L’alba della nuova stagione di Premier League ha visto l’avvio senza senso di Erling Haaland, fiore all’occhiello dell’orchestra diretta da Guardiola e capace di portare a casa, con il suo Manchester City, il triplete nel 2023. Le prestazioni della punta non fanno più notizia, tanti sono i gol messi a segno nel corso delle stagioni e con le varie maglie indossate nella sua ancora breve carriera. Mentre il norvegese continua a collezionare record su record, vale la pena immaginare come sarebbe stato vederlo competere in altre epoche, confrontando il suo impatto sul calcio moderno con quello che avrebbe in un ipotetico viaggio nella Serie A del passato.
Supersonic
L’11 aprile 1994 gli Oasis rilasciavano Supersonic e da quel momento le cose non sarebbero state più le stesse, né per la band di Manchester né per la cultura pop britannica. Il singolo di debutto del gruppo capitanato dai fratelli Gallagher, da sempre ferventi tifosi del Manchester City, è diventato nel tempo la più fulgida rappresentazione di tutta la loro irriverenza.
“I need to be myself, I can’t be no one else”. Il primo verso di Supersonic sembra cucito su misura per Haaland, che ha iniziato la sua terza stagione all’ombra dell’Etihad Stadium nel miglior modo possibile. Anche se in realtà non si è mai fermato, perché Erling è esattamente questo: timbra il cartellino alla prima di campionato con il Chelsea, inanellando quindi due triplette consecutive contro Ipswich e West Ham. La striscia si interrompe alla partita successiva contro il Brentford, in cui segna “solo” due gol, per poi aprire le danze nel big match contro l’Arsenal di Arteta, concluso con il rocambolesco 2-2 firmato da Stones.
La gara terminata a secco contro il Newcastle è solo una piccola battuta di arresto in un avvio strepitoso, frutto di forma fisica e mentale pazzesche, se consideriamo che siamo solo agli inizi di quella che si preannuncia essere una delle stagioni più lunghe e impegnative di sempre. Dieci gol nelle prime sei giornate, numeri incredibili, tenuto conto che da solo ha segnato più gol di molte avversarie in Premier. È andato a un soffio dal battere il record detenuto da Cristiano Ronaldo, che rimane insieme al norvegese il giocatore più veloce a segnare 100 gol per un singolo club, toccando quota 101 in 105 partite con il Real Madrid. Parliamo di un ragazzo che in 289 presenze ha messo a segno 235 reti. Una media di 0,8 gol a partita. Tutto questo a soli 24 anni, con una carriera sportiva davanti in perenne ascesa.
Spingersi fino al limite
Haaland non ha di certo iniziato a segnare all’improvviso, anzi. In ogni squadra e in ogni competizione in cui ha giocato, ha sempre risposto presente. Analizzando le ultime cinque stagioni, il norvegese ha mantenuto l’impressionante media di 41,4 gol a stagione. Un dato che tiene conto di tutte le competizioni, incluse coppe nazionali ed europee, oltre agli impegni internazionali con la sua Norvegia.
Partendo da questa base, è facile fare una previsione sui prossimi cinque anni di Haaland. Se sarà in grado di mantenersi su questi ritmi e di alzare sempre più l’asticella, al netto di infortuni o altri eventi imprevedibili, nel prossimo quinquennio il norvegese potrebbe aggiungere in tutta tranquillità altri 200 gol. Con la stagione ancora in corso i dati sono ancora provvisori, ma tenendo in considerazione l’inizio clamoroso non è difficile pensare che possa superare il proprio record in campionato (36 gol in Premier League, al suo secondo anno al Manchester City).
Si apre una prospettiva interessante riguardo il fatto che Haaland possa raggiungere la soglia dei 500 gol alle porte dei 30 anni, risultato che solo pochi nella storia possono vantare. Naturalmente è chiaro aspettarsi in un certo frangente della sua carriera l’inizio di una flessione fisiologica, soprattutto se continuerà a viaggiare su questi ritmi. La domanda da porsi su Haaland non è tanto se riuscirà a raggiungere nuovi traguardi – di fatto in due anni sotto la guida di Guardiola ha già scritto importanti pagine di storia – ma fino a che punto sarà in grado di spingersi.
Ritorno al futuro
Proviamo a chiudere gli occhi e a collocare Haaland nella Serie A degli anni Novanta e Duemila, un’epoca in cui il campionato italiano aveva la stessa considerazione che ha la Premier League oggi. Trasferire Haaland in una realtà così differente rispetto a quello odierna offre una prospettiva interessante su come e quanto il calcio sia cambiato. Se la scena dell’epoca era dominata quasi interamente dai classici attaccanti di peso, abilissimi in area di rigore ma poco inclini al movimento, Haaland sarebbe stato la mosca bianca.
La sua interpretazione del ruolo lo rende di fatto il prototipo dell’attaccante moderno. Se inserito in un contesto come quello del nostro campionato di qualche decennio fa, la punta del Manchester City avrebbe donato una dimensione completamente diversa al ruolo dell’attaccante, andando da solo a ridefinire una categoria: forte, rapido, letale se lanciato in campo aperto e libero di attaccare lo spazio alle spalle dei difensori. Oltre ad avere una finalizzazione con pochi eguali, sia attualmente che, probabilmente, nell’intera storia del calcio.
Oltre alle doti atletiche, è il tasso di conversione a renderlo inarrestabile. Lo conferma il dato sui fuorigioco – solo 15 in 71 presenze totali in Premier League. Il manifesto più recente della sua capacità di essere sempre al posto giusto al momento giusto è il gol all’Arsenal, messo a segno alla quinta giornata di campionato: il norvegese inizia la corsa, temporeggiando per evitare di finire in fuorigioco fino al momento in cui Sávio lascia partire il filtrante, per poi bruciare in velocità i difensori e trafiggere Raya. Corsa, forza, tempismo perfetto e sangue freddo. Probabilmente il concentrato di tutte le migliori qualità che possedevano i grandi attaccanti della Serie A.
Nel campionato di quell’epoca avrebbe agito certamente come centravanti ma, vista l’inclinazione del tempo di utilizzare moduli a due punte, il norvegese sarebbe stato probabilmente affiancato da un partner d’attacco. E chissà, magari non avrebbe ricoperto il ruolo di centravanti di sfondamento ma agito più da seconda punta.
Game over
A onore del vero, è importante sottolineare come in passato si segnassero molti meno gol rispetto ai giorni nostri. Quindi sarebbe stato difficile tenere la media dei 73 messi a segno da Haaland in 71 presenze in Premier League. La chiave però sta tutta nella continuità. In campionato il norvegese non scende sotto i 28 gol di media da quattro stagioni. Quanti degli attaccanti in voga negli anni d’oro della Serie A hanno mantenuto nel tempo una realizzazione così alta? Ronaldo nella sua miglior stagione in Italia conta 25 gol, Batistuta 26. Per citarne ancora un paio, Vieri e Inzaghi hanno entrambi realizzato 24 gol nella loro miglior stagione. Ognuno dal proprio picco di massime prestazioni ha poi iniziato a scendere, chi per un motivo e chi per un altro.
Mettere a confronto Haaland con i giocatori di quella Serie A è sostanzialmente impossibile. La differenza nelle prestazioni tra le due epoche è abissale, unitamente al fatto che tutto quello che fa da contorno alla pura e semplice preparazione atletica è progredito anni luce rispetto al passato. Nuove tecniche di recupero, innovazioni nel campo della dieta e del riposo hanno permesso ai calciatori odierni di diventare dei veri e propri atleti. Quelli che sembrano solo piccoli accorgimenti si rivelano poi fondamentali per lo sviluppo delle prestazioni e, come nel caso di Haaland, permettono di fare il salto di qualità definitivo.
Per fare un paragone concreto, senza scomodare grandi nomi, sarebbe totalmente impari fare un confronto con un Dario Hübner – per quanto sia stato indubbiamente un attaccante validissimo – se si pensa che quest’ultimo non disdegnava una sigaretta prima degli incontri e non seguiva un regime di vita propriamente ferreo. Mettere sullo stesso piano i calciatori dell’epoca e Haaland, che è sulla buona strada di Cristiano Ronaldo per quanto riguarda l’ossessione verso l’allenamento e il recupero, sarebbe impensabile.
Un atleta come Haaland nella Serie A degli anni ’90 avrebbe probabilmente replicato (se non addirittura aumentato) il bottino di reti messe a segno nella sua seppur breve carriera. Solo il tempo saprà dirci se riuscirà a confermarsi a livelli sempre più alti. Parliamo di un ragazzo che alla stessa età di due mostri sacri come Messi e Cristiano Ronaldo ha uno score più alto, e non di poco. Il limite è solo il cielo.
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