Daniele Garozzo, un grande campione per rilanciare la scherma

Dopo l'oro nel fioretto che mancava all'Italia da vent'anni, Daniele Garozzo è pronto a rilanciare la scherma.

Quando si parla di scherma in Italia si evocano valanghe di successi e medaglie di valore che hanno reso la scuola azzurra punto di riferimento per tutto il mondo. In particolare, quando si tratta della specialità del fioretto il discorso assume un’importanza ancora maggiore perché rappresenta l’arma più vincente e quella che ha fatto emergere alcuni dei più celebri campioni della storia dello sport italiano. Negli ultimi anni il più grande fiorettista azzurro è stato Daniele Garozzo. I suoi risultati in pedana, insieme al carattere e allo spessore umano dimostrati fuori, ne fanno un esempio che ha ispirato una generazione.

 

Daniele Garozzo, da Acireale sulle tracce del fratello

Siciliano di Acireale, classe 1992, Garozzo si avvicina alla scherma grazie al fratello Enrico che ha tre anni più di lui. I due hanno un rapporto strettissimo e, come spesso capita, il più piccolo segue e replica costantemente ciò che fa il più grande. A volte il talento ha bisogno del caso per venire fuori e così, guardando gli allenamenti di Enrico, anche Daniele decide di provare a tirare al Club Scherma Acireale: è una palestra appena riaperta dopo diverso tempo, un po’ sgangherata ma accogliente, e il carattere del maestro Domenico Patti li conquista.

Ricordo come fosse ieri quando ho iniziato a praticare questo sport meraviglioso. Se chiudo gli occhi mi vedo ancora nella palestra garage di Acireale a tirare milioni di stoccate contro un manichino, sognando un giorno di vincere le Olimpiadi.

Così vicini, ma così diversi. Crescendo i fratelli Garozzo mostrano una predisposizione verso due armi differenti: Enrico è calmo e riflessivo e grazie a una gara si appassiona alla spada, l’arma più attendista, mentre Daniele, l’estroso di casa, è attratto dal fioretto e dalla sua imprevedibilità. Ad Acireale, però, i fiorettisti sono pochi e Daniele fa fatica a trovare compagni con cui allenarsi. Si esercita con un manichino e prende tutto quello che può dal maestro Patti che, in quel gruppo di pochi ragazzi, troverà e coltiverà ben quattro medagliati olimpici (Enrico Garozzo, Marco Fichera e Alberta Santuccio nella spada e Daniele Garozzo nel fioretto).

Fino a quando Salvo Garozzo, papà di Enrico e Daniele, decide di assecondare le ambizioni del figlio minore e di iscriverlo al Club Scherma Modica: circa 150 km all’andata e altrettanti al ritorno due volte alla settimana, uno sforzo non da poco che però tutta la famiglia decide di fare per consentire a Daniele di crescere e divertirsi davvero con la sua arma del cuore.

Nel 2003 Daniele Garozzo partecipa alle sue prime gare del Gran Premio Giovanissimi, tradizionale appuntamento schermistico dedicato agli Under 14: tutti i campioni, indipendentemente dai loro risultati, sono passati da qui. Garozzo inizia subito a farsi notare: è terzo tra i Maschietti nel 2003, primo tra i Giovanissimi nel 2004, secondo tra gli Allievi nel 2005 e poi primo sempre tra gli Allievi l’anno seguente. Nel 2007 entra nella categoria Cadetti e partecipa ai suoi primi Europei di categoria: è subito medaglia d’oro. L’anno seguente sono in programma i Mondiali Cadetti e Giovani ad Acireale, a casa.

C’è trepidazione per la famiglia Garozzo perché sia Daniele che Enrico sono convocati: il primo è impegnato nel fioretto Under 17, il secondo nella spada Under 20. Al Palazzetto dello Sport di Acireale ci sono tutti: la famiglia, gli amici, i professori di scuola. Il risultato finale va oltre qualsiasi sogno perché sia Daniele che Enrico, sostenuti senza sosta dall’entusiasmo della loro città, vincono la medaglia d’oro individuale. Un momento indimenticabile e l’inizio di una storia di successo.

 

Il trasferimento a Frascati e l’oro olimpico

Nel 2010, a 18 anni, Daniele Garozzo decide di trasferirsi a Frascati, uno dei migliori centri di fioretto in Italia, per essere seguito dal maestro Fabio Galli. Un sodalizio che resterà indissolubile. Il ragazzo ha già dimostrato di avere un talento innato, in più è un perfezionista, vuole lavorare sodo per migliorare e non teme la fatica. A sostenere la sua carriera sportiva c’è il gruppo sportivo delle Fiamme Gialle, dove entra nel 2011. Negli anni seguenti la sua attività giovanile prosegue sempre con risultati di rilievo come l’argento ai Mondiali Under 20 e l’argento agli Europei Under 23 nel 2012, il bronzo alle Universiadi e il terzo posto ai Campionati Italiani nel 2013.

Anche in Coppa del Mondo, tra i “grandi”, arrivano i primi piazzamenti importanti, tanto che chiude la stagione 2014-15 in sesta posizione nel ranking mondiale. Il 2015 è l’anno della svolta: Garozzo vince per la prima volta i Campionati Italiani a Torino, poi viene convocato ai suoi primi Europei e Mondiali Assoluti. Nella gara continentale conquista uno splendido argento, battuto in finale solo dal compagno di squadra Andrea Cassarà, mentre ai Mondiali vince l’oro a squadre assieme proprio a Cassarà, ad Andrea Baldini e Giorgio Avola.

Alla vigilia dei Giochi Olimpici di Rio 2016 arriva la conferma che Garozzo non solo farà parte del team italiano di fioretto, ma che avrà anche uno dei tre posti per la prova individuale. È il suo esordio a cinque cerchi, l’occasione giusta per fare esperienza. Ha appena compiuto 24 anni, è il più giovane degli italiani, non ha nessuna pressione e sarà quella la sua forza. Vince un match dietro l’altro, batte anche l’atleta di casa Guilherme Toldo nonostante il tifo contro e si ritrova in finale contro l’americano Alexander Massialas, 22 anni, uno dei talenti più cristallini in circolazione, numero uno al mondo.

Fino a quel momento i due si erano incontrati tre volte: in tutte e tre aveva avuto la meglio lo statunitense. Garozzo, però, capisce presto che i Giochi Olimpici sono un’altra gara. Si dà la carica stringendo i pugni e affronta il suo avversario senza paura. L’assalto è equilibrato fino al 7 pari, poi l’azzurro diventa inarrestabile e piazza sette stoccate di fila. Massialas, specialista nelle rimonte, torna sotto fino all’11-14, poi Garozzo mette la parola fine all’incontro e sale sull’Olimpo. Erano passati vent’anni dall’ultimo oro olimpico italiano nel fioretto maschile: era Atlanta 1996 e allora a vincere era stato Alessandro Puccini.

A Rio, Garozzo compie il suo capolavoro, non solo vincendo la gara della vita ma soprattutto mostrando al mondo la sua scherma. La sua attitudine in pedana, lo stile classico come non si vedeva da tempo e l’eleganza dei movimenti fanno scuola. È una scherma che si ispira ai grandi del passato, bella da vedere, ma che sa anche essere efficace e creativa nei colpi.

La finale contro Messialas: oro alla prima Olimpiade per il nostro Daniele Garozzo

 

La laurea e Tokyo: Daniele Garozzo è nella storia

L’Italia si accorge di avere un campione in pedana, ma anche fuori. Garozzo racconta che il suo sogno, oltre a quello appena realizzato di vincere i Giochi Olimpici, è quello di diventare un medico. La passione per la medicina nasce a casa dal papà che è angiologo: Daniele vuole seguire le sue orme, ma senza rinunciare allo sport. Ogni giorno rappresenta il miglior esempio di atleta-studente in un’epoca in cui si parla sempre più di dual career e concilia i suoi due grandi amori con spirito di sacrificio e dedizione. Passa dal fioretto ai libri e viceversa, convinto che stia proprio lì la sua forza.

Non sarei stato campione olimpico senza lo studio e non sarei diventato dottore senza lo sport.

Nel 2022 si laurea in medicina all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” con una tesi in chirurgia vascolare col punteggio di 110 e lode. E anche il secondo obiettivo è raggiunto. Il tutto senza scendere di livello in pedana: tra il 2016 e il 2023 conquista cinque medaglie mondiali e nove europee, diventando campione continentale individuale nel 2017 e nel 2022 e guidando la squadra di fioretto maschile ai successi iridati del 2017, 2018 e 2022. In mezzo anche la pandemia, che rallenta i suoi piani, ma che non gli impedisce di presentarsi nel 2021 ai Giochi di Tokyo da campione in carica con l’obiettivo di confermarsi.

A Rio era la sorpresa, cinque anni dopo è l’uomo da battere. L’azzurro vince agevolmente il primo assalto, agli ottavi la spunta al cardiopalma 15-14 contro il giapponese Matsuyama dopo essere stato avanti 14-9, ma poi riprende il suo passo e supera quarti e semifinali. È in una finale olimpica per la seconda volta di fila, stavolta contro il portacolori di Hong Kong Cheung Ka Long. Garozzo si trova sempre a rincorrere, alla fine cede 11-15 all’avversario. È una finale persa, ma un argento olimpico che brilla e che si aggiunge a un palmarès strepitoso. Per capire la grandezza di questa impresa basta dire che soltanto un italiano prima di lui era riuscito a raggiungere due finali olimpiche di fioretto nella storia, Nedo Nadi nel 1912 e nel 1920.

 

L’uomo dietro il campione: ritiro e futuro da dirigente

Garozzo non si considera un fuoriclasse, ma un atleta che per raggiungere tutti i suoi risultati ha dovuto impegnarsi e fare sacrifici. Si allena ogni giorno nella palestra di Frascati per rimanere ai vertici e ci riesce. Come tanti campioni è estremamente autocritico, molto sicuro dei suoi mezzi, ma concentrato sempre su ciò che può migliorare. Non si accontenta mai e, dopo tanti anni passati nell’ambiente schermistico, sogna per il suo sport una visibilità e una diffusione molto maggiori. Già da atleta immagina come portare avanti concretamente le sue idee, non gli basta vincere le gare, ma pensa già a cosa lasciare al suo mondo oltre alle tante medaglie. Non vive di protagonismi, anche nei periodi di maggiore notorietà rimane coi piedi per terra e difende il suo essere un bravo ragazzo.

Quando il giornalista Aldo Cazzullo scrive che gli schermidori italiani di oggi vincono meno del passato perché gli manca la cattiveria non ci sta e risponde con una lettera in cui condensa la sua visione dello sport:

Trovo piuttosto curioso, per non dire assurdo, il messaggio che essere “cattivi” sia una qualità essenziale per vincere. Questa idea è non solo falsa, ma anche diseducativa. Essere bravi ragazzi non significa essere deboli o meno competitivi. Significa avere la maturità di comprendere che il vero valore dello sport sta nel rispetto delle regole, degli avversari e di sé stessi. È attraverso questo rispetto che si costruisce una carriera duratura e un esempio positivo per le generazioni future.

Ad aprile 2024, a un passo dagli Europei e soprattutto dai Giochi Olimpici di Parigi 2024, Daniele Garozzo paralizza il mondo dello sport con l’annuncio del suo ritiro.

È una decisione scaturita da circostanze al di là del mio controllo, il mio cuore si è “infortunato”. Guardando al futuro, già da tempo avevo deciso di dedicare la mia vita professionale alla medicina, oggi con un obiettivo ancor più chiaro: studiare e divulgare le condizioni cardiologiche, spesso misconosciute, che possono affliggere la popolazione sportiva.

Un problema al cuore lo ferma a 31 anni. Deve mettere da parte l’agonismo e sembra quasi una beffa per un atleta-medico come lui. Ma il suo pensiero è già oltre. Perché se in pedana ha dato e conquistato tantissimo, fuori c’è ancora molto lavoro da fare. Oggi Daniele Garozzo è specializzando in Medicina dello sport, in più a gennaio 2025 è stato eletto vicepresidente vicario della Federazione italiana Scherma: adesso è il momento di restituire qualcosa a quello sport che lo ha fatto crescere e lo ha reso un ragazzo fortunato.

Il grande problema della scherma resta il suo scarso appeal e il numero dei praticanti, dato che in Italia i tesserati sono appena 20.000. Tra i suoi propositi c’è quello di rendere più comprensibili le regole di questo sport e organizzare gare che siano meno lunghe e più spettacolari per avvicinare il pubblico. La nuova vita di Daniele Garozzo è appena cominciata.