Viaggio nella crisi economica del Barcellona

Messi, Laporta e Bartomeu sono nel bene e nel male i tre protagonisti della crisi del Barcellona.

Nell’ultimo periodo il Barcellona è stato uno dei club più chiacchierati a livello europeo. Una squadra che non ha bisogno di presentazioni ma che da tempo campeggia sulle pagine dei quotidiani, spagnoli ed esteri, non tanto per i risultati quanto per la gravissima crisi finanziaria che si è abbattuta sul club.

È una storia che parte da lontano, a tratti paradossale, che nell’ultimo periodo è sfociata nel grottesco con i casi di Dani Olmo e Pau Víctor. Per arrivarci è opportuno partire dai cicli che si sono susseguiti alla presidenza del club, i disastri economici che hanno portato il Barcellona a ridursi in queste precarie condizioni, la susseguente crisi economica e gli addii dei giocatori più rappresentativi della squadra.

Quali sono gli scandali che hanno coinvolto i presidenti blaugrana? Il Barcellona sta davvero vendendo alcuni pezzi della propria memoria in cambio di denaro immediato? Quanto è grave la situazione economica della società catalana? Ma soprattutto, uno dei club più grandi d’Europa rischia davvero il fallimento come sta accadendo ad altre storiche squadre in giro per il continente,?

 

L’inizio della crisi del Barcellona: l’era Bartomeu

Per giungere all’attuale crisi del Barcellona bisogna partire ovviamente dal passato, cominciando dalla scellerata gestione economica durante il ciclo alla presidenza di Josep Maria Bartomeu, socio del club catalano da quando aveva 11 anni e dirigente sin dalla prima esperienza di Joan Laporta suo predecessore. Bartomeu inizia a collaborare con i blaugrana proprio sotto Laporta, rimanendo nell’orbita del club anche con il passaggio di testimone a Sandro Rosell, per il quale ricopre l’incarico di vicepresidente dal 2010 al 2014.

L’era Bartomeu inizia con le dimissioni di Sandro Rosell per quello che passerà alla storia come “Caso Neymar”. Una denuncia fatta partire proprio da uno degli oltre 160mila soci del club catalano, riguardante movimenti sospetti da parte della società in merito all’acquisto del fuoriclasse brasiliano e della sponsorizzazione firmata Qatar Airways, subentrata al posto della storica UNICEF.

La denuncia, fatta partire dal farmacista Jordi Cases, mette in luce come il reale prezzo d’acquisto di Neymar dal Santos al Barcellona, avvenuto formalmente per 57 milioni di euro, in realtà sia stato di 74 milioni di euro, di cui 40 destinati unicamente alla società del padre del fuoriclasse brasiliano. In Spagna scoppia lo scandalo e Rosell chiede addirittura di essere convocato dal giudice preposto alle indagini per dimostrare la sua innocenza.

La posizione del presidente non migliora. Anzi si aggrava ancora di più dal momento che viene alla luce che Neymar non è stato pagato 74 milioni, come era stato mostrato da Cases, ma ben 95. A far lievitare il prezzo varie clausole poco chiare, di cui anche il Santos si dimostra all’oscuro. Come potrebbe mai finire questo scandalo? Ovviamente con una bella assoluzione – giunta, in realtà, solo nel 2022 – che non evita le dimissioni di Rosell e l’arrivo di Bartomeu al timone del Barça.

La presidenza dell’imprenditore catalano si apre con un altro scandalo. Questa volta il Barcellona è accusato di aver violato la norma che regola la cessione del cartellino di minorenni in almeno dieci casi tra il 2009 e il 2013. Il Barça viene costretto a non operare sul mercato sino all’estate 2015. Tuttavia ecco che interviene la FIFA: l’organo annulla il blocco di mercato ricevuto dai catalani, permettendo di compiere acquisti nell’estate del 2014 in attesa della sentenza di secondo grado.

Il Barcellona, consapevole degli errori commessi e del rischio di effettiva conferma del blocco, non perde tempo e nell’estate 2014 realizza una campagna acquisti da oltre 150 milioni di euro, che porta al Camp Nou, tra gli altri, Luis Suárez, l’ultimo pezzo di uno dei tridenti più forti della storia di questo sport: la MSN. Ad agosto 2014 ecco che puntualmente arriva la sentenza e il mercato del Barça viene bloccato per due sessioni, sino a gennaio 2016.

Tirando le somme e concentrandoci solamente sulle cifre del calciomercato blaugrana, i numeri sono spaventosi: sotto Bartomeu il saldo ammonta a -644 milioni di euro, con quasi un miliardo e mezzo di euro spesi per acquistare giocatori. Questa è la condizione in cui Bartomeu lascia il Barcellona. Una situazione fatta di precarietà finanziaria e rapporti pessimi con giocatori e tifoseria, nonostante i 13 trofei conquistati.

Sono tanti gli errori commessi da Bartomeu: le ombre sulla vicenda Neymar, che nel 2017 decide di avvalersi della clausola per volare al Paris Saint-Germain, l’esonero di Valverde e la decisione di sostituirlo con Quique Setién nonostante l’opposizione dei leader del gruppo, la rimonta subita in campionato dal Real Madrid, il fiasco in Champions con la clamorosa sconfitta per 8-2 contro il Bayern, il divorzio con Suárez.

Proprio durante l’ultima estate sotto la sua guida tiene inoltre banco il caso Messi. Il fuoriclasse argentino e simbolo assoluto del Barça nel mondo viene indicato come pedina sacrificale per provare a risanare i conti in rosso del club. Una notizia che suscita ovviamente forti proteste nei confronti della dirigenza, portando anche Piqué a esprimersi in merito: il difensore consiglia a Messi di resistere, convinto che certe persone, prima o poi, se ne sarebbero andate dal Barça.

Mai parole furono più veritiere perché il 26 ottobre 2020 Bartomeu e la sua giunta rassegnano le dimissioni durante il Consiglio di Amministrazione, spalancando le porte a un non troppo nuovo corso blaugrana.

 

Il ritorno di Laporta

Successore di Bartomeu è proprio Joan Laporta, già presidente del Barcellona di Guardiola e che in Catalogna ha portato 12 trofei negli anni tra il 2003 e il 2010. Laporta però non trova il club lasciato appena dieci anni prima: eredita infatti una società in forte perdita, con quasi 500 milioni di debiti e un monte ingaggi spaventoso da 671 milioni di euro. Senza contare il lato sportivo: negli ultimi anni il Barcellona è una squadra decadente.

Un club aggrappato al proprio miglior giocatore mentre tutto il resto viene divorato dalle fiamme di un’amministrazione folle, tra acquisti sbagliati, scelte strategiche miopi e una gestione del budget a dir poco scellerata. In tutto questo caos fatto di personaggi distruttivi messi in posizioni di vertice, c’è un solo salvagente: Messi ha sempre rappresentato il motivo principale per guardare una partita dei blaugrana.

Già protagonista di voci di addio l’anno precedente, ecco che le voci di un possibile trasferimento tornano a farsi insistenti nonostante la presenza di Joan Laporta. Amico intimo di Messi, Laporta è tornato presidente anche per provare a ricucire un rapporto con il miglior giocatore in rosa dopo gli anni bui sotto Bartomeu. La verità però è amara: Messi è in scadenza e il Barça non ha la minima possibilità di riuscire a garantire un rinnovo adeguato.

In estate Laporta si accorda con l’argentino per un dimezzamento dello stipendio, pari a 35 milioni di euro. Il presidente de LaLiga Javier Tebas conferma la voce. L’accordo dovrebbe essere firmato il 5 agosto, quando Messi, tornato dalle vacanze, avrebbe il tempo necessario per rientrare e fare un paio di allenamenti prima della presentazione durante il Trofeo Gamper dell’8 agosto, la coppa in cui si era presentato al mondo nell’estate del 2005, in una sfida contro la Juventus. Anche quest’anno, per il suo ritorno in pompa magna, il Gamper è stato organizzato contro la Juve. Il 5 agosto, però, la firma non arriva.

In Spagna si parla di un intoppo temporaneo. A riferirlo è Marca, che illustra come la trattativa si sia fermata ma che attenda una nuova chiusura. La verità, invece, è ben diversa. Non c’è mai stata nessuna trattativa: Laporta ha infatti comunicato a Messi che è tutto finito. Nel tardo pomeriggio esce prima la nota della società e poi mille versioni dei fatti per spiegare l’impossibile. Nella suddetta nota, si conferma l’accordo raggiunto da entrambe le parti, ma al contempo l’impossibilità di registrare il contratto per via delle norme della Liga, che prevedono una sorta di fair play finanziario interno.

Il Barcellona, ormai in una crisi sempre più pesante, non può iscrivere i nuovi acquisti così come il nuovo contratto al ribasso di Messi perché il regolamento della Liga prevede una percentuale annuale massima del 70% tra i costi sportivi e i ricavi. Al momento della trattativa il rapporto è del 95% senza il contratto del dieci, rendendone impossibile l’iscrizione. Il club quindi avrebbe bisogno di abbattere quella percentuale, prima di poter registrare il contratto, cedendo i giocatori in esubero o almeno riuscendo ad abbassargli l’ingaggio. Un’impresa complicata, nell’estate del calciomercato più povero e bloccato degli ultimi anni.

Non sapremo mai come siano andate realmente le cose. Messi, dal canto suo, dirà di avere fatto il possibile. A noi non è dato sapere se all’argentino sia stata presentata o meno un’ultima offerta con un ulteriore ribasso dello stipendio. Quello che sappiamo è che Messi lascia il Barcellona nel peggiore dei modi possibili: con una conferenza stampa in cui scoppia in lacrime, senza avere avuto la possibilità di salutare ed essere salutato dal Camp Nou, il posto che Leo ha chiamato casa per 21 anni.

Superato il caso Messi, ormai sembra chiaro che in casa Barça sia finito il tempo degli sperperi. Il club è in crisi e anche il presidente Laporta annuncia che ci sono cose che il Barcellona non può più permettersi. Parole che però non trovano un seguito nei fatti. Il Barcellona infatti ha approntato un’originalissima strategia per scacciare la crisi e risolvere le proprie insolvenze monetarie: quella dell’illusionismo contabile.

In molti si aspettavano difatti un bagno di sangue rispetto alla stagione 2022-23, peraltro non particolarmente felice neanche a livello sportivo. Invece ecco la magia, con un utile di 304 milioni di euro. A livello di entrate i blaugrana hanno superato quota 800 milioni, dovuti principalmente ai ricavi da stadio e alle sponsorizzazioni, Nike e Spotify su tutte. Laporta tenta come può di trovare introiti senza però rinunciare alle sue stelle. Il Barcellona inizia quindi a ipotecare il suo futuro in cambio di denaro immediato, come accade con Sixth Street e Barça Vision.

Nel primo caso infatti viene concesso il 25% dei ricavi dai diritti tv nazionali fino al 2047 all’azienda Sixth Street in cambio di 655 milioni di euro subito disponibili in cassa. Nel secondo caso invece viene ceduto il 49% di Barça Vision, ramo che si occupa tra le altre cose di produrre contenuti audio e video multimediali del club, in cambio di 193 milioni.

Nonostante questi introiti, il Barcellona resta in crisi e continua a operare in perdita, dato che nel 2022-23 il costo del solo personale ammonta a 571 milioni, con una crescita del 42% rispetto alla stagione precedente. C’è un ulteriore problema. I migliori giocatori non vengono ceduti a cifre adeguate. Gli addii di calciatori come Pjanić, Coutinho, Busquets e Jordi Alba portano solamente numeri negativi per il club.

Il Barça non sembra però fare nulla per cercare di risollevare una situazione più che precaria, come testimoniano i dati raccolti da Vyom Chaud sul sito SafeBettingSites. L’analisi di Chaud mostra come i blaugrana abbiano attuato una originale e controintuitiva strategia per i loro problemi di liquidità: raddoppiare il monte ingaggi rispetto alla stagione precedente. Nel 2024 è il PSG ad avere il tetto salariale più alto di tutta Europa: se per i parigini non fa notizia, è il secondo posto dei catalani a suscitare più di qualche perplessità.

Il Barça infatti passa da un monte ingaggi di 376 milioni a un esorbitante ammontare di 548 milioni, in totale disaccordo rispetto alle dichiarazioni rilasciate da Laporta nel giorno della sua nomina in presidenza e in controtendenza rispetto alle altre big europee. Il PSG ha diminuito il suo monte ingaggi del 15% (che si riassume con la cessione di Neymar), il Real del 30%, lo United del 26%, la Juve del 25%. Nonostante le due disastrose gestioni di Bartomeu prima e Laporta oggi, la crisi del Barcellona durante il 2024 ha raggiunto infine i limiti del grottesco.

 

L’ultima tappa della crisi del Barcellona: il caso Olmo

Come abbiamo detto più volte, il Barcellona è messo malissimo. Tanto che per trovare disperatamente nuovi introiti si è ridotto a mettere in vendita parti del suo archivio storico, oltre agli armadietti di giocatori illustri in maglia blaugrana come Messi, Maradona e Ronaldinho. In tutto questo però le operazioni sul mercato non si sono mai fermate, sperperando ogni singolo centesimo in cassa.

In estate, a dispetto della crisi che lo attanaglia da anni, il Barcellona ha nuovamente aperto i cordoni della borsa per  assicurarsi le prestazioni del gioiellino del Lipsia Dani Olmo, pagato 55 milioni. Come può un club costantemente in perdita chiudere un’operazione del genere? Il Barcellona, di fatto, non disporne dei soldi per firmare Olmo. Una situazione già accaduta con Ferrán Torres nel 2022: l’ex City poté unirsi ai catalani solamente dopo le cessioni in prestito di Coutinho e il ridimensionamento del contratto di Umtiti per non andare contro ai limiti imposti da La Liga.

Per riuscire a tesserare Olmo questa volta il Barcellona ricorre alla vendita di una manciata di posti vip a imprenditori della penisola araba per i prossimi 20 anni in cambio di 120 milioni. Tutto fatto quindi? Assolutamente no. Il presidente de LaLiga Tebas blocca tutto. Il Barcellona ha dimostrato di non essere in grado di fornire le necessarie garanzie di stabilità finanziaria e quindi blocca il tesseramento di Olmo a ridosso della Supercoppa di Spagna in Arabia, vinta proprio dal Barça.

Questo caos porta quindi Olmo e l’altro acquisto Pau Víctor a essere sostanzialmente liberi di firmare con qualunque squadra a parametro zero. Al termine della Supercoppa Spagnola, l’emergenza sembra però essere rientrata. Laporta rilascia un’intervista in cui annuncia di avere firmato una nuova sponsorizzazione con Nike, che permetterebbe, insieme ai proventi delle tribune vip, di tesserare i due calciatori, scongiurando quindi eventuali addii a zero.

Ma per quanto il Barcellona riuscirà stare a galla? La sensazione è quella di un club che non riesce a uscire dalle fangose acque in cui si è impantanato e che forse non ha nemmeno l’intenzione di provarci. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi di un Barcellona disposto a fallire volontariamente, contando poi sul valore storico – sia a livello nazionale che continentale – per non essere cancellato dal calcio spagnolo. Una situazione che, se si verificasse, avrebbe dell’incredibile e che attirerebbe ancor più le ire degli altri club di Liga che già si erano opposti all’impiego di Olmo e Víctor in Supercoppa e che, per ovvi motivi, non vedono il Barça di buon occhio.

Nell’ultimo periodo sono arrivate anche le parole di Raphinha riguardo la situazione in cui versano i blaugrana. L’attaccante brasiliano ha infatti dichiarato di essere preoccupato della attuale condizione economica della società catalana soprattutto in ottica di futuri acquisti, aggiungendo che se un giocatore fosse in procinto di firmare per il Barça, stante lo stato attuale delle cose si dovrebbe legittimamente fare più di una domanda.

Parole che fanno capire la gravità di una situazione, limitata non solo al calcio. Il Barcellona è infatti una polisportiva che comprende anche basket e hockey su pista. È notizia delle ultime settimane la difficoltà avuta dalla squadra di basket a firmare Thomas Heurtel: sedotto e poi abbandonato, oggi è in forza al Coruña.

Urge una soluzione. Non si può andare avanti a suon di cessioni di pezzi di storia del club, sponsorizzazioni o manovre d’illusionismo finanziario, serve un cambio nella mentalità della società: abituata a investire denaro non sempre nel modo più corretto e ora schiava dei suoi stessi errori passati.

L’esordio di Olmo col Barcellona. Subito decisivo l’ex Lipsia a dimostrare la sua importanza 

Di Davide Rizzo

Ligure di nascita, vivo a Roma da quasi 5 anni. Nel 2019 ho iniziato a scrivere di sport, principalmente su Instagram, per poi spostarmi su Youtube, dove realizzo brevi documentari.