfiorare il cielo con un dito
Andrea Gaudenzi, Diego Nargiso, Gianluca Pozzi, Davide Sanguinetti: questo il quartetto d’archi che ci rappresenta nella Coppa Davis del 1998. Una squadra composta da tre discreti giocatori e da un campione. Come spesso accade, non ci presentiamo ai nastri di partenza con i favori del pronostico. Tuttavia l’Italia parte forte liquidando 4-1 l’India al primo turno e annichilendo 5-0 lo Zimbabwe ai quarti. In semifinale ci ritroviamo contro un mostro a tre teste, gli Stati Uniti primatisti all-time in Coppa Davis con 31 successi. Si gioca a Milwaukee, ma i nostri avversari sono senza Pete Sampras e André Agassi e questo gioca a nostro favore. Sul cemento americano spazziamo via anche i padroni di casa: 4-1 e accesso all’atto conclusivo della manifestazione.
Di fronte a noi c’è la Svezia che con lo stesso risultato, a Stoccolma, ha rispedito a casa la Germania. Al Forum di Assago si respira l’aria della grande festa. Si gioca nel weekend lungo che va dal 4 al 6 dicembre, su terra indoor. Un campo lento che si adatta alle caratteristiche dei nostri tennisti, su tutti di Gaudenzi, ma di fronte a noi si palesa un team temutissimo, campione in carica e finalista in quattro delle ultime cinque edizioni di Davis. In singolo possiamo battere Magnus Norman e Magnus Gustafsson, ma partiamo decisamente sfavoriti nel doppio contro Jonas Björkman e Nicklas Kulti.
La prima sfida è tra Gaudenzi e Norman, il numero 1 d’Italia contro il numero 2 di Svezia. La gara è dura, fisica, massacrante. Andrea vince il primo set 7-6 e il terzo 6-4, lo svedese il secondo 7-6 e il quarto 6-3, si arriva al decisivo quinto set e Gaudenzi, sul 6-5, serve per il match. Siamo vicini al primo punto della finale ma il vento, invece di soffiare a favore, decide di sbatterci la porta in faccia. Al momento del servizio il tendine della spalla destra del faentino si sfilaccia. Ne segue un grido che sembra provenire direttamente da un film di Dario Argento, i 15mila presenti sono pietrificati. Nonostante gli sforzi commoventi, Gaudenzi è costretto a ritirarsi sul punteggio di 6-6.
L’Italia perde il primo punto e da lì è il crollo: Sanguinetti cede per tre set a zero contro Gustafsson e il giorno successivo, in coppia con Nargiso, cade con lo stesso punteggio. La vittoria di Nargiso contro Norman sarà inutile, la Svezia vince la Coppa Davis. Proprio noi, che nel 1976 abbiamo vinto in Cile contro i padroni di casa, perdiamo tra le mura amiche, vittime di un contrappasso degno della Divina Commedia. Qualche anno più tardi, precisamente nel 2001, Gaudenzi ottiene altri due titoli ATP in Austria e in Svezia, mentre nel 2002 diviene l’unico italiano in grado di battere Sampras al primo turno del Roland Garros. Una magra consolazione che, però, non può ricucire la cicatrice della finale persa nel 1998. È il più grande rimpianto della carriera del faentino, che si ritira definitivamente nel 2003.
Immagini dalla finale di Coppa Davis 1998, prima del fattaccio
Tech, musica e presidenza ATP
Non tutti sono in grado di reinventarsi dopo aver chiuso la propria carriera sportiva, indipendentemente dalla sua durata. Ma questo non è il caso di Gaudenzi che, dopo aver lasciato i campi da tennis, intraprende un altro cammino straordinario. Laureatosi in giurisprudenza durante la carriera presso l’Università di Bologna, dopo il ritiro il faentino consegue il master in Business Administration a Londra e, da lì in poi, non si ferma più. Lavora per cinque anni per la piattaforma di betting Bwin, altrettanti al servizio della startup Real Fun Games, quindi si avventura in un’esperienza totalmente al di fuori del mondo dello sport grazie a Musixmatch, una data company in contatto con case discografiche che detengono i diritti delle canzoni o con le piattaforme che le diffondono.
Il compito di Gaudenzi in qualità di chief revenue officer – un ruolo che in italiano può essere tradotto come “responsabile per l’aumento degli introiti” – è quello di creare un database con testi, traduzioni e tantissimi altri dati al fine di offrire delle recommendation a livello musicale che tengano conto del significato dei testi. La perfetta fusione tra musica e tecnologia, grande passione dell’ex tennista:
Ricominciare non è stato affatto facile. In Europa ci sono tanti pregiudizi verso gli sportivi perché qua sei quasi costretto a scegliere tra sport e lavoro, mentre in America le due cose vanno di pari passo e, anzi, se sei uno sportivo di livello hai persino una marcia in più. Per me è stato fondamentale capire che dovevo ripartire da zero e combattere i luoghi comuni, il mio amore per la tecnologia mi ha aiutato molto. Sono sempre stato un grande fan di questo mondo e infatti nel 1994 già avevo uno Zenith, puntavo a trovare un lavoro nel campo tecnologico e la mia forte curiosità mi ha guidato.
Dopo questa esperienza, tuttavia, Gaudenzi è tornato a quello che da tre generazioni è il grande amore di famiglia. Il suo rientro nel mondo del tennis non ha seguito il classico percorso intrapreso da molti ex colleghi:
Non ho fatto il coach perché non ho voluto, non era ciò che sognavo. Sono felice di aver fatto parte del Board ATP Media e aver contribuito alla fondazione di Tennis TV, app in cui sono disponibili sia contenuti in tempo reale che un archivio digitale con i grandi incontri del passato.
Oggi Gaudenzi ha scalato le gerarchie ed è diventato il presidente dell’ATP, una carica che ricopre da gennaio 2020 e che ricoprirà almeno fino al 2026. Un ruolo di assoluto prestigio che assolve con grande professionalità grazie al mix tra la conoscenza del mondo sportivo maturata nel corso della sua lunga carriera da tennista e l’esperienza manageriale in materia di intrattenimento, marketing sportivo e media. Una figura completa sotto tutti i punti di vista e, ancora oggi, un vero orgoglio italiano.
Gaudenzi nella sua nuova veste istituzionale
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