La Fiorentina torna a vincere. Il successo maturato domenica 26 gennaio all’Olimpico contro la Lazio restituisce ai Viola quei tre punti che mancavano in campionato dall’8 dicembre, quando un gol di Cataldi aveva deciso la sfida contro il Cagliari. Un mese e mezzo di smarrimento, durante il quale la squadra di Raffaele Palladino ha visto dissolversi il vantaggio accumulato grazie a una straordinaria striscia di otto vittorie consecutive nel girone d’andata. Un periodo difficile, in cui non solo la classifica si è complicata, ma anche la posizione dello stesso tecnico campano è diventata improvvisamente precaria.
Palladino è finito nel mirino, non solo dei tifosi, ma anche della dirigenza viola, come testimoniano le parole durissime del direttore sportivo Daniele Pradè nel post gara di Monza-Fiorentina 2-1. Il ko contro i brianzoli sembrava aver definitivamente incrinato il rapporto tra l’allenatore e il club, al punto che la sfida con la Lazio si configurava come una sorta di ultima spiaggia.
La vittoria all’Olimpico, arrivata contro una diretta concorrente nella corsa all’Europa, scaccia almeno per il momento le nubi sopra Firenze. Non risolve tutti i problemi, ma restituisce alla squadra una scintilla da cui ripartire. E tra i segnali più incoraggianti c’è senza dubbio Lucas Beltrán, che Palladino spera possa diventare l’uomo simbolo della rinascita.
Lucas Beltràn, utilità e duttilità
L’attaccante argentino ha trovato la rete in due degli ultimi tre match di campionato, confermandosi ancora una volta un elemento più che affidabile nello scacchiere viola. Che sia da seconda punta o più largo a sinistra, Beltrán dimostra capacità di adattamento e propensione al sacrificio, qualità notate già da Vincenzo Italiano, il primo a sperimentare su di lui un’evoluzione tattica: da attaccante puro a trequartista di manovra, un ruolo che ora sembra essergli cucito addosso.
Eppure, in estate, il grande viavai di giocatori sembrava poter ridimensionare il suo spazio. Gli arrivi di Kean, Colpani e Guðmundsson lasciavano presagire una stagione da comprimario, utile a partita in corso o per far rifiatare i titolari tra campionato e Conference League. Ma la realtà ha preso una piega diversa: finora, El Vikingo ha raccolto ben 18 presenze in campionato, condite da 4 gol e 4 assist.
Beltrán si è ritagliato un ruolo chiave approfittando delle difficoltà dei nuovi arrivati. Guðmundsson, presentato come il tassello in grado di far fare il salto di qualità tecnico alla squadra, è rimasto frenato dagli infortuni. Colpani, uomo di fiducia di Palladino, sembra la copia sbiadita del giocatore che aveva brillato a Monza.
A complicare ulteriormente le cose, è arrivato lo stop di Edoardo Bove durante Fiorentina-Inter dello scorso 1° dicembre. Il centrocampista ex Roma era diventato la chiave tattica perfetta per i viola: un giocatore in grado di coprire l’intera fascia con continuità, accentrarsi per dare densità in mezzo al campo senza lasciare buchi difensivi e, allo stesso tempo, liberare spazio per le sgroppate di Gosens.
L’assenza di Bove ha costretto Palladino a ridisegnare la squadra, con Beltrán adattato a esterno sinistro per coprire la casella lasciata scoperta, permettendo così a Guðmundsson di riprendersi il ruolo sulla trequarti. Un nuovo assetto nato da necessità, ma che potrebbe trasformarsi in una risorsa tattica preziosa per la Fiorentina.
Nove, nove e mezzo, dieci e undici
Entrando nel dettaglio delle sue caratteristiche, Beltrán nasce come prima punta, un classico numero nove argentino, ma con peculiarità – sia fisiche che tecniche – più affini al concetto moderno di “nove e mezzo”. Un attaccante con fiuto del gol, ma che non può fare reparto da solo, avendo bisogno di ruotare attorno a una punta più strutturata.
Dotato di una discreta tecnica, Beltrán si esprime al meglio lontano dalla porta, con il pallone tra i piedi. È bravo a legare il gioco e dialogare con la squadra, per poi attaccare l’area con i tempi giusti, creando superiorità numerica. In questo anno e mezzo, ha ricoperto quasi ogni posizione del fronte offensivo: punta, seconda punta, trequartista e ora esterno sinistro. Una versatilità che lo ha reso imprescindibile per Palladino. La sua heatmap stagionale conferma questa sua natura da “tuttocampista”, con un focus particolare sulla zona di centro-sinistra, dove è impegnato in entrambe le fasi di gioco.
Secondo i dati Opta, Beltrán percorre in media 10,44 km a partita, un numero che riflette il suo sacrificio costante. Corre tanto all’indietro per aiutare la squadra, ma i suoi movimenti senza palla lo portano spesso a convergere verso il centro, arrivando in area con il tempo giusto per concludere. È ovunque e ovunque sa rendersi utile alla causa.
Nello schieramento attuale, il suo ruolo principale è quello di coprire Guðmundsson, assolvendo l’islandese da compiti difensivi e permettendogli di esprimere il meglio del suo talento in fase offensiva. Un sacrificio tattico che esalta ancor di più la crescita di El Vikingo, sempre più leader silenzioso di questa Fiorentina.
Anche in assenza di Guðmundsson, Beltrán ha saputo rendersi prezioso come rifinitore, senza far pesare l’assenza dell’islandese: 4 assist, 16 passaggi chiave e una percentuale di passaggi riusciti nell’ultimo terzo di campo pari al 72,99%. Dati che raccontano di un giocatore che abbina qualità in palleggio a una freddezza sotto porta invidiabile. Con 4 reti totali (2 su rigore), Beltrán non spreca le occasioni: 20 tiri complessivi, 7 nello specchio, un’efficacia perfettamente in linea con il dato sugli xG (3,97). Non segna gol impossibili, ma è sempre al posto giusto nel momento giusto.
Gol, assist, corsa e sacrificio: Beltrán non sembra perdere lucidità negli ultimi 20 metri, nonostante l’enorme mole di lavoro “sporco” che svolge in ogni partita. Raramente un numero 9 argentino è arrivato in Italia con un adattamento così rapido, soprattutto per un giocatore cresciuto con il compito di buttare il pallone in rete. L’intelligenza tattica e la duttilità lo rendono un vero e proprio jolly offensivo, capace di eccellere anche in fase di non possesso: 37 palloni recuperati e il 48,89% di duelli a terra vinti (44 su 90) certificano quanto sia fondamentale anche in copertura.
Quando la Fiorentina lo ha soffiato alla Roma nell’estate 2023, si aspettava forse un attaccante da 15 gol a stagione. Invece, si è ritrovata tra le mani un giocatore totale: un centravanti capace di segnare, un rigorista affidabile e un lavoratore instancabile. El Vikingo è davvero l’arma in più della Viola nella corsa all’Europa?