Salvate il soldato Hummels. Nelle ultime settimane questa frase ha campeggiato – o quantomeno è stata sottintesa – su social, radio e giornali a tema Roma ma non solo, ad evidenziare il trattamento irriguardoso che Mats Hummels avrebbe ricevuto dall’ex tecnico giallorosso Ivan Jurić. E se invece il tedesco non dovesse essere salvato? Se l’allenatore croato, quantomeno sulla sua gestione, non avesse avuto torto?
La turbolenta convivenza con Jurić
Il 1° giugno 2024, a Wembley, si gioca la finale di Champions League. Di fronte il favoritissimo Real Madrid e il Borussia Dortmund, arrivato a sorpresa all’atto finale dopo aver raccolto il prestigioso scalpo del PSG, sconfitto per 1-0 sia in Germania che al Parco dei Principi, in quest’ultimo caso proprio grazie a una zuccata di Hummels. Che scende in campo già sapendo che il suo futuro sarà altrove. In estate lo cercano il Mallorca, il Bologna per sostituire Calafiori e la Roma. Un interesse che si raffredda immediatamente, la Roma pare cercarlo infatti più come rimpiazzo di Smalling – che inizialmente ha poco mercato – che non come aggiunta al parco difensori.
Alla fine la società capitolina sceglie di acquistare Kevin Danso del Lens, un’operazione onerosa che tuttavia salta alle visite mediche. E siccome le vie del calciomercato sono infinite, dopo due mesi di voci e trattative, la difesa giallorossa riceve una rinfrescata solo dopo il gong e quando pare chiara l’intenzione di tornare alla difesa a 3. A sessione conclusa, ecco l’acquisto di Mario Hermoso, quindi la cessione di Smalling in Arabia e l’arrivo di Hummels, tra frenate e ripartenze dell’ultima ora. Ma come mai un difensore di tale portata e in gran forma è rimasto senza squadra fino a settembre?
Alla prima partita dopo il suo arrivo, in trasferta a Genova, Hummels parte dalla panchina per il ritardo di condizione, proprio come il compagno di reparto neoarrivato. Nella difesa a 3, Daniele De Rossi schiera Angeliño come braccetto di sinistra, un ruolo lasciato a Hermoso nella ripresa. Proprio un errore dello spagnolo causa il gol del pareggio rossoblù che costa la panchina a De Rossi. Al suo posto arriva Jurić, il cui esordio è previsto contro l’Udinese. Ancora una volta Hummels e Hermoso in panchina, con l’ex Atlético che entra nella ripresa e stavolta una Roma convincente che si assicura i tre punti con un perentorio 3-0. Nel match successivo, in Europa League contro l’Athletic Bilbao, Hermoso esordisce dal primo minuto come braccetto di sinistra, rendendosi responsabile del pareggio basco, con Hummels relegato ancora in panchina per 90’.
Arrivano primi mugugni dei tifosi: perché Hermoso fuori forma sì e Hummels ancora no? In realtà, pur non essendo spettacolare, la prima Roma di Jurić è più o meno quella che era lecito aspettarsi: poco offensiva ma molto attenta dietro, con due braccetti chiamati spesso a giocare il pallone – Gianluca Mancini e Angeliño – e un centrale chiamato a dirigere la difesa. La scelta di affidare le chiavi della retroguardia a Evan Ndicka appare giustificata dal campo: l’ivoriano è uno dei migliori giallorossi di inizio stagione e il rendimento difensivo della squadra appare di buon livello, ancorché i numeri siano in parte giustificati dalle prestazioni extra lusso di Svilar. Sono 5 i gol subiti nelle prime 7 partite sotto la guida di Jurić tra campionato e coppa. D’altro canto la tecnica di Ndicka non ne farebbe un braccetto adeguato al gioco del croato ma nel frattempo il contatore dei minuti giocati da Hummels è ancora fermo a 0. Una circostanza che solleva qualche chiacchiera, con il tecnico che derubrica la decisione a scelta tecnica motivata da un ritardo nella condizione e che lo stesso tedesco prova a spegnere così:
Contro il Monza avrei dovuto giocare titolare ma avevo la febbre e non sono riuscito a partire con la squadra.
Di fatto è lo stesso difensore a lasciare intendere che sarà titolare contro la Dinamo Kiev. Ma le cose andranno diversamente.
Esordio di Hummels, polemiche e incongruenze
A Firenze la pur non bellissima Roma vista sin lì molla completamente gli ormeggi. In un naufragio difensivo generale, i giallorossi si ritrovano sotto 4-1 e in 10 uomini per l’espulsione di Hermoso. Avendo già sostituito Mancini e Bryan Cristante, l’unico calciatore con caratteristiche difensive in panchina è Hummels, chiamato a evitare che l’imbarcata diventi ancora peggiore. Entra al 67’ per provare a dare equilibrio. Chi meglio di lui, vista la sua esperienza? La prima occasione per mettersi in mostra arriva quattro minuti più tardi: corner dalla sinistra per la Fiorentina, Kouamé spizza di testa in direzione di Hummels che goffamente, con riflessi tutt’altro che da campione, non riesce ad addomesticare il pallone. È l’autogol del definitivo 5-1.
Iniziano a inasprirsi le polemiche. “Non era il caso di farlo esordire con la squadra in grossa difficoltà”. Ma d’altronde questa affermazione non cozza con la tanto sbandierata esperienza che ne dovrebbe giustificare l’utilizzo? Tornano alla mente le parole dell’allora tecnico giallorosso Luciano Spalletti quando, dopo il famoso 7-1 incassato a Old Trafford nel 2007, giustificò il mancato ricorso alla panchina – un solo cambio prima dell’88’ – con la giovane età delle riserve. Un giocatore con l’esperienza di Hummels, invece, non dovrebbe essere una guida in un frangente come quello?
Da lì in poi la Roma affonda, subisce tre gol anche a Verona e dal Bologna in casa ma il definitivo casus belli arriva a Bruxelles, nel quarto turno di coppa. Ndicka ha la febbre, sembra tutto pronto per l’esordio di Hummels ma a sorpresa la scelta ricade su Cristante. Altri zero minuti, c’è chi ne sottolinea la professionalità a causa del generale silenzio e del supporto ai compagni mostrati sui social. Ma la realtà dice altro. Ricordate la febbre che ha impedito a Hummels di esordire a Monza? Subito dopo arriva la sosta e spunta una storia su Instagram con cui il difensore ironizza sul suo mancato utilizzo nel primo mese in giallorosso mediante una gallery di foto da “turista nella capitale”. Un’ironia che si ripete al ritiro del premio del Team of the Year della Champions League, quando sottolinea di avere più premi che minuti in campo. L’esonero di Jurić sembra aprire la strada al riscatto. O forse no?
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Il passato non basta
“Come può non giocare mai uno che sei mesi fa ha disputato una finale di Champions da titolare?”. Una frase ricorrente e quasi un mantra per il fronte comune dei tifosi contro il tecnico croato e in difesa di Hummels. D’altronde, il passato di Hummels non può essere discusso: pur avendo perso la finale – la seconda in maglia giallonera dopo quella contro il Bayern del 2013 – rimangono nel palmarès un Mondiale, 5 Bundesliga e svariate coppe nazionali nel suo Paese, oltre che la nomination per il Pallone d’Oro 2024 e l’elezione nel Team of the Year della Champions League.
E se Mats Hummels, semplicemente, non fosse più quel calciatore? D’altronde appare piuttosto illogico che un allenatore difensivo come Jurić, alla prima esperienza in una big in carriera, possa essersi auto-sabotato. E in fin dei conti la storia della Roma è piena di casi del genere. Si pensi ad Ashley Cole, arrivato nell’estate 2014 con la fama di uno dei migliori terzini sinistri della sua generazione ma con un rendimento chiaramente da fine corsa dopo i chilometri macinati sulla fascia al Chelsea. O, seppur con referenze meno nobili, a Georginio Wijnaldum.
Si può citare anche il più datato caso di Gabriel Omar Batistuta: dopo aver trascinato la Roma allo scudetto nel giugno 2001 – con 4 gol nelle ultime 4 di campionato – il suo rendimento ebbe una brusca frenata pochissimo tempo dopo. A fine novembre 2001, il bottino dell’argentino recitava appena 3 gol in 14 partite tra campionato e coppe. Un crollo verticale arrivato nonostante quattro anni in meno di Hummels e senza aver saltato la preparazione.
Dopo la sosta per le nazionali di novembre, la situazione del tedesco sembrava poter volgere al bello grazie all’arrivo di Claudio Ranieri, un’attesa spasmodica come evidenziato dal giocatore ancora a mezzo social.
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Le parole del nuovo tecnico nella sua conferenza di presentazione, d’altro canto, lasciano poco spazio all’immaginazione:
Sono andato a vedere un po’ di partite. La finale di Champions col Real Madrid, la semifinale col Paris Saint-Germain dove ha fatto un gol dando una “capocciata” e rompendo la rete: ma perché non deve giocare questo ragazzo? Vediamo, anche lui ha una certa età. Io scelgo chi mi fa vincere, al di là del sistema.
Eppure l’avvicinamento all’esordio del tecnico di Testaccio evidenzia altro. Dapprima è un’altra febbre, quindi iniziano a circolare voci e articoli che parlano di un ritardo atletico e di condizione netto rispetto ai compagni. Hunmels starebbe soffrendo anche l’ambientamento a Roma unito a un difficile divorzio, a seguito del quale proprio durante la sosta arrivano dichiarazioni al vetriolo dell’ex moglie. Radio Mercato continua a parlare di possibile addio a gennaio, addirittura di rescissione.
Insomma, Hummels non è pronto per giocare. E infatti a Napoli, alla prima di Ranieri, non gioca. Ma entra. Sullo 0-0 e con la Roma in assetto difensivo, organizzato nel tentativo di fronteggiare le iniziative sulle fasce laterali dei partenopei, Ranieri opera un doppio cambio nell’intervallo per rinforzare la contraerea, inserendo Hummels tra i due centrali titolari Mancini e Ndicka. Passano appena 9′ e con la complicità di alcuni compagni – Pisilli che non segue Di Lorenzo, Angeliño che se lo fa scappare alle spalle, in parte anche Svilar poco sicuro nell’area piccola – il difensore ex Bayern e Borussia si fa bruciare da Lukaku, inizialmente alle proprie spalle, nell’episodio che decide il match. Forse è l’inizio del declino di un grande giocatore. Hummels potrebbe aver difettato in quella professionalità che il tifo giallorosso gli ha ciecamente tributato, concentrando tutti i dubbi e le polemiche su chi non lo aveva fatto esordire e trascurando gli indizi tattici e di mercato, oltre a qualche uscita sui social che un campione come lui avrebbe potuto evitare.
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