Sinner e il caso Clostebol: un’assoluzione mascherata?

Jannik Sinner è stato squalificato tre mesi per il caso Clostebol.

Il caso Clostebol, che ha tenuto Jannik Sinner sulle spine per quasi un anno, si è finalmente concluso. Non nel miglior modo possibile, ma sicuramente con il male minore. L’accordo raggiunto tra il tennista azzurro e la WADA, l’agenzia mondiale antidoping, prevede infatti una sospensione di soli tre mesi dall’attività agonistica, senza la perdita di titoli, né decurtazioni di punti in classifica o premi in denaro. Un compromesso accettabile, soprattutto se rapportato agli scenari più apocalittici: la WADA aveva inizialmente richiesto una squalifica tra uno e due anni, con un processo che sarebbe dovuto iniziare ad aprile e che avrebbe potuto protrarsi per mesi, pesando inevitabilmente sulle prestazioni di Sinner. Come sottolineato dallo stesso Sinner con un comunicato dai toni particolarmente diplomatici:

Questo caso pendeva su di me ormai da quasi un anno e il processo ancora aveva un tempo lungo, con una decisione che forse sarebbe arrivata solo alla fine dell’anno. Ho sempre accettato di essere responsabile della mia squadra e ritengo che le rigide regole della WADA siano una protezione importante per lo sport che amo. Su questa base ho accettato l’offerta della WADA di risolvere il presente procedimento sulla base di una sanzione di tre mesi.

Non si può parlare propriamente di patteggiamento, anche se la dinamica vi somiglia molto. La proposta, infatti, sarebbe arrivata direttamente dalla WADA, che ha di fatto accettato la versione dei fatti fornita da Sinner. Versione che era già stata giudicata credibile dall’ITIA (International Tennis Integrity Agency), l’ente che si occupa delle questioni legate al doping nel mondo del tennis, e che aveva in precedenza scagionato completamente il tennista italiano. Il comunicato della WADA recita:

WADA riconosce che il sig. Sinner non aveva intenzione di barare e che la sua esposizione al Clostebol non ha fornito alcun beneficio in termini di prestazioni, avvenendo a sua insaputa a causa della negligenza di alcuni membri del suo entourage. Tuttavia, secondo il Codice e in base ai precedenti del Tas, un’atleta è ritenuto responsabile della negligenza del proprio entourage. Considerando l’unicità dei fatti di questo caso, è stata ritenuta appropriata una sospensione di tre mesi.

Ciò che è stato punito, insomma, è la responsabilità oggettiva di Sinner, che ha pagato per l’errore del suo fisioterapista, pur non avendo ricevuto alcun beneficio dalla contaminazione, come riconosciuto dalla comunità scientifica e ora anche ufficialmente dalla WADA. “È la prima volta che una vergognosa ingiustizia ci rende felici”, ha commentato con amaro sarcasmo Angelo Binaghi, presidente della Federazione Italiana Tennis e Padel (FITP).

L’impressione diffusa è che questa sanzione sia stata più un atto politico che sportivo: la WADA sembra aver voluto riaffermare il proprio ruolo centrale nella lotta al doping, soprattutto in un periodo in cui diverse discipline hanno sviluppato agenzie indipendenti, come la stessa ITIA per il tennis, ridimensionando l’influenza dell’agenzia mondiale. A rafforzare questa teoria c’è il caso di un altro tennista italiano, Marco Bortolotti, risultato positivo al Clostebol qualche mese prima di Sinner. Anche lui ha dimostrato l’involontarietà della contaminazione ed è stato assolto dall’ITIA. In quel caso, però, la WADA non ha presentato ricorso — forse perché non avrebbe ottenuto la stessa risonanza mediatica.

 

Sinner e il Clostebol, in breve

Tutto era iniziato nel marzo del 2024, durante il torneo di Indian Wells, quando Jannik Sinner era risultato positivo al Clostebol, uno steroide anabolizzante. La quantità rilevata nel suo corpo, tuttavia, era infinitesimale: appena 0,1 milionesimo di grammo per litro di urina. La contaminazione era avvenuta in modo del tutto involontario, a seguito di un massaggio ricevuto dal suo fisioterapista, Giacomo Naldi, che aveva utilizzato una pomata per trattare una ferita a un dito. Sinner era riuscito a dimostrare la propria totale estraneità anche grazie ai video delle partite, che mostravano chiaramente Naldi in tribuna con il dito vistosamente fasciato.

Nonostante settimane di tensione, che avevano inevitabilmente influito anche sul rendimento in campo — come si era visto a Wimbledon, dove era apparso ben lontano dalla sua versione migliore — la sanzione iniziale era stata relativamente blanda: una multa e la decurtazione dei punti conquistati a Indian Wells. Ma per la WADA, questo non era stato sufficiente. A settembre, infatti, l’agenzia aveva annunciato ricorso, con l’intenzione di ottenere una squalifica più pesante.

Ora, però, l’accordo raggiunto sa tanto di assoluzione mascherata: Sinner sarà fermo tre mesi, ma in un periodo in cui i danni potranno essere contenuti. La sospensione, infatti, non coprirà alcuno Slam — il prossimo, il Roland Garros, inizierà solo il 25 maggio.

La semifinale di Indian Wells contro Alcaraz. Si tratta del torneo dove è iniziato il caso Sinner-Clostebol

 

Che cosa succede ora

Il blocco è scattato il 9 febbraio e si concluderà il 4 maggio, impedendo a Sinner di partecipare ai tornei in programma in questo lasso di tempo. Tra questi, figurano l’ATP 500 di Doha (in corso questa settimana) e i due Masters 1000 americani di Indian Wells e Miami, dove l’anno scorso aveva vinto il titolo in finale contro Grigor Dimitrov. Salterà anche un’esibizione a Las Vegas e i primi tornei su terra battuta, tra cui i Masters 1000 di Montecarlo e Madrid.

A complicare ulteriormente la situazione ci sono le restrizioni sugli allenamenti. Fino al 13 aprile, Sinner non potrà allenarsi in strutture affiliate alla FITP o ad altre federazioni internazionali, né con giocatori professionisti o tesserati, pena la squalifica di questi ultimi. Potrà allenarsi solo in campi privati, con ex giocatori come sparring partners.

Il suo rientro in campo avverrà con tutta probabilità agli Internazionali d’Italia di Roma, il cui tabellone principale inizierà il 7 maggio. Un ritorno che avrà un valore speciale: l’anno scorso, infatti, Sinner era stato costretto a rinunciare al torneo di casa a causa di un infortunio all’anca.

Sinner resterà il numero 1?

Con tutta probabilità, Jannik Sinner manterrà la prima posizione del ranking ATP anche al termine della sospensione. Gli unici due giocatori che potrebbero sorpassarlo sono Alexander Zverev e Carlos Alcaraz, attualmente numero 2 e 3 al mondo. La situazione in classifica è ancora favorevole all’azzurro: Sinner guida con 11.330 punti, con un vantaggio di circa 3.200 punti su Zverev e quasi 4.000 su Alcaraz. Tuttavia, durante il periodo di sospensione perderà 1.000 punti ottenuti con la vittoria a Miami, 400 per la semifinale di Montecarlo e 200 per i quarti di Madrid, scendendo a 9.730 punti. Questo significa che, per scavalcarlo entro la fine del torneo di Madrid, Zverev dovrà guadagnare 2.545 punti, mentre ad Alcaraz ne servirebbero addirittura 3.720.

Un’impresa non semplice, soprattutto per lo spagnolo, che dovrà fare i conti con i punti da difendere: 1.400 in totale, frutto della vittoria a Indian Wells e dei quarti raggiunti a Miami e Madrid nel 2024. Zverev, invece, ha un margine leggermente più ampio, dovendo difendere solo 900 punti, con la semifinale a Miami come miglior risultato. La classifica ATP segue un sistema di punteggio rigido: i punti conquistati in un torneo vanno a sostituire quelli ottenuti nello stesso evento dell’anno precedente. Per esempio, se Alcaraz dovesse vincere di nuovo a Indian Wells, il suo punteggio resterebbe invariato, mentre qualsiasi altro risultato lo farebbe scendere in classifica. In nessun caso, quindi, potrà migliorare il proprio punteggio dopo quel torneo.

La matematica, comunque, non esclude un cambio al vertice. Nei tre mesi di stop di Sinner si giocheranno quattro Masters 1000, con un totale di 4.000 punti in palio, a cui si aggiungeranno i punti dei tornei ATP 250 e 500 a cui Zverev e Alcaraz potrebbero partecipare. Tra i due, però, sembra essere il tedesco quello con più margine di manovra per tentare il sorpasso.

 

I giudizi sul caso Clostebol e il peso che Sinner si è tolto

Per Jannik Sinner, il vero problema potrebbe essere più di immagine che di classifica. Nelle ultime ore, infatti, alcuni colleghi hanno espresso perplessità sulla decisione della WADA, tra cui veterani del circuito come Stan Wawrinka, Daniil Medvedev e il già menzionato Alexander Zverev. Il nodo centrale delle critiche riguarda quella che appare come una sorta di “squalifica su misura”, che permetterà all’azzurro di non saltare neppure un torneo dello Slam.

L’ex campione russo Yevgeny Kafelnikov ha dichiarato senza mezzi termini: “Se giocassi ancora, ogni volta che mi trovassi davanti a Sinner mi rifiuterei di scendere in campo, non importa se è il primo turno o la finale. Ma temo che nessuno avrà il coraggio di farlo”. Il britannico Tim Henman, oggi commentatore per Eurosport, ha parlato di una decisione che “lascia l’amaro in bocca”.

A uno sguardo superficiale, il compromesso raggiunto con la WADA potrebbe sembrare un’ammissione di colpevolezza: se Sinner fosse stato davvero innocente, perché non difendersi fino in fondo in tribunale? La realtà, però, racconta una storia ben diversa. Inannzitutto, secondo quanto riferito dall’avvocato di Sinner, Jamie Singer, l’atleta avrebbe voluto rifiutare l’accordo proposto dall’agenzia antidoping. Dando poi per assodato che il tennista non abbia tratto alcun vantaggio dall’assunzione involontaria di Clostebol — come certificato sia dall’ITIA che dalla WADA — è stata comprensibile la scelta di chiudere la questione accettando una minima penalizzazione, piuttosto che rischiare una battaglia legale dagli esiti imprevedibili.

Il rischio, infatti, era che la WADA volesse trasformare il suo caso in un precedente esemplare, infliggendogli una squalifica sproporzionata rispetto alle sue reali responsabilità. Il danno, in quel caso, non sarebbe stato solo sportivo: secondo una stima de Il Sole 24 Ore, il pacchetto di sponsorizzazioni di Sinner vale circa 30 milioni di euro, che nel 2024 sono saliti a 40 milioni grazie ai bonus ottenuti con le vittorie. Andare allo scontro diretto con la WADA avrebbe significato mettere a rischio un’intera carriera, con conseguenze economiche e di immagine difficilmente calcolabili.

Di Andrea Antonazzo

Giornalista dal 2008, scrivo di sport, fumetti e cultura pop. Nel tempo libero mi dedico a calcio, Formula 1, ciclismo, tennis e nuoto... tutto rigorosamente dal divano di casa.