Phelps è stato il miglior atleta di ogni epoca?

Sabato 4 agosto 2012, al London Aquatics Centre si è appena disputata l’ultima finale maschile in vasca, la 4x100m misti che ha visto trionfare gli USA. Al termine della premiazione di squadra ne avviene una un po’ più particolare, ad hoc. Sul ponte della piscina olimpica che ha appena ospitato la gara viene richiamato uno solo degli atleti della squadra vincitrice. È Michael Phelps, una leggenda del nuoto, arrivato a quella che avrebbe dovuto essere l’ultima gara di una carriera straordinaria.

Gli viene consegnato un premio, una statua in argento con una targhetta che contiene la seguente frase:

To Michael Phelps, the greatest Olympic athlete of all time

A nessun atleta al mondo è mai stato riservato un riconoscimento espresso come il più grande atleta di sempre. Un’affermazione che in molte discipline e in altri ambiti farebbe discutere, accendendo polemiche sulle differenze di mezzi, metodi di allenamento, epoche di riferimento.

Ma non in questo caso, perché i numeri parlano chiaro: The Baltimore Bullet rimarrà nella storia delle Olimpiadi come un atleta praticamente inarrivabile.

 

Bambino irrequieto

Michael Fred Phelps II nasce a Baltimora il 30 giugno del 1985. La separazione dei suoi genitori, quando ha sette anni, turba la sua infanzia. Il giovane Michael reagisce apparentemente male, i problemi di condotta e di rendimento scolastici iniziano a diventare preoccupanti. Gli insegnanti convocano spesso la madre Debbie, manifestando qualche apprensione per il carattere del bambino, che appare irrequieto e con energie eccessive, di difficile gestione nel contesto scolastico.

La madre quindi decide di cavalcare la via dello sport, al fine di permettere a Michael di sfogare le sue grandi energie. La scelta ricade sul nuoto perché anche le sorelle maggiori Hilary e Whitney (che in futuro sarà argento nella 4x100m femminile ai Mondiali del 1994) si allenano in vasca.

Inizialmente la scelta non sembra dare frutti: Michael si concentra sul dorso perché ha paura di mettere la testa sott’acqua e anche a scuola i miglioramenti non si notano. Due anni dopo viene consigliata una visita psicologica, dalla quale emerge che Phelps è affetto da ADHD, il disturbo da deficit di attenzione ed iperattività, che spiega la condotta del ragazzo.

Sotto indicazioni del professionista gli viene prescritta una cura a base di pillole di metilfenidato per il trattamento di ADHD, che ha qualche controindicazione nello sviluppo dell’altezza. La cura dura poco, Michael si vergogna di essere il ragazzo che passa tutti i giorni in farmacia per le pillole e decide autonomamente di interrompere la cura, riversando le proprie energie sul nuoto.

Un giovane Phelps a bordo piscina

 

Carriera giovanile

Phelps si impegna ancora di più nel nuoto, al fine di provare a placare le sue stesse energie ed evitare di dover tornare a prendere le pillole. Le paure sono svanite, anche grazie al supporto delle sorelle maggiori: ora mette correttamente la testa sott’acqua, al punto da concentrarsi non solo sullo stile libero ma anche sulla farfalla.

Quando Michael ha 12 anni, tuttavia, la madre Debbie viene convocata dall’allenatore Bob Bowman. Ma stavolta è diverso. Bowman spiega che Michael è veramente bravo, ben oltre la media dei suoi coetanei, che ha una capacità di recupero mai vista e che è necessario che si dedichi solo al nuoto, lasciando ogni altro sport anche a livello scolastico, perché potrebbe avere un futuro luminoso in vasca.

Il Ritalin, farmaco per il trattamento dell’ADHD, non ha causato problemi di altezza. L’unica alterazione fisica data dall’assunzione del farmaco è stata la riduzione di circa il 50% della produzione di acido lattico, con benefici in termini di sopportazione della fatica e capacità di spingere tra una gara e l’altra.

Il ragazzo ama il nuoto e nutre un grande rispetto per Bowman, l’unico ad averlo inquadrato senza limitarlo, tanto da sceglierlo come allenatore per l’intera carriera. E, alla luce di quanto detto dal suo allenatore, si butta in maniera ancora più profonda sullo sport.

I risultati si vedono sin da subito, Phelps inizia a macinare record mondiali nella categoria riservata agli atleti di 13-14 anni, arrivando a detenerne ben sei: 400m e 800m stile libero, 100m e 200m farfalla, 200m e 400m misti.

Phelps al termine di un allenamento, affiancato dall’inseparabile allenatore Bowman

 

Allenamento famelico

Oltre a quanto già riferito circa la produzione di acido lattico, Michael diventa presto un ragazzone di 193 centimetri con mani e piedi molto più grandi della media. Una fisicità prorompente che lo rende presto un vero e proprio fenomeno.

Sotto la guida di Bowman, inoltre, inizia ad allenarsi in maniera talmente metodica ed ossessiva da essere costretto a lasciare la scuola per dedicarsi a pieno regime al nuoto.

A fine carriera proprio Bob Bowman ha rivelato che il Proiettile di Baltimora percorreva 80 chilometri a settimana in vasca, con sedute di allenamento di sei ore al giorno, equamente divise tra mattina e pomeriggio, con l’aggiunta di tre allenamenti a settimana in palestra, senza conoscere giorni di festa.

La specialità di Phelps, alla luce della sua struttura e preparazione, è il negative split, consistente in una partenza più lenta per procedere ad uno sprint maggiore nella parte finale.

Ma non ci sono solo gli allenamenti a spiegare la dedizione alla causa: l’alimentazione è parte integrante della preparazione atletica, con tre pasti giornalieri da quasi 10.000 calorie al giorno, circa quattro volte il fabbisogno medio di un uomo adulto che, tuttavia, non ne hanno mai intaccato peso ed atletismo.

Phelps inoltre dorme in una camera iperbarica per favorire l’ossigenazione ed accelerare ulteriormente il recupero atletico ed è un seguace del cupping, una pratica piuttosto criticata per apparenti danni alla salute e consistente nell’applicare dei vasetti di vetro caldi sulla schiena e sulle spalle, al fine di aumentare la circolazione sanguigna e la distensione muscolare.

Con una tale applicazione, l’approdo tra i big non può che arrivare a breve. E sarà deflagrante.

The Baltimore Bullet in vasca. Sulle spalle i segni lasciati dal cupping

 

Gioventù olimpica

A 15 anni appena compiuti, Phelps entra in quella che sarà casa sua. L’esordio olimpico, infatti, arriva a Sydney 2000 nei 200m farfalla.

Nei Giochi che rivelano al mondo il talento di Ian Thorpe, The Baltimore Bullet guarda ad un altro avversario, il connazionale Tom Malchow. Recordman mondiale e vincitore dei trials americani proprio davanti a lui, Malchow si aggiudica l’oro nei 200 farfalla, piazzando anche il record olimpico.

Phelps finisce al quinto posto ma l’aria di sfida lo galvanizza. Come lui stesso rivelerà nella biografia “No limits, volere è vincere”, proprio quel giorno fissa l’obiettivo per il futuro: l’oro olimpico ed il record mondiale.

Se l’avvicinamento ai giochi di Atene 2004 è promettente, con 5 ori e 2 argenti mondiali tra il 2001 e il 2003, quello che accade nella capitale greca lascia tutti a bocca aperta.

A soli 19 anni Phelps oscura Ian Thorpe, irrompendo nel gotha del nuoto mondiale: 6 ori (con tanto di record mondiale nei 400m e nella 4x100m misti e tre record olimpici) e 2 bronzi.

La sfida nella sfida è rappresentata da quella che viene ribattezzata “la gara del secolo”, la finale dei 200 metri stile libero del 16 agosto 2004. Da una parte la competizione con gli avversari più quotati al mondo, il recordman mondiale Ian Thorpe e l’olandese Pieter van den Hoogenband, detentore di oro e record olimpici. Dall’altra una sorta di maledizione, il cosiddetto Spitz Crono: nessuno, ad eccezione del nuotatore Mark Spitz a Monaco 1972, è mai riuscito a vincere sette ori nella stessa Olimpiade.

La gara è bellissima e si disputa a ritmi infernali, vince Thorpe con nuovo record olimpico mentre per Phelps è solo terzo posto. Ma adesso nel mirino c’è un nuovo obiettivo.

“La gara del secolo” ad Atene 2004

 

Demolizione di un tabù

Dopo aver mostrato le sue doti anche al Mondiale del 2005 (5 ori e un argento), è al Mondiale di Melbourne nel 2007 che le intenzioni appaiono chiarissime: sette gare, sette ori. La caccia allo Spitz Crono è ufficialmente aperta.

Phelps si qualifica per cinque discipline individuali ai Giochi di Pechino del 2008, cui avrebbero fatto il paio tre staffette, per un totale di otto gare, al pari di quanto accaduto quattro anni prima.

A dare ulteriore sprint alla motivazione del Baltimore Bullet è un’affermazione dello storico rivale Ian Thorpe che, pur lodandone la tenacia, afferma che battere il record di Spitz è una missione impossibile.

Come affermato nella sua biografia, il giorno seguente Michael si ritrova sull’armadietto dello spogliatoio il ritaglio di giornale riportante la dichiarazione di Thorpe, opera di Bowman, che vuole motivarlo ulteriormente.

Nelle prime sei gare arrivano sei ori ma nei 100m farfalla il Proiettile di Baltimora deve fronteggiare un avversario di prim’ordine, il serbo Milorad Čavić. Che getta ulteriore benzina sul sacro fuoco della determinazione del rivale, affermando l’intenzione di interrompere il sogno di battere Spitz.

La gara è tirata, Čavić e Phelps arrivano quasi appaiati. Tocca prima il serbo ma con una pressione insufficiente per fermare il cronometro, che viene bloccato dallo statunitense. A nulla valgono i ricorsi dell’avversario, è il settimo oro, nonché il quinto individuale, altro record eguagliato.

Ma non è finita qua. Il 17 agosto, gli Stati Uniti si assicurano l’oro nella 4x100m misti: Phelps è nella storia in solitaria, otto ori in otto gare, mai nessuno come lui.

È il momento più alto della carriera. Il presidente del CIO Jacques Rogge lo proclama “l’icona dei Giochi Olimpici”, a 23 anni Phelps è leggenda.

Phelps raggiunge Spitz con una gara al fotofinish contro Čavić

 

L’ombra del ritiro

Negli anni a seguire arriva qualche piccolo segno di calo, soprattutto ai mondiali di Shangai del 2011, dove The Baltimore Bullet porta a casa sette medaglie, di cui “solo” quattro d’oro.

In occasione dei trials pre-olimpici del 2012, Phelps rilascia due dichiarazioni significative: in primis quella di non voler attentare al record di otto medaglie d’oro sentendosi in calo rispetto al passato e, soprattutto, l’annuncio del ritiro dopo Londra.

Resta un unico record da battere, quello del numero di medaglie olimpiche complessive, detenuto dalla ginnasta sovietica Larisa Latynina. 18 medaglie olimpiche contro le 16 di Phelps, sarebbero state sufficienti tre podi per iscriversi ancora di più nel libro della storia delle Olimpiadi. Una formalità.

Eppure l’inizio delude: nei 400m misti resta fuori dal podio per la prima volta da Sydney 2000, quindi due argenti, il 29 luglio nella 4x100m stile libero ed il 31 luglio nei 200m farfalla.

Ma lo stesso giorno, nella finale della 4x200m stile libero, arriva il riscatto: il primo oro a Londra e, soprattutto, la medaglia olimpica numero 19. Quella del record.

Dopo l’oro nei 200m misti, la finale dei 100m farfalla viene preceduta da un’altra spacconata di Čavić, che evidenzia come Phelps si possa battere. Non sarà così: altro primo posto mentre il serbo dovrà accontentarsi del bronzo.

Il 4 agosto arriva quella che avrebbe dovuto essere l’ultima gara della carriera di Phelps, la 4x100m misti: il Proiettile di Baltimora conclude nell’unico modo che conosce, vincendo. E, a fine gara, il tributo di una premiazione speciale, con cui viene incoronato come “il più grande atleta olimpico di tutti i tempi”.

A soli 27 anni sembra finita la storia del migliore di sempre.

La 4×100, conclusa con la premiazione speciale per Phelps

 

Ripensamento

Lasciata la vasca, il nostro inizia a dedicarsi al poker ed al golf, facendo addirittura un pensierino al tentativo di partecipare ai Giochi di Rio 2016 in questa disciplina.

Eppure continua ad allenarsi come prima e la cosa scatena una ridda di voci. Il connazionale Lochte è sicuro: Phelps tornerà e sarà a Rio. Non nel golf ma nel nuoto. E infatti Phelps ad aprile del 2014 annuncia il ritorno ufficiale in vasca. Non senza difficoltà, a dire il vero: pur allenandosi con costanza, nei quasi due anni di inattività il suo peso è aumentato di 15 kg e a settembre del 2014 viene squalificato dalla federazione per sei mesi a seguito di un fermo per guida in stato di ebbrezza.

Nonostante la squalifica sia terminata, la federazione statunitense decide di punirlo non convocandolo ai mondiali del 2015, ragion per cui Rio 2016 sarebbe stato il primo evento probante dopo il ritiro. Tutto sembra portare ad un ritorno deludente. Ma è The Baltimore Bullet l’uomo di cui stiamo parlando, una leggenda senza pari. Che a Rio 2016 stupisce, ancora una volta: altri cinque ori e un argento, siglando un nuovo record, seppure in coabitazione. Con l’oro nei 200m stile libero, infatti, raggiunge Carl Lewis ed Al Oerter nell’élite degli atleti olimpici in grado di vincere l’oro nella medesima gara in quattro olimpiadi consecutive.

Al termine dei Giochi Olimpici di Rio, a 31 anni compiuti, annuncia il secondo e definitivo ritiro dall’attività agonistica, rivelando l’intenzione di sposarsi entro l’anno con l’attuale moglie Nicole Johnson.

Stavolta è vero: l’ultima gara della carriera del Proiettile di Baltimora

 

Impegno nel sociale e critiche

L’episodio della guida in stato di ebbrezza che gli è costato il mondiale di nuoto a Kazan nel 2015 non è stato l’unico episodio capace di critiche su Phelps. Già nel 2004 era stato arrestato per guida in stato di ebbrezza, circostanza di particolare gravità perché, avendo 19 anni, non gli era consentito bere alcolici, mentre nel 2009 era stato paparazzato con un bong mentre fumava erba. Un episodio che gli valse una squalifica di tre mesi e la fine del contratto di sponsorizzazione con Kellogg’s.

Nonostante tali problematiche, l’immagine di Phelps è positiva, quella di un atleta che si è impegnato molto nel sociale, non solo con elargizioni in beneficienza ma anche con l’attenzione prestata alla salute psico-fisica dei ragazzi e degli atleti.

Nel 2008 ha investito un milione di dollari per la creazione della Michael Phelps Foundation, con l’intenzione di promuovere uno stile di vita sano tra i giovani e nel tentativo di fornire un programma sportivo per valorizzare i bambini con particolari disturbi, come l’ADHD diagnosticatagli da bambino. Con il tempo ha tentato di estendere l’egida della sua fondazione al controllo sulla salute mentale anche degli atleti professionisti. Il nuotatore, infatti, ha ammesso di aver sofferto di depressione dopo ogni edizione delle Olimpiadi e, in particolar modo, di essere caduto in una grave spirale depressiva nel 2018 che lo ha portato a problemi di dipendenza da alcolici e addirittura a meditare il suicidio.

Proprio in ragione di ciò, Phelps è in prima linea tra gli atleti ed ex atleti che si oppongono all’attuale politica dell’USOC (United States Olympic Committee), rea di non offrire adeguato supporto agli sportivi statunitensi afflitti da depressione.

Phelps e la moglie Nicole al decennale della Michael Phelps Foundation

 

Ben oltre il mito

Quello che resta della carriera olimpica di Michael Phelps è riassumibile in alcuni numeri a dir poco impressionanti. Con 28 medaglie complessive è di gran lunga l’atleta più medagliato della storia dei Giochi, distanziando di ben 10 medaglie Larysa Latynina. Ancor più impressionante è il dominio come numero di medaglie d’oro: 23 contro le 9 vinte da Latynina, Paavo Nurmi, Carl Lewis e Mark Spitz.

A proposito di Spitz, Phelps domina nella speciale classifica degli ori vinti in una singola edizione, occupando ben due gradini del podio: non solo il primo posto con gli 8 successi a Pechino 2008 ma anche il terzo con i 6 ad Atene 2004. Due edizioni in cui ha conquistato otto medaglie complessive, impresa riuscita prima solamente al ginnasta sovietico Aleksandr Ditjatin a Mosca 1980 ma con soli 3 ori.

Ed ancora, oltre ai già citati 4 ori in quattro edizioni consecutive nella stessa disciplina, 37 record mondiali oltre ad altri due record mondiali in vasca corta, 8 titoli di nuotatore mondiale e 11 di nuotatore statunitense dell’anno.

Poi c’è un ultimo record, che abbatte il mito. Nel vero senso della parola. Con le vittorie nei 200m stile libero e 200m farfalla a Rio 2016, Phelps ha raggiunto quota 13 ori olimpici individuali, abbattendo un record che durava da ben 2168 anni. Infatti la leggenda narra che il precedente detentore fosse Leonida di Rodi, famoso atleta dei Giochi Olimpici antichi, che nel 152 a.C. ha disputato la sua ultima Olimpiade, chiudendo la carriera con 12 successi individuali nella corsa.

Iconica posa con tutte le sue medaglie

 


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catenaccio

Di Manuel Fanciulli

Laureato in giurisprudenza e padre di due bambini, scrivo di sport, di coppe e racconto storie hipster. Cerco le risposte alle grandi domande della vita nei viaggi e nei giovedì di Conference League.