Il Southampton di Jurić è la peggior squadra di sempre in Premier?

La retrocessione con sette giornate di anticipo, pone il Southampton di Juric come una delle squadre peggiori della storia della Premier League.

 

Forse alla fine riuscirà a racimolare quei due punti necessari per superare il record negativo stabilito dal Derby County nel 2007-08, retrocesso con appena 11 punti messi insieme in un intero campionato. Ma questo non impedirà al Southampton 2024-25 di rientrare in ogni discorso che verrà fatto da ora in poi quando si tratterà di indicare la squadra peggiore nella storia della Premier League. La caduta sul campo del Tottenham (3-1) ha infatti certificato l’inevitabile: la discesa in Championship dei Saints, soltanto un anno dopo la promozione nella massima divisione del calcio inglese.

La prima conseguenza di questa amara retrocessione è stata l’immediato licenziamento di Ivan Jurić, dopo un regno di 108 giorni e una striscia di sei sconfitte nelle ultime sette giornate di campionato. In totale, l’ex tecnico di Torino e Roma ha vinto una sola gara (2-1 sul campo dell’Ipswich a febbraio) su quattordici giocate.

Stagione travagliata sin dall’inizio

Russell Martin (l’uomo che aveva riportato il Southampton in Premier vincendo i playoff di Championship lo scorso maggio) né Jurić sono riusciti a salvare i Saints. Un record negativo, in attesa di capire se supereranno quello del Derby, lo hanno già stabilito: nessuna formazione era mai retrocessa con ancora 7 partite da giocare.

Eppure, come spesso accade in queste storie, le premesse per un’annata diversa c’erano. Sì, la vita delle neopromosse nella sempre più competitiva Premier League non è mai stata così difficile come nelle ultime stagioni, ma la Sport Republic di Rasmus Ankersen e Henrik Kraft (proprietari del club) aveva investito molto durante l’estate per rinforzare la squadra, portando al St. Mary’s Stadium i vari Aaron Ramsdale, Taylor Harwood-Bellis, Yukinari Sugawara, Flynn Downes, Mateus Fernandes, Cameron Archer e Ben Brereton.

Nonostante ciò, le cose hanno cominciato a non funzionare fin da agosto, all’inizio del campionato. La proprietà ha sempre sostenuto lo stile di gioco voluto da Martin, fondato su una manovrata costruzione dal basso che però, davanti al livello superiore delle squadre di Premier, ha mostrato subito il fianco. Non a caso, secondo quanto raccolto da The Athletic, nelle 16 partite con Martin in panchina i Saints hanno commesso 16 errori in costruzione che hanno portato a subire un tiro, più altri 11 che hanno generato un gol.

A complicare ulteriormente le cose ci sono state le continue rotazioni che, vuoi per infortuni, vuoi per scelte del tecnico, hanno visto il Southampton utilizzare oltre trenta giocatori, compresi i tre portieri che si sono alternati a difesa dei pali.

Le perplessità della società sono state acuite anche dalle difficoltà sulle palle inattive. Il fatto di non avere nello staff uno specialista dopo che Andreas Georgson aveva lasciato la posizione nel 2023 per andare al Manchester United non ha certo aiutato.

E così, alla fine, il regno di Martin è terminato bruscamente a dicembre. Al suo posto è stato ingaggiato Ivan Jurić, reduce dal fiasco con la Roma. L’arrivo del croato avrebbe dovuto consentire alla squadra di cambiare marcia, adottando uno stile più diretto che, sulla carta, sembrava più adatto alle caratteristiche degli attaccanti in rosa.

Il passaggio da un calcio ragionato a uno veloce, fatto di ricerca della profondità e uno contro uno in fase difensiva, c’è stato, ma il cambiamento non ha inciso sulle sorti della squadra. Il Southampton ha continuato a commettere errori banali in possesso e a subire gol (38 in 14 partite con Jurić in panchina). Il croato chiude così la sua esperienza con la peggior media punti a partita nella storia della Premier (0,29).

E pensare che il tecnico di Spalato si era professato fiducioso, anche a dispetto delle sconfitte che si accumulavano. All’ultimo, però, dopo la gara col Tottenham, anche lui ha dovuto cedere all’evidenza. Poco prima dell’esonero ha dichiarato:

“Ero ottimista. Forse è nel mio carattere. Mi sbagliavo.”

Purtroppo per lui, questa stagione verrà ricordata per il doppio fallimento con Roma e Southampton, che iscrive Jurić nel poco invidiabile club dei peggiori allenatori della storia della Premier, un titolo fino ad ora attribuito a quel Frank de Boer che resistette appena 77 giorni sulla panchina del Crystal Palace nel 2017 e che venne definito “the worst manager in the history of the Premier League” da José Mourinho.

 

Purtroppo per lui, questa stagione verrà ricordata per il doppio fallimento con Roma e Southampton, che iscrive Jurić nel poco invidiabile club dei peggiori allenatori della storia della Premier, un titolo fino ad ora attribuito a quel Frank de Boer che resistette appena 77 giorni alla guida del Crystal Palace nel 2017 e che venne appunto definito “the worst manager in the history of the Premier League” da José Mourinho.

Via Jurić e in attesa del nome dell’allenatore che dovrà provare l’ennesima risalita dal Championship a partire dalla prossima estate (il favorito sembra essere il tedesco Danny Röhl dello Sheffield Wednesday, seguito però anche dal RB Lipsia), la società ha affidato la squadra per questo finale di stagione a quel Simon Rusk che aveva già diretto il Southampton ad interim per una partita (sconfitta contro il West Ham nel Boxing Day) fra l’esonero di Martin e l’ingaggio di Jurić. Ad assisterlo ci sarà il trentaseienne centrocampista Adam Lallana.

Insomma, il Southampton ha ripetuto il calvario del 2022-23 quando la formazione dell’Hampshire esonerò a novembre l’austriaco Ralph Hasenhüttl sostituendolo con Nathan Jones, a sua volta licenziato a febbraio 2023 per far posto a Ruben Selles, che concluse la stagione con la retrocessione (l’ultima prima di questa). Ora per i Saints sarà tempo di ricostruire, tenendo presente i problemi finanziari che comporta una retrocessione in Championship. La ripartenza probabilmente non vedrà protagonista Tyler Dibling, unica luce di questa tormentata stagione e uno dei talenti più luminosi usciti dal sempre florido vivaio del Southampton. Dibling infatti pare destinato a lasciare il St. Mary per andare a misurarsi su altri palcoscenici.

Che ne sarà di Jurić dopo il fallimento al Southampton?

Una domanda resta inevasa al termine di queste considerazioni, ed è quella dalla quale siamo partiti: è possibile considerare il Southampton di quest’anno la peggior squadra nella storia della prima divisione inglese? Si è discusso molto in Inghilterra su questo punto, menzionando altri esempi poco virtuosi del passato come il già citato Derby County o lo Stoke City del 1984-85. Come dimenticare, poi, lo Swindon Town 1993-94 del norvegese Jan Åge Fjørtoft? Insomma, il dibattito sulla “maglia nera” nella storia del massimo campionato inglese è aperto.

Fin qui, come detto, il resoconto dell’annata del Southampton. Il disastro dei Saints lascia però aperto un altro interrogativo: che ripercussioni avrà questa stagione sulla reputazione e sulla carriera di Jurić? E, soprattutto, che ritratto emerge del tecnico croato?

Sicuramente, l’esito di questa avventura inglese ha abbassato le sue quotazioni sul mercato degli allenatori. Se poi, come detto, aggiungiamo a questi 108 giorni a Southampton anche i mesi trascorsi alla Roma, allora appare difficile immaginare un club di fascia medio-alta rivolgersi a Jurić a stretto giro.

La questione, però, non riguarda solo i risultati negativi ottenuti con due squadre diverse in pochi mesi. Il problema tocca anche la gestione dello spogliatoio, con rapporti non proprio idilliaci costruiti dall’allenatore tanto all’ombra del Colosseo quanto nel sud dell’Inghilterra.

Detto questo, parliamo di un tecnico che ha fatto bene a Verona e anche in alcune esperienze precedenti, senza però compiere quel salto di qualità che ci si attendeva. A Torino, ad esempio, Jurić ha ottenuto risultati in linea con le aspettative societarie, valorizzando il parco giocatori così come aveva fatto in Veneto. Tuttavia, la sua fase offensiva è sempre stata povera, e sul lungo periodo ha finito per indisporre la tifoseria granata.

In effetti, proprio il possesso palla pare oggi il suo tallone d’Achille. Le sue squadre attaccano difendendosi, sono cioè molto efficaci nel forzare recuperi alti da cui generare rapide transizioni. Quando, invece, devono gestire il pallone con continuità, le compagini di Jurić faticano a costruire gioco. Questo spiega perché, nel suo sistema, brillino spesso i difensori centrali e i quinti, più raramente i giocatori offensivi.

Tenuto conto di tutte queste considerazioni, il futuro più probabile per Jurić sarà quello di doversi ricostruire credibilità in un contesto meno ambizioso, magari in una squadra di fascia media o bassa, dove si lavori con il materiale umano a disposizione, senza voli pindarici di mercato. Lavorare per costruire e rivendere: è ciò che ha saputo fare benissimo con il Verona. Sempre a patto che gli vengano affidati giocatori funzionali al suo calcio iper-aggressivo e verticale.

Un calcio che ha bisogno di esecutori convincenti, più che di interpreti brillanti: profili pronti a seguire ad alta intensità le sue idee, senza metterle in discussione.

La speranza è che l’allenatore di Spalato possa riprendersi dal doppio colpo, ritrovando serenità e motivazione dopo un periodo così complicato. Paul Jewell, in circostanze simili, vide praticamente concludersi la propria carriera dopo l’esperienza fallimentare al Derby County. Per evitare che la storia si ripeta, Ivan Jurić ha ora bisogno di tempo, comprensione e soprattutto di un ambiente adatto dove ricominciare. Non si tratta solo di trovare una nuova panchina, ma di inserirsi in un progetto tecnico serio, che ne valorizzi le competenze e gli permetta di lavorare con continuità.

Vedremo se ciò accadrà. Perché, a volte, basta un progetto giusto per rimettere in moto una carriera.

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