Ivan Jurić è l’uomo giusto per la Roma?

Ivan Juric - Puntero

Come un fulmine a ciel sereno, nella mattinata di mercoledì 18 settembre la Roma ha annunciato l’esonero del suo allenatore Daniele De Rossi. Non solo una bandiera ma anche la pietra miliare di un progetto a lunga scadenza, fatto di colpi di mercato futuribili e di un contratto triennale a cifre tutt’altro che irrilevanti per un quasi esordiente in massima serie. In maniera altrettanto sorprendente, nel corso della medesima giornata la società giallorossa ha annunciato Ivan Jurić come nuovo tecnico. Un profilo tutt’altro che seducente per una piazza che è passata nel giro di nove mesi da un mister leggendario come Josè Mourinho a un mito del club fino a un profilo teoricamente di livello inferiore.

Ma è veramente così? Il croato è realmente un tecnico non all’altezza della Roma? Quello che sappiamo con certezza è che si tratta di un allenatore dal carattere forte, allievo di Gian Piero Gasperini, ma con maggiore attenzione del maestro alla solidità difensiva – anche grazie alle qualità del suo vice, Matteo Paro, considerato una vera promessa della panchina. Conosce il nostro campionato, ha una buona esperienza ed è capace di raggiungere gli obiettivi prefissati dalla propria dirigenza, in taluni casi anche di superarli valorizzando i giovani talenti a disposizione (vedi esperienza di Verona).

Al tempo stesso, tuttavia, Jurić nasconde angoli bui: viene tacciato di difensivismo, è scontroso e incline alla polemica, nei confronti di soggetti terzi – non risparmiando allenatori avversari, come accaduto con Vincenzo Italiano nella scorsa stagione – ma anche dell’ambiente, della stampa e della propria dirigenza. Una situazione che lo rende una vera e propria mina vagante. Per questo ci siamo chiesti: come andrà la sua esperienza alla Roma? Abbiamo analizzato alcuni scenari senza mezze misure, dalla tragedia alla gloria.

 

Ma come? Appena arrivato?

La Roma è una polveriera, storicamente e più che mai adesso. I risultati allarmano la piazza che, mentre nel giudicare Mourinho era stata di manica larga anche trincerandosi dietro gli ottimi cammini europei, con De Rossi ha iniziato a mugugnare per la lunga sequenza di stagioni lontana dal palcoscenico della Champions League, tra l’altro prendendosela con alcuni giocatori, su tutti Lorenzo Pellegrini, capitano tacciato di intensità e impegno relativi, e addirittura accusato di essere il responsabile dei vari esoneri.

Spesso Jurić ha mostrato i denti in conferenza stampa, anche a tutela dei propri giocatori e contro presidente, giornalisti e tifosi. Vi viene in mente, per un allenatore del genere, un luogo peggiore di Roma, con radio locali sempre pronte a creare zizzania e giornalisti molto spesso insidiosi? A noi sì: Roma adesso, dove a questo quadro si aggiunge il carico del malcontento generale per la partenza di De Rossi e per l’avvio di campionato deficitario della squadra.

Spesso la mancata sintonia con ambiente e proprietà è stata fonte di botta e risposta tra Jurić e il presidente, di liti furiose con il proprio ds, perfino di un dito medio rivolto alla curva dopo una vittoria. Si sa, per sedare un litigio molto spesso serve un sano dialogo e lo scenario peggiore possibile è quello di una proprietà silente, che non replica alle provocazioni e non fa sentire mai la sua voce. Esattamente quello che accade a Roma da quando Dan Friedkin è divenuto proprietario nell’estate del 2020.

Pronostico di questo scenario: Ivan Jurić si dimette venerdì 4 ottobre, all’indomani dello scialbo pareggio in Europa League sul campo dell’Elfsborg.

Un esempio del carattere non esattamente accomodante di Ivan Jurić: la lite con il ds del Torino Vagnati

 

Provarci e fallire

Ma in fondo dubitiamo che Jurić possa arrendersi così facilmente. Il tecnico croato non pecca certo in determinazione e cercherà non solo di smentire gli scettici ma anche, perché no, di guadagnarsi la conferma come tecnico giallorosso. Difatti, sebbene abbia accettato di traghettare i giallorossi fino a fine stagione, una clausola garantirebbe all’ex allenatore del Torino il rinnovo automatico in caso di qualificazione in Champions, di fatto l’obiettivo primario della dirigenza giallorossa, quantomeno dal punto di vista economico, alla luce degli ingenti investimenti fatti in estate. Ci riuscirà? Analizziamo alcuni freddi numeri.

Il primo numero è il 9. Nella sua carriera, infatti, il tecnico non è mai andato oltre il nono posto in Serie A, raggiunto in due diverse occasioni: nella sorprendente stagione 2019-20 alla guida del Verone e nel campionato scorso con il Torino, con il quale ha sfiorato la qualificazione alla Conference League, vanificata solo dalla sconfitta della Fiorentina nella finale di Atene. La conoscenza del campionato e l’esperienza, pertanto, da soli non bastano a dare garanzie di raggiungimento dell’obiettivo dei giallorossi, anche alla luce del fatto che mai il tecnico si è confrontato con un palcoscenico così prestigioso.

A tal proposito, il secondo numero oggetto della nostra analisi è il 5. Se è vero che l’obiettivo primario della dirigenza è il piazzamento Champions, non possiamo non evidenziare come, in queste ultime stagioni, la Roma abbia dato il meglio di sé durante le campagne europee. Un teatro in cui, a differenza dell’esperienza in panchina dello Special One e di quella da calciatore di Capitan Futuro, Jurić non è esattamente a proprio agio. In particolare, il croato conta la miseria di 5 gettoni europei, tutti da calciatore e risalenti alla stagione 2009-10 con la maglia del Genoa, l’ultima prima del ritiro. 5 presenze in Europa League, due nei preliminari e tre nel girone. Potrebbe non bastare per confermare l’ottimo trend dei giallorossi in questi ultimi anni, anche alla luce della rosa rivoluzionata e della partenza di alcuni calciatori esperti che potrebbe aver sottratto certezze al gruppo.

Altro numero piuttosto rilevante è 1,12. Si tratta della media gol a partita delle squadre di Jurić in Serie A, che ha mandato a segno i propri giocatori in 268 occasioni a fronte di 240 partite disputate. Un numero che già a prima vista appare basso e rappresenta il prezzo della solidità e della compattezza, autentici mantra per l’idea di calcio del croato. Ancora più impietoso è il confronto con le cifre della squadra giallorossa: nelle ultime sei stagioni, in cui la Roma ha sempre fallito la qualificazione in Champions e nei quali si inserisce il periodo di difensivismo mourinhano, la Roma ha realizzato 358 gol in 228 partite, con una media dell’1,69 a match. Ciò significa che per segnare 10 gol alle squadre di Jurić servivano 9 partite mentre, nello stesso lasso di tempo, la Roma ne realizzava 15 anche al netto della flessione realizzativa con lo Special One.

Un biglietto da visita tutt’altro che ideale per una serie di motivi: in primis proprio per le critiche che hanno accompagnato la fase finale dell’avventura del tecnico di Setúbal e che, di fatto, sono perfettamente sovrapponibili alla fase pre-esonero di De Rossi, tanto che, nell’infinito vociare scatenato da siti e radio giallorosse – si veda quanto già detto nel paragrafo precedente – una delle chiacchiere più insistenti vede proprio l’allarmante dato degli expected goals prodotti come causa dell’allontanamento del tecnico di Ostia. In secondo luogo, la Roma in estate ha speso molto, impegnando una somma complessiva di circa 65 milioni di euro tra cartellini, bonus e clausole varie per potenziare il reparto avanzato con gli arrivi di Artem Dovbyk e Matias Soulè.

In particolare, il bomber ucraino ha vissuto un inizio piuttosto difficile, trovando la via della rete in un’occasione ma sbagliando qualche gol semplice e, soprattutto, mostrandosi piuttosto avulso dalla manovra. Se ciò è avvenuto con il gioco di De Rossi, che nelle idee avrebbe dovuto essere piuttosto arioso, cosa potrebbe succedere con il nuovo tecnico e le sue idee fondate sulla solidità difensiva? A soccorrerci nella nostra domanda – e probabilmente a gettare sconforto sul povero Dovbyk – arriva un altro dato: il numero massimo di gol messi a segno da un calciatore allenato da Ivan Jurić è 12, nello specifico messi a segno nelle ultime due stagioni rispettivamente da Antonio Sanabria e Duván Zapata.

L’unica altra occasione in cui una punta allenata dal tecnico di Spalato è finita in doppia cifra risale ai 10 gol del Cholito Simeone al Genoa nella stagione 2016-17. Senza contare le carenze della rosa: la Roma ha i giocatori giusti per il 3-5-2 o 3-4-2-1 del tecnico? I “quinti” saranno all’altezza di un gioco dispendioso? Troppi dubbi per avere garanzia di risultati, pertanto il nostro pronostico in questo scenario è: Roma settima in classifica e Jurić non confermato.

 

Ivan Jurić uomo della Provvidenza

E se invece la rosa della Roma fosse perfetta per il nuovo allenatore? Riflettiamoci un attimo: i migliori momenti di questi ultimi anni, sia in ambito europeo che in campionato quando c’erano speranze di qualificazione in Champions League, sono arrivati con la difesa a 3. Un assetto che i giallorossi già padroneggiano, sul quale la società ha improntato la parte finale del calciomercato e, cosa più importante, modulo preferito da Ivan Jurić. In fin dei conti, la Roma ha già il leader difensivo che può prendere in mano le redini della retroguardia, quel Mats Hummels che di certo non è futuribile come i centrali messi in vetrina dal gioco di Jurić al Torino –  Bremer, Alessandro Buongiorno – ma ha sicuramente le stimmate del riferimento su cui riporre la massima fiducia.

A livello di centrali di centrocampo, Leandro Paredes ha iniziato piuttosto male la sua stagione per un problema di condizione ma, una volta recuperato, può risultare la versione nobile, dinamica e completa del Miguel Veloso che ha rappresentato il fulcro della manovra del tecnico croato al Genoa e, soprattutto, al Verona. Senza contare la predisposizione di alcuni giocatori, su tutti Manu Koné e Bryan Cristante, a fornire garanzie in entrambe le fasi del gioco, potendo sfruttare il loro dinamismo e i tempi di inserimento per rincorrere il portatore in fase di non possesso e insidiare la porta avversaria.

Per quanto riguarda la batteria dei giocatori a supporto del centravanti – che potrà sfruttare le maggiori qualità proprie e dei compagni rispetto a quelli precedentemente agli ordini di Jurić per migliorare i magri bottini di cui sopra – non mancano sia i giocatori che possano dare qualità, come Soulé e Paulo Dybala, né quelli con caratteristiche utili per fare da legante tra mediana e attacco, come Enzo Le Fée e, soprattutto, Pellegrini, da sfruttare come quell’Antonín Barák che a Verona riuscì persino a diventare miglior cannoniere stagionale dei gialloblù.

Il più grande vulnus della Roma in questi anni, tuttavia, sono state le fasce: la carenza di braccetti potrebbe però essere compensata con qualche giovane – sulla scia di quanto fatto a Verona valorizzando Marash Kumbulla o Matteo Lovato – o da uno Zeki Çelik in versione Ricardo Rodríguez, capace di alternarsi tra la linea difensiva e gli incarichi da quinto di centrocampo. Senza dimenticare che anche al Torino hanno trovato spazio con profitto calciatori non esattamente apprezzati ovunque, sicuramente di rango e affidabilità inferiori rispetto ai vari Alexis Saelemaekers, Stephan El Shaarawy o Nicola Zalewski, un talento da recuperare.

Ma alla Roma non manca un Raoul Bellanova? Forse. Ma se è vero che i punti di forza dell’attuale esterno dell’Atalanta sono la corsa e le doti offensive che compensano qualità difensive non esattamente di primo livello, perché non azzardare il nome che già di per sé rappresenta l’azzardo numero uno dell’estate giallorossa? Esatto, stiamo parlando di Saud Abdulhamid, primo saudita della storia della Serie A dal sorriso costante e abbagliante. I video, le analisi e gli scout hanno evidenziato un giocatore con evidenti carenze tattiche ma anche con spiccate qualità offensive.

Riuscirà Jurić a renderlo il Bellanova della Roma? In questo scenario diciamo di sì e pronostichiamo una Roma in Champions League e con un altro grande cammino europeo. D’altronde, senza le retrocessioni dalla Champions, siamo sicuri che in Europa League ci siano molte squadre superiori ai giallorossi?


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Di Manuel Fanciulli

Laureato in giurisprudenza e padre di due bambini, scrivo di sport, di coppe e racconto storie hipster. Cerco le risposte alle grandi domande della vita nei viaggi e nei giovedì di Conference League.