Trezeguet, Ahn e gli altri: la dura legge del Golden Gol

Golden gol - Puntero

Chi segna vince!“. Quante volte da bambini abbiamo urlato questa frase all’oratorio o in un campetto improvvisato in mezzo alla strada. Il tempo per giocare volgeva al termine e a casa ci attendevano le mamme pronte a sgridarci per un pantalone strappato o una maglietta lisa. I match dovevano finire e, quale che fosse il risultato, il più forte o il più carismatico riusciva a giocare il jolly avanzando tutta la squadra all’attacco per segnare l’ultimo gol, quello decisivo. Una regola da strada, come il proprietario del pallone che decide chi gioca, i portieri volanti, il gol di vantaggio in partenza alla squadra in inferiorità numerica. Tutte regole tramandate e non scritte, eppure la norma del “chi segna vincefu resa ufficiale dalla FIFA nel 1993.

L’International Football Association Board (IFAB) decise di modificare la procedura dei tempi supplementari perché spesso le squadre adottavano uno stile di gioco rinunciatario e per nulla offensivo attendendo i calci di rigore. Inizialmente fu chiamata Sudden Death (morte improvvisa), nome un po’ troppo cupo ad essere onesti. Il passaggio a Golden Gol, ossia il gol d’oro, fu quasi automatico.

 

Pierluigi Orlandini, il primo Golden Gol della storia

Il primo banco di prova per la nuova regola arriva durante la fase finale del campionato Europeo Under 21. Siamo in Francia nell’aprile 1994. Dopo la doppia vittoria tra andata e ritorno contro la Cecoslovacchia, in semifinale gli azzurrini guidati da Cesare Maldini sconfiggono i padroni di casa ai calci di rigore. Decisivo l’errore di Claude Makélélé – in seguito stella di Real Madrid, Chelsea e PSG – mentre i nostri cecchini, capaci di chiudere la serie dagli undici metri senza errori, sono Christian Panucci, Christian Vieri, Daniele Berretta, Dario Marcolin e Benito Carbone.

In finale è il turno del temibile Portogallo e della sua generazione d’oro: Rui Costa, Luís Figo, João Pinto e Abel Xavier sono già nomi altisonanti. Il Cesarone nazionale, per tutta risposta, si affida a un rampante Pippo Inzaghi in attacco, supportato da Carbone e Roberto Muzzi, facendo della difesa il suo punto di forza. Una linea arretrata composta da Francesco Colonnese, Fabio Cannavaro, Gianluca Cherubini e un già esperto Panucci protetta dai mediani Berretta e Marcolin. In campo una partita equilibrata, destinata ai tempi supplementari. Una gara che non accenna a sbloccarsi nemmeno quando, a sei minuti dalla fine, Maldini richiama Inzaghi e inserisce l’ala dell’Atalanta Pierluigi Orlandini, giocatore talentuoso quanto discontinuo. Di lui il ct avrebbe detto:

Un po’ amore, un po’ odio. Ritengo che abbia delle doti straordinarie, ma quando lo vedo a ciondoloni non ci sto.

Niente da fare, si va ai tempi supplementari. Ma è proprio al settimo minuto del primo periodo di extra time che Orlandini parte da destra e si accentra, lasciando partire un bolide mancino sotto l’incrocio della porta difesa da Fernando Brassard. È il gol che decide l’incontro. Gli azzurrini bissano così il successo di due anni prima in Svezia e Orlandini, carriera piuttosto modesta nonostante premesse e qualità, marchia a fuoco il suo nome negli annali non solo come match-winner ma soprattutto grazie al primo Golden Gol della storia del calcio.

Sinceramente pensavo che la partita non fosse finita, perché di questa storia non tutti eravamo al corrente, solo qualcuno lo sapeva. In quei momenti c’era solo la felicità del gol, non si pensava alla partita già vinta, poi abbiamo visto gli organizzatori entrare in campo con la coppa e avevamo capito che c’era qualcosa che non andava.

Il sinistro letale di Orlandini porta nuovamente l’Under 21 sul tetto d’Europa

 

Oliver Bierhoff e la Germania, la prima volta tra i “grandi”

Due anni più tardi, sempre in una finale dell’Europeo ma stavolta dei “grandi“, va in scena la morte improvvisa con in campo la Germania e la sorprendente Repubblica Ceca. Un evento a suo modo storico, la prima finale della Germania unita dopo la caduta del Muro di Berlino e la prima per i cechi “divisi” dopo la dissoluzione della Cecoslovacchia in Repubblica Ceca e Slovacchia.

I tedeschi hanno dalla loro il favore del pronostico per forza e tradizione e hanno già eliminato ai rigori i padroni di casa dell’Inghilterra in semifinale. La piccola Repubblica Ceca invece è la rivelazione del torneo: dopo aver battuto l’Italia nel girone, ha ottenuto la vittoria sul Portogallo nei quarti e l’eliminazione ai danni della Francia in semifinale dagli undici metri. Le due squadre si erano già affrontate nel girone, qualificandosi entrambe proprio a discapito degli Azzurri di Sacchi.

Per i cechi giocano il futuro Pallone d’Oro Pavel Nedvěd, che al termine della rassegna arriverà in Italia e vi resterà per tredici anni con le maglie di Lazio e Juventus, l’attaccante Pavel Kuka, i centrocampisti di qualità Patrik Berger e Karel Poborský. Di quest’ultimo in Italia non conservano buoni ricordi i tifosi dell’Inter, perché proprio lui condannerà i nerazzurri e consegnerà lo Scudetto alla Juventus di Nedvěd. Quel Tricolore del famoso 5 maggio 2002, quasi sei anni più tardi rispetto alla finale di Euro 1996 a Wembley.

La Germania è la solita corazzata piena di ex calciatori della nostra Serie A come Matthias Sammer, Jürgen Klinsmann e Thomas Häßler, oltre a futuri interpreti del calcio nostrano come Christian Ziege. Ma il protagonista sarà un’altra nostra conoscenza.

Sotto il cielo di Wembley, Pierluigi Pairetto assegna un rigore ai cechi a trenta minuti dal fischio finale. Patrik Berger ha il cognome tedesco, ma è nativo di Praga. Trasforma. Facendo sognare un intero popolo. Ma la doccia fredda è dietro l’angolo, quando il neo-entrato Oliver Bierhoff, centravanti dell’Udinese, pareggia i conti. Si va ai supplementari: tutti vorrebbero un epilogo ai rigori come è avvenuto per entrambe le semifinali ma, dopo soli 5 minuti del primo extra time, è ancora Bierhoff a battere un non irresistibile Petr Kouba da appena dentro l’area. Ancora di sinistro, come Orlandini. La Germania è Campione d’Europa. Stavolta tutti si rendono conto della vittoria. I cechi si disperano e la Pantegana bionda ex Inter Klinsmann, vicino alla Regina Elisabetta, alza il primo trofeo tra i “grandi” vinto grazie ad un gol d’oro.

Bierhoff è l’uomo della Provvidenza, la Germania vince Euro 1996

 

Il Golden Gol nelle competizioni per club UEFA

Anche nelle competizioni per club il Golden Gol diventa inevitabilmente protagonista. A cominciare dal 2000, quando in Supercoppa UEFA è il Real Madrid a pagare dazio contro i sorprendenti turchi del Galatasaray guidati da Mircea Lucescu. Le merengues, detentrici della Champions League vinta nel derby spagnolo contro il Valencia, stanno costruendo quella che verrà in seguito definita la squadra dei Galacticos: Raúl, Roberto Carlos, Guti e Figo, per citarne i maggiori interpreti. I turchi, dal canto loro, vantano giocatori esperti come l’estremo difensore brasiliano Cláudio Taffarel oltre a Gheorghe Popescu, il Maradona dei Carpazi Gheorghe Hagi e il centravanti ex Porto Mário Jardel. E proprio il bomber di Fortaleza è l’autentico mattatore dell’incontro, con un rigore nel primo tempo e, dopo il pari sempre su rigore di Raúl a dieci minuti dal termine, con il Golden Gol decisivo al 103′, con cui l’ex Scarpa d’Oro consegna la Supercoppa ai turchi.

Sottomisura, stavolta di destro: Jardel è un killer e il Real Madrid è annichilito

 

Rocambolesca è anche la finale di Coppa UEFA del 2001. Da una parte il temibile Liverpool, dall’altra i sorprendenti baschi del Deportivo Alavés che, guidati dal figlio d’arte Jordi Crujiff e dai futuri milanisti Cosmin Contra e Javi Moreno, sono la rivelazione del torneo. I tempi regolamentari sono un susseguirsi di emozioni, al culmine delle quali è proprio il figlio del Profeta del Gol a mandare le squadre ai supplementari dopo aver siglato l’incredibile 4-4 all’88’. A tre minuti dalla fine del secondo periodo extra time, con le squadre stremate e pronte per i calci di rigore, arriva la beffa: stavolta è un autogol di Delfí Geli a consegnare la coppa agli inglesi.

Un’altra prima volta: stavolta è un autogol a decidere una stupenda finale al Golden Gol

 

Trezeguet e Ahn: l’Italia dalla parte sbagliata della storia

Anche l’Italia ha subito negli anni la dura legge del Golden Gol. Durante gli Europei del 2000 – per la prima volta ospitati da due paesi diversi, Olanda e Belgio – il meccanismo della morte improvvisa risulta per noi decisivo. E in negativo, purtroppo. L’Italia si presenta all’atto conclusivo della rassegna dopo un ottimo cammino, culminato con l’eroica semifinale vinta ai rigori contro l’Olanda grazie a un super Francesco Toldo. Di fronte c’è la Francia, che ha già avuto modo di prendere confidenza con i benefici del gol dorato piegando il Portogallo nell’altra semifinale per gli effetti di un calcio di rigore trasformato da Zidane.

Nella finale di Rotterdam, dopo il vantaggio iniziale del romanista Marco Delvecchio, è Sylvain Wiltord a gelarci in pieno recupero. Ai supplementari, a pochi istanti dall’intervallo, il futuro juventino David Trezeguet con una girata di sinistro manda in estasi i transalpini e condanna gli azzurri. Didier Deschamps alza al cielo il secondo trofeo dopo la Coppa del Mondo di due anni prima, anch’essa passata attraverso il gol ai supplementari di Laurent Blanc agli ottavi contro il Paraguay. È l’ultimo Golden Gol in una finale di una competizione per nazioni.

Ancora un mancino decisivo, stavolta doloroso per noi

 

Ma ci sarà ancora tempo per una cocente delusione a tinte tricolori. Ai Mondiali nippocoreani del 2002 sono ben tre i Golden Gol. Due di questi durante le partite del Senegal, autentica rivelazione del torneo insieme alla Turchia. Il primo è decisivo in favore degli africani negli ottavi di finale contro la Svezia, l’altro a sfavore nei quarti di finale proprio contro la Turchia. Il terzo è quello che coinvolge l’Italia, realizzato del coreano Ahn Jung-hwan all’epoca calciatore del Perugia del vulcanico Gaucci. Una partita ricordata non tanto per il Golden Gol, quanto per il discutibile (e siamo gentili) arbitraggio di Byron Moreno. Che con le sue decisioni porta la gara tra i padroni di casa della Corea del Sud e la nostra Nazionale ai supplementari.

Su un cross quasi innocuo dalla trequarti, il perugino beffa con un colpo di testa un monumento come Paolo Maldini e supera Gigi Buffon. Delirio di un popolo, quello coreano, e passaggio ai quarti. Un gol che costerà ad Ahn la permanenza in Umbria, cacciato proprio da Gaucci.

L’ultimo dolore da Golden Gol per noi

 

La variante: il Silver Gol

La regola del Golden Gol non era piaciuta troppo al pubblico. Il tentativo di rendere più elettrizzante l’extra time aveva perlopiù ottenuto il risultato di mettere ansia ai tifosi. Il rischio che la propria squadra potesse essere sconfitta in quel modo non aiutò a digerire la soluzione. Oltretutto, se l’obiettivo primario della proposta era quello di “stanare” le squadre per rendere più vivaci i supplementari, il risultato ottenuto fu l’esatto contrario.

La UEFA ha provato quindi ad intraprendere una strada meno drastica per risolvere le partite terminate in parità al termine dei tempi regolamentari. Nelle finali delle competizioni europee per club del 2003 fece il suo debutto il Silver Gol. Il cambio di regolamento venne deciso in corsa e così sia Porto-Celtic di Coppa UEFA che Milan-Juventus di Champions League sarebbero potute terminare alla fine del primo tempo supplementare. La nuova formula, infatti, prevedeva il triplice fischio finale nel caso in cui una delle due squadre fosse stata in vantaggio alla fine del primo tempo supplementare.

Anche questo tentativo fu un disastro. Il Silver Gol ebbe vita breve e già al termine della stagione 2003-04 entrambe le soluzioni furono ritirate per tornare al classico doppio supplementare. Nella sua seppur breve esistenza, il Silver Gol riuscì comunque a mietere due vittime. Ancora la Repubblica Ceca, sconfitta dalla Grecia nella semifinale dell’Europeo 2004 grazie al Silver Gol del romanista Traianos Dellas al 105′. E infine gli austriaci del Grazer AK, beffati dall’Ajax terzo turno preliminare di Champions League con il sigillo decisivo del 2-1 al 103′ di Tomáš Galásek.

Il Silver Gol di Traianos Dellas con cui la Grecia approdò alla finale di Euro 2004

 


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Di Stefano Cabrini

Amante del calcio puro e ignorante. Viaggiatore seriale, meta preferita: anni '90. Non ricordo con cosa ho pranzato ieri ma conosco il nome del magazziniere del Piacenza 1995/96.