Qual è il confine tra una leggenda dello sport e un grande truffatore?
Qualcuno lo ha definito “il boss del più grande imbroglio della storia del ciclismo”. Stiamo parlando di Lance Armstrong, campione statunitense ai vertici del panorama internazionale per tutti gli anni ’90 e gli inizi del 2000. Atleta originario del Texas, capace di stabilire un record assoluto: vincere ben 7 edizioni consecutive del Tour de France, dal 1999 al 2005. A ciò si sommano diversi altri successi come il titolo mondiale di ciclismo su strada nel 1993 e la medaglia di bronzo nella prova a cronometro alle Olimpiadi di Sidney 2000.
Una carriera di altissimo livello, tanto che per molti anni non ha praticamente avuto alcun rivale nemmeno in grado di impensierirlo. Sono però rimaste nella memoria dei tifosi alcune rivalità con altri grandi campioni, come il tedesco Jan Ullrich, lo spagnolo Alberto Contador e il Pirata Marco Pantani.
La fine del mito Lance Armstrong
I risultati di un’intera carriera sono stati quasi completamente azzerati dalla sentenza della USADA del 24 agosto 2012. L’agenzia americana dell’antidoping ha ritenuto di avere prove schiaccianti relative all’uso sistematico e massiccio di sostanze dopanti da parte del texano.
Tutti i successi al Tour de France vengono revocati. Dapprima l’Unione ciclistica Internazionale e in seguito anche il Comitato Olimpico confermano la sentenza della USADA.
Decisioni che suscitano naturalmente grande scalpore e un infinito vortice di polemiche. Tutto questo, fino alla clamorosa confessione rilasciata alla conduttrice televisiva Oprah Winfrey il 17 gennaio 2013. Armstrong ammette di aver assunto doping in tutte le edizioni del Tour di cui è stato vincitore e sostiene altresì che, secondo la sua opinione, vincere senza doping sarebbe stato impossibile.
L’infanzia del piccolo Lance
Lance Edward Gunderson nasce a Plano, città del Texas a poco più di 20 miglia da Dallas, il 18 settembre 1971. La sua è un’infanzia travagliata, i genitori divorziano praticamente subito e il nuovo compagno della madre, Terry Armstrong, è colui che lo adotta e da cui prende il cognome. Il patrigno lo educa in modo severo e fermo, si arrabbia spesso e punisce Lance anche per il minimo sbaglio.
Un nuovo divorzio fa rimanere la madre Linda da sola con Lance, che ha da poco compiuto 15 anni. A scuola è abbastanza indisciplinato ma dimostra di essere tagliato per lo sport. Comincia con il nuoto e dopo pochi anni passa al triathlon. La madre Linda lo aiuta a falsificare il certificato di nascita per dichiarare che ha 16 anni e poter così prendere parte ad una gara: è la prima di tante menzogne.
Lance incontra la bici
I primi approcci con la bicicletta da dilettante gli permettono di vincere la Settimana Ciclistica Bergamasca. Una gara che consacrerà altri campioni del ciclismo come il russo Pavel Tonkov e l’italiano Michele Scarponi. Gli esordi da professionista mettono in mostra grandi doti atletiche. Inizialmente sembra essere tagliato per le corse con poche tappe e per le gare di un giorno.
Impiega molto poco ad entrare nel giro della Nazionale americana e per ottenere i primi successi con la squadra della Motorola che decide di puntare su di lui. Nel 1993 vince infatti il trofeo Laigueglia, una delle classiche di primavera, e partecipa per la prima volta al Tour de France, stabilendo da subito un nuovo record. Diventa infatti il più giovane vincitore di tappa nella storia della Grand Boucle, pur non completando la corsa ritirandosi nel corso dell’undicesima frazione.
Sotto una pioggia battente Lance Armstrong si laurea a sorpresa campione del mondo nella prova in linea ad Oslo. Il texano riesce a prevalere sul grande dominatore di quegli anni, lo spagnolo Miguel Indurain. Vince una nuova tappa del Tour nel 1995, la diciottesima. Un successo nel segno del lutto per la tragica scomparsa del compagno di squadra Fabio Casartelli, avvenuta soltanto tre giorni prima. L’italiano perse la vita a causa di una caduta che gli fece battere la testa contro un paracarro posto ai margini della strada.
La tappa del giorno seguente si era svolta con una commovente parata della sua squadra, la Motorola, a sfilare davanti a tutto il gruppo e, soltanto due giorni più tardi, l’amico Armstrong gli dedica la vittoria alzando le braccia al cielo.
La grande battaglia di Lance
Se c’è un giorno che sconvolge la vita del ciclista texano è l’8 ottobre 1996. Armstrong dichiara di fronte alle telecamere di essere stato operato per un cancro ai testicoli con diffuse metastasi all’addome, ai polmoni e al cervello.
Grazie alle numerose iniziative come l’adozione del braccialetto Livestrong per i malati di tumore, Lance diventa un autentico uomo simbolo per la lotta contro il cancro. Una sfida che il ciclista texano combatte con tutte le forze. Dopo numerosi cicli di chemioterapia e diversi interventi per la rimozione delle metastasi, la malattia a poco a poco regredisce.
Il ritorno alle gare nel 1998 sembra un miracolo. A credere in lui il direttore sportivo Johan Bruyneel, il quale convince la propria squadra, la US Postal del presidente Thom Weisel, a dare una chance all’atleta statunitense. Armstrong non delude le aspettative, aggiudicandosi il giro del Lussemburgo e concludendo la Vuelta de Espana al quarto posto.
L’inizio del mito
L’obiettivo ambizioso è però la conquista del Tour de France del 1999. Un’edizione caratterizzata da numerose assenze: mancano infatti per diversi motivi Ullrich, Jalabert e Pantani. Lo statunitense conduce la classifica sin dall’inizio, grazie ad una vittoria nella cronometro inaugurale. I principali rivali sono lo svizzero Zülle e l’italiano Gotti, che nel 1999 ha vinto il Giro. Entrambi sono però coinvolti in una caduta già durante la seconda tappa che fa perdere loro più di 6 minuti. Un incidente che di fatto spiana ad Armstrong la strada per la vittoria finale. Il texano si aggiudica la sua prima edizione del Tour con ben 7 minuti e 37 secondi di vantaggio sul secondo in classifica Zülle e con più di 10 minuti sul terzo, lo spagnolo Escartín.
La Grand Boucle del 2000 è segnata dalla lotta a viso aperto tra il cowboy e Marco Pantani. Le due sfide più celebri vanno in scena in occasione dell’undicesima tappa sul Mont Ventoux e tre giorni più tardi sull’arrivo di Courchevel. Una sfida avvincente che vede il Pirata prevalere in entrambe le circostanze, in un clima alimentato da tensioni e polemiche.
All’indomani della tappa del Ventoux, Armstrong dichiara alla stampa di aver concesso la vittoria a Pantani, di avergli fatto un regalo e di essersene pentito. Il Pirata si stizzisce per quelle parole provocatorie e a Courchevel decide di conquistare una vittoria delle sue, staccando tutti e arrivando in solitaria. Il primato dell’americano rimarrà comunque immutato fino al termine della corsa, conclusa con 6 minuti di vantaggio sul tedesco Ullrich.
Lance diventa leggenda
Nelle edizioni 2001 e 2002 sostanzialmente il copione si ripete, con l’americano che primeggia in quattro tappe per annata, oltre che nella classifica generale. Un dominio praticamente incontrastato. Il Tour de France 2003 rappresenta l’unica parziale eccezione, con Ullrich che tiene aperta la partita fino alla fine. Però nell’ultima decisiva cronometro Armstrong amministra il vantaggio di 1 minuto e 1 secondo, aggiudicandosi la quinta Grand Boucle consecutiva.
Arriveranno altri due successi nel 2004 e nel 2005. Nel corso della sua carriera, Armstrong ha indossato la maglia gialla ben 83 volte, aggiudicandosi 7 vittorie consecutive al Tour de France con la sua squadra, denominata US Postal per le prime sei edizioni e divenuta Discovery Channel soltanto per il settimo successo. Pochi mesi prima della corsa francese del 2005 aveva annunciato il ritiro dal ciclismo professionistico all’età di 34 anni.
Il ritorno
Dopo 3 anni di inattività, arriva la clamorosa indiscrezione di un suo ritorno alle corse. Ciò che inizialmente è soltanto un presunto scoop di fine estate si concretizza e diventa presto realtà: Lance Armstrong tornerà a correre, a 37 anni, lo farà gratuitamente per la squadra kazaka Astana, con l’obiettivo di conquistare l’ottavo Tour de France. Di lì a poco la scelta di prendere parte anche al Giro d’Italia 2009, una competizione che il cowboy non aveva mai disputato.
Armstrong chiude la corsa rosa al nono posto, dimostrando ancora una invidiabile forma e presentandosi ai blocchi di partenza del Tour de France con l’intenzione di dare filo da torcere ai favoriti della vigilia. Non solo il vincitore dell’edizione precedente Carlos Sastre, ma anche il compagno di squadra Alberto Contador, i fratelli lussemburghesi Andy e Frank Schleck, l’australiano Cadel Evans e l’ex pistard Bradley Wiggins.
La faida interna con Contador
Già prima della partenza la tensione all’interno del team Astana è palpabile. La discussione riguarda naturalmente la leadership della squadra, si accende così una grande rivalità che porta ad una pressoché totale mancanza di collaborazione tra lo stesso Armstrong e Contador. Le prime tappe di montagna danno ragione a Lance, con il team manager Bruyneel intenzionato a difendere il primato del texano in attesa delle salite più impegnative. Nelle salite di Andorra e Verbier lo spagnolo non ci sta ed avendo più passo del compagno di squadra risponde agli attacchi di Evans e Andy Schleck, conquistando terreno sul rivale americano e superandolo in classifica.
Nonostante una tentata rimonta nell’ultima settimana, la sfilata sugli Champs Elysees premia Contador con la maglia gialla. Armstrong chiude terzo alle spalle di Andy Schleck. Al termine della Grand Boucle, la polemica si infiamma ulteriormente grazie a qualche uscita poco felice sui social da parte di entrambi. L’ultima partecipazione al Tour nel 2010 con il neonato team RadioShack, partner della fondazione Lance Armstrong e del progetto Livestrong, si chiude con un deludente 23esimo posto, prima del ritiro, questa volta definitivo, alla soglia dei 40 anni.
Le accuse di doping
Nel corso della lunga carriera dello statunitense, un alone di mistero ha sempre avvolto il suo strapotere fisico così evidente. Sono infatti diverse le inchieste e le pubblicazioni che lo accusano di aver utilizzato sostanze dopanti per migliorare le proprie prestazioni. Il quotidiano sportivo L’Équipe rivela che nel 1999 Armstrong avrebbe fatto uso di eritropoietina, ormone che aumenta il numero dei globuli rossi e quindi il passaggio dell’ossigeno dal sangue ai tessuti. La sostanza è meglio conosciuta con l’acronimo EPO.
Ad essere coinvolti sarebbero tutti i corridori della US Postal, indiscrezioni confermate anni dopo grazie alla confessione di due ex componenti della squadra americana. Tra i maggiori detrattori del ciclista texano c’è anche l’ex compagno di squadra Tyler Hamilton. Il suo libro autobiografico The Secret Race porterebbe alla luce un clamoroso scandalo sportivo che coinvolgerebbe tutta la US Postal, limitandosi non solo al consumo di EPO, bensì di altre pericolose sostanze proibite, con tanto di accurati stratagemmi per eludere i controlli federali.
Secondo la ricostruzione di Hamilton, Armstrong sarebbe al vertice dell’organizzazione, quasi nelle vesti di uno sprezzante boss malavitoso. Inutile dire che il ciclista texano ha sempre respinto al mittente e con decisione ogni accusa.
La grande bugia smascherata
Una truffa compiuta in grande stile fino alla sentenza della USADA nell’agosto del 2012, la quale inchioda Armstrong con prove schiaccianti e testimonianze fondate circa l’utilizzo di doping a partire dal 1998. In altre parole, il texano ha corso tutte le edizioni del Tour sotto effetto di EPO, assumendo nel contempo altre sostanze pericolose come testosterone e corticosteroidi e praticando trasfusioni di sangue.
EPO è anche l’anagramma di Poe, Edgar Allan Poe, archetipo del poeta maledetto affascinato dal terrore, dalle tenebre e dal sangue. Per evitare di essere scoperti, i corridori della US Postal dicevano “Edgar” per definire EPO. Le fialette venivano in gran parte recuperate e nascoste da un amico di Armstrong, il francese Philippe Maire detto Motoman.
Le testimonianze rivelano altresì numerosi episodi in cui il ciclista texano avrebbe tenuto un atteggiamento minaccioso e intimidatorio nei confronti di chiunque provasse a smascherare l’inganno ordito dalla US Postal. Un meccanismo di corruzione, di elusione dei controlli, di truffa allo stato puro con ciclisti, medici e dirigenti a finire nel calderone.
Truffa che viene appunto smascherata dalla USADA con la conferma di Comitato olimpico e Unione Ciclistica Internazionale, prima dell’ammissione dello stesso Armstrong di fronte ad Oprah Winfrey risalente al 17 gennaio 2013.
Buoni o cattivi
Come può un uomo rinunciare alla propria onestà intellettuale in virtù del successo? Come si può mentire guardando la gente negli occhi e soprattutto come si può, per così tanti anni, mentire a se stessi?
Il difficile, come abbiamo detto in apertura, è stabilire il confine tra buoni e cattivi, tentare di capire se esiste una zona grigia che possa includere entrambi i connotati. Una riflessione che ci sentiamo di poter estendere a livello generale nel mondo del ciclismo, che di vittime e carnefici ne ha avuti e ne ha ancora molti. E forse aveva ragione il giornalista Gian Paolo Ormezzano quando affermava che “il ciclismo è la fatica più sporca addosso alla gente più pulita”.
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