Giocatore, allenatore, idolo: Attilio Lombardo al Crystal Palace

Attilio Lombardo - Puntero

All’inizio della stagione 1997-98 (la sesta nella storia della da poco nata Premier League) il Crystal Palace era una neopromossa che cercava di ottenere la salvezza in quello che non era ancora il campionato più bello del mondo (a quel tempo era ancora la Serie A che la faceva da padrona) ma che si presentava comunque già ricco e interessante. Non fu quella una stagione particolarmente felice per le Eagles, ma una da ricordare sì, perché vide il passaggio in rossoblù di un calciatore diventato poi una leggenda del club, vale a dire l’italiano Attilio Lombardo.

Giocando sull’assonanza tra la pronuncia inglese del cognome e la lambada, Attilio Lombardo si lascia andare in una spettacolare danza

 

Il Crystal Palace dell’epoca

Quando parliamo del Palace parliamo della squadra di Croydon, nella zona sud della City. Le Aquile non appartengono certo all’élite del calcio d’Oltremanica, come dimostra la loro bacheca vuota (se si eccettua una poco ricordata Full Members Cup). Eppure, negli anni Novanta, i rossoblù erano riusciti ad arrivare terzi in campionato (1991) e ad un passo dalla vittoria nella FA Cup quando, nel 1990, guidati da Ian Wright (futura colonna dell’Arsenal) vennero sconfitti in finale dal Manchester United soltanto dopo la partita di ripetizione.

Nella stagione 1996-97 il Palace era arrivato sesto nella First Division (l’allora Championship), riuscendo così a guadagnarsi l’accesso ai playoff promozione. Contro ogni pronostico le Aquile arrivarono anche alla finale di quel playoff. E il 26 maggio 1997 a Wembley, grazie ad una rete realizzata da David Hopkin, il Palace riuscì ad avere la meglio sullo Sheffield United conquistandosi così l’accesso alla Premier.

La finale dei playoff di First Division del 1997, con la vittoria a sorpresa del Crystal Palace

 

A guidare quella squadra c’era Steve Coppell, confermatissimo per la stagione seguente. Per affrontare la nuova annata in Premier, l’ex centrocampista del Manchester United completò una campagna trasferimenti che portò a Selhurst Park diversi giocatori importanti come l’ex Blackburn Rovers Paul Warhurst – peraltro uno dei giocatori più apprezzati di Championship Manager, antesignano dell’attuale Football Manager – o il portiere Kevin Miller, per oltre un milione e mezzo di sterline versati nelle casse del Watford. Fiore all’occhiello di quella sessione estiva di mercato fu però il già citato Lombardo, giocatore di prim’ordine e bellissimo personaggio nella splendida Serie A dell’epoca.

Un meraviglioso Attilio Lombardo durante la sigla di Mai Dire Gol

 

Sapevo di non andare a raggiungere la squadra più forte d’Inghilterra, ma pensai che sarebbe comunque stato divertente.

ha poi ricordato lo stesso Lombardo parlando qualche anno fa a The Athletic. E così, per una cifra di 1,6 milioni di sterline, Lombardo arriva in Inghilterra, firmando un contratto fino al 2000 col suo nuovo club.

 

Italiani in Premier, l’avvio super di Lombardo

La trentunenne ala destra italiana fu dunque fra i primi giocatori del Bel Paese ad attraversare la Manica per andare a giocare in Inghilterra, in un periodo in cui non era facile trovare giocatori italiani disponibili a trasferirsi all’estero. L’arrivo di Lombardo fu comunque favorito dal fatto che quei pochi compatrioti che provarono l’avventura in Premier in quelli anni ebbero un discreto successo. Fra questi vanno certamente annoverati Gianfranco Zola e Gianluca Vialli, sbarcati l’anno prima sempre a Londra per vestire la maglia del Chelsea. I due sono certamente i nomi più famosi di un contingente che però, nello stesso anno in cui arrivarono Zola e Vialli, vide giungere da quelle parti anche Fabrizio Ravanelli, seppur molto più a nord. Il popolare Penna Bianca firmò infatti nel 1996 per il Middlesbrough, club col quale registrò una stagione da trentacinque presenze con diciassette reti. Un bottino niente male, che consentì a Ravanelli di poter tornare nel continente l’anno seguente (andò infatti a giocare per due stagioni nell’Olympique Marsiglia, prima di approdare alla Lazio).

Come Vialli e Ravanelli nell’estate precedente, anche Lombardo era un ex juventino (già compagno di Vialli anche alla Sampdoria). Tutti e tre infatti, seppur contribuendo in maniera diversa, facevano parte della squadra della Juve che Marcello Lippi condusse alla vittoria in Champions League nel 1996. Nonostante il fatto che i migliori anni del Lombardo calciatore fossero probabilmente ormai alle spalle, il trentunenne ragazzo cresciuto nella Cremonese del presidente Domenico Luzzara (una fucina di talenti fra gli anni Ottanta e Novanta) era comunque sempre un signor giocatore, uno che era stato nel giro della Nazionale italiana e sul quale una neopromossa inglese avrebbe potuto puntare a occhi quasi chiusi.

Rinforzatosi dunque con Lombardo, il Palace partì bene in quel campionato 1997-98, anche se con prestazioni a dir poco altalenanti fra casa e trasferta. I risultati al Selhurst Park erano infatti in netto contrasto con l’impressionate ruolino registrato fuori casa, dove il Palace riuscì a racimolare sedici punti fuori dalle prime otto trasferte, andando a vincere su campi difficili. In casa invece gli uomini di Coppell registrarono la loro prima vittoria soltanto ad aprile inoltrato, quando ebbero la meglio sul Derby County a poche giornate dal termine della stagione e a classifica ormai compromessa. Ma gli inizi, come detto, furono buoni, tant’è che la squadra veleggiava in una tranquilla decima posizione in classifica dopo quattordici gare.

Da parte sua Lombardo rispose alle aspettative e ci mise poco a diventare l’idolo della tifoseria locale. Esattamente trentasei minuti. Tanto passò infatti dal fischio d’inizio della prima partita di campionato alla prima rete che l’italiano realizzò con la maglia della sua nuova squadra. Un esordio felice, bagnato dalla vittoria ottenuta in trasferta dalle Aquile sul campo dell’Everton.

 

Crollo natalizio e un nuovo ruolo: allenatore-giocatore

Il crollo lo si ebbe dopo Natale. Fra dicembre e marzo infatti le Aquile registrarono una striscia di ben quindi partite senza vittorie, col risultato di precipitare in classifica. A febbraio del 1998, con la società in procinto di essere ceduta dal proprietario Ron Noades a Mark Goldberg (l’accordo era già firmato), Coppell acconsentì a lasciare la panchina per un ruolo nella dirigenza. L’idea di Goldberg – che avrebbe poi fatto bancarotta nel giro di un paio d’anni  era quella di affidare la guida della squadra a Terry Venables, ex tecnico di Barcellona, Tottenham e Nazionale inglese. In attesa di giungere ad un accordo con Venables, dopo aver visto il Palace pesantemente sconfitto (6-2) da un Chelsea che, nel frattempo, era stato affidato a Vialli (subentrato a febbraio all’esonerato Ruud Gullit per diventare allenatore-giocatore, una figura ancora in voga nel calcio britannico del tempo), Goldberg decise di copiare l’idea dei Blues, affidando la direzione tecnica del Crystal Palace proprio a Lombardo.

Dato che l’inglese di Popeye (questo il soprannome che Lombardo si era guadagnato in Italia, per la straordinaria somiglianza col personaggio di Braccio di Ferro) era alquanto scadente (“non capivo Coppell quando parlava”, ha ricordato Lombardo in una intervista rilasciata alla tv del club nel 2018), Goldberg decise di affiancargli come interprete lo svedese Tomas Brolin, arrivato al Palace a inizio 1998, dopo che inizialmente il compito di tradurre a Lombardo le istruzioni di Coppell era stato affidato ad un ristoratore italiano, Dario Magri. La promozione al ruolo di player-manager colse di sorpresa Lombardo:

Sono tornato a casa la scorsa notte e ho ricevuto una telefonata. Sono stato convocato dal futuro presidente e mi è stato proposto il lavoro. Ho avuto mezz’ora per decidere. Mi sono sentito come investito da un camion.

Cosa fare in una situazione del genere? Per Lombardo la risposta è facile: chiamare l’amico Vialli per avere un parere. L’ex compagno di squadra gli espose chiaramente la situazione nella quale Lombardo si sarebbe venuto a trovare.

È un momento bellissimo nella tua vita ma ricorda: ieri quelli erano i tuoi compagni di squadra, ora quei giorni sono finiti perché tu sei il manager.

Alla fine l’offerta di guidare la squadra era troppo ghiotta per essere rifiutata e Lombardo finì per accettare la proposta di Goldberg. Per quanti leggono oggi questo articolo ed erano troppo giovani all’epoca dei fatti – o non erano affatto nati – occorre ricordare che la Premier di quei tempi era ben diversa da quella attuale. Si era infatti all’inizio del cammino che poterà la prima divisione del calcio inglese dall’essere la patria del kick and rush (ossia “palla lunga e pedalare”) immortalata anche dalla Crazy Gang del Wimbledon di John Fashanu e Vinnie Jones a quella lega iper-professionistica che conosciamo ai giorni nostri.

Anche dal punto di vista tattico l’evoluzione e la complessità attuale erano ben lontani. L’unico allenatore non britannico al via del campionato era il francese Arsène Wenger con l’Arsenal. Per chi vuole approfondire la conoscenza del calcio inglese che fu, si consiglia la lettura del libro The Italian Job, scritto da Vialli e dal giornalista Gabriele Marcotti.

 

Retrocessione, esonero e addio

L’esordio di Lombardo in panchina fu tutt’altro che brillante. Il Palace infatti venne regolato in trasferta 3-1 dall’Aston Villa. Alla causa delle Aquile non giovò la scelta del nuovo allenatore di presentarsi in campo con quattro attaccanti (fra i quali il suo interprete Brolin) nell’undici di partenza. Meglio andarono le cose nella seconda gara: Lombardo si schierò in campo nella vittoria che la sua squadra ottenne in trasferta sul campo del Newcastle. L’italiano andò anche a segno, confermando così di essere più a suo agio nelle vesti di giocatore che di manager.

Il risultato positivo tuttavia non servì a raddrizzare la situazione. Altre sconfitte seguirono e il Palace finì per retrocedere. Una volta maturata la discesa nella categoria inferiore, Lombardo venne sollevato dall’incarico. Il suo regno da giocatore-allenatore e da primo tecnico straniero nella storia del club londinese era durato appena quarantasette giorni. Molti anni dopo il secondo tecnico non inglese nella storia del Palace, l’olandese Frank de Boer, riuscirà a resistere un mese di più.

L’esonero non interruppe comunque la storia fra Lombardo e il Palace. L’ex sampdoriano infatti sarebbe rimasto fino a fine stagione nel Palace per onorare il suo impegno da giocatore. Alla fine della stagione mancavano tre partite, dirette dalla panchina da Ray Lewington, già assistente di Coppell. In questi ultimi impegni stagionali il Palace venne sconfitto 5-2 in trasferta dal Bolton e in casa (0-1) dallo Sheffield Wednesday all’ultima di campionato. Risultati intervallati dal pareggio interno (3-3) con lo West Ham, partita durante la quale Lombardo mise a segno la sua ultima rete con la maglia delle Aquile.

In realtà Lombardo aveva intenzione di onorare fino in fondo il suo contratto col club, cominciando al Selhurst Park anche la stagione seguente, in seconda divisione, sotto la guida del finalmente arrivato Terry Venables. Tuttavia, la precaria situazione finanziaria dei londinesi li costrinse a tagliare gli ingaggi più rilevanti. E così a gennaio Lombardo rientrò in Italia, acquistato dalla Lazio dell’amico e altro ex compagno sampdoriano Roberto Mancini. Nella capitale Lombardo è rimasto per due stagioni. Il tempo necessario per vincere con i biancocelesti lo scudetto del 2000 e poi tornare a casa, a Genova, per chiudere la carriera con la maglia blucerchiata nel 2002.

La sua esperienza al Palace dunque si concluse nel breve volgere di alcuni mesi. Un tempo breve ma comunque sufficiente per essere inserito dai tifosi del Palace nella squadra del centenario del club votata nel 2005 e per guadagnarsi un altro soprannome, quello di Bald Eagle (Aquila calva), e un coro da parte di una tifoseria che, nonostante i risultati non positivi, l’ha amato profondamente.

Just one Lombardo, give him to me
He’s from Juventus, in Italy
He’s got no hair
but we don’t care
We’ve got Lombardo
from Italy.

Tutto il meglio di Bald Eagle

 


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