Campione su ghiaccio
1929: in seguito all’abbandono della NEP da parte di Stalin e alla stesura del Piano quinquennale del Gosplan (il comitato statale per la pianificazione), in URSS parte il processo di industrializzazione che avrebbe trasformato radicalmente una terra prevalentemente agricola. È l’anno della svolta per l’Unione Sovietica, lo è sotto tutti i punti di vista. Il 22 ottobre dello stesso anno infatti nasce Lev Yashin, un personaggio che avrebbe cambiato la storia calcistica del Paese.
Figlio di Ivan Petrovič Yashin e Anna Mitrofanovna, Lev perde la madre nel 1935, a soli 6 anni, a causa della tubercolosi. Cinque anni dopo è costretto a trasferirsi a Ul’janovsk con il padre, con cui a soli 14 anni inizia a lavorare in fabbrica come aggiustatore di componenti per aerei. Lev ogni giorno si sveglia all’alba e torna a casa dopo il tramonto: l’unica valvola di sfogo in una vita completamente dedicata al lavoro è lo sport e, nella squadra aziendale, il giovane Lev eccelle sia sul campo da calcio che su quello da hockey sul ghiaccio.
Dopo la fine del servizio militare arriva la chiamata della Dinamo Mosca – ai tempi polisportiva del Ministero per gli Affari Interni – che decide di affidargli la porta della squadra di hockey. Per quella di calcio c’era da attendere, soprattutto perché a difendere i pali della Dinamo c’era lo straordinario Aleksej Chomič, La Tigre. Le qualità del ragazzo sono evidenti, l’esperienza su ghiaccio lo aiuta a crescere, a parare con i piedi e a migliorare i propri riflessi.
Poi, nel 1953, la congiunzione astrale che segna il destino di Yashin: arrivano in sequenza la Coppa Sovietica – la prima della squadra di hockey su ghiaccio della Dinamo Mosca – e un gravissimo infortunio di Chomič. A quel punto la sezione calcistica della Dinamo non ha scelta: nonostante qualche uscita sfortunata con la squadra di calcio negli anni precedenti, è costretta a richiamare Lev. Da quel momento, il portiere diventerà un tutt’uno con l’iconica maglia nera destinata al portiere del club, l’unico per cui giocherà durante la carriera.
Melbourne 1956 e Svezia 1958
Oltre alla già citata maglia della Dinamo Mosca, squadra della sua città natale, Lev sarà assoluto protagonista con un’altra casacca: quella della nazionale sovietica. Le prime apparizioni in nazionale risalgono al 1954, annata durante la quale Yashin disputa diverse amichevoli che lo prepareranno al primo grande evento internazionale della sua carriera, le Olimpiadi di Melbourne del 1956. Per la prima volta i Giochi si svolgono al di sotto dell’Equatore – infatti si tengono dal 24 novembre all’8 dicembre – e, per la seconda volta, i campioni in carica non sono presenti per difendere il titolo. In particolare l’Ungheria è stata invasa dalle truppe sovietiche durante una tournée della nazionale, ragion per cui i calciatori non sono mai tornati in patria, non potendo partecipare ai Giochi australiani.
L’URSS supera Israele e la Squadra Unificata Tedesca nei primi due turni di qualificazione per ritrovarsi poi, ai quarti di finale, contro la modesta Indonesia. 0-0 al 90’, ma il risultato non cambia anche dopo i 30 minuti di supplementari. In assenza di rigori si va al replay che termina 4-0 per l’URSS. In semifinale, ai supplementari, i sovietici vincono 2-1 in rimonta con la Bulgaria (terza classificata del torneo). All’ultimo atto del torneo, di fronte a Yashin e compagni c’è la Jugoslavia.
La decide l’attaccante russo dello Spartak Mosca Anatolij Michajlovič Il’in, che con il suo gol al 48’ firma l’1-0 finale. L’URSS comanda il medagliere dei Giochi di Melbourne con ben 98 medaglie di cui 37 d’oro, e se una è quella del torneo di calcio – il primo oro olimpico di sempre in questo sport – lo deve soprattutto a Yashin che, avendo subito un solo gol, viene incoronato come miglior giocatore della competizione: nasce la leggenda del Ragno Nero.
Nello stesso anno si gioca anche la prima Coppa dei Campioni, ma la Dinamo Mosca, così come le altre squadre sovietiche, non partecipa al torneo. Per chi non tifa Dinamo Mosca, quindi, l’unico modo per ammirare Yashin dunque è in occasione degli Europei e dei Mondiali che, nel 1958, vengono per la prima volta trasmessi in televisione. A Svezia 1958 l’URSS capita in un girone di ferro. Nel Gruppo 4 ci sono l’Austria, i futuri campioni del Brasile e l’Inghilterra. All’esordio assoluto in un Mondiale, l’URSS ferma sul 2-2 gli inglesi, poi batte 2-0 l’Austria e infine, perde in maniera più che dignitosa contro il Brasile (2-0).
Con un successo e un pareggio i sovietici arrivano a pari punti con i Tre Leoni e, da regolamento, si va allo spareggio. Come nella finale olimpica, ad imporsi è l’URSS con il punteggio di 1-0 e, ironia della sorte, il marcatore è lo stesso, ormai assurto al ruolo di eroe nazionale. Tuttavia il match con gli inglesi è duro, quasi massacrante e le ore per recuperare in vista dei quarti sono molto poche. Contro la Svezia non ci sarà nulla da fare per i sovietici, sconfitti per 2-0.
Nonostante l’uscita al primo turno ad eliminazione diretta e i vari gol subiti, Yashin si prende la scena. Su tutti i giornali si parla di lui. 189 centimetri di altezza, braccia lunghissime, uscite basse, interventi con i piedi fuori area e riflessi fulminei, questa una parte del curriculum del portiere, che si mette in luce davanti al pianeta intero, tanto da piazzarsi al quattordicesimo posto nella classifica finale del Pallone d’Oro 1958. Un piazzamento straordinario considerando il suo ruolo. Ma il bello, per Lev, sarebbe arrivato alcuni anni più tardi.
Francia 1960 e Cile 1962
Conclusa la prima rassegna mondiale, Yashin prosegue il suo incredibile cammino con la Dinamo Mosca e nel 1959 conquista il campionato nazionale – il quarto dopo quelli del 1954, del 1955 e del 1957 – e arriva undicesimo al Pallone d’Oro per poi giungere a quella che sarà una nuova esperienza per tutti: la prima edizione degli Europei di calcio, che si gioca in Francia nel 1960 con 17 partecipanti e senza alcune big, quali Italia, Inghilterra e Germania Ovest, assenti causa rinuncia. La formula ricalca quella del tabellone tennistico: dopo un turno preliminare tra Irlanda e Cecoslovacchia, si disputano gli ottavi e quarti di finale con la formula andata e ritorno, quindi semifinali e finale a gara secca.
Agli ottavi, l’URSS spazza via l’Ungheria superandola 3-1 in casa al Lužniki – match sbloccato ancora dal solito Il’in – e 1-0 in terra magiara. Ai quarti c’è la Spagna. O meglio dovrebbe esserci, perché la Roja si ritira per motivi politici. Nella fase finale in terra francese, il primo avversario dei sovietici è la Cecoslovacchia, che dopo aver rischiato l’eliminazione nel turno preliminare (sconfitta 2-0 in Irlanda prima del ribaltone nel match di ritorno) si è resa protagonista di un cammino perentorio. Nel match del Vélodrome, tuttavia, non c’è storia: Yashin para tutto, mentre Ivanov – autore di una doppietta – e Ponedel’nik infliggono ai rivali un netto 3-0.
Il 10 luglio, al Parco dei Principi, l’URSS è di nuovo in finale, come nelle Olimpiadi di quattro anni prima. L’avversario è lo stesso, la Jugoslavia, che in semifinale ha eliminato i padroni di casa con un pirotecnico 5-4 in rimonta. Il copione è lo stesso di Melbourne: vittoria di misura (2-1 ai supplementari) e titolo a Yashin e compagni. Alla prima edizione, l’URSS vince il suo primo e tuttora unico titolo continentale. Yashin ha subito appena 2 gol. Yashin è di gran lunga il numero 1 migliore al mondo e, al Pallone d’Oro 1960, arriva quinto dietro a Di Stéfano, Seeler, Puskás e il vincitore Luisito Suárez.
Il calcio però, come spesso dice Fabio Caressa, è strano. Al Mondiale di Cile del 1962 l’URSS si presenta come una delle grandi favorite – anche in virtù di chi schiera tra i pali. C’è il Brasile che è avanti a tutte, certo, ma i sovietici non hanno nulla in meno rispetto alle altre nazionali del vecchio continente. Sembra tutto pronto per una grande avventura, ma qualcosa va storto. L’URSS vince con Jugoslavia e Uruguay, pareggia però 4-4 con la Colombia dopo essere andata avanti 4-1. Il portiere sovietico non performa come al solito, molti dei gol arrivano a causa sua. Ai quarti di finale, a sorpresa, l’URSS esce con i padroni di casa. La stampa massacra il Ragno Nero. L’Équipe lo attacca brutalmente, invitandolo addirittura di ritirarsi.
Yashin entra nella leggenda del calcio
Dopo più di un momento di titubanza in seguito al mondiale sudamericano però, Yashin risponde alla grandissima. Nel 1963 infatti, il Ragno Nero vive quello che probabilmente è l’anno più importante della carriera. Arriva il quinto scudetto con la Dinamo Mosca: in 27 partite di Vysšaja Liga subisce appena 6 gol, 22 i clean sheet totali, ma soprattutto arriva uno straordinario piazzamento nella classifica del Pallone d’Oro 1963, migliore di quello del 1960. La sola vittoria del campionato con la Dinamo però, in un anno in cui non ci sono europei o mondiali, sembra non giustificare tutto ciò. Leggenda vuole che un evento in particolare abbia giocato un ruolo fondamentale nella votazione: un’amichevole giocata ad ottobre.
Per celebrare il centenario della FA infatti fu organizzata un’amichevole tra Inghilterra e una selezione che comprendeva i migliori del resto del mondo, selezionati per l’occasione dall’ex calciatore cileno Fernando Riera. Da una parte – per citarne alcuni – Charlton, Moore, Banks, Smith e capitan Armfield. Dall’altra la grande aristocrazia del football globale, anche se purtroppo non erano presenti italiani: Yashin, Djalma Santos, Schnellinger, il trio ceco composto da Masopust (Pallone d’Oro 1962), Pluskal e Popluhár, Law, Kopa, Eusébio, Di Stéfano, Gento. In panchina anche Seeler e il buon vecchio Puskás, giusto per non farsi mancare nulla.
Yashin gioca solo 45’ così come tanti dei suoi compagni, ma quel primo tempo gli basta per far capire a tutti i giornalisti presenti e anche al pubblico sugli spalti di che cosa fosse capace. Il dominio dell’Inghilterra è netto, ma il portiere russo è un muro, un muro invalicabile. Il Ragno Nero para qualsiasi tiro e infatti, nonostante svariati tentativi inglesi, la prima frazione si chiude sullo 0-0. La gara la vinceranno poi i tre leoni (2-1), ma quei 45 minuti erano stati talmente strabilianti che per i giornalisti non c’erano più dubbi riguardo alle votazioni per il Pallone d’Oro 1963.
A fine ottobre, Yashin solleva il premio. Per la prima volta un sovietico si aggiudica il titolo. Per la prima e unica volta nella storia, un portiere si aggiudica il titolo (in quel caso lo aveva fatto arrivando davanti a Gianni Rivera). Circa due settimane dopo i sovietici affrontano l’Italia a Roma in una sorta di playoff di Euro 1964 (l’andata l’avevano vinta 2-0 i sovietici). Sotto 1-0, gli azzurri ottengono un rigore che potrebbe parzialmente riaprire il discorso qualificazione. Sul dischetto si presenta Sandro Mazzola, non uno qualunque, ma per il giovane azzurro non c’è nulla da fare. Yashin para:
Mi sentii ipnotizzato. Quando presi la rincorsa vidi che si buttava a destra, potevo tirare dall’altra parte, non ci riuscii. Quel giorno il mio tiro andò dove voleva Yashin”.
La gara termina 1-1 e da lì, inizia un percorso che porterà l’URSS fino all’atto conclusivo dell’Europeo che si sarebbe giocato in estate in Spagna. 4-2 alla Svezia ai quarti di finale, 3-0 alla Danimarca in semifinale. L’URSS è una macchina quasi perfetta. Il 21 Giugno i campioni in carica difendono il titolo contro i padroni di casa, quella Spagna che nel 1960 avrebbe dovuto affrontare ai quarti. Al fischio finale il tabellone dice 2-1 Spagna, ma l’URSS e Yashin escono comunque a testa alta al termine dell’ennesima incredibile performance.
Un finale da incorniciare
La carriera del Ragno Nero si avvicinava al termine, ma il fenomeno dei pali non ne voleva sapere di smettere perché c’era ancora un sogno da realizzare, vincere la Coppa Rimet. L’occasione si presenta nel 1966. Si gioca in terra britannica e ancora una volta i sovietici si candidano alla vittoria finale. Superato a punteggio pieno un girone che comprendeva Cile, Italia e Corea del Nord, l’URSS si ritrova ai quarti contro gli ungheresi.
Questa volta però, a differenza delle precedenti uscite, le cose vanno in un altro modo. L’URSS vince 2-1 e supera, per la prima e unica volta nella storia, i quarti di finale della competizione. Il sogno proibito di una vittoria mondiale si infrange però contro l’ostacolo tedesco. La finalina persa contro il Portogallo della Pantera Nera Eusébio (che segna su rigore) sarà l’ultimo atto della più incredibile rassegna mondiale nella storia del calcio sovietico, nonché l’ultimo squillo internazionale di Yashin con la maglia della selezione. Non convocato a Euro 1968 infatti, il portiere tornerà per Messico 1970 come riserva senza però registrare alcuna presenza. Si ritirerà il primo gennaio 1971, all’età di 42 anni.
Yashin siede al fianco di Neuer e Buffon?
Yashin ha rivoluzionato il ruolo del portiere come nessun altro prima di lui, essendo sempre pronto ad agire da difensore aggiunto e avviando pericolosi contropiedi con il suo posizionamento e il suo calcio potente e veloce”.
(France Football nel 2018).
L’ho incontrato in occasione della Coppa del Mondo 1958. In seguito ci siamo visti varie volte. È stato un grande portiere e un uomo dalla grandissima generosità”.
(Pelè)
Secondo me Yashin rimane ancora il più grande portiere del mondo. Sono stato contento della nostra amicizia, anche se sul campo eravamo avversari”.
(Eusébio)
Queste sono solo alcune delle belle parole riservate a Yashin. Ma era davvero così forte? Può veramente essere posto sullo stesso piano di Buffon e Neuer?
La bacheca personale del portiere ci dice che nel corso della sua carriera leggendaria ha vinto 5 campionati sovietici, 3 coppe dell’URSS, EURO 1960 (a cui si aggiunge un secondo posto nel 1964) e il primo oro olimpico nel calcio dell’URSS. A questi si aggiungono il Pallone d’Oro 1963 e l’inserimento sia nel FIFA World Cup All-time Team (1994) che nel Dream Team del Pallone d’Oro (2020). Nel 2000, viene eletto dalla FIFA (che nel 1989 gli aveva assegnato anche l’Ordine al Merito, il suo massimo riconoscimento) e dalla IFFHS miglior portiere del XX secolo.
Lev però è stato molto più dei suoi trofei. Ha rappresentato un mito, un portiere dallo stile sobrio e al contempo estremamente efficace. Per primo ha iniziato a comandare da dietro la difesa e a uscire dalla porta per impostare il gioco, diventando così un vero e proprio innovatore. Neuer e Buffon hanno vinto di più e si sono misurati con un calcio diverso, ma a Yashin vanno riconosciuti la grande costanza avuta in più di 20 anni di carriera e il merito di aver cambiato il ruolo del portiere.
Sicuramente è stato il migliore del XX secolo, dunque escluderlo a priori dal dibattito sul migliore di sempre risulterebbe ingeneroso. Per anni si è parlato di Pelè come di un calciatore straordinariamente dotato e avanti anni luce per il suo tempo, ciò lo rendeva quindi degno di contendere a Maradona il titolo di migliore calciatore della storia. Eppure Pelè ha giocato nella stessa epoca di Yashin. Perché dunque il portiere sovietico non può sedersi al fianco di Neuer e Buffon?
Il calcio è cambiato e di materiale registrato se ne trova ben poco, è vero, ma parliamo di un numero 1 che ha fatto la storia, che ha lasciato la porta inviolata per ben 270 volte e che ha parato 86 rigori – secondo alcune fonti ne avrebbe parati anche più di 100 -. Trofei, statistiche e riconoscimenti parlano chiaro: forse non è il più forte di sempre, ma nel salotto dei migliori – accanto a Neuer e Buffon – il leggendario Ragno Nero può sicuramente sedersi.