Nell’immaginario collettivo, negli Stati alle prese con la dittatura lo sport non riveste un ruolo centrale nei piani di chi detiene il potere. Eventuali intromissioni avvengono perlopiù in maniera incidentale.
Ma c’è un’eccezione ed è rappresentata dalla Romania durante il regime di Nicolae Ceauşescu: cosciente dell’influenza che il calcio ha sul popolo, il Conducator ha avuto una grande influenza sugli eventi calcistici nazionali, specialmente negli anni Ottanta.
Un po’ come una piovra, è stato il cervello di un piano con il quale ha messo le mani su squadre, calciatori, eventi e premi, utilizzando i familiari come tentacoli per l’effettivo controllo del calcio e dell’informazione sportiva.
Ascesa vertiginosa a Scorniceşti
Ceauşescu nasce nel 1918 a Scorniceşti, una piccola cittadina rurale del centro-sud della Romania che oggi conta poco più di dodicimila anime.
Fondato su un’economia locale prettamente di tipo agricolo, questo paesino non è mai stato noto per la modernità delle sue strutture, soprattutto in uno Stato non esattamente tra i più ricchi d’Europa.
Va da sé che anche nello sport le squadre locali non avessero particolare seguito o successo. Questo fino agli anni Settanta, quando la cittadina fiorisce economicamente sotto l’amministrazione della sorella di Ceauşescu e di suo marito Lica Barbulescu.
Il club locale, inizialmente noto come Viitorul Scorniceşti e fondato nel 1972, inizia a scalare rapidamente le divisioni calcistiche, giocando le proprie partite in uno stadio costato 400 milioni di lei (al cambio attuale oltre 20 milioni di euro) nonostante il paese sia travolto dalla fame.
A legare il club a Ceauşescu non c’è solo la sede ma anche la dirigenza, dal momento che il proprietario è lo zio del Conducator.
La scalata nasce grazie ad una squadra molto forte ma costruita con la corruzione: in Romania, anche nelle categorie maggiori, i calciatori lavorano per mantenersi, così le alte cifre offerte da Zio Nicu sono molto seducenti.
L’allenatore, Dumitru Macri, leggenda del calcio romeno, è stato obbligato con la forza a lasciare la panchina della nazionale algerina e trasferirsi a Scorniceşti, mentre gli arbitri scendono in campo con un certo timore reverenziale nei confronti del Viitorul.
Con queste premesse, è solo questione di tempo prima di raggiungere i massimi livelli.
La statua di Ceauşescu davanti alla sua casa natale, unico monumento di Scorniceşti
Vittoria larga ma non limpida
L’evento più surreale arriva nel 1979: la squadra è prima in terza serie a pari merito con il Flacară Moreni che, tuttavia, è in vantaggio per la differenza reti.
È l’ultima giornata di campionato e per salire in Divizia B serve vincere con un largo margine. Siamo in un’epoca ed in uno Stato in cui l’avanzamento tecnologico non è esattamente adeguato: l’assenza di osservatori federali rende facile pilotare il match ma non c’è una rete telefonica che permetta di avere notizie fresche da Moreni per il match dei rivali.
Tuttavia, l’ingegno e il potere arrivano ovunque: con l’aiuto di Lica Barbulescu, tutte le forze dell’ordine della zona vengono allertate per creare un cordone informativo che unisca Scorniceşti a Moreni, così da poter avere aggiornamenti.
A fine primo tempo, il Viitorul Scorniceşti è avanti 8-0 sul derelitto Electrodul Slatina. Il cordone si attiva per avere notizie ma, nella catena informativa, c’è un errore: il Flacară Moreni sta vincendo 2-0 ma uno dei poliziotti capisce 9-0.
Quando la notizia arriva nel nuovo stadio di Scorniceşti, Zio Nicu sfodera le sue armi: il match termina 18-0 per il Viitorul con quattro autogol avversari.
Le squadre rientrano negli spogliatoi ma il presidente intima a tutti, arbitro compreso, di rientrare in campo. Senza certezze sul risultato di Moreni, nessuno sarebbe tornato a casa. Stavolta la notizia viene riportata correttamente, il Flacară ha vinto 2-1, vittoria insufficiente. Il Viitorul è in Divizia B.
Il giorno dopo i giornali non riporteranno nulla, se non vaghe indicazioni sul tabellino, tacendo di uno dei più grandi scandali calcistici nazionali.
L’organico che ha ottenuto la promozione in Divizia B
Manie di grandezza
Divenuto FC Olt Scorniceşti, il club ha concluso la scalata verso la massima serie con un ultimo step, anch’esso contraddistinto da match poco chiari.
Il calcio romeno è, in generale, travolto dalla corruzione a tutti i livelli, anche in massima serie i risultati vengono indirizzati dalla condotta di squadre e calciatori che, per soldi, influenzano i match in maniera palese.
E se parliamo di soldi, non è possibile non menzionare parte della rosa del club di Scorniceşti: a difendere i colori del club locale troviamo, nel tempo, Dorinel Munteanu, Dan Petrescu, Viorel Piţurcă, Ilie Dumitrescu.
Tra i membri dell’Olt c’è chi chiarisce che nessuno ha a cuore i colori, la rosa è integralmente composta da “mercenari”, convinti dai soldi della famiglia Ceauşescu a sposare la causa.
Anche la vita a Scorniceşti è un’anomalia: il paese è triste, con strade dissestate ed un solo angolino moderno, nel quale si trovano le abitazioni dei calciatori e un piccolo bar in cui gli stessi passano il tempo che non dedicano alla famiglia o al club.
D’altro canto, a Scorniceşti puoi trovare tutto. Anche prodotti americani che, in nome del comunismo, la Romania ha bandito su tutto il suolo nazionale: è quasi un’enclave, povera come tutto lo Stato per la gente comune ma un’isola felice per i calciatori, agevolati dalla famiglia del Conducator.
Visto che ormai il club è una presenza costante in Divizia A, la proprietà amplia lo stadio: una cattedrale nel deserto in un paese di seimila abitanti, uno stadio all’avanguardia, il primo in Romania con i seggiolini in plastica.
Inaugurato nel 1988, viene sfruttato poco: nel 1989 cade il regime e l’Olt Scorniceşti viene retrocesso d’ufficio in terza serie, perdendo tutti i calciatori. Oggi lo stadio è un gigante triste e abbandonato.
Lo stadio di Scorniceşti visto da fuori
Controllo totale sul calcio
Ma il calcio romeno non è solo a Scorniceşti e, per controllarlo totalmente, i tentacoli della piovra devono afferrare altro.
I club più prestigiosi del paese sono lo Steaua Bucarest e la Dinamo Bucarest e non possono sfuggire al controllo del Conducator nelle sue intenzioni propagandistiche: il proprietario dello Steaua, club dell’esercito romeno, è Valentin, figlio adottivo di Ceauşescu.
A guidare, invece, la Dinamo, è la Securitate, le milizie speciali del regime comandate da Nicu, figlio naturale del dittatore e uomo dai mezzi e dai vizi non particolarmente pacifici.
Sul finire degli anni Settanta, la Dinamo vanta tra le sue fila Dudu Georgescu, due volte Scarpa d’Oro e ambito dal Real Madrid, club in cui non giocherà mai: il governo Ceauşescu gli impedisce di lasciare la Romania dal momento che le sue prestazioni rappresentano una grande pubblicità per il Paese.
Ad inizio anni Ottanta la Dinamo Bucarest vince tre titoli consecutivi e, nel 1984, arriva fino alla semifinale di Coppa dei Campioni con il Liverpool.
Quindi c’è il passaggio di testimone con lo Steaua, che vince la Coppa dei Campioni nel 1986 e cinque titoli consecutivi dal 1985 al 1989.
Proprio in quell’anno la Scarpa d’Oro torna in Romania grazie ad un altro giocatore della Dinamo Bucarest, quel Dorin Mateuţ che negli anni Novanta deluderà in Italia con le maglie di Brescia e Reggiana.
È un momento di grande salute per il calcio romeno anche al di fuori dei confini nazionali, linfa per il piano propagandistico di Ceauşescu ed il suo regime. Ma non senza ulteriori ombre che minano la credibilità del movimento.
Georgescu in azione. È l’unico romeno ad aver vinto due volte la Scarpa d’Oro
Re vs. Satana
Il 1986 è un anno speciale per il calcio romeno, proprio in ragione di quel successo dello Steaua in Coppa dei Campioni, di cui si dirà in seguito.
Il club di Valentin Ceauşescu si è assicurato anche il campionato romeno senza particolari affanni, con un vantaggio consistente sullo Sportul Studentesc.
Nello Sportul Studentesc milita un giovane calciatore di grandissimo talento, che si chiama Gheorge Hagi. Diventerà il più grande calciatore romeno e sarà soprannominato Regele, il Re.
Prima dell’ultima giornata di campionato, Hagi è a quota 25 reti, secondo in classifica cannonieri con un gol di ritardo rispetto al capocannoniere, l’ex Olt Scorniceşti Viorel Piţurcă, detto Satana, implacabile bomber dei campioni dello Steaua.
Nicu, figlio naturale del Conducator e presidente della Dinamo, decide di sfidare Valentin con una provocatoria scommessa: punta su Hagi come capocannoniere del campionato ad una giornata dalla fine.
Le scommesse tra i figli di Ceauşescu non sono gratuite per loro e sono fruttifere per i giocatori coinvolti, entrambi puntano a vincere truccando i match dei cavalli su cui hanno puntato.
Il problema è che la Steaua gioca contro l’Universitatea Craiova, seconda a pari dello Sportul. Valentin chiede ai suoi di segnare molto ma di far vincere gli avversari, incontrando il fermo rifiuto solo del portiere rossoblù.
L’opposizione ha i suoi frutti, nonostante una difesa svagata lo Steaua vince 5-4 e Piţurcă segna tre gol. Ma il Re sconfigge Satana, perché di fronte allo Sportul Studentesc c’è proprio l’Olt Scorniceşti: finisce 7-5 e Hagi segna sei gol, salendo a 31 e vincendo una classifica cannonieri a dir poco truccata.
Hagi festeggiato al gol numero 31
Scarpa d’Oro revocata
Passa un anno e altre ombre calano sul titolo di capocannoniere della Divizia A.
Il campionato viene stravinto ancora dallo Steaua, rinforzato dall’arrivo proprio di Hagi, inizialmente arrivato con un poco trasparente prestito per una partita per giocare solo la Supercoppa Europea e rimasto dopo averla decisa con un suo gol.
Le attenzioni del presidente della Dinamo Bucarest, quindi, si concentrano su una corsa al titolo di capocannoniere che vede in piena corsa il bomber della squadra, Rodion Cămătaru.
A sette turni dalla fine, Cămătaru è uno dei candidati al titolo, avendo segnato 23 gol. Ma Nicu esagera, vuole fare le cose in grande, il titolo di capocannoniere non gli basta.
Ingolosito dalla vittoria dell’anno precedente ed avendo ben presenti gli obiettivi del padre, il presidente della Dinamo alza l’asticella: vuole far parlare della Romania fuori dai confini. Vuole la Scarpa d’Oro.
Nelle ultime sette giornate, Cămătaru segna l’imbarazzante cifra di 21 gol, quasi quanto nelle prime ventisette partite. Chiude a quota 44 centri che valgono la Scarpa d’Oro.
Vale appena il caso di precisare che questo exploit è frutto di avversari accondiscendenti che Nicu Ceauşescu ha reso morbidi durante le sfide della Dinamo Bucarest, che chiude il campionato al secondo posto.
La ESM, ente che assegna il premio, e la UEFA annusano l’inghippo e, per la prima volta nella storia, decidono di revocare il titolo al vincitore, escludendolo dalla classifica ed assegnando il premio a Toni Polster, autore di 39 gol con la maglia dell’Austria Vienna.
È il primo attentato alla credibilità di un premio che appena quattro anni dopo verrà sospeso fino al 1997 a seguito di una contestazione infondata, proveniente dal campionato cipriota, all’assegnazione del premio a Darko Pancev.
Cămătaru con la Scarpa d’Oro, prima della revoca
Eroi e strateghi
Ma torniamo al 1986 per un’impresa titanica, la vittoria dello Steaua in Coppa dei Campioni.
Una serie di fattori porta il club a vincere la massima competizione europea, unendo un tabellone tutto sommato fortunato al grande calore dello Stadionul Ghencea, lo stadio di casa.
Difatti, nei primi due turni, lo Steaua sa capitalizzare il match di ritorno nell’atmosfera bollente del proprio stadio, eliminando prima il Vejle (1-1 fuori casa, 4-1 in casa) e poi l’Honved (sconfitta per 1-0 in Ungheria, rimonta con un altro 4-1 interno).
Ai quarti di finale il tabellone si rivela amico, c’è il Kuusysi, club finlandese che ha clamorosamente eliminato agli ottavi i sovietici dello Zenit Leningrado.
Stavolta al Ghencea si gioca l’andata in un campo impraticabile per la pioggia, per uno scialbo 0-0. Al ritorno, tuttavia, Satana Piţurcă trova il gol dello 0-1 che manda i romeni in semifinale.
Semifinale da disputarsi contro il favorito Anderlecht, che a Bruxelles si impone 1-0. Ma lo Stadionul Ghencea non è stato mai determinante come nel match di ritorno, caricando i ragazzi di casa: 3-0, doppietta di Piţurcă e gol di Balint, è finale.
Si gioca in Spagna, al Ramon Sanchez-Pizjuan di Siviglia e di fronte c’è una spagnola. Il Barcellona è favoritissimo anche in virtù del miracolo in semifinale: sconfitto 3-0 in casa del Goteborg, ha vinto il ritorno 3-0 arrivando ai rigori e godendo dell’abilità del pararigori Urruti.
A quindici minuti dalla fine, sullo 0-0, il tecnico Jenei si inventa una genialata: fa entrare Iordanescu, suo vice ritiratosi dal calcio giocato due anni prima. Iordanescu sfrutta la scarsa conoscenza delle sue qualità da parte degli avversari e unisce le doti tecniche a quelle da allenatore in campo.
Si va ai supplementari e poi ai rigori, dove si palesa l’eroe: Helmuth Duckadam.
Lo Steaua festeggia la coppa
Mani leggendarie
Helmuth Duckadam è un portiere romeno, nato nel 1959. Solidissimo in patria, non è particolarmente conosciuto al di fuori dei confini nazionali, cosa che aiuta la nascita della sua leggenda.
A livello personale, Duckadam è un personaggio taciturno ma forte, una persona dai valori sportivi e umani inossidabili. E per questo, in un Paese retto da una dittatura che utilizza mezzi ed espedienti anche per influenzare i risultati sportivi, non è sempre ben visto.
Ottimo pararigori e studioso del gioco, Duckadam ha esercitato le proprie abilità anche a livello psicologico, analizzando le tendenze delle varie squadre e dei calciatori durante le lotterie dei rigori.
Non vuole farsi trovare impreparato e non è turbato neanche dall’inattesa uscita dal campo di Schuster, uomo chiave e rigorista del Barça, che arrabbiato per essere stato sostituito rientra negli spogliatoi e va all’aeroporto, prendendo un volo per la Spagna senza attendere i compagni.
Quando si va ai rigori, i tiratori blaugrana non conoscono il portiere avversario che, invece, conosce tutto di loro, facilitato anche dal fatto che nel turno precedente il Barça aveva concluso il suo match ai rigori.
Con freddezza, Duckadam para quattro rigori su quattro, allo Steaua basta realizzare il terzo e quarto rigore per laurearsi campione d’Europa.
Il mondo e la Romania calcistica celebrano l’Eroul de la Sevilla, i giornali si lasciano andare a titolo entusiastici, il Real Madrid gli regala una Mercedes come ringraziamento per aver fermato i rivali catalani. Tutti paiono impazzire per Duckadam.
Ma non il regime. I giocatori vengono accolti con freddezza dal presidente Ceauşescu, il quale dice che se si fossero impegnati di più avrebbero potuto vincere nei tempi regolamentari.
È il preludio alla caduta dell’eroe.
L’incredibile performance di Duckadam ai rigori nella finalissima
Distruzione di una leggenda
Già prima della finale Duckadam si era compromesso agli occhi del regime, in particolar modo di Valentin Ceauşescu, presidente dello Steaua.
Ricordate quella scommessa tra i figli del Conducator su Hagi e Piţurcă? In quel piano per far segnare Piţurcă, Valentin aveva chiesto ai suoi di far vincere i rivali, trovando un solo oppositore, il portiere.
Duckadam, per l’appunto, uno a cui certe cose non piacciono. Ha già ricevuto una multa di due mesi di uno stipendio non certo da nababbo. A ciò si aggiunga quel regalo non programmato ricevuto dal Real Madrid, una Mercedes.
I giocatori dello Steaua hanno già ricevuto un premio, una moto. Che in realtà è una poco prestigiosa motoretta costruita con pezzi di ricambio e di fortuna.
Il fatto che Duckadam non abbia lasciato la Mercedes a Valentin Ceauşescu è un affronto troppo grande da perdonare. Qua i racconti si sfumano e le voci si rincorrono, ma vanno tutte nella stessa direzione.
Il presidente manda una spedizione punitiva della Securitate da Duckadam, le milizie del regime gli spezzano le braccia.
Dopo quella finale, prima che si sappia cosa è successo, Duckadam sparisce nel nulla. Nessuno sa dove sia o perché non giochi.
Si rivede solo per la finale di Coppa Intercontinentale, dove segue la squadra senza poter giocare. Non solo quella sera.
Duckadam, infatti, non giocherà più, una carriera spezzata pochi giorni dopo il momento più alto. Tornato allo Steaua come presidente, ha sempre glissato su quanto accaduto ma di certo ha pagato a caro prezzo la sua onestà in un sistema governato da un regime tentacolare.
L’ultima immagine della carriera di Duckadam
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