Il gran premio del Canada del 2011 è sicuramente una delle gare più famose della storia recente della Formula 1: detiene il record della corsa di maggiore durata (quattro ore, quattro minuti e 39 secondi) e viene ricordata, tra le altre cose, anche per la strepitosa prestazione di Jenson Button, con un duello fino all’ultimo giro contro Sebastian Vettel. Il pilota britannico, partito dall’ultima posizione, ha dato proprio in quell’occasione una magistrale lezione di guida sul bagnato, anche se in molti continuano a reputare la vittoria quasi come un casuale colpo di fortuna.
Button stesso non ha mancato di definirla senza esitazione “la sua gara migliore” nel libro pubblicato nel 2019, “How to be an F1 driver”.
Il diluvio universale
Dopo tre ore e venti minuti dalla partenza, sono appena 40 i giri di pista completati e solo dodici quelli guidati completamente con bandiera verde.
La pioggia torrenziale, caduta prima dell’inizio della corsa, ha forzato una partenza dietro safety car e, successivamente, saranno due le bandiere rosse prima del 25° giro, motivo per cui verrà accumulato un ritardo di due ore.
La lotta fratricida con Lewis
Dopo il testacoda provocato da Hamilton ai danni della Red Bull di Marc Webber al quarto giro, Jenson riparte settimo con la sua McLaren e guadagna subito una posizione alla ripresa della gara. La pista però è insidiosa e nasconde parecchie trappole: un errore di Button alla chicane delle curve 6/7 (teniamo a mente questo punto del tracciato che sarà decisivo più avanti), consente alla Mercedes di Michael Schumacher di superarlo e a Hamilton di riguadagnare la piazza persa poco prima. Neanche il tempo di completare un giro e sarà un errore del futuro sette volte campione del mondo a costringerlo a cedere nuovamente la posizione al compagno di scuderia.
Una lotta intestina, un duello personale senza esclusione di colpi. Al settimo giro Lewis si rifà sotto, prendendo la scia di Button sul rettilineo principale, seguendo la traiettoria del compagno verso il muro dei box. Hamilton si sposta per guadagnare la posizione, solo che Button, non vedendolo, lo stringe, provocando la collisione. All’improvviso la macchina va di traverso come se la vettura avesse una foratura mentre, in realtà, è “solo” il compagno di squadra. Il suo messaggio radio al muretto è abbastanza eloquente: “Cosa sta facendo?!”.
Guidato dal furore del momento, Jenson avrebbe cercato di attribuire la responsabilità dell’evento a Lewis anziché a sé stesso.
L’incidente lascia delle conseguenze alla vettura e costringe Button a fare la sua prima visita ai box dopo un giro a rilento a causa dello squarcio alla gomma. Al pit stop la scuderia decide di montare delle gomme intermedie.
Una scelta che lo porta ad accumulare ben 30 secondi di distanza dal leader della gara Sebastian Vettel, un divario enorme per uno sport giocato sui decimi ma completamente cancellato poco dopo grazie all’entrata in pista della safety car, necessaria per recuperare l’auto ormai ferma di Hamilton.
Button se la cava e non subisce penalità per lo scontro, tuttavia viene sanzionato con un drive-through perché sorpreso a girare troppo velocemente in regime di bandiera gialla. Il pilota britannico, allora, perde ancora posizioni in pista, passando dalla 12ª alla 15ª e accumulando nuovamente una significativa distanza da Vettel (20 secondi circa).
Il passaggio alle gomme intermedie sembra essere la strategia giusta ma solo inizialmente. Button, dopo essere faticosamente risalito in ottava posizione, è costretto nuovamente a cambiare i piani e rientrare ai box per la terza volta al 19º giro per montare degli pneumatici da bagnato estremo. Ironia della sorte, la safety car viene richiamata un giro dopo e Button è costretto a rimanere al 10º posto per la durata della bandiera rossa. Proprio durante la sospensione del gran premio avviene un fatto decisivo per la storia della gara, un qualcosa non accaduto in pista ma nel paddock. Button, ancora scosso per la collisione con il compagno di squadra, vuole un confronto con Hamilton proprio per scusarsi per averne causato il ritiro e lo va a cercare. Come riportato qualche giorno dopo, quella chiacchierata cordiale tra i due sarà decisiva per Button e gli permetterà di ritrovare la concentrazione per tornare in pista serenamente e senza pressioni tangenziali provenienti dalla squadra.
Un altro incidente, però, è dietro l’angolo.
L’incolpevole Alonso
Dopo una quarta sosta per passare di nuovo dalle gomme da bagnato alle intermedie, è la volta di Alonso, coinvolto in uno scontro alla prima chicane. Jenson, scivolando all’interno di Fernando alla curva 3, si ritrova ruota a ruota con l’asturiano all’interno della tornata: entrambi sono dei duri, nessuno dei due vuole lasciare la posizione all’altro. La curva è stretta e la pista a disposizione è ridotta, una situazione che può avere come unico esito l’impatto tra le due monoposto.
Le ruote delle macchine si toccano: Fernando si gira rimanendo intrappolato in un cordolo insidioso, mentre Jenson subisce una foratura e vari danni all’ala anteriore: una situazione che lo costringe ad un rientro mesto e lento fino ai box.
Ogni volta che la gara del britannico sembra potersi stabilizzare e dare il via ad una grande rimonta, ecco che arriva la batosta. Ed anche in questo caso la storia si ripete. Button, al rientro in pista, è di nuovo ultimo, con un distacco di oltre un minuto e 40 secondi dal leader della corsa Vettel. Un gap, però, nuovamente azzerato poco più tardi da un’altra entrata della safety car, questa volta chiamata per recuperare la Ferrari di Alonso, costretto definitivamente ad arrendersi.
Tutto questo di fronte agli occhi di Ron Dennis, fino al 2009 presidente della McLaren, seduto lì nel garage con lo sguardo impietrito: il bollettino recita una sola macchina in pista, ultima e con cinque pit-stop alle spalle. Dalle immagini della regia internazionale è eloquente quanto il buon umore non fosse di casa al muretto.
La remuntada
Da quel momento, la svolta. Con la bandiera verde, il tracciato inizia velocemente ad asciugarsi e Button, posizione dopo posizione, riesce a risalire fino alla decima piazza in pochi giri.
Un veloce recupero reso possibile anche grazie alla strategia fallimentare di alcuni piloti: nella speranza di ulteriori precipitazioni, la decisione per molti è quella di montare gomme da bagnato, una scelta che costringerà gli avversari davanti a Button ad effettuare diversi pit-stop.
Jenson è uno dei primi a rischiare e a passare alle gomme slick, scegliendo di percorrere la traiettoria asciutta formatasi progressivamente nel tracciato. Si ferma addirittura due giri prima dell’ancora leader della corsa Vettel.
Dopo aver effettuato sorpassi su Nick Heidfeld e Kamui Kobayashi, il pilota britannico ora è in una sensazionale quarta posizione a 15 giri dal termine, con un distacco di 47 secondi dalla testa della corsa.
Vettel è un osso duro e riesce a fronteggiare il ritmo infernale di Button, tenendolo a debita distanza. Tuttavia la gara ha ancora tanti assi nel mazzo. A sparigliare nuovamente le carte è ancora la safety car, chiamata, questa volta, per un incidente causato da Heidfeld che ha lasciato detriti sparsi lungo tutta la pista. Alla ripresa della gara, Button ormai sente l’odore del sangue e mette famelicamente nel mirino gli ormai appaiati Schumacher e Webber appena davanti a lui.
L’occasione non tarda a presentarsi. Un errore di Webber commesso a sette giri dalla fine dà a Button l’opportunità di effettuare il sorpasso uscendo dall’ultima chicane. Il pilota britannico coglie l’occasione ed è terzo e, nel giro successivo, tocca al Kaiser Michael lasciare la posizione all’uragano britannico.
Mancano solo cinque giri. Cinque tornate per tentare di recuperare Vettel e chiudere in gloria la gara più pazza che il circus ricordi. Il tedesco, però, non vuole passare dalla parte sbagliata della storia e il ritmo gara imposto dalla Red Bull è decisamente più veloce di quello della McLaren.
L’assalto finale
Il messaggio radio urlato in cuffia a Button da Dave Robson, il suo ingegnere di pista, in questo momento della gara passa di diritto alla storia negli annali di questo sport: “Possiamo prenderlo, possiamo vincere questa gara, Jenson!“. Nessuna notazione tecnica, nessun consiglio, nessun freddo numero. Soltanto un’iniezione di pura adrenalina.
Button, spronato in modo così feroce, comincia a ridurre il distacco su Vettel ma i giri rimasti diminuiscono in modo inesorabile.
L’errore di Sebastian, Jenson ringrazia
Arrivati all’inizio dell’ultimo giro, Button ormai conosce a memoria l’interpretazione della pista di Vettel e nota un bloccaggio costante alla Curva 1 fatto dal pilota della Red Bull: sfruttando questa manovra per provare ad avvicinarsi e ottenere il DRS nell’ultima chicane ci sarebbero state tutte le possibilità per giocarsi la vittoria al photofinish. Sicuramente è il piano migliore. O forse no? Già perché questo Canada 2011 ha in serbo ancora un ultimo colpo di scena. La strategia di Button rimarrà soltanto un’idea e solo in un universo alternativo sapremmo chi ha messo il muso davanti sotto la bandiera a scacchi.
Ultimo giro, seconda metà di tracciato, Curva 6. Vettel percepisce la presenza del britannico, lo vede negli specchietti e sente il rombo del motore. La pressione è ai massimi livelli e per una volta nella sua giovane carriera il tedesco commette un errore. Entrando in curva la RB7 scivola verso l’esterno facendone scodare il posteriore, come se una mano dall’alto avesse spostato la monoposto per lasciare spazio alla McLaren. La pista è finalmente libera per Button che non se la fa ripetere due volte. Niente DRS, niente sorpassi disperati, niente photofinish: la porta è completamente spalancata per agguantare finalmente la leadership della corsa a mezzo giro dal termine.
Guida magistrale, o forse no?
Una grande impresa e la degna conclusione di una gara pazza, caotica e senza nessuna logica. Non si può certo negare che gli ingressi della safety car abbiano notevolmente influito su questo risultato: uno di essi è stato causato proprio dallo stesso Jenson, spingendo involontariamente Alonso fuori pista. Anche le bandiere rosse sono state un fattore decisivo. Sommate, hanno permesso a Button di recuperare più di due minuti di ritardo dalla testa della corsa. A questo vanno aggiunte sicuramente le valutazioni dei commissari: i giudici, infatti, hanno graziato il pilota inglese per entrambi gli scontri di cui è stato protagonista, considerati “incidenti di gara” e, come tali, non punibili con alcuna sanzione.
Le collisioni con Alonso e Hamilton hanno reso, ad ogni modo, difficile ricordare questo GP come una gara pulita. Vettel, per contro, si è macchiato di un solo errore, una piccola sbavatura fatale e decisiva per perdere proprio alla fine.
La vera magia di Button è indubbiamente iniziata quando ha smesso di piovere: da quel momento in poi ha fatto tutto giusto, dimostrando le sue abilità in condizioni insidiose e facendo le scelte azzeccate riguardo le gomme esattamente nei momenti corretti.
Questa allora può essere considerata la sua vittoria più completa? Forse no. La vittoria che più rappresenta l’altalenante carriera di Button in F1? Senza ombra di dubbio.
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