Otto minuti. Tanto è bastato all’Inter per ribadire il concetto: non c’è spazio per imprevisti, non ci sarà un ribaltone del Feyenoord. Gli olandesi erano arrivati a Milano con l’idea di provarci, sospinti dalla leggerezza di chi davvero non ha nulla da perdere, ma hanno sbattuto contro una squadra che ormai in Champions affronta queste partite con la consapevolezza di chi sa sempre cosa deve fare. Thuram ha aperto la serata con una giocata che sembrava un déjà-vu. Quando ha ricevuto palla largo a sinistra, ha avuto il tempo di alzare la testa e di leggere il movimento del difensore. Il tiro a giro è stato perfetto, una replica quasi identica di quello segnato in un derby dai dolci ricordi nerazzurri. Gol bellissimo, ma soprattutto pesante perché ha tolto ogni illusione agli olandesi.
Inter – Feyenoord non è mai iniziata davvero
Nel primo tempo l’Inter ha avuto più volte l’occasione di raddoppiare. Il Feyenoord ha provato a mantenere l’aggressività che aveva mostrato all’andata, cercando di giocare con coraggio, ma ogni ripartenza dell’Inter era un rischio potenziale. Taremi ha avuto la palla del 2-0 ma l’ha sprecata, confermando la sensazione di essere ancora un corpo estraneo dentro i meccanismi nerazzurri. Inzaghi lo sta aspettando, ma il tempo stringe. Il problema per i ragazzi del Demone, se di problema si può parlare, è stato lasciare la partita aperta troppo a lungo. Perché quando in Europa si concede anche solo una possibilità, c’è sempre il rischio che qualcosa sfugga di mano. E infatti, prima dell’intervallo, il Feyenoord ha trovato il modo di rimettersi in carreggiata con un rigore.
L’intervento di Çalhanoğlu su Moder è stato goffo e sufficiente per convincere il VAR a richiamare l’arbitro Kružliak e fargli cambiare idea. Moder ha trasformato con sicurezza, Sommer ha intuito ma non ci è arrivato. Per qualche minuto il Feyenoord ha avuto l’illusione di poter rianimare il discorso qualificazione. Ma l’Inter non ha mai dato segni di squilibrio, non ha mai smesso di controllare il gioco. È andata all’intervallo con la calma di chi sapeva già come sarebbe finita. E infatti, sei minuti dopo l’inizio del secondo tempo, ha chiuso la partita.
Taremi, nel tentativo di riscattare la sua serata opaca, ha preso posizione in area e ha cercato il contatto con Beelen. Çalhanoğlu è andato sul dischetto e ha fatto quello che fa sempre: tiro potente, preciso, senza dare chance al portiere. L’Inter di nuovo avanti, il Feyenoord senza più argomenti. A quel punto la partita è diventata una questione di gestione.
Thuram e Dumfries imprendibili
C’è stato un momento, dopo il 2-1, in cui l’Inter ha smesso di giocare per attaccare e ha iniziato a giocare per chiudere la partita. Non nel senso di rinunciare al pallone o abbassare il baricentro, ma nel senso più sottile del termine: ha tolto al Feyenoord qualsiasi margine di reazione. Negli anni scorsi, una partita del genere sarebbe potuta diventare più sporca. Ci sarebbe stato il rischio di farsi trascinare in un finale nervoso, magari concedendo un’occasione casuale su una palla inattiva. Oggi, invece, l’Inter ha un controllo quasi scientifico di questi momenti, almeno in campo europeo.
Il Feyenoord ha provato ad alzare il pressing, come se il solo fatto di riconquistare e tenere di più il pallone potesse rimetterlo in partita. Ma l’Inter ha sempre avuto il baricentro nella posizione giusta: né troppo basso da farsi schiacciare, né troppo alto da concedere spazi. Quando serviva, ha rallentato il ritmo con il palleggio di Çalhanoğlu e Mkhitaryan. Quando c’era l’occasione, ha accelerato con Thuram e Dumfries, capitano di serata e tra i migliori in campo.
L’azione che meglio rappresenta questo dominio è arrivata al 70’. Thuram ha ricevuto il pallone sulla trequarti, si è girato, ha superato il primo avversario, poi il secondo, poi il terzo, e ha calciato con la stessa naturalezza con cui aveva segnato nel primo tempo. Questa volta il pallone ha colpito la traversa ed è rimbalzato fuori, ma è stato un altro segnale: l’Inter era ancora lì, pronta a colpire appena ne avesse avuto bisogno. Nel frattempo, il Feyenoord aveva già smesso di crederci. Sommer ha trascorso una serata quasi da spettatore.
Gestione da grande squadra
Negli ultimi dieci minuti, la partita è sembrata quasi un’amichevole. Il Feyenoord aveva finito le idee e le energie. Non c’è stato nessun assedio finale, nessun tentativo disperato degli olandesi. Inzaghi, in quel momento, ha deciso di regalare un piccolo scorcio di futuro, facendo esordire due ragazzi della Primavera: Matteo Cocchi e Thomas Berenbruch. Un terzino e una mezzala, due profili interessanti che si allenano spesso con la prima squadra e che hanno avuto il loro battesimo europeo in una serata senza tensioni.
Con il passare dei minuti, l’Inter ha abbassato ulteriormente i ritmi, senza mai concedere un’occasione vera. Quando l’arbitro ha chiuso la partita, non ci sono state esultanze esagerate, né scene di liberazione. Solo un gruppo che sapeva di aver fatto quello che doveva fare.
E ora il Bayern
L’Inter è tra le prime otto squadre d’Europa. Adesso la aspetta il Bayern Monaco. Un avversario che ovviamente ha molta più qualità del Feyenoord, più esperienza, più abitudine a giocare certe partite. Ma anche una squadra che non è più quella perfetta di qualche anno fa e che può essere messa in difficoltà.
Per passare il turno l’Inter dovrà essere più cinica, più aggressiva, più attenta ai dettagli. Dovrà giocare con la stessa sicurezza delle ultime settimane, ma con un’intensità diversa. Ma se c’è una cosa che questa squadra ha imparato a fare è adattarsi. Sa quando aspettare e quando colpire. Sa soffrire quando serve e dominare quando può. Il vantaggio di giocare il ritorno a San Siro è un asset da valorizzare.