Mai come in questo momento storico l’argomento doping è tornato in auge. “Colpa” di Jannik Sinner e della sua recente squalifica di tre mesi. Il dibattito è più che mai all’ordine del giorno, tra metri di paragone, giustizia e casi singoli. Non si può così non ricordare o citare il caso del pallavolista Alberto Polo, squalificato a quattro anni (la sanzione terminerà il primo aprile 2025) e che da poco ha ripreso ad allenarsi.
Il doping nel volley: il caso Polo
Il centrale Alberto Polo, classe 1995, ha giocato la sua ultima stagione 2020/21 con la maglia della Gas Sales Bluenergy Piacenza. A marzo 2021, il 14, risulta positivo all’antidoping. A onor del vero è uno dei rarissimi controlli a cui vengono sottoposti i giocatori nel mondo della pallavolo, tanto che solo nel 2023 la Federazione internazionale ha annunciato di aver affidato la gestione del programma antidoping alla International Testing Agency (ITA). Polo è un giocatore di buon livello, ha vestito la maglia azzurra e ha anche vinto il premio come miglior U23 della Serie A2 nella stagione 2014/15. Eppure, per lui cambia tutto dopo un controllo a sorteggio, a seguito della gara dei playoff contro Itas Trentino. Piacenza, che subito manifesta sostegno al proprio tesserato, ne dà notizia l’uno aprile.
Il giorno dopo arriva l’annuncio da parte del CONI della sospensione del centrale di Bassano del Grappa.
Il CONI ha provveduto a sospendere in via cautelare l’atleta Alberto Polo (tesserato FIPAV), riscontrato positivo alle sostanze Meldonium (quella per cui venne sospesa pure Maria Sharapova nel tennis, ndr)– Idroclorotiazide – Acb – Testosterone, suo precursore (DHEA) e suoi metaboliti di origine non endogena, a seguito di un controllo in competizione disposto da NADO Italia, in occasione della gara: 2/a giornata Quarti di Finale Play Off Superlega Credem Banca `Gas Sales Bluenergy Piacenza – Itas Trentino´ svoltasi a Piacenza il 14 marzo 2021.
I protagonisti della vicenda
Fino qui quasi tutto nella norma. Ma Polo come mai ha assunto queste sostanze? C’è volontarietà? Si tratta di contaminazione?
La stessa Piacenza, con un altro comunicato chiarisce cosa sarebbe successo. “La Società intende precisare che da una prima ricostruzione dei fatti è ipotizzabile che l’avversità del test sia attribuibile all’assunzione incolpevole di un farmaco prescritto al giocatore per finalità terapeutiche volte alla guarigione dalle patologie residue da sindrome post – Covid 19 (siamo a pandemia in corso, ndr).
E aggiungono: “auspica che la vicenda possa essere chiarita in tempi brevi nella consapevolezza dell’assoluta buona fede dell’atleta e del proprio staff medico“. La linea del club è chiara: comunicazione istituzionale e sostegno a Polo e allo staff. Sostegno che nei fatti però, nel secondo caso, si tramuta in un addio al preparatore atletico Juan Carlos De Lellis. Rimane il medico sociale, il dottor Umberto de Joannon che si dichiara estraneo ai fatti e soprattutto non al corrente di quanto assunto da Polo. Una cosa molto strana: un medico di un club dovrebbe essere consultato ed essere a conoscenza di quello che avviene, ma è probabile non ci fosse una regolamentazione interna.
A Sport Piacenza subito affida la sua versione dei fatti.
Voglio che sia chiara una cosa: non ho mai prescritto alcun farmaco vietato ad Alberto Polo. Quanto successo è oggetto di indagine, la situazione verrà chiarita dagli organi competenti. Per quanto mi riguarda però è giusto specificare che non ho mai prescritto farmaci particolari a Polo.
I protagonisti sono tre: il giocatore, il preparatore e il medico. L’udienza al Tas (Tribunale Nazionale Antidoping) viene fissata al 14 giugno e rinviata al 19 luglio 2021.
La pena
Alberto Polo, è il 27 luglio 2021, viene squalificato per due anni e cosa ancora più clamorosa, la pena (a gennaio 2022), viene raddoppiata in appello: per 4 anni il centrale si scorda primi tempi e attacchi. Il club conferma la sua estraneità ai fatti e il sostegno a Polo, seppur in primo grado il medico e preparatore atletico vengano ritenuti colpevoli. Piacenza non “abbandona” il giocatore, anche se allontanato dalla propria squadra. Un fatto non da poco considerando, che, ad esempio, quando il cestista Riccardo Moraschini risulta positivo (al Clostebol, stessa sostanza di Sinner) per riconosciuta contaminazione indiretta risolve, per via consensuale, il suo rapporto con l’Olimpia Milano a cinque mesi dalla squalifica.
A Moraschini, come per Sinner, venne proposto un patteggiamento di un anno (la sostanza venne rintracciata con frequenza, a causa di contatti con una persona che usava uno spray cicatrizzante). Moraschini rifiuta l’accordo, vuole portare delle controanalisi e alla fine, accetta la squalifica di un anno dopo la richiesta della Procura Federale. È difficile, infatti, che le sanzioni vengano annullate, succede solo in rarissimi casi, come accaduto a Myriam Sylla, trovata positiva per contaminazione alimentare nel 2017. A maggio 2022 arriva un colpo di scena quando la Corte Nazionale di Appello Antidoping annulla la sentenza di primo grado: preparatore e medico vengono assolti e la pena per Polo rimane di quattro anni.
Le parole di Alberto Polo
Come sono andate le cose? Polo decide di parlare a Volleyball.it nel 2023: “Nella difesa, davanti al giudice, ho subito chiarito che ho di certo assunto io le sostanze che mi sono state trovate nelle urine al controllo. Non ho però cercato nulla di mia volontà, quei prodotti mi sono stati consigliati prima e dati poi e non ne conoscevo la natura dopante, pensando fossero integratori omeopatici come quelli che avevo già a disposizione e che stavo assumendo“. Secondo il racconto del centrale a causa del covid era fortemente debilitato e così il preparatore atletico De Lellis gli avrebbe consigliato di assumere degli integratori preparati da un medico di Milano.
Mi hanno anche detto che per prendere questi prodotti avrei dovuto fare un esame del sangue e una visita, proprio con questo medico milanese: visita prescritta ma che io non ho mai fatto. Anzi, il dottore milanese non l’ho mai visto di persona né sentito. Ho solo fatto gli esami del sangue tramite la società, una prassi consueta, certamente non anomala.
Gli esami del sangue me li ha prescritti il dottor De Joannon. Non avevo visto i risultati però, li ho visti solo il 6 aprile, dopo la notifica della positività quando li ho chiesti al dottor De Joannon in quanto ero preoccupato per la mia salute, tanto che sono andato personalmente, pochi giorni dopo, a fare altri esami del sangue per mio conto.
Il centrale “colpevole” di negligenza
E continua: “Nella mia testa al tempo dei fatti ero tranquillo perché il tutto si stava svolgendo su indicazioni del preparatore della società e con il supporto di medici. Mai avrei pensato di incorrere nella situazione in cui mi sono poi trovato”. Polo avrebbe poi dato i soldi direttamente al fisioterapista per gli “integratori”. E sul perché abbia assunto questi prodotti spiega:
Sul flacone c’era una dicitura stampata, ma non era chiaro che si trattasse di una sostanza dopante. Non c’era il classico bollino rosso che deve esserci per legge e ti fa capire immediatamente che si tratta di un prodotto dopante. La parola “doping” era coperta da un marchio (Lifecare). Anche questo aspetto è stato segnalato al TAS.
Aggiunge infine Polo, facendo chiarezza anche su quel 13 marzo dopo il match tra Piacenza e Trento: “Prima del controllo antidoping (del 13 marzo dopo il match tra Piacenza e Trento, ndr) ho pure chiesto al dottor De Joannon, alla presenza del personale incaricato di fare il controllo, se avessi dovuto dichiarare l’assunzione dei prodotti consegnatimi da Carlos. Il dottore mi ha detto di no, in quanto erano prodotti omeopatici. Ero in totale buona fede.
Del caso si è parlato veramente pochissimo. L’unica differenza, rispetto a precedenti illustri, è che forse Polo, colpevole di violazione internazionale dell’articolo 2.1 del Codice Sportivo Antidoping, non aveva e non ha la notorietà di altri colleghi e che nel suo caso ha assunto in maniera “volontaria” (inconsapevole) le sostanze. La responsabilità è quindi oggettiva, ma sulla colpevolezza reale i dubbi rimangono.
L’articolo per cui è stato sanzionato Polo, applicato, dice: “È responsabilità personale dell’atleta assicurarsi di non assumere alcuna sostanza proibita. Gli Atleti sono responsabili di qualsiasi o dei suoi metaboliti o markers siano riscontrati nei propri campioni biologici. Di conseguenza, ai fini dell’accertamento della violazione non è necessario dimostrare il dolo, la colpa, la negligenza o l’uso consapevole da parte dell’atleta”.
L’atleta, da codice, non può appellarsi all’assenza di colpa o negligenza anche se una sostanza è stata somministrata a sua insaputa. Gli atleti sono sempre e comunque ritenuti responsabili delle proprie scelte e del proprio staff. Una regola che, anche nel caso di Sinner, ha fatto e fa discutere, ma che è stata introdotta per evitare che gli atleti eludano le responsabilità scaricandole su medici o allenatori.
E ora? Il ritorno in campo
La versione del centrale è stata messa agli atti, come spiegato da volleyball.it e mai smentita. La Nado non ha mai reso noto le motivazioni delle sentenze nel caso delle assoluzioni dello staff. L’unica cosa realmente punibile è la negligenza, riconosciuta nella sentenza di appello. Polo ha peccato di ingenuità e si è fidato troppo.
In questi giorni il presidente dell’Agenzia mondiale antidoping, Witold Banka ha detto: “Un atleta professionista è responsabile anche delle azioni del suo staff”. In questo caso, Polo non è riuscito a dimostrare la colpevolezza dello staff.
Da codice Wada: “possono essere sanzionati per una violazione delle norme antidoping gli atleti così come il personale di supporto dell’atleta, vale a dire l’allenatore, il preparatore atletico, il manager, l’agente, il personale di squadra, il dirigente, il personale medico o paramedico che lavora con gli atleti/cura gli atleti che partecipano o si preparano a una competizione sportiva”.