CM Punk e la Royal Rumble, a un centimetro dal Paradiso

Il controverso rapporto tra CM Punk e la Royal Rumble conoscerà un nuovo episodio: riuscirà il wrestler di Chicago a spezzare il tabù?

Il paradosso di una disciplina come il wrestling è che, nonostante i risultati siano predeterminati in quanto parte di un copione televisivo, spesso appassionati e addetti ai lavori si ritrovano a commentarli come se si stesse parlando di un qualsiasi sport competitivo. Ciò avviene principalmente per due ragioni: la prima, quella più ovvia, coinvolge la parte più ancestrale dello spettatore, che si sente coinvolto a tal punto da lasciarsi trascinare dal flusso e vivere come reali gli eventi di una federazione. La seconda tocca la dimensione più razionale della disciplina: certo, lo script prestabilisce l’andamento degli eventi, ma gli eventi stessi sono influenzati dal rendimento degli atleti, da quanto bene si comportano sul ring, da come sanno coinvolgere il pubblico in un feud e da quanto riescono ad elevare gli avversari.

Casi esemplari in cui questa sfumatura tra realtà e finzione ha rafforzato una storia, riguardano traiettorie di lunga data, con performer che spesso hanno raggiunto il picco della loro carriera dopo un’infinita rincorsa al vertice. Basti pensare alle situazioni di Chris Benoit e Daniel Bryan, i quali, a dieci anni di distanza (rispettivamente a WrestleMania XX e XXX) hanno raggiunto l’apice della loro carriera, sconfiggendo nel main event due pluridecorati atleti delle loro rispettive generazioni per conquistare il titolo mondiale.

A distanza di quasi undici anni dal trionfo di Bryan contro Batista e Orton e, più in generale, contro l’Authority guidata da Triple H e contro i pregiudizi, c’è un’altra storia da raccontare in avvicinamento a WrestleMania, con alcuni punti di contatto e altri decisamente divergenti, che coinvolge la persona che – a detta di molti – ha indirettamente dato il via a quella che fu denominata nel 2014 “YestleMania”.

Parliamo di CM Punk, della sua ossessione per il main event di WrestleMania – che è ossessione tanto per il personaggio quanto per Philip Brooks, l’uomo e l’atleta dietro il personaggio stesso – e di quanto questa fissazione sia collegata a doppio filo con la Royal Rumble, gli unici due traguardi che mancano alla pluridecorata carriera del wrestler di Chicago per platinarla, come si direbbe in gergo videoludico, ossia completarla una volta per tutte.

 

CM Punk è perfetto per la Royal Rumble

Partiamo da un presupposto: per conformazione tecnico-fisica, un incontro come la Royal Rumble si sposa alla perfezione con le caratteristiche di CM Punk come wrestler. Un tipo di incontro che dà risalto a resistenza e alla caparbietà di lottatori che hanno come obiettivo quello di rimanere da soli sul ring al termine di un incontro ad alto rigiro di corpi, lungo un’ora o anche più, ma anche alla furbizia di farsi trovare al posto giusto al momento giusto, e a quel pizzico di fortuna fondamentale in qualsiasi situazione. Tutte caratteristiche che Punk, lottatore capace di portare avanti lunghi match di altissima qualità, così come di sfruttare occasioni come il Money in the Bank (addirittura per due volte in carriera) possiede in maniera naturale.

Il feeling storico con questo evento, poi, è per Punk un fattore di lunghissima data, pur senza mai arrivare alla vittoria. Le prime partecipazioni alla Royal Rumble, dal 2007 al 2009, non sono particolarmente memorabili ma nemmeno insignificanti, con una buona durata sul ring in ognuna di esse. È con l’edizione del 2010 e quella del 2011 che Punk inizia a creare un particolare feeling con la “rissa reale”. Nnell’edizione vinta da Edge, Punk, entrato con il numero 3, elimina diversi avversari e, trovandosi a più riprese solo sul ring, regala sermoni di invito all’affiliazione alla Straight Edge Society, di cui all’epoca si riteneva sacerdote e alfiere, prima di essere eliminato perentoriamente da Triple H.

Nell’edizione successiva, svestiti i panni del salvatore, nonostante entrato per primo, riesce a rimanere sul ring più di mezz’ora, rivelandosi Iron Man – ossia il wrestler a rimanere per più tempo sul ring – della contesa, anche grazie al supporto dei suoi sottoposti del New Nexus, in quella dimenticabile parentesi da leader della riciclatissima fazione giallonera, prima di essere eliminato da John Cena (che, curiosamente, nell’estate di quell’anno sarà l’avversario che lo lancerà nella stratosfera con la Summer of Punk, ossia la storyline dell’addio dalla federazione con la cintura di WWE Champion).

Nelle due annate successive, 2012 e 2013, CM Punk non partecipa alla Royal Rumble, in quanto nel frattempo la sua carriera ha spiccato definitivamente il volo (vedere sopra in riferimento alla Summer of Punk): in entrambe le edizioni della Rumble, infatti, Punk è chiamato a difendere il WWE Title, nel corso del celeberrimo periodo di 434 giorni, all’epoca definito “il più lungo regno da campione massimo dell’era moderna” e successivamente ampiamente superato dal dominio di Brock Lesnar prima e, soprattutto, Roman Reigns poi.

Se nel 2012 la difesa titolata contro Dolph Ziggler (con l’allora General Manager John Laurinaitis come arbitro speciale) è di quelle dimenticabili, è nell’edizione del 2013 che CM Punk conduce, in avvicinamento alla Royal Rumble, una rivalità con The Rock – chiusa con la vittoria della star di Hollywood – che, seppur breve, rimarrà un punto di riferimento per i confronti al microfono successivi.

Nella contesa del 2014 CM Punk, oramai elevato a elemento di spicco della federazione, arriva tra i favoritissimi alla vittoria, ma anche in questo caso le aspettative dei fan sono disattese: ancora una volta entrato nella contesa con il numero 1, risulta ancora una volta Iron Man ma è il quartultimo eliminato dell’intero match da parte di Kane, precedentemente eliminato dallo stesso Punk.

La Royal Rumble del 2014, ultima apparizione di CM Punk in WWE per quasi dieci anni

 

L’uscita dalla WWE e i rimpianti

Per Punk, quella Royal Rumble sarà l’ultima apparizione per la federazione di Stamford per i successivi 9 anni e 10 mesi. Il giorno seguente, infatti, il wrestler abbandona definitivamente la federazione, al termine di un periodo di altissimo stress causato da forti divergenze creative, ma anche da gravi problemi personali per una gestione a dir poco discutibile dei talenti da parte della federazione. In una puntata del podcast del suo amico e wrestler Colt Cabana, Punk spiegò come il medico della federazione lo fece lottare per mesi con un’infezione da stafilococco, mettendo a serio repentaglio la sua salute.

L’impatto di quell’ultimo momento in WWE nell’immaginario dei tantissimi fan di CM Punk è particolarmente forte se lo si immagina inserito nel contesto. Kane ormai eliminato che, sbucando dal nulla, strappa via uno stoico Punk dal ring costringendolo all’eliminazione, senza che si sappia più nulla per i successivi mesi del destino del lottatore di Chicago, con report che si rincorrevano con notizie di ogni genere.

La tentazione di girare le lancette e procedere subito ai giorni nostri è stimolante, ma in mezzo c’è un universo di potenziali rimpianti. Le edizioni della Royal Rumble che coincidono con gli anni di CM Punk lontano dalla WWE sono un coacervo di errori: vincitori triti e ritriti, senza nulla da dire e dare (Triple H 2016, Randy Orton 2017 o Brock Lesnar 2022), scelte ambiziose ma rivelatesi sbagliate (Roman Reigns 2015 e Shinsuke Nakamura 2018) e le pochissime eccezioni di Drew McIntyre (2020) e Cody Rhodes (2023) come vincitori completamente convincenti e soddisfacenti (un po’ nel limbo le vittorie di Seth Rollins 2019 ed Edge 2021: probabilmente più positive che non, ma comunque nulla di trascendentale).

In tante di queste occasioni il pensiero di cosa sarebbe stato con Punk si è affacciato nei fan del Second City Saviour o da semplici appassionati della disciplina. Ma non sono gli unici rimpianti legati alle possibilità di CM Punk come vincitore della Royal Rumble, se si considera ad esempio che ancora oggi, a distanza di 14 anni, in tanti ritengono l’assegnazione della Royal Rumble del 2011 ad Alberto Del Rio anziché a CM Punk un errore madornale.

 

CM Punk vuole Royal Rumble e Wrestlemania

Flashforward – adesso sì – al 2024: esattamente dopo dieci anni dall’ultima volta, CM Punk torna a lottare in un incontro ufficiale in WWE. Dalla Royal Rumble alla Royal Rumble: lasciò dopo la rissa reale nel 2014, ci ritorna nel 2024, dopo aver creato hype sulla sua partecipazione per due mesi, a partire dall’acclamatissimo e sorprendente ritorno sugli schermi WWE al termine di Survivor Series 2023. Segmenti ricchi di tensione con Seth Rollins, Drew McIntyre e Cody Rhodes, avversari che poi Punk ritroverà nel corso dell’anno. La partecipazione alla Royal Rumble, però, è meno fortunata del previsto: nell’esecuzione della sua Future Shock DDT, Drew McIntyre lo infortuna al braccio. Punk è poi l’ultimo eliminato per mano del vincitore Cody Rhodes.

Secondo diverse fonti, è stato proprio l’infortunio a determinare un repentino cambio di programma: la prevista e agognata vittoria di Punk della rissa reale è stata dirottata in favore di Cody Rhodes, che ha bissato il successo dell’anno precedente. Da questo sfortunato episodio, mescolando realtà e finzione come nelle migliori rivalità di questo business, ha inizio il feud contro il lottatore scozzese, eletto all’unanimità come rivalità del 2024 in WWE e non solo: il loro incontro nell’Hell in a Cell tenutosi a Bad Blood lo scorso ottobre è stato eletto a più riprese Match of the Year ed è considerato lo scontro che ha ridato dignità e lustro alla specialità degli incontri in gabbia, fin troppo vituperata negli ultimi anni.

Se dunque è vero che, come insegna De André, “dal letame nascono i fiori”, è anche vero che Punk desidera apporre l’ultimo diamante che manca alla sua corona da fin troppo tempo. Se la tradizione vuole che il vincitore della Royal Rumble voli dritto nel Main Event di WrestleMania, non c’è nulla di meglio che aggiudicarsi la rissa reale per prendere due piccioni con una fava e portare a casa gli ultimi due allori che gli rimangono da conquistare. Si diceva all’inizio che spesso il pubblico tratta i risultati predeterminati che emergono dal wrestling come effettivi esiti sportivi: con CM Punk e la Royal Rumble il destino è esattamente questo.

Per Punk e per i suoi sostenitori la Rumble pare essere l’utopia che si sposta di due passi più in là, che serve a far procedere la storia e la carriera del Voice of the Voiceless. Anche quest’anno, in avvicinamento alla Royal Rumble, CM Punk ha sfoderato il meglio del suo repertorio per convincere tutti che sì, questa volta può essere il suo anno. Dopo la vittoria contro Seth Rollins nel main event della première di RAW su Netflix, Punk ha sfoderato un’arringa delle sue, lanciando il guanto di sfida ai campioni dei pesi massimi Cody Rhodes e Seth Rollins, chiamando in causa il gergo del basket – si è definito Game 7, ossia giocatore da partita decisiva nei play-off NBA – e del baseball – Mr. October, come Reggie Jackson, leggenda degli anni Settanta particolarmente clutch nella post-season della MLB.

Nelle settimane successive, Punk si è preso ancor più prepotentemente il centro della scena: ha risposto all’annuncio di John Cena, alla sua last dance in WWE nel 2025, il quale si era ufficialmente dichiarato come partecipante della Rumble una settimana prima. Ha invitato Hulk Hogan a fargli compagnia nella rissa reale, promettendo di farlo fuori senza pietà. Nell’ultimo episodio di RAW antecedente alla Rumble, infine, ha tirato fuori dei mind games nei confronti di Cody Rhodes, in un segmento che a tanti ha ricordato quello di un anno fa, anche questa volta appena precedente alla Royal Rumble, nel quale i due si confrontarono, prima di essere ultimo eliminato (CM Punk) e vincitore (Rhodes) della rissa reale.

Questa volta i due non potranno incontrarsi sul ring: Cody è impegnato nella difesa del titolo massimo ma CM Punk ha promesso che sarà lui, dopo un anno di regno, a scalzarlo dal trono. Chissà se questa volta il tabù del lottatore di Chicago sarà sfatato o si fermerà ancora una volta a un centimetro dal Paradiso.

Il confronto verbale tra CM Punk e Cody Rhodes, preludio all’imminente Royal Rumble