Jürgen Sparwasser, la mezzala che tradì il comunismo della DDR

Jürgen Sparwasser - Puntero

La vita e lo sport ci hanno insegnato che il successo, la fama e la gloria non sempre sono tutto. Vincere è meraviglioso, certo, per alcuni è l’unica cosa che conta, ma diversi personaggi sono entrati nella leggenda per altri motivi. Uno di questi è Jürgen Sparwasser, ex calciatore della Germania Est ricordato ancora oggi per un singolo gol: quello che valse il successo nella sentitissima sfida con la Germania Ovest nel 1974.

 

La strada verso la divisione della Germania

Albert, quando mi sono presentato da lei con quei calcoli, pensavamo che avremmo innescato una reazione a catena che avrebbe distrutto il pianeta. Penso che l’abbiamo fatto.

Così Robert Oppenheimer, interpretato da Cillian Murphy nel film di Christopher Nolan, si rivolgeva ad Albert Einstein in seguito allo sgancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki del 6 e del 9 agosto 1945. Un evento epocale che fu il culmine di sei anni di guerra senza esclusione di colpi, un conflitto di fatto chiuso proprio con lo sgancio dei due ordigni. Questo tremendo doppio episodio rivoluzionò la storia del mondo e sancì la fine della Seconda guerra mondiale, iniziata il primo giorno di settembre del 1939 in seguito all’invasione della Polonia da parte della Germania. Le conseguenze furono disastrose, il bilancio di morti e feriti da rabbrividire e, ovviamente, furono inevitabili le ridistribuzioni e spartizioni di territori.

Il 10 febbraio 1947 furono firmati i Trattati di Parigi sottoscritti dagli Alleati vincitori e dalle potenze dell’Asse cadute. Tuttavia la Germania, la grande sconfitta, non ebbe la possibilità di firmare alcun trattato a causa della debellatio e, in seguito all’Accordo di Potsdam, si ritrovò divisa in quattro zone di occupazione (Francia, Usa, Regno Unito e Unione Sovietica). Ne seguirono la nascita della Repubblica Federale Tedesca (BRD) il 23 maggio 1949 e, il 7 ottobre 1949, quella della Repubblica Democratica Tedesca (DDR). La nazione all’alba degli anni ’50 fu di fatto spaccata in due: da una parte la zona occidentale controllata dagli USA, dall’altra la zona orientale in mano all’URSS di Stalin. Un confine territoriale ma soprattutto ideologico, che separò il mondo capitalistico da quello comunista e che, fino alla caduta del muro di Berlino, creò un enorme divario all’interno del territorio europeo.

 

Germania Est: la parte di Berlino in mano all’URSS

Radicalmente agli antipodi rispetto alla controparte occidentale, la DDR fin da subito si ritrovò a combattere alcuni problemi interni, primo fra tutti la rivolta operaia datata 1953 che, però, non riuscì a sovvertire un governo comunista solido, capace di aderire fin da subito (1956) al Patto di Varsavia. Una decisione politica presa in risposta all’ingresso della BRD nella NATO. Dichiarata pienamente sovrana e riconosciuta formalmente dall’URSS nel 1957, la Germania orientale era guidata dalla SED (Sozialistische Einheitspartei Deutschlands o Partito Socialista Unificato di Germania) affiancata però da altri quattro partiti: l’Unione Cristiano Democratica, il Partito Democratico Rurale, il Partito Liberal-Democratico di Germania e il Partito Nazional-Democratico.

L’obiettivo delle “quattro spalle” era quello di raggruppare e unire le classi contadine e quelle piccolo-borghesi intorno all’operato della SED. A livello religioso invece vigeva uno Stato aconfessionale e laico, anche se alcune istituzioni culturali pubbliche contribuirono a diffondere l’ateismo. A partire dal 1952, inoltre, il territorio fu diviso in 14 distretti tra cui quello di Magdeburgo, al cui interno si trovava la piccola cittadina di Halberstadt. Un nome poco familiare ai più, ma che in realtà avrebbe avuto una grande rilevanza in futuro, quantomeno a livello sportivo. Sì, perché in quella cittadina nel 1948 nacque Jürgen Sparwasser, un uomo che sarebbe diventato un simbolo della Germania dell’Est.

 

I primi calci della futura leggenda

Cresciuto calcisticamente nel BSG Lokomotiv Halberstadt, club allenato dal padre, all’età di 16 anni Sparwasser viene ceduto al Magdeburgo, dove si mette in luce con ottime prestazioni che gli valgono anche l’ingresso nella Nazionale Under 19 della Germania Est. L’esordio con la rappresentativa giovanile è da sogno: contro la Bulgaria, il 7 ottobre 1964, segna il gol vittoria. Il buongiorno, in questo caso, si vede dal mattino e infatti solo un anno più tardi Sparwasser vince  l’UEFA Junior Tournament, segnando in finale contro l’Inghilterra il gol del momentaneo 1-0. È il preludio all’affermazione nel calcio dei grandi: nel 1966 esordisce in Oberliga, il massimo campionato della Germania Est. E nonostante il Magdeburgo retroceda, il ragazzo – sceso in campo in cinque occasioni – sarà in grado di trarre il meglio dal peggio.

Nell’annata 1966-67, infatti, Sparwasser firma 22 reti che gli valgono il titolo di capocannoniere del girone Nord: dopo appena un anno il Magdeburgo ritorna in Oberliga, dove la mezzala si conferma capocannoniere e principale protagonista della squadra nelle quattro stagioni successive. Di lì a poco i successi iniziano a fioccare per lui e per la sua squadra: nel 1969 esordisce in Nazionale e vince la prima coppa nazionale, bissata nel 1972 al culmine di un double che porta il Magdeburgo a vincere anche la Oberliga. Senza dimenticare il bronzo alle Olimpiadi di Monaco 1972, ottenuto segnando 4 gol ma soprattutto eliminando nella seconda fase a gironi i padroni di casa e rivali della Germania Ovest.

Allori importanti che lo inseriscono di diritto nell’olimpo del calcio tedesco orientale. Ma il vero punto di svolta della sua carriera, anzi della sua vita, arriva nel 1974. È l’anno del secondo titolo nazionale con la maglia del Magdeburgo e della vittoria della Coppa delle Coppe in finale contro il Milan, ma soprattutto dell’avventura con la Nazionale ai Mondiali. Anche stavolta, come alle Olimpiadi di due anni prima, il destino vuole che l’esordio della sua selezione avvenga proprio dall’altra parte del muro.

 

La prima Coppa del Mondo

I Mondiali di calcio si giocano dal 1930, è vero, ma quelli del 1974 sono i primi con la denominazione di Coppa del Mondo. Fino al 1970 infatti il torneo era intitolato a Jules Rimet e solo dopo il terzo successo del Brasile nel 1970 in Messico la coppa è stata ritirata, di conseguenza cambiando format, denominazione e trofeo. Dopo gli attentati terroristici dei giochi di Monaco 1972, il Paese tedesco incaricato di organizzare il Mondiale del 1974 ci tiene a fare le cose per bene e infatti le misure di sicurezza vengono incrementate all’ennesima potenza. Nulla viene lasciato al caso. 

5 gennaio 1974, a Francoforte si tiene il sorteggio della manifestazione, è un giorno da ricordare. Il Brasile campione in carica affronta Jugoslavia, Scozia e Zaire. La testa di serie Uruguay se la gioca con Olanda, Bulgaria e Svezia. L’Italia è in un gruppo tutt’altro che agevole con Polonia, Argentina e Haiti. E le due Germanie? La Germania Ovest, Paese ospitante, deve affrontare Cile, Australia e Germania Est. Per la prima volta, le due nazionali maggiori si affronteranno in un match ufficiale.

Beckenbauer e compagni incontrano la formazione guidata da Sparwasser all’ultimo turno del girone. Entrambe hanno già passato il turno, in palio ci sono i 3 punti e la vetta del girone, certo, ma il risultato sportivo è un mero contorno se consideriamo il contesto storico e politico che funge da cornice. Al Volksparkstadion di Amburgo, il 22 giugno 1974, il mondo capitalista si batte con quello comunista. La Germania Ovest sfida la Germania Est. Richard Nixon affronta Leonid Brežnev. Siamo allo scontro epocale. La gara è equilibrata, poi al minuto 77 accade l’impensabile. Contropiede della Germania Est, Sparwasser raccoglie un pallone proveniente dalla fascia destra e si incunea tra Paul Breitner e Berti Vogts. Quindi scocca un destro secco dal limite dell’area piccola. Sepp Maier non può nulla. La Germania Est squarcia la partita e vince 1-0.

Il Volksparkstadion si ferma, si conclude una sfida surreale, uno degli incontri più importanti e singolari della storia del gioco, quantomeno a livello geopolitico. La Germania Est batte i rivali nel derby e chiude il girone al primo posto, di fatto però sancendo la fine del proprio Mondiale. In virtù del successo ottenuto, infatti, la formazione si ritrova nel secondo girone da quattro con Olanda (prima classificata nel proprio gruppo), Brasile e Argentina, entrambe seconde dei loro gruppi. Sparwasser e compagni cadono 2-0 con l’Olanda e 1-0 con il Brasile, inutile il pari con l’Albiceleste quando ormai entrambe le squadre sono già fuori da un torneo che, alla fine, sarà vinto proprio dai padroni di casa della Germania Ovest, capaci di rimontare in finale contro l’Olanda di Johan Cruijff.

 

Un gol che cambia la vita e il tradimento

Il Mondiale si è chiuso con l’eliminazione al secondo turno, ma quel gol siglato al minuto 77 rimarrà per sempre impresso nella memoria di tutti, così come l’associazione “Sparwasser-Amburgo-1974″, ormai quasi una sorta di filastrocca. Da quel giorno infatti, Sparwasser è diventato un mito, una leggenda sportiva, ma anche un mezzo di propaganda socialista, eretto a simbolo della presunta superiorità della Germania Est sulla Germania Ovest. Perché questo è il potere che ha lo sport: farti sentire immortale, superiore a tutto e tutti nonostante ciò che accade al di fuori del contesto sportivo. A soli 26 anni la mezzala del Magdeburgo veste i panni del condottiero che, seppur su un campo di calcio, ha sconfitto i cugini dell’occidente, quelli che sulla carta erano nettamente superiori e che avrebbero dovuto vincere senza troppi patemi.

Il suo futuro sembra ormai segnato, il governo lo vede sulla panchina del Magdeburgo per continuare da allenatore ciò che ha iniziato da giocatore. Ma la stella classe 1948 ha altri progetti. Rifiutato più volte l’incarico, Jürgen diventa assistente ricercatore alla Scuola Superiore di Pedagogia di Magdeburgo. L’obiettivo è quello di cambiare completamente rotta e riscrivere la propria vita nella speranza di fuggire da un destino beffardo che lo vede in grande pericolo. Dopo la richiesta di espatrio presentata dalla figlia infatti, la carriera dell’ex calciatore comincia a scricchiolare e, per questo motivo, decide di fare il grande salto. È arrivato il momento di passare dall’altra parte del muro.

Il 9 gennaio 1988 è il giorno designato per la fuga. Nella Saar è infatti previsto un torneo di calcio a 5 tra le vecchie glorie del Magdeburgo, mentre la moglie Christa ha in programma una visita a una zia che vive in Bassa Sassonia. Ottiene il visto d’uscita al secondo tentativo e in quella mattina di inizio gennaio viene raggiunta alla stazione di Francoforte dal marito: destinazione Bad Homburg, una cittadina dove ci sono alcuni amici ad aspettarli. L’indomani, il 10 gennaio, sui media della DDR appare la seguente dichiarazione:

La presenza di una formazione di vecchie glorie del Magdeburgo a Saarbrücken è stata usata da forze nemiche dello sport per accaparrarsi Jürgen Sparwasser, che ha tradito la sua squadra.

Dopo alcuni giorni da latitante, Sparwasser inizia la carriera da vice allenatore di Karl-Heinz Feldkamp all’Eintracht – periodo durante il quale allena un giovanissimo Jürgen Klopp per passare poi al Darmstadt. Un’esperienza definita da lui stesso come un errore e che lo porterà, in futuro, ad occuparsi soltanto di settori giovanili ricoprendo tra le altre la carica di presidente dell’Associazione dei calciatori professionisti. 

Fuggito dall’altra parte del confine in cerca di fortuna, di riscatto ma anche di una vita più tranquilla, Sparwasser non ha raccolto ciò che ha seminato, fallendo nel tentativo di costruirsi una carriera di rilievo fuori dal campo. Nonostante tutto però, la mezzala della Germania Orientale non ha mai rinnegato la scelta fatta nel 1988. Un gesto forte, una presa di posizione contro un regime che dopo il gol vittoria contro i cugini occidentali l’aveva innalzato a leggenda e che poi, dal 10 gennaio 1988, lo ha trasformato in un traditore della patria. Dopo essere stato un eroe, Sparwasser ha vissuto tanto a lungo da diventare il cattivo.

 


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Di Alessandro Amici

Romano, 26 anni. Vivo la mia vita una partita di calcio alla volta.