La Serie A è ossessionata dalla pirateria ma non sa combatterla

Serie a pirateria - Puntero

L’ennesima maldestra uscita di Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A, all’indomani della firma apposta al Decreto Omnibus da parte del governo rivela – o forse si dovrebbe dire conferma – l’assoluto scollamento tra chi dovrebbe gestire la delicata e complessa questione della fruizione dei contenuti del prodotto Serie A e la realtà. Dopo il tragicomico destino del Piracy Shield che ha portato addirittura ad uno scontro con Cloudflare, azienda leader mondiale di servizi cloud alla quale si è cercato addossare le responsabilità dell’assoluta inefficacia di uno strumento progettato, scritto e attivato per non poter mai funzionare, ora la lotta alla pirateria, concetto che ossessiona il vertici del calcio, passa dal Decreto Omnibus che prevede “multe automatiche” per i fruitori dell’ormai celebre pezzotto grazie a quello che De Siervo definisce “un filo di Arianna digitale” che traccia ogni nostra mossa sulla rete.

Non è chiaro come, con quali strumenti e quali protocolli, le identità rintracciate e messe a disposizione dell’Autorità Giudiziaria verranno verificate e perseguite ma questo è solo metà del problema. L’altra metà è l’approccio al mondo delle VPN. Le VPN (acronimo di Virtual Private Network) sono servizi forniti da aziende di cybersecurity che consentono agli utenti di navigare in internet risultando connessi da un qualsiasi Paese del mondo e, parallelamente, criptano i dati di navigazione dell’utente mettendoli al riparo da appropriazioni indebite. É circolata perfino l’idea di chiedere a queste aziende, quando intercettano i fruitori di contenuti liberamente trasmessi, di fornire i dati al governo.

Ovviamente, essendo la sicurezza dei dati degli utenti il loro core business e non trattandosi di aziende italiane – e quindi non facilmente assoggettabili a una richiesta simile – il progetto è tramontato per permetterci di veder sorgere il suo successore: domandare alle VPN di bloccare in tempo reale l’accesso a tutti i siti individuati da AGCOM come trasmettenti illegalmente i contenuti della Serie A. Anche in questo l’ideale è altissimo ma pressoché irrealizzabile. Pensare che decine di servizi VPN possano mettersi a bloccare in tempo reale centinaia, se non migliaia, di siti in grado di replicarsi istantaneamente è fuori dalla realtà.

 

Lotta alla pirateria, una questione economica

Questa ossessione per la pirateria, naturalmente, non ha nulla a che fare con la tanto sbandierata legalità ma è una questione economica. Erroneamente, i broadcaster che hanno speso ben 900 milioni di euro per acquistare i diritti di trasmissione della Serie A, quando stimano le perdite dovute alla pirateria moltiplicano i numeri stimati di pirati per il costo di un singolo abbonamento. Questo ragionamento è sbagliato perché non è affatto detto che in assenza di alternative tutti i pirati digitali si abbonerebbero e, come dimostrato dal calo degli abbonati che quest’anno ha messo in seria difficoltà DAZN e i suoi lavoratori, non è nemmeno certo che gli abbonati restino tali al crescere dei prezzi.

Economicamente parlando, è come affidarsi al pensiero magico ma i broadcaster non hanno molta scelta dovendo sostenere un investimento che non ha più alcun senso al giorno d’oggi. E questo è il vero e solo punto della questione. Il calcio tratta i diritti tv, questione economica fondamentale per la sopravvivenza di quasi tutti i club, con una visione del mondo e del prodotto ferma a venti anni fa, quando il mondo non aveva ancora visto nascere YouTube e tutte le altre piattaforme che hanno cambiato radicalmente modi e tempi della fruizione di qualsiasi contenuto.

Al giorno d’oggi il calcio non si può permettere di ritenersi al di sopra di queste dinamiche e dovrebbe fare un deciso passo in avanti nelle logiche di distribuzione dei diritti e quindi di aggressione del mercato dell’audiovisivo smettendo di pensare di vivere in un mercato chiuso e inaccessibile a tutti gli altri. Sappiamo molto bene come lo streaming abbia impattato ogni ambito dei contenuti, dai dischi di platino non più legati alle copie fisiche venduta nella musica agli eventi di sport ed eSports un tempo di nicchia e oggi fruibili dal grande pubblico. Insomma, l’industria del calcio, volente o nolente, deve venire a patti con la modernità.

Come disse correttamente Andrea Radrizzani, patron di Eleven Sports, per quanto possa avere ancora senso vendere i diritti a pacchetto a un singolo broadcaster in alcune parti del mondo – dove il calcio non è il protagonista assoluto della vita sportiva locale – nei mercati principali bisogna uscire dalla logica del pacchetto che espone i broadcaster ad investimenti insostenibili e poco remunerativi, contestualmente mettendo gli utenti nelle condizioni di non poter fruire del prodotto con la stessa facilità, mobilità e economicità con le quali possono godere di una serie tv, di un film o di un album musicale.

 

Diritti tv, quale scenario per il futuro?

Le leghe professionistiche americane si sono mosse in questa direzione da tempo con la formula del League Pass che, declinato con diverse nomenclature, permette con una cifra che va dai 30 dollari dell’MLB ai 200 dell’NFL di vedere sui propri dispositivi, live e on demand, tutte le partite di quel campionato. Questa formula non ha affatto spinto fuori dal mercato i broadcaster locali che hanno comunque una quota di diritti per la trasmissione via cavo degli eventi e alcune esclusive territoriali che consentono alle aziende in questione di spendere meno per i diritti potendo così essere competitivi dal punto di vista del prezzo comprendendo le proprie trasmissioni nell’abbonamento che le persone pagano per tutti i canali via cavo.

Un’altra strada percorribile per il calcio sarebbe quella della vendita in proprio dei diritti da parte delle squadre, con o senza partnership con broadcaster o servizi di streaming, dando la possibilità al tifoso di sottoscrivere un abbonamento per vedere le sole partite della propria squadra del cuore affiancando a questo un sistema di pay-per-view dove, ad esempio, l’abbonato alle partite del Lecce possa acquistare ad una cifra ragionevolmente contenuta la visione di un big match o una singola partita di qualsiasi altra squadra.

Il mondo del pallone deve fare un balzo in avanti culturale accogliendo le nuove e ormai imperanti forme di fruizione dei contenuti senza voler difendere posizioni e schemi ormai superati e non funzionali per gli utenti tanto quanto per le aziende, entrando in una modernità dove lo spettro della pirateria non lo si combatta a colpi di decreti improvvidi e improvvisati ma con servizi di qualità e facilmente accessibili.

 


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