Il 21 maggio l’annuncio sui canali social del Cagliari. È una notizia che fa il giro d’Europa velocemente, non sorprende ma lascia ugualmente smarriti. Sir Claudio Ranieri comunica con un videomessaggio il ritiro dal calcio e qualche lacrima non può che arrivare a rigarci il viso. D’altronde il mister è fatto così, decide di smettere un uomo buono, semplice, che si congeda con i tempi e i modi che lo rappresentano: in punta di piedi, con gli occhi lucidi e il cuore trafitto da mille emozioni contrastanti.
Un commiato che arriva a pochi giorni dalla salvezza matematica in serie A dei rossoblù, la sceneggiatura perfetta a corredo degli ultimi straordinari 18 mesi di carriera. Il tecnico di San Saba – che ha legato l’inizio e la fine della sua carriera a questi colori – ha portato, nelle esperienze sarde vissute a quasi 40 anni di distanza l’una dall’altra, le stesse qualità mostrate ovunque sia stato.
L’ultima avventura col Casteddu è la perfetta chiusura di un cerchio, che ha mostrato un lato ormai noto a tutti: prima che un bravissimo allenatore, Claudio Ranieri si è contraddistinto, stavolta come nel resto della sua carriera, per essere un signore con la esse maiuscola. Nel suo girovagare per l’Europa è riuscito a lasciare un bellissimo ricordo praticamente ovunque sia stato. Probabilmente ha vinto meno di quanto meritasse, ma l’esercizio di contare i trofei non gli è mai appartenuto. Nella sua carriera ha scelto sfide che gli potessero appartenere, lui che ha nel DNA il lavoro, il sacrificio e un pizzico di sana follia. “Alleno perché amo questo lavoro, non lo faccio per la riconoscenza” ha detto di recente ricordando gli attestati di stima del “suo” Olimpico nonostante arrivasse da fiero avversario.
La commozione di mister Ranieri, tornato da avversario all’Olimpico
Il palmarès non dice tutto
In carriera il tecnico romano può vantare successi di spessore, tra i quali sicuramente il titolo in Premier League con il Leicester è il fiore all’occhiello. Specializzato nel compito arduo di “portare la nave in porto” soprattutto in condizioni difficili, non di rado nelle varie stagioni, ben saldo al timone della nave, è riuscito a rendere bellissima anche la navigazione. Cagliari e Firenze sono le prime città in cui ha mostrato il suo lato vincente: doppio salto con i sardi dalla C alla A, promozione in A con i viola e, a corredo, alcuni trofei da esporre in bacheca: Coppa Italia di C, Serie B, Coppa Italia, Supercoppa italiana.
Ma Ranieri non ha mai chiesto riconoscimenti, ha sempre dato il giusto peso ai trofei vinti perché per lui è stato più importante far bene il proprio mestiere: al Napoli, ormai orfano di Maradona, al Valencia – dove peraltro ha vinto una Copa del Rey, una Supercoppa spagnola e una Supercoppa europea – o alla Juve, appena risalita dalla B e trascinata al terzo posto. L’esperienza inglese, al Chelsea non ancora nell’élite del calcio europeo, ha costituito la semina i cui frutti verranno raccolti negli anni seguenti a Stamford Bridge. E come dimenticare la prima avventura giallorossa quando è arrivato a sfiorare lo scudetto, arrendendosi solo all’Inter del Triplete.
Il nativo di San Saba ha ottenuto successi e piazzamenti prestigiosi e ha firmato imprese che, come già accennato, hanno come scintillante punta dell’iceberg il titolo alla guida delle Foxes. La sua quasi quarantennale esperienza in panchina annovera anche traguardi importanti in Francia al Monaco, con la promozione in Ligue 1 e il successivo secondo posto da neopromosso, così come grandi risultati ottenuti da subentrante, su tutti le salvezze ottenute sulle panchine di Sampdoria e Parma partendo dall’ultimo posto in classifica. Ma il valore che l’ha veramente contraddistinto è l’attaccamento alle piazze più significative della sua vita: quando il cuore ha chiesto aiuto, da valoroso condottiero ha risposto presente, mettendosi a disposizione senza pretese né richieste, siano esse tecniche o economiche.
Ranieri nel 2016 festeggia la vittoria della Premier, il momento più alto in carriera
Al cuore non si comanda
Impossibile dire di no al presidente giallorosso James Pallotta nella primavera del 2019. Il patron americano, dopo aver esonerato Eusebio Di Francesco, lo cerca per provare a risollevare la stagione e centrare un piazzamento in Europa. Il tecnico romano non può sottrarsi e, appena portata la nave capitolina in porto, saluta tutti con il suo consueto stile, ringraziando la società per l’occasione concessa e il suo popolo per il calore e l’amore dimostrati.
L’età si fa sentire ma l’entusiasmo è sempre lo stesso e, anche se la nuova parentesi oltremanica al Watford non va come sperato, il suo destino è ancora da compiersi e offre un’altra pagina colma di romanticismo. A distanza di un anno dall’esonero dal club londinese arriva una nuova chiamata: questa volta il prefisso sul cellulare indica 070, c’è l’altro suo pezzo di cuore che chiede assistenza.
Bisogna salvare la stagione del club che lo ha lanciato: il Cagliari è in acque agitate, affossato a metà classifica in una categoria, la B, che non gli appartiene. I tifosi hanno ancora nella memoria la retrocessione di pochi mesi prima e sono in subbuglio, contestano il presidente Tommaso Giulini e la squadra. I primi mesi di Fabio Liverani sembrano l’inizio di un calvario, si rischia di restare in Serie B per tanto tempo o perfino peggio, con la zona playout a soli 3 punti.
Le lacrime iconiche di Bari sono il simbolo dell’attaccamento al Cagliari e alla Sardegna
Mi ha convinto Gigi Riva
Claudio ha un carattere forgiato a Testaccio e non vuole dire sì, nonostante l’insistenza di molti amici e consiglieri: “Perché, se poi le cose non vanno bene, devo macchiare il bel ricordo che ho lasciato?”. Ma alla fine sono le parole accorate di una leggenda del calcio italiano, oltre che cagliaritano, a convincerlo:
Poi però ho sentito le parole di Gigi Riva: “Claudio è uno di noi, se vuole sa che siamo qui”.
Proprio in queste parole che l’hanno convinto si racchiudono questi ultimi 18 mesi che abbiamo corso il rischio di non vivere. Una sola persona poteva dire le cose giuste al momento giusto per fugare tutti i dubbi, un totem che ora non c’è più ma da lassù veglia sul “suo” Cagliari. Ranieri ha dedicato la salvezza alla sua memoria.
Sembra di sentire il suo travaglio emotivo, le lacrime di gioia di Bari nella sera della promozione in A sono le stesse di Reggio Emilia per la salvezza matematica. La camminata verso i quasi 4000 tifosi uguale a quella verso lo spicchio del San Nicola quando andò a redarguire il suo popolo: “No. Rispetto per l’avversario prima di tutto. Esultate, bravi, ma niente cori di scherno“. Un anno dopo però quella camminata è solo di festa e ringraziamenti, il popolo cagliaritano ha appreso la lezione di stile.
Ranieri portato in trionfo dai suoi ragazzi: in cuor suo probabilmente aveva già preso la decisione
The Tinkerman, da accezione negativa a positiva
Ranieri è riuscito nella sua lunga carriera anche a ribaltare il soprannome che gli inglesi coniarono per lui in tono dispregiativo durante l’esperienza al Chelsea. Sbeffeggiato per la sua indecisione, ha mostrato agli scettici che sapersi adattare alle situazioni che evolvono è invece un pregio. Discorso che vale per i cambiamenti di ruolo dei giocatori chiave come per le sostituzioni e le letture delle partite in corso di svolgimento. Ha dimostrato spesso in carriera che bisogna saper modificare i piani tattici per ottenere il risultato sperato. Allenatore nato con l’idea del 3-5-2, a Cagliari ha sviluppato già nella prima esperienza il 4-4-2. Nel finale di carriera ha mostrato un lato camaleontico, adattando spesso il vestito tattico all’avversario di turno. Durante le sue oltre 1100 panchine abbiamo potuto vedere il meglio del suo repertorio da “trasformista pensatore” a Roma, Leicester e Cagliari.
Quella volta con Totti e De Rossi
18 aprile 2010: i giallorossi stanno perdendo una partita. Anzi no: La Partita, il derby di Roma. Il momento è delicato, la Lazio naviga in cattive acque e la Roma è in lotta per lo scudetto. All’intervallo il mister chiama le sostituzioni per ribaltare il piano tattico e tiene nello spogliatoio due colonne portanti. Il capitano e Capitan Futuro fuori in un colpo solo, non rientrano sul terreno di gioco. L’Olimpico è ghiacciato ma quella Roma, orfana dei suoi figli prediletti bloccati dalla tensione, ribalta il match in modo sorprendente, restando in testa e lottando sino all’ultimo contro una delle Inter più dominanti di sempre. Quando è necessario dare una scossa non si guarda in faccia nessuno, se la cosa giusta da fare è rinunciare a due romani e romanisti si fa anche questo.
Francesco Totti e Daniele De Rossi, i due Re di Roma che Ranieri ha avuto l’ardire di escludere in un derby
Kanté, ovvero fidati di me
Uno dei segreti del Leicester favoloso che ha stupito tutti è stato sicuramente il centrocampista francese N’Golo Kanté. Ranieri non ha mai fatto mistero in passato del fatto che una delle chiavi tattiche di quella squadra fu proprio il cambio di ruolo del francese, che nelle prime apparizioni in stagione era stato schierato sulla fascia. L’allenatore romano decise di spostarlo in mezzo al campo ottenendo un brillante motorino instancabile, in grado di essere sempre presente e nel vivo dell’azione.
Il suo moto perpetuo e la capacità di recuperare palloni furono alla base della tattica pragmatica che prese alla sprovvista tecnici e rose ben più attrezzate di quella del Leicester. Accanto alla fantasia di Riyad Mahrez e alla concretezza di Jamie Vardy, l’evoluzione di Kanté fu fondamentale per mettere il punto esclamativo alla carriera del ragazzo partito da San Saba, zittendo anche i critici che lo bollavano come perdente. Ranieri con quell’impresa si è conquistato la stima perfino di José Mourinho, che ne ha decantato le qualità dopo che lo stesso tecnico portoghese per anni lo aveva preso di mira polemicamente per la sua incapacità di vincere.
Kanté e Ranieri insieme
Il capolavoro finale in terra sarda
Caparbietà, umiltà e orgoglio, caratteristiche che descrivono perfettamente un popolo a cui Ranieri deve molto e da cui si vede ricambiato con un affetto senza confini. Qualità e caratteristiche, queste, che è riuscito a trasmettere alla squadra usando ogni arma a disposizione, su tutte quella del sostegno dei tifosi, chiesto anticipando le future difficoltà: “Affronteremo delle libecciate durante l’anno, è lì che servirà il vostro sostegno”.
La stagione che va in archivio porta con sé, tra i tanti dati significativi per il suo Cagliari, quello che dimostra una volta di più le doti di Ranieri: pur non avendo una rosa di fenomeni, è la seconda squadra per numero di gol segnati da subentrati, ben 15. Testimonianza di quanto la mano del mister abbia inciso è che il Cagliari ha ottenuto più punti di tutti grazie a quei gol, ben 15 sui 36 totali. Un dato non banale, se ben analizzato, che dimostra come il gruppo abbia fortemente sostenuto il tecnico anche nei momenti più complicati. Come quando, dopo la sconfitta con la Lazio, ha annunciato alla squadra l’intenzione di dimettersi laddove ciò fosse servito a sbloccarli, una mossa per mettersi in discussione davanti ai propri ragazzi che, per tutta risposta, si sono opposti alla decisione.
La reazione del gruppo non è stata solo di facciata, i calciatori hanno capito che dovevano lottare anche per lui e la stagione dei rossoblù è svoltata fino alla gara di Reggio Emilia e alla vittoria che ha sancito la salvezza matematica. Altro dato che denota quanto il mister sia riuscito ad incidere è il numero di gol arrivati dal 75′ in poi, 16 su 42 totali. Viola e Pavoletti, rispettivamente con 4 e 3 gol, sono i migliori realizzatori da subentrati e anche quelli che hanno segnato di più nell’ultimo quarto d’ora. Non casualmente, trattandosi dei due uomini più carismatici della rosa sarda.
Viola dopo uno dei gol in questa stagione, in cui ha eguagliato il suo record di reti in A
Il lascito di Ranieri
Ranieri chiude la carriera dopo aver vinto una Premier League, una Coppa del Re, una Coppa Italia, una Supercoppa Europea, una Supercoppa Italiana, una Coppa Intertoto, una Ligue 2 e una Serie B, a cui si aggiungono altre tre promozioni. 1136 panchine come allenatore di club e una percentuale complessiva di vittorie che lambisce il 46%. Ma soprattutto lascia ai posteri il suo modo di rapportarsi con stampa, addetti ai lavori, giocatori e tifosi. Un’eleganza che mancherà tantissimo. Ultimo esempio di un calcio ruspante, sincero e rispettoso.
Il messaggio di congedo di Ranieri, da vero gentiluomo
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