All’inizio del terzo set Andrej Rublëv deve aver già capito di trovarsi dinanzi all’irreparabile. Azzarda una risposta vincente con il dritto. È una scena che conosciamo bene: chiude il braccio destro sopra la spalla in un battito di ciglia, e noi spettatori non facciamo in tempo a riaprire gli occhi che la pallina rimbalza nell’altra metà campo. Sarebbe un punto vinto agilmente contro quasi ogni tennista al mondo. Eppure Rublëv non fa una piega, anzi: appena dopo aver colpito ritorna in posizione, con la mano sinistra a sorreggere la racchetta, pronto a reagire. È consapevole di non poter concedere neanche la più piccola distrazione al suo avversario. João Fonseca raccoglie la pallina a una spanna dalla riga di fondo, con l’agilità di un gatto che salta per afferrare un uccellino fuori al balcone in un pomeriggio d’estate.
Una parata che serve solo per far giocare un altro colpo a Rublëv. Il russo si arrangia con un back interlocutorio: ed è esattamente ciò che Fonseca voleva. A quel punto il brasiliano accelera una prima volta, Rublëv risponde come può, ma è già spacciato. La pallina torna sulla racchetta di Fonseca che accelera per la seconda volta: colpisce con il dritto, eppure il suono della pallina e l’effetto che assume sul cemento lo fanno assomigliare a uno smash.
Da dove spunta João Fonseca
Questa è la peculiarità di João Fonseca. La dote che lo contraddistingue: colpire la pallina con una velocità disumana, una frustata fulminea e inaspettata che parte dal polso, per stritolare gli avversari. Un ritmo e un’intensità nella mano che in pochi nel circuito possono dire di avere.
Al primo turno degli Australian Open ha collezionato uno scalpo di prestigio: chi aveva previsto che battesse un top 10 come Rublëv in tre set? Con le gote rosse e i riccioli che gli donano un’espressione perennemente pura, Fonseca sembra essere sbucato fuori dalla tana del bianconiglio.
In effetti si può dire che lo avevamo visto arrivare. A dicembre 2024 ha vinto le Next Gen ATP Finals, il torneo che presenta a tutto il mondo il tennis che sta per arrivare. In finale, contro Learner Tien, aveva sofferto e perso il primo set, contro la difesa intelligente dello statunitense. Poi, però, la rapidità di Fonseca aveva finito per stritolare l’avversario. A Fonseca basta poco per alzare la fiamma dello scambio: resta sulla diagonale di rovescio quel tanto che basta per posizionarsi bene con i piedi, entrare in campo e tirare una scudisciata di dritto.
Nel momento clou del match con Rublëv ha inoltre saputo affidarsi al rovescio, un colpo che non è tra i suoi migliori ma che possiamo già definire “solido”. Nel secondo game del secondo set, ad esempio, Fonseca vince un punto che avrebbe messo il terrore nella testa anche di un avversario meno isterico di Rublëv: para un ottimo servizio del russo allungandosi a sinistra, e fa partire lo scambio mettendo i piedi sulla riga dopo pochi secondi. È una dimostrazione di forza: Fonseca conosce già bene i tempi del tennis e, sfruttando quelle frazioni infinitesimali di vantaggio temporale sull’avversario, lo sposta da una parte all’altra. Alla fine si conquista il punto con un rovescio incrociato liberatorio: mentre Rublëv affanna ancora per la fatica di girare da un lato all’altro.
Il trionfo in rimonta nella finale delle Next Gen ATP Finals
Il grande esordio all’Australian Open
Vincere al debutto in uno Slam contro un grande avversario non è proprio all’ordine del giorno, ma Fonseca pare essere più entusiasta che sorpreso da se stesso. Dopo la partita con il russo ha detto:
Sto giocando un gran tennis quindi devo godermi questo momento e dare il massimo. Mi sento fiducioso.
È indiscutibile: il suo tennis accelerato ha scosso il circuito come una promessa di grandezza. Di Fonseca si dice da tempo che è un predestinato. Il pubblico italiano lo ricorderà per l’incontro con Matteo Berrettini in Coppa Davis. Era settembre e malgrado Fonseca avesse messo in difficoltà l’italiano, guardare oggi quella partita è uno spettacolo strano. Il brasiliano aveva conquistato dei bei punti, soprattutto di tocco. E con alcune volée dolci a seguito di dritti colpiti con il martello pareva lanciare un messaggio: ”il futuro è adesso”. Dopo essere stato sotto 4-0 al tie-break, Berrettini è riuscito a vincere anche per qualche ingenuità di Fonseca al servizio. È pur sempre la sfida tra un professionista e un ragazzino – per quanto forte – che deve ancora fare strada per diventare credibile contro avversari di quel rango.
Sono passati appena tre mesi, ma per il gioco di Fonseca sembrano passati tre anni. Le sue gambe sono più pronte e toniche, il suo servizio meno bizzoso. In Australia ha retto il confronto con Rublëv dalla diagonale del dritto, ma ha saputo anche stanarlo con variazioni continue e un gioco a rete efficace. Alcune risposte hanno ricordato le traiettorie malefiche di Sinner. Rublëv, ormai lo sappiamo, soffre contro avversari che lo mandano fuori dalla sua comfort zone, e Fonseca ha saputo interpretare il ruolo da antagonista fin dai primi punti.
Al secondo turno, contro Lorenzo Sonego, è arrivato a un tribolato quinto set, perdendo e uscendo dal torneo. C’era da aspettarselo, e anzi: dopo 14 vittorie consecutive a cavallo tra 2024 e 2025, il brasiliano non poteva fare di più. Ora dovrà dedicare il tempo ad aggiustare il servizio, a mettere carburante nel serbatoio per competere davvero su cinque set. È un percorso di crescita inevitabile, che difficilmente può essere evitato.
Gli highlights del successo di João Fonseca su Rublëv
La stessa pasta di Sinner e Alcaraz
La cosa che fa più paura di Fonseca è l’incredibile somiglianza con le altre due giovanissime star del tennis contemporaneo: Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Non avrà ancora la loro concentrazione lungo i cinque set o la sagacia tattica di un veterano, ma ha la precisione tecnica di un orologio svizzero e, soprattutto, la capacità innata di tenere il controllo invisibile dei colpi. Come i suoi due predecessori – anche se fa sorridere chiamare così due tennisti poco più che ventenni – Fonseca percepisce i giri della pallina come se avesse un senso in più. Colpisce fortissimo ma sa quando farlo.
Se ha una frazione di secondo per caricare il dritto diagonale, l’avversario è semplicemente spacciato. La pallina cade nell’altro campo e viene inghiottita da una buca. È una meccanica di tiro che non siamo abituati a vedere: la torsione del polso blocca i giri della pallina e le conferisce un effetto secco, straziante. E poi – e questa è la cosa per cui viene paragonato più a Sinner – Fonseca martella da fondo campo con autorevolezza, senza sottrarsi mai allo scambio. Non scappa mai. È veloce a cercare la pallina con la racchetta e con i piedi. Il pozzo delle sue energie si esaurisce difficilmente. In Brasile lo hanno soprannominato, un po’ per tutte queste doti, Sinnerzinho. “È un talento generazionale e lo sanno tutti”, lo aveva incensato così Berrettini. Un paragone riproposto anche da Sonego al termine del secondo turno dell’Australian Open.
Come detto, Fonseca ha vinto le Next Gen ATP Finals partendo con la peggiore classifica – prima dell’inizio era il numero 145 del mondo – tra tutti i partecipanti. In più, nel torneo dei tennisti più giovani João Fonseca era, perdonerete il gioco di parole, il più giovane. Questi due turni a Melbourne sono stati come una specie di flashforward: Fonseca ci ha svelato cosa ci attende in futuro. Rispetterà le pressioni che d’ora in avanti gli saranno riposte addosso? È difficile dirlo.
Che avesse un talento prodigioso si sapeva già da tempo ma forse è arrivato il momento in cui Fonseca ha preso davvero coscienza di questa realtà incontrovertibile. A settembre aveva fatto una piccola gaffe davanti ai microfoni:
Voglio entrare nella top 10…top 100, scusate.
Un lapsus che dice molto sulle ambizioni del brasiliano.