La Sicilia, terra di storie marinare, di scoperte e di battaglie, tanto bella quanto spesso amara per chi ci vive. A partire dal dopoguerra, per i siciliani è diventata quasi una scelta obbligata quella di lasciare la propria terra ed oggi sarà proprio di un figlio del Sud che parleremo, un hombre normal, eroe della classe operaia: Christian Riganò. Nasce a Lipari in un giorno di primavera, il 25 maggio 1974, ha cinque fratelli maschi ed un papà che vive di pesca. Coltiva la passione – egemonica nelle infanzie italiane di ogni generazione – per il calcio, passatempo nei lunghi e miti pomeriggi della provincia di Messina. Come prima o poi accade a tutti nella vita, il giovane Christian è costretto a scendere a compromessi con il grigio realismo dell’età adulta e, forse troppo presto, il sogno del calcio viene ridimensionato e relegato alle poche ore di allenamento con il Lipari nel dopolavoro. Prima di tentare il destino e prima che il destino lo tentasse, il giovane si barcamena tra tanti mestieri e nel momento in cui il dio del calcio estende il suo raggio su di lui, Christian è con una cazzuola in mano a guadagnarsi la pagnotta facendo il muratore.
Riganò, nato difensore, viene schierato attaccante per una fortunata serie di eventi. Il resto lo fanno il suo fisico da ragazzone di un metro e novanta e la tempra che solo mestieri come il suo sanno garantire, dando inizio ad una di quelle favole preziose che ogni tanto il calcio ci regala: gol vittoria da subentrato nel Lipari, quindi l’interesse del Messina e il primo allontanamento da casa, anche se di pochi chilometri. Dopo l’esperienza con le maglie dei peloritani e dell’Igea Virtus, ad aspettarlo c’è la Puglia, il Taranto, che gli apre le porte della allora Serie C1. Riganò, con il pragmatismo e la tenacia di chi conosce la vera fatica, non delude: 14 gol nella stagione d’esordio e ben 27 gol nella seconda che gli valgono il titolo di capocannoniere e fanno sognare la Serie B ai tifosi ionici. Alla finestra ci sono molti club, ma l’interesse più concreto è quello della Florentia Viola.
Toscano d’adozione
Arrivato in un periodo di transizione societaria nel quale è messa in discussione l’identità della Firenze calcistica (in quello che oggi potrebbe essere spacciato per rebranding), Riganò diventa subito il beniamino dei tifosi e con i suoi gol è protagonista della promozione in C1 raggiunta con 11 punti di vantaggio sul Rimini. Una promozione che si rivelerà particolarmente fortunata, alla luce del ripescaggio della Viola in Serie B a seguito dell’allargamento a 24 squadre del campionato cadetto. Un doppio salto che non fa cambiare le abitudini dell’attaccante, che anche superati i 30 anni continua a trovare la porta con regolarità.
“Era un bravo murator, ora è il nostro goleador!” è il coro che gli dedicano i tifosi gigliati. Sembrano non potersi lasciare più la Fiorentina e Riganò che fianco a fianco, mattone dopo mattone, costruiscono la loro ascesa, tra successi, caterve di gol, spintoni, infortuni e proteste. È solo questione di tempo e alla fine eccolo lì, il sogno del piccolo Christian: nella stagione 2004-2005 la Fiorentina è in Serie A.
Sembra andare tutto per il meglio ma, dopo aver eliminato l’Hellas Verona dalla Coppa Italia siglando una doppietta, ecco tornare il grigio e adulto realismo nichilista, talvolta tipico della vita: il suo esordio all’Olimpico contro la Roma di Totti e Cassano, prima volta nella massima serie e con la fascia da capitano al braccio, dura solo 25 minuti per un infortunio che ne segnerà la stagione. Le sole 4 reti in 18 presenze e l’arrivo di nuove leve come Nakata e Luca Toni, insieme agli acciacchi, spezzeranno il cuore di Riganò, messo ai margini della squadra. Come capita dopo ogni rottura, dolce o violenta che sia, Rigagol nell’estate del 2005 si trova alla porta con le valigie in mano, costretto a trovare un nuovo posto nel mondo: dopo un interesse del Brescia approda nella vicina Empoli, dove però le cose non vanno meglio. 5 gol in 33 presenze che sembrano indicare la via del tramonto.
Riganò con la maglia della Florentia Viola, società rinata e ripartita dalla C2 grazie alla famiglia Della Valle
Ritorno alle origini
Ma proprio quando la sua stella sembra aver smesso di brillare succede ciò di cui chiunque ha bisogno: ritrova la sua comfort zone e torna a casa, in Sicilia, proprio in quel Messina che nel frattempo ha trovato la Serie A. E respirando l’aria di casa fa vedere che la massima serie se la merita veramente, dimostra chi è quell’attaccante di razza grande e grosso che sa segnare e far sognare, che la crudeltà del calcio aveva fatto scomparire: 19 gol in una stagione che però sancisce la retrocessione senza appello del Messina. È pronto a tornare in Toscana, la sua seconda casa, visto che sembra definito il trasferimento al Livorno. Ma Riganò decide di tentare una nuova avventura, imbarcandosi per la Spagna e passando al Levante.
Christian, diventato El Masón, figlio com’è di un dio minore, non ha grande feeling con la dea fortuna: per colpa di infortuni e guai extracampo la Spagna non conoscerà mai il vero Riganò, sceso in campo solo 13 volte, pur mettendola dentro in 4 occasioni. Una media comunque rispettabile ma decisamente troppo poco per restare nella memoria dei tifosi e negli annali della squadra. Dopo questo breve erasmus tornerà – questa volta davvero – nella regione che gli ha aperto le porte dei grandi palcoscenici, grazie al Siena. Ma l’età che avanza e il morale non più alle stelle danno inizio ad una diaspora continua, che si conclude col ritiro nel 2015, dopo aver giocato la sua ultima partita sui campi di provincia con la maglia biancoazzurra dell’Incisa.
Christian, ormai quarantunenne, resta lì dove il suo cuore ha iniziato a battere forte per la Viola e decide di vivere vicino a quello stadio che una volta era casa sua. L’ex capitano della Fiorentina è un uomo semplice e prende in mano la cazzuola tornando alla sua vita precedente, quella da cui molti sognano di scappare. Dal 2022 ad oggi, non avendo trovato panchine sulle quali allenare, lo straordinario uomo comune è ancora felice, come aveva imparato dalla vita prima del calcio. Perché, come dice lui stesso, “Bisogna tornare a lavorare”.
Isola felice: in Sicilia Riganò ha ritrovato gol e sorriso
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