Quante volte, al bar o sui social, avete assistito – se non addirittura partecipato – a un confronto calcistico generazionale, nel quale i più giovani o sostenitori della modernità a tutti i costi si sono scontrati con nostalgici che sbandierano la loro preferenza per i bei tempi andati? Ieri contro oggi, un tema che da sempre affascina e catalizza il dibattito, anche sotto la stessa bandiera. Per questo ci siamo chiesti come potrebbero apparire alcune top 11 storiche dei più importanti club italiani, cercando di analizzare in maniera quanto più possibile oggettiva la storia di ogni singolo club e dei grandi campioni che ne hanno fatto parte. Scelte talvolta ardue, per le quali non potremo che affidarci all’esclusivo gusto personale. Sarà preso in considerazione il contributo che i singoli campioni hanno fornito alla storia del club e verranno esclusi altrettanti campioni che hanno avuto un ruolo marginale ma che magari sono stati determinanti per altre società. La prima analisi è quella che riguarda la Juventus, che schiereremo con un ipotetico 4-1-4-1, attingendo esclusivamente da calciatori del dopoguerra.
Portiere: Gianluigi Buffon
Una scelta tutt’altro che banale, nonostante stiamo parlando di un interprete leggendario del ruolo. Per continuità e longevità ad alti livelli, probabilmente, Buffon è stato il miglior portiere di tutti i tempi. Dall’esordio a 17 anni al ritiro arrivato addirittura a 45, la sua carriera lunga 28 anni è iniziata e terminata nel Parma, con in mezzo una lunghissima parentesi bianconera durata dal 2001 al 2021 – che ha vissuto un solo anno di interruzione dato dal trasferimento al PSG – fatta di trionfi e momenti duri, come l’anno trascorso in Serie B a seguito di Calciopoli.
Una carriera gigantesca, che lo ha reso una leggenda senza bisogno di presentazioni, tanto da farsi preferire, in questa speciale formazione, a un monumento vivente come Dino Zoff. Per longevità, prestigio e valore mostrato sul campo, la Juventus del nuovo millennio è incarnata da Gigi Buffon, muro insormontabile e artefice di numerosi successi bianconeri, nonché di un’estate meravigliosa che ha tinto d’azzurro il cielo di Berlino nel 2006. Secondo per numero di presenze in bianconero, 23 trofei, record d’imbattibilità in Serie A e tanto altro, a Buffon è mancata soltanto l’agognata Champions League, sfiorata ben tre volte.
Terzino destro: Claudio Gentile
Il campione del mondo 1982 è stato uno dei terzini destri più forti della storia, quantomeno limitatamente a quella del nostro Paese. Nato e cresciuto a Tripoli da genitori siciliani trasferitisi durante la colonizzazione italiana della Libia, sin da giovane Claudio Gentile è stato simbolo di abnegazione ed eclettismo, non solo interpretando più ruoli in campo ma anche cercando di farlo con la massima efficacia sia offensivamente che difensivamente, traendo il meglio dall’ispirazione alle leggende italiane del ruolo e limando i suoi difetti tecnici, come insegna l’esperienza da terzino sinistro agli ordini di Giovanni Trapattoni, che gli ha permesso di affinare l’utilizzo del piede mancino anche in proiezione offensiva.
Grazie alla sua costanza e versatilità ha saputo unire una grandissima abilità in marcatura – resa ancora più efficace dalla grinta, tanto che il quotidiano inglese The Times lo ha inserito tra i difensori più rudi di sempre – a una predisposizione innata all’accompagnamento della fase offensiva, tanto da risultare un perfetto interprete in entrambe le fasi di gioco. Abile con entrambi i piedi, le 411 presenze e i 10 trofei – tra cui una Coppa Uefa ed una Coppa delle Coppe – vinti negli 11 anni di militanza lo proiettano di diritto nell’élite bianconera.
Difensore centrale: Gaetano Scirea
Icona universalmente riconosciuta di correttezza e signorilità, Gaetano Scirea è stato uno dei più grandi interpreti del ruolo di libero nella storia del calcio. Quarto nella classifica all time delle presenze in maglia bianconera a quota 552, è uno dei pochissimi eletti – nonché il primo assieme a Cabrini – a potersi fregiare della vittoria dei tre trofei continentali organizzati dalla UEFA (Coppa Uefa, Coppa delle Coppe, Coppa dei Campioni) e del Mondiale, vinto nel 1982. La sua classe innata e il carattere schivo e corretto lo hanno eretto a modello per tanti ragazzi che approcciavano al mondo del calcio.
Chiusa la carriera da calciatore, ha avviato quella di vice-allenatore del suo amico e compagno di mille battaglie Dino Zoff ma, purtroppo, innanzi a lui si è parato il fato avverso che lo ha strappato alla vita appena 36enne, a seguito del rogo scaturito da un incidente d’auto occorso in Polonia durante un incarico per visionare il Górnik Zabrze, imminente avversario della Juventus nel primo turno della Coppa UEFA poi vinta dai bianconeri. La sua prematura dipartita ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore dei tifosi della Juventus e alimentato il mito attorno alla sua figura: quella di un esempio che vive e arde in tutti i ragazzi che indossano una maglia a strisce bianconere.
Difensore centrale: Giorgio Chiellini
Con 18 anni di militanza, 20 trofei vinti e il terzo posto assoluto per numero di presenze in bianconero, Chiello è stato non solo una bandiera del club ma anche e soprattutto il leader assoluto della linea difensiva della Juventus nel secondo decennio degli anni Duemila. Una difesa a 3, davanti al già citato Buffon, composta da lui, Andrea Barzagli e Leonardo Bonucci, riconosciuta come una tra le retroguardie più performanti della storia. Una leadership ripagata con nove scudetti consecutivi nel nome di quel muro invalicabile per molti avversari. Emerso nel momento più difficile della storia della Juventus, ne è stato capitano e simbolo, risultando come uno dei marcatori più forti degli ultimi decenni. Dulcis in fundo la conquista, con la fascia da capitano al braccio, dell’Europeo con la Nazionale italiana nel 2021.
Terzino sinistro: Antonio Cabrini
Un terzino sinistro moderno nel panorama dell’Italia catenacciara degli anni ’80: potremmo definire così il Bell’Antonio, nato e cresciuto calcisticamente a Cremona e capace, sin dall’età di 19 anni, di abbinare forza e velocità, senza dimenticare le capacità balistiche che lo rendevano mortifero da fuori area e sui calci piazzati. Doti tali e così spiccate da spingere il ct della Nazionale azzurra Enzo Bearzot a farne un titolare indiscusso ai Mondiali del 1978 quando ancora non era neanche certo del posto nella Juventus. Un terzino “brasiliano”, precursore dei tempi in un calcio che giudicava i terzini principalmente per le doti difensive.
Protagonista per 13 stagioni – e con in bacheca altrettanti trofei – in bianconero, condivide con Scirea il titolo di primo calciatore a mettere a segno l’en-plein dato dai tre trofei UEFA e il successo al Mondiale del 1982. Fortissimo anche in fase difensiva, lo si annovera tra i migliori fluidificanti al mondo della sua epoca.
Centrocampista centrale: Andrea Pirlo
“Pirlo è un leader silenzioso, parla coi piedi” disse di lui Marcello Lippi in quella torrida e felice estate del 2006. Nato trequartista, la sua carriera prende il volo dapprima grazie all’intuizione – frutto della necessità data dalla convivenza con Roberto Baggio – dell’allora tecnico del Brescia Carlo Mazzone di spostarlo nella posizione di regista davanti alla difesa, quindi dal coraggio di Carlo Ancelotti di utilizzarlo costantemente in quel ruolo anche in una big. Una scelta che cambia radicalmente la sua storia nel calcio, trasformandolo da eterna promessa non mantenuta a uno dei più grandi interpreti di sempre del ruolo.
Il Maestro è stato un centrocampista geniale, grazie a una squisitezza tecnica da palati finissimi e a una qualità balistica da fermo pressoché leggendaria, con un’imprevedibile soluzione su calcio di punizione, la famosa Maledetta. Senza dimenticare la capacità innata di creare spazi che solo lui poteva scorgere. Il suo acquisto a parametro 0, grande intuizione della dirigenza a fronte del calo mostrato nelle stagioni precedenti, unito all’arrivo di Antonio Conte in panchina, ha rappresentato una svolta netta nelle sorti della storia bianconera dopo gli anni bui post Calciopoli: 8 trofei in quattro anni e giocate indelebili nella mente dei tifosi bianconeri.
Ala destra: Alessandro Del Piero
Semplicemente l’incarnazione della Juventus. Difficile altre parole per descrivere Pinturicchio: 705 partite e 290 gol, recordman in entrambe le graduatorie nella storia bianconera. Del Piero ha rappresentato la juventinità in giro per il mondo, venendo riconosciuto da tutti per la sua professionalità e il suo carisma. Fuoriclasse senza tempo, si tratta di uno dei rari casi di calciatore capace di unire ogni appassionato, a prescindere dai colori. Venti anni di carriera dedicati a una sola maglia, architrave su cui la Juventus ha costruito i cicli vincenti tra gli anni ’90 e i 2000, ma non solo. Del Piero ha agito da simbolo e bandiera anche scegliendo, a 32 anni, di restare a sgomitare in Serie B nonostante il recente titolo di campione del mondo e la corte di molti club in giro per il globo. Un gesto d’amore e attaccamento ricompensato con l’ultimo scudetto in carriera, a suggellare la rinascita della squadra del suo cuore.
Nell’immaginario collettivo rimarrà sempre uno dei calciatori italiani più forti della storia. Il saluto composto e molto toccante, in pieno stile sabaudo, riservatogli all’ultima partita in maglia bianconera, è uno di quei momenti che rimangono impressi nella mente e che dice tutto su ciò che è stato l’amore profondo tra Del Piero e la Juventus.
Trequartista: Zinédine Zidane
Tecnica, eleganza, visione di gioco, forza e personalità racchiuse in un unico giocatore: basterebbe questo a definire il fuoriclasse francese, che per cinque anni ha illuminato il cielo torinese con giocate ad altissimo contenuto tecnico, come la sua roulette de Marseille. Nonostante abbia legato il suo nome e i suoi più importanti successi a livello di club – sia da calciatore che da allenatore – anche alla maglia del Real Madrid, è impossibile non menzionare ciò che ha raggiunto nel suo periodo di militanza torinese.
Zizou è stato il numero 10 per eccellenza, che torreggiava sulla trequarti con le sue accelerazioni e le sue proverbiali finte, illeggibili per qualunque difensore. Osannato dalla tifoseria bianconera, ha vinto sei titoli con la Vecchia Signora e nel suo periodo torinese ha ottenuto traguardi eccellenti, quali il Pallone d’Oro del 1998 e il titolo sia di Campione del Mondo che d’Europa con la Nazionale transalpina. L’unico rimpianto rimane la Champions League, sfumata due volte consecutive all’atto finale al termine delle prime due stagioni alla Juventus.
Trequartista: Michel Platini
Le Roi è uno dei miti assoluti della storia della Juventus. Capace di vincere consecutivamente tre Palloni d’Oro tra il 1983 e il 1985, è stato il simbolo indiscusso del periodo d’oro della Juventus negli anni ’80. Tecnica sopraffina, abilissimo nei calci piazzati, forte di destro, di sinistro, di testa: sarebbe riduttivo definire Platini un numero 10. Il francese rappresentava il prototipo di calciatore totale, che non si può racchiudere all’interno di schemi ma il cui estro viene lasciato libero di creare a proprio piacimento. Un po’ di caviale da aggiungere ad una buonissima fetta di pane, come ebbe a dire l’Avvocato Agnelli.
Si è ritirato a soli 32 anni, dichiarando che il suo fisico non riusciva più a reggere una carriera da calciatore professionista. Nei suoi cinque anni in bianconero ha conquistato sette trofei, siglando il gol decisivo per la Coppa dei Campioni del 1985, oltre a diventare campione d’Europa con la Francia nel 1984. Un calciatore da sempre apprezzato per il suo stile e la signorilità, tanto da essere nominato ct della sua Nazionale a soli 33 anni, presidente del comitato organizzatore del Mondiale ospitato dalla Francia nel 1998, oltre ad essere stato eletto – con un mandato non esente da contestazioni e questioni giudiziarie, a dire il vero – presidente della UEFA dal 2007 al 2015.
Ala sinistra: Roberto Baggio
Come per Del Piero, dobbiamo ricorrere a una piccola forzatura tattica per non escludere un calciatore che ha fatto la storia del calcio. Perché il Divin Codino è considerato da molti il più grande calciatore italiano di tutti i tempi, per quanto ha fatto a livello di club ma anche e soprattutto per il suo apporto alla Nazionale azzurra, con cui è stato capace di far sognare un’intera nazione e di farne chiedere a gran voce la titolarità o la convocazione quando queste erano in dubbio.
Baggio non è stato solo abilità nel dribbling ma anche innato senso del gol e grandi capacità negli assist, qualità che lo rendono un calciatore quasi unico nel suo genere. A questo proposito, il già menzionato Platini, da cui ha raccolto in eredità la maglia numero 10 e il ruolo di leader tecnico, disse: “Ha la tecnica del 10 e la finalizzazione del 9, quindi è un 9 e mezzo”. Assoluto genio del calcio e campione del popolo, in bianconero ha vinto solo tre trofei ma durante la sua militanza lunga cinque anni si è anche assicurato il Pallone d’Oro nel 1993. Uno degli idoli assoluti della tifoseria bianconera, estasiata e ammaliata dalle giocate del fuoriclasse vicentino.
Punta centrale: Omar Sívori
Altra scelta non facile, al cospetto di un ruolo ricoperto da grandissimi interpreti. Abbiamo quindi deciso di premiare l’estro e la classe di un genio anarchico, l’esaltazione della purezza tecnica individuale in uno sport di squadra, uno dei primi grandi artisti della storia calcistica. Arrivato in Italia con il soprannome di El Cabezón, per via dell’apparente grandezza della testa (in realtà frutto di una capigliatura folta e di un corpo minuto), la Juventus lo ha acquistato dal River Plate immediato successore dell’invincibile rosa degli anni ’40 nota al mondo come La Máquina. E in bianconero è stato subito amore: assieme a John Charles e Giampiero Boniperti, l’italo-argentino, futuro oriundo al servizio della Nazionale azzurra, formava il Trio Magico della Juventus anni ’50.
Grazie alla sua classe e al mancino mortifero – valso un altro apodo, quello di El Gran Zurdo – ha incantato il mondo, tanto da risultare il primo Pallone d’Oro della storia bianconera, nel 1961. Nei suoi otto anni alla Juventus ha realizzato 170 gol in 257 partite e ancora oggi è uno dei più prolifici marcatori del club torinese. Noto per il suo carattere scaltro, rissoso e intimidatorio, Sívori era uno specialista del dribbling in velocità. Un’abilità che, unita alla grande forza fisica, lo rendeva un calciatore futuristico rispetto ai canoni del calcio dell’epoca.
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