L’unico difetto di Alcaraz è che s’incasina da solo

Carlos Alcaraz è un giocatore fisicamente e tecnicamente dominante. Spesso però è stato limitato dalla sua fragilità mentale

Il 2024 ha segnato la fine di una lunga ed entusiasmante epoca del tennis contemporaneo, quella dei Fab Four. Dopo il ritiro di Federer nel 2022, sono arrivati nel corso dell’ultima stagione anche quelli di Murray e Nadal, mentre Djokovic non è riuscito a vincere nemmeno un titolo Slam. A spartirsi i quattro tornei più importanti sono stati infatti in modo equo Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, ovvero i due che in tanti considerano i nuovi dominatori del tennis mondiale per gli anni a venire.

I due non potrebbero essere più diversi, nel modo di giocare e di intendere il tennis: freddo, potente e robotico l’italiano; esuberante, completo e scenografico lo spagnolo. Il primo l’abbiamo visto arrivare da lontano, crescere stagione dopo stagione e costruire il proprio tennis e il proprio fisico un passo alla volta. Il secondo è esploso in poco tempo, grazie a un grande talento naturale e a una corporatura già ben strutturata fin da giovanissimo che l’hanno aiutato ad arrivare al vertice nel giro di solo qualche mese.

Proprio per quest’ultimo motivo, prima del 2024, gran parte dell’opinione pubblica si chiedeva se Alcaraz non fosse più forte di Sinner, soprattutto dopo che a fine 2022 lo spagnolo aveva già raggiunto il primo posto della classifica ATP ‒ il più giovane della storia, a 19 anni, 4 mesi e 7 giorni ‒ prima di vincere il suo primo Wimbledon nella stagione successiva, battendo in finale Djokovic. In quel momento in tanti erano convinti di essere in presenza di colui che avrebbe dominato il tennis mondiale almeno per i dieci anni successivi, con tutti gli altri costretti a guardarlo dal basso della classifica e ad accontentarsi del secondo posto.

A distanza di quasi due anni, la realtà si è dimostrata diversa. Parliamo pur sempre di un talento incredibile, “generazionale” come si usa dire in questo casi, in grado di mettere in campo un tennis a tratti inimmaginabile per chiunque altro. Eppure, tra la fine del 2023 e il 2024, Alcaraz ha dimostrato più di un limite, in un periodo caratterizzato da altri importanti trionfi ‒ il secondo Wimbledon e il primo Roland Garros ‒ ma anche da altrettanti tonfi inaspettati, contro avversari di seconda o addirittura terza fascia come Nicolas Jarry, Botic van de Zandschulp e Tomáš Macháč.

 

I punti di forza di Alcaraz sono anche i suoi punti deboli

Non avevo mai giocato contro un tennista come lui, mai” azzardò Djokovic dopo la finale persa a Wimbledon nel luglio del 2023, nonostante i suoi trascorsi con Federer e Nadal. In quella occasione, il serbo definì Alcaraz una sintesi di se stesso e degli altri due Big Three per la sua mentalità da combattente e le grandi doti difensive unite alla capacità di adattarsi a tutti i tipi di superfici. “Roger e Rafa avevano le loro incredibili forze, ma anche qualche debolezza” aggiunse Nole. Quando è in giornata, Alcaraz è praticamente inarrestabile, insomma. Sa fare tutto bene, sia da fondo campo che a rete. Magari il suo servizio non è il migliore del circuito, ma quando conta funziona in maniera più che adeguata. A tutto questo, l’iberico aggiunge una propensione al rischio sempre molto alta, croce e delizia del suo gioco.

Quando è in difficoltà, tuttavia, Alcaraz tende spesso a esagerare, ad aumentare a dismisura i giri del proprio motore, a mettere maggiormente in mostra i muscoli lasciati scoperti dagli smanicati con cui solitamente gioca, a cercare in maniera più ossessiva i limiti del campo. Il più delle volte, Alcaraz è talmente superiore agli avversari dal punto di vista tecnico e tattico da riuscire a portare a casa il risultato, pur con qualche errore gratuito di troppo. A tutti però capitano le giornate storte, in cui le palle non fanno quello che si vorrebbe. Per Alcaraz, in queste occasioni, il risultato è esaltazione seguita da delusione a ciclo continuo, in un circuito che, nelle giornate no, tende ad andare in corto, o in “confusione”, come dichiarato dallo stesso tennista.

Gli highlights di Alcaraz in finale a Wimbledon nel 2023

 

La mentalità non è ancora quella di Sinner

Lo spagnolo è uno tra i giocatori che in campo divertono e si divertono di più, che si gasano per i cori del pubblico dopo un recupero spettacolare o una palla corta da applausi. Quando però le cose vanno male il meccanismo si inceppa. E così Alcaraz sembra perdere energie, entrando in un spirale di disperazione. Lo dimostrano anche alcuni sfoghi recenti, come quando, ad agosto 2024, durante la partita contro Gael Monfils poi persa al Masters 1000 di Cincinnati, il murciano ruppe la racchetta sbattendola per terra in maniera piuttosto violenta. Uno sfogo e una frustrazione che il tennista stesso ha raccontato in conferenza stampa:

Non mi era mai successo prima, perché sono sempre riuscito a controllarmi in determinate situazioni. Nella maggior parte dei casi riuscivo a controllarmi e miglioravo nel corso della partita, ma oggi non ci sono riuscito. È stato frustrante per me, a un certo punto volevo lasciare il campo.

In precedenza, al Masters 1000 di Toronto, nel corso del match anche questo perso contro Grigor Dimitrov, le telecamere avevano colto su un labiale tutta la sua frustrazione, scaricata sul suo allenatore, Juan Carlos Ferrero: “Non posso fare queste stronzate. Non posso. Devo concentrarmi una volta per tutte”. Anche in quel caso, le dichiarazioni post-partita furono piuttosto “di pancia”:

Mi sono sentito frustrato. Grigor mi ha fatto sentire come se avessi avuto 13 anni. Ha giocato un tennis fantastico, quasi perfetto. Non vedevo alcun suo punto debole. Ero spaesato. Per questo mi sento frustrato. Parlavo con la mia squadra e non sapevo cosa fare.

La differenza principale con Sinner sembra essere attualmente proprio nell’approccio mentale al gioco. Nel lungo periodo senza vittorie tra luglio 2023 e marzo 2024, tra Wimbledon e Indian Wells, Alcaraz sembrava addirittura involuto da questo punto di vista, come ebbe modo di sottolineare anche una vecchia gloria del tennis italiano come Adriano Panatta:

Ha un atteggiamento in campo abbastanza bizzarro. Non lo vedo determinato come due anni fa: ride, scherza, sembra che non gliene freghi niente. Non so cosa abbia questo ragazzo, ma secondo me lui deve ancora decidere che tipo di giocatore essere. A livello di testa è indietro. Sinner è un’altra categoria ed è della stessa pasta di Djokovic.

Alcaraz dà in escandescenze a Cincinnati contro Monfils

 

I limiti fisici di Alcaraz

A frenare finora Alcaraz sono stati anche i costanti problemi fisici, soprattutto muscolari, figli forse anche di uno stile di gioco particolarmente dispendioso. Il tennista sembra a volte concentrarsi troppo sul singolo punto, perdendo di vista il quadro generale, come quando tenta di compiere recuperi miracolosi anche se il punteggio non lo richiede. A sintetizzare al meglio la questione ci ha pensato Paolo Bertolucci in un’intervista a Fanpage:

Ha vinto su erba, terra e cemento, non ha punti deboli. Il problema è che il suo tennis è talmente di altissimo livello, talmente sofisticato, che a volte si specchia un po’ troppo e cerca l’applauso dimenticandosi del punteggio, perdendo un po’ il discorso tattico. S’incasina da solo.

Negli ultimi mesi, inoltre, Alcaraz ha lamentato un eccesso di fatica, dovuto al calendario eccessivamente fitto (“Si gioca troppo, in qualche modo ci uccideranno” ha denunciato per esempio nel corso di una conferenza stampa). Nella seconda metà del 2024, dopo il torneo olimpico di Parigi ‒ in cui ha vinto la medaglia d’argento alle spalle di Djokovic ‒ il giovane murciano si è così fermato per qualche settimana. Uno stop che evidentemente non è stato sufficiente, tanto da arrivare a fare quasi la comparsa nel corso delle ATP Finals giocate a novembre a Torino e dominate da Sinner.

Secondo l’ex numero 1 Boris Becker, nel 2024 Alcaraz e il suo staff avrebbero sbagliato programmazione, portando il tennista a giocare troppo: “Il suo team deve concentrarsi meno sui soldi e più sui titoli e sul ranking” ha affermato il tedesco con una velenosa punta polemica alla vigilia degli Australian Open 2025.

 

Un 2024 comunque positivo

Eppure, secondo Juan Carlos Ferrero il 2024 di Alcaraz non è stato affatto negativo. L’ex tennista ha affermato che metterebbe la firma per un 2025 uguale all’anno appena concluso. E di certo non gli si può dare torto: il giovane iberico ha vinto nella stessa stagione sulla terra rossa del Roland Garros e sull’erba Wimbledon (il più giovane di sempre a compiere questa accoppiata), arrivando a quota quattro Slam complessivi e diventando il primo giocatore in era Open a vincere i suoi primi tre major su tre superfici diverse ‒ contando anche lo U.S. Open vinto sul cemento nel 2022. A queste vittorie ha aggiunto nel corso degli scorsi dodici mesi anche il Masters 1000 di Indian Wells e l’ATP 500 di Pechino, battendo in finale Sinner. E poi non bisogna dimenticarsi che, nonostante sia ormai ai vertici da un paio di stagioni, lo spagnolo ha solo 21 anni.

 

L’obiettivo Australian Open

L’attenzione però è ora tutta sulla nuova stagione, con un grande obiettivo dichiarato: vincere gli Australian Open in corso a Melbourne e completare il Career Grand Slam, ovvero la vittoria in carriera almeno una volta di tutti e quattro i tornei più importanti al mondo. E magari trovare un po’ più di continuità nei risultati. Per farlo, Alcaraz sta mettendo a punto alcuni importanti correttivi, a partire dall’uso di una racchetta più pesante, con l’aggiunta di cinque grammi nel telaio, che dovrebbe consentirgli di imprimere più potenza e rendere i suoi colpi più pesanti. Ferrero, inoltre, sta cercando di insegnargli a essere più “killer” in campo, come da lui stesso dichiarato. A badare cioè più alla sostanza e meno alla spettacolarità.

Per assimilare questi correttivi, però, probabilmente ci vorrà ancora un po’ di tempo, come ha dimostrato la sconfitta patita da Alcaraz in un match di esibizione giocato la scorsa settimana contro l’australiano Alex de Minaur, che ha visto lo spagnolo perdere spesso il controllo dei propri colpi. I primi turni dell’Australian Open – contro avversari più abbordabili – stanno di certo aiutando a rodare i nuovi strumenti, per il resto ci vorrà pazienza. Una virtù che però Carlos non sembra ancora avere nel proprio carniere.

Di Andrea Antonazzo

Giornalista dal 2008, scrivo di sport, fumetti e cultura pop. Nel tempo libero mi dedico a calcio, Formula 1, ciclismo, tennis e nuoto... tutto rigorosamente dal divano di casa.