Jim Ratcliffe è britannico e vive a Monaco. Si è laureato in ingegneria chimica a Birmingham nel 1974 e ha lavorato in Esso, prima di fondare quello che sarebbe diventato il colosso petrolchimico Ineos. Disprezza la classe politica in modo più o meno diffuso a prescindere dall’orientamento, ma da buon “euroscettico” è stato un convinto sostenitore della Brexit, prima di spostare la propria residenza fiscale nel Principato. Il Sunday Times nel 2018 lo ha iscritto al vertice della classifica degli uomini più ricchi di Gran Bretagna e sempre il Sunday Times ha fatto osservare che il leader di Ineos non è avvezzo ad avere su di sé gli occhi della ribalta. Lo scorso 24 dicembre 2023, ha acquisito il 25% del Manchester United per 1,44 miliardi di euro (la cifra più esosa di sempre, se si considera che si tratta di una quota minoritaria).
L’imprenditore del petrolio ha appena messo alla porta l’allenatore più vincente della storia dei Red Devils, Sir Alex Ferguson. Dopo 38 anni consecutivi di militanza, il contratto da ambasciatore del tecnico scozzese è finito nel pentolone del piano di risparmio architettato da Ratcliffe. Sembra che la decisione sia stata presa comunemente e in un clima amichevole, ma non è dello stesso avviso l’ex calciatore dello United Eric Cantona, che ha affidato a Instagram tutta la propria rabbia per quella che ritiene una grave mancanza di rispetto.
Ma se di oltraggio alla storia si parla, Ratcliffe vuole proprio esagerare: il proprietario di Ineos vorrebbe abbattere Old Trafford per costruire un nuovo stadio. Si tratta di un’enorme opportunità dal punto di vista finanziario oppure si sta compiendo un attentato alla tradizione di uno dei club più blasonati del Regno Unito?
Il cane Major
Il Manchester United non si è sempre chiamato così. L’attuale denominazione nasce infatti dalle ceneri del Newton Heath, club costretto a dichiarare bancarotta per via del forte indebitamento agli inizi del 1902. Per salvare la squadra servono soldi e finanziatori, ed è solo a questo punto che entra in gioco una storia che confonde i propri confini con la leggenda. Il cane razza San Bernardo Major, di proprietà del capitano Harry Stafford, viene regolarmente spedito in mezzo al pubblico per raccogliere qualche carezza e qualche moneta. Poi un giorno Major si perde. Stafford e compagni lo cercano ovunque, ma del cucciolone non c’è traccia. Potete crederci o no, ma il racconto vuole che Major venga ritrovato al pub in compagnia di un emozionato John Henry Davies, l’uomo che salverà il club dal fallimento e che, grazie alle sue grandi ambizioni, getterà le basi per la costruzione di Old Trafford, commissionando il progetto all’illustre ingegnere scozzese Archibald Leitch.
Passo indietro: se il terreno fangoso di North Road è ormai un lontano ricordo, il merito si deve ad Alfred Hubert Albut. Una sorta di amministratore delegato ante litteram che di mestiere principale faceva il venditore di caramelle. Albut ha il merito di tenere a galla la situazione finanziaria del club in un decennio di scarse risorse economiche ma, soprattutto, è il responsabile del trasferimento della squadra presso Bank Street Ground. Il campo suburbano di Clayton che diviene la nuova casa del Manchester United per 17 anni.
Breve storia del Theatre of Dreams
Ma cosa aveva Bank Street di così inadeguato? Le prime grandi vittorie del Manchester United – il campionato di Football League nel 1908 e la FA Cup un anno più tardi – spingono il visionario presidente Davies ad accelerare i tempi. A Leitch viene dato il compito di realizzare una struttura dedicata esclusivamente al calcio. “Un terreno sontuoso che vincerà il confronto con qualsiasi arena in Gran Bretagna”, scrive Athletic News.
Sabato 19 febbraio 1910. Il nuovo impianto di Old Trafford viene inaugurato da una spettacolare partita tra Manchester United e Liverpool, vinta per 3-4 in rimonta dagli ospiti, davanti ad una folla di 50mila tifosi in visibilio. Lo stadio acquisisce rapidamente grande importanza in ambito nazionale e internazionale, ospitando la finale di FA Cup nel 1911 e nel 1915, quest’ultima ridenominata Khaki Cup per l’elevato numero di soldati in uniforme presenti sugli spalti, perché meno di un anno prima il Regno Unito ha dichiarato guerra alla Germania. Questioni che poco hanno a che vedere con il calcio, come i bombardamenti che distruggono gran parte di Old Trafford durante la Seconda guerra mondiale. Lo stadio viene riaperto soltanto nel 1949, senza la copertura della tribuna centrale e a distanza di quasi dieci anni dall’ultima partita disputata dallo United a casa sua.
Ricostruire un sogno
Old Trafford diviene il luogo perfetto per ricostruire un sogno. A trovare gli interpreti ci pensano due speciali talent scout, l’assistente allenatore Jimmy Murphy e il capo degli osservatori Joe Armstrong. Perché il nuovo tecnico della squadra Matt Busby vuole attuare un piano di rilancio della squadra che si fondi su un principio piuttosto rivoluzionario per l’epoca: la valorizzazione dei giovani prospetti cresciuti nel vivaio. Sarà proprio su questa base che nascerà la bellissima e allo stesso tempo amara storia dei Busby Babes.
Gli eroi son tutti giovani e belli. A metà degli anni Cinquanta il Manchester United è una delle squadre più forti d’Europa. Da vero rivoluzionario, Busby si è attirato le critiche della Football Association per aver fatto partecipare la sua brigata alla Coppa dei Campioni 1956-57, sottraendo così importanti energie rispetto alle partite del campionato nazionale. Ma i Busby Babes sono incontenibili e quella stagione rappresenta il loro momento di massimo splendore: in Europa cedono soltanto al Real Madrid in semifinale, mentre in patria dominano in lungo e in largo, aggiudicandosi la First Division per la seconda volta consecutiva, con ben 8 punti di distacco sulla seconda. È proprio allora che Bobby Charlton congela l’attimo. Il fiore più splendente di quei terribili ragazzi si rende conto di trovarsi al centro di uno spettacolo: il prato di Old Trafford diventa il palcoscenico, le gradinate appaiono ora bordate di oro e i seggiolini si trasformano in poltroncine foderate di velluto. Le luci si spengono in un grido collettivo, si apre il sipario. Charlton non sa che dire. Quella scena non può essere altro che il “Theatre of Dreams“. Il teatro dei sogni. Un nome magico e suggestivo che accompagna la casa dello United fino ai nostri giorni.
I problemi di Old Trafford
“Dobbiamo guardare alla strada da seguire per lo stadio, la riqualificazione di quello stadio, e che ci sono chiaramente due strade che potremmo prendere: potremmo ristrutturare lo stadio esistente o potremmo guardare alla costruzione di un nuovo stadio. Ed è quello che stiamo guardando, al momento“. A pronunciare queste parole è direttamente Jim Ratcliffe, che ha promesso di investire 300 milioni per la parziale riqualificazione di Old Trafford. Non è la prima volta che Trafford Park subisce delle modifiche. Nel corso degli anni, gli ampliamenti hanno previsto l’aggiunta di nuovi livelli, la sostituzione della tribuna nord – quella che prima si chiamava North Stand e che dal 2011 è intitolata proprio a Sir Alex Ferguson – e il riempimento degli angoli. A partire dal 2005, ovvero dall’acquisizione del Manchester United da parte della famiglia Glazer, sono invece stati pochi i lavori di riqualificazione.
Ecco che il celebre buco della East Stand diventa il principale pretesto per fare della facile ironia. Con la pioggia battente, l’acqua scorre e forma una specie di cascata che arriva a creare un vero e proprio fossato sottostante. Le strutture sono fatiscenti e arrugginite. I limiti strutturali non reggono al confronto con altri grandi stadi del Regno Unito, come Wembley o Anfield. I segni del tempo si fanno sentire tanto a livello pratico quanto a quello logistico: non è possibile girare attorno al perimetro dell’impianto, la linea delle cucine è impossibile da gestire come anche la gestione del traffico, alcuni posti a sedere hanno una visuale eccessivamente oscurata rispetto al terreno di gioco. Addirittura, c’è chi giura che non sia raro vedere qualche topo che svicola e si incunea tra gli anfratti del vecchio Old Trafford.
I freddi numeri di una rivoluzione
Eh ma l’ambientalismo dove lo metti? Old Trafford è una struttura antiquata e, anche dal punto di vista della sostenibilità, sono molte le ragioni che spingono Ratcliffe a considerare l’abbattimento e la costruzione di un nuovo stadio. Il progetto di Mr. Ineos è affascinante e ambizioso: creare una sorta di “Wembley del nord”. Un concetto di calcio e intrattenimento che sia immediatamente riconoscibile, che continui a fare della vasta capienza un punto di forza. Un gruppo di addetti ai lavori, la Old Trafford Regeneration Task Force (ne fanno parte anche il sindaco di Manchester e l’ex difensore dei Red Devils Gary Neville) ha analizzato l’area circostante l’Old Trafford e ha pianificato un piano di ristrutturazione, così come ha esaminato l’effettiva fattibilità di un nuovo stadio. Ratcliffe ha messo nelle sapienti mani dello studio Norman Foster l’incombenza di creare un masterplan accurato con costi e benefici del nuovo, accattivante progetto.
Il nuovo stadio sorgerebbe nella stessa zona dell’attuale Old Trafford, costerebbe tra gli 1,5 e i 2 miliardi di sterline e avrebbe tra i 90 e i 100mila posti a sedere. Secondo i tecnici, modernità ed efficienza potrebbero attrarre fino ad 1,8 milioni di visitatori l’anno, con la creazione di 92mila posti di lavoro e la costruzione di 17mila nuove case. Stando a quanto riportato da Telegraph e Daily Mail, non è da escludersi che l’attuale proprietà chieda uno sforzo al governo britannico per la realizzazione del nuovo impianto. Secondo il progetto di Ratcliffe, il vecchio Old Trafford verrebbe demolito per lasciare il posto ad una nuova struttura da 15mila posti che diventerebbe il quartier generale per il settore giovanile e la squadra femminile. L’ipotesi sembra prendere sempre più corpo, considerando anche gli alti costi per una eventuale ristrutturazione dello stadio progettato da Leitch: le stime parlano di almeno 1 miliardo di sterline di spesa, per un impianto che resterebbe, comunque, antiquato rispetto agli attuali standard.
L’ingratitudine di un petroliere
È giusto che un popolare imprenditore possa aver messo un punto definitivo sulla luna di miele tra il Manchester United e Sir Alex Ferguson? Al di là del mancato rinnovo contrattuale, sembra che Ratcliffe voglia diffondere un nuovo modo di pensare all’interno della società. Una nuova way of thinking che ha poca connessione con le memorie, i ricordi e le tradizioni. Allo stesso modo, è opportuno anche solo pensare di poter demolire una struttura che ha fatto la storia dei Red Devils come Old Trafford? Il campanello d’allarme che presuppone l’abbattimento di più di un secolo di storia dovrebbe far accapponare la pelle di tifosi e addetti ai lavori. La rivoluzione di Ratcliffe è ingrata e non si presta ai deboli cuori dei romantici, ma è anche comprensibile che il club si possa sentire in imbarazzo rispetto al gap qualitativo con altri moderni stadi del Regno Unito. Il dibattito è più che mai aperto e una decisione verrà presa entro la fine dell’anno.
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