Max Verstappen gode nell’essere il villain della Formula 1

Max Verstappen è diventato il vero villain della formula 1 con manovre al limite e tante vittorie.

Al calar del sipario sulla stagione 2024 della Formula 1, c’è solo un pensiero comune nelle menti di tutti gli appassionati e, forse per la prima volta, anche nella testa di chi questo sport non lo segue poi così tanto: Max Verstappen non è più uno dei tanti, non è più uno di quelli che vincono per poi essere dimenticati.

L’olandese è storia dell’automobilismo, e non solo per i numeri. Il Campionato del Mondo conquistato l’anno scorso è ormai il quarto nella sua bacheca, un traguardo che lo pone al pari di leggende come Alain Prost e Sebastian Vettel. Proprio con il tedesco condivide le modalità di questi successi, ottenuti tutti al volante della Red Bull e in maniera consecutiva. La differenza, però, sta nel fatto che Max spesso non gode del totale apprezzamento da parte di pubblico e addetti ai lavori, non tanto per le sue capacità, quanto per il suo essere, inteso come persona. Verstappen è il villain della Formula 1.

 

Irrispettoso e snob

Sempre un po’ irrispettoso, sempre un po’ snob, sempre un po’ al limite (e oltre) con parole e atteggiamenti. Non ha paura di essere riconosciuto come l’emblema dell’anticonvenzionalità, non teme di essere ricordato come il bad driver dell’era moderna. Esistono solamente lui, la sua macchina e i suoi successi. La sua faccia parla, urla a gran voce che lui non ritiene nessuno al suo livello.

Il suo mantra è il dominio, tutto il resto lo lascia ai comuni mortali. L’impressione è che la sua forza risieda proprio in questo: più lo sfidi, più ti distrugge; più lo stuzzichi, più ti umilia; più gli dici cosa fare in pista, e più lui fa l’opposto dimostrandoti che, alla fine, aveva una dannatissima ragione.

Ah sì, come se non bastasse, Max non si risparmia nel dire che lo sport che pratica è ormai “uno schifo” e che non vede l’ora di ritirarsi.

 

Bocconi amari

Eppure Verstappen non è sempre stato questo. Come è giusto che sia, ha costruito la sua consapevolezza affrontando bocconi amari da mandare giù: macchine a muro ogni weekend, gare rovinate a colleghi e l’incapacità di gestire situazioni difficili. Un insieme di errori e incidenti che gli hanno garantito, nei suoi anni d’esordio, anche il soprannome di “Versbatten” o, come vuole la tradizione, il titolo di “figlio di papà”, per via dei trascorsi del padre Jos.

Non è semplice portare questi pesi sulle spalle quando debutti nella massima serie a soli 16 anni. Eppure, Max li ha trasformati in motivazione: ha usato quel macigno per rafforzarsi, costruendo spalle abbastanza solide per reggere il fardello del suo sconfinato talento. Una volta raggiunta la consapevolezza di ciò che era, non ha avuto paura di sbatterlo in faccia a tutti.

 

Predestinato

Verstappen è diventato Verstappen giorno dopo giorno, gara dopo gara, sconfitta dopo sconfitta. Se dovessimo individuare un momento clou della sua trasformazione, sarebbe impossibile non scegliere la lunga ed estenuante lotta del 2021 con Lewis Hamilton. Non è stato l’ultimo giro epico di quella stagione a trasformarlo in SuperMax, ma ogni singolo chilometro percorso fin dal primo appuntamento. Non reggi fino all’ultima gara contro un 7 volte Campione del Mondo se non hai la stoffa per farlo. Non rendi la vita di un avversario un inferno se ti accontenti e aspetti il tuo momento.

E, soprattutto, non vinci tra mille polemiche se non sei destinato a qualcosa di grande. Dopotutto, anche la straordinaria carriera di Hamilton si è aperta con un titolo rocambolesco nel 2008. È una sorta di prassi: se vuoi essere qualcuno, devi capire il prezzo da pagare. Nessuno ti renderà le cose facili, tutti saranno pronti a mettere in dubbio ciò che otterrai e come lo otterrai. E, cosa ancora più importante, lo faranno solo quando si troveranno davanti qualcuno da temere.

Max ha capito questa prassi. Ha accettato di essere odiato pur di essere vincente, plasmando la sua mentalità su uno schema che lo ha reso invincibile.

 

Il testa a testa con Norris

Delle volte, però, questo schema all’interno del quale sei ormai incastonato può soffocarti. Ed è proprio quello che è successo a Verstappen durante la stagione appena conclusa, culminata comunque nella grande gioia finale. Il non avere più una macchina dominante, il non essere più in una situazione comoda, e la pressione ricevuta in pista e fuori per essere diventato l’ombra di sé stesso stavano per giocargli un brutto scherzo.

In alcuni momenti, non è stato difficile per critici e appassionati lasciarsi andare a critiche e provocazioni, sostenendo che in Verstappen si fossero rievocati tutti i demoni che aveva sapientemente nascosto: antipatico, subdolo, senza freni e, soprattutto, battibile. Il testa a testa con Lando Norris ci ha consegnato un Max versione “standard”: incapace di emergere, incapace di dominare e, quasi, incapace di vincere.

Dopo un inizio di stagione in versione martello, sono arrivati i momenti di difficoltà. Max si è confuso nel gruppone, ha effettuato manovre al limite che hanno compromesso la sua e le gare di altri, tra cui anche Norris. Ha mancato di rispetto ai suoi colleghi, al suo ingegnere, al suo team e persino alla FIA. Poi, come d’incanto, quando tutto sembrava perduto, ha ricordato a tutti che l’uomo da battere è ancora lui, e probabilmente lo sarà fino a quando lui lo vorrà.

 

Il poker nella manica

Tutto ciò che Verstappen era stato in grado di costruire, e mantenere, ha rischiato di crollare alla vigilia della gara del Brasile. Un appuntamento che avrebbe dovuto vedere Verstappen inerme, fermo in un angolo a leccarsi le ferite.

L’olandese è arrivato al Gran Premio di San Paolo con 57 punti di vantaggio su Norris, suo diretto inseguitore in classifica. L’inglese vince la Sprint Race del sabato, prenotando la pole per la gara di domenica. Max, nella Sprint, è solo terzo, un risultato comunque positivo, ma che riduce il suo vantaggio di due punti.

Il vero problema arriva dopo: una qualifica non perfetta e una penalità per cambio del motore lo relegano alla diciassettesima posizione sulla griglia di partenza domenica, lontano 16 posizioni dal suo rivale.

Durante la domenica brasiliana, sotto una pioggia torrenziale, la visibilità è zero e il cuore batte a mille in ogni curva. La pioggia scroscia sui caschi, le vetture davanti spruzzano litri d’acqua al secondo e le gomme da bagnato sembrano inutili. Ma queste condizioni impossibili non spaventano il campione del Mondo. Durante il primo giro, è già a ridosso della zona punti.

 

Danza nella pioggia

Max, nella pioggia, danza. Segue il suo ritmo, si lascia guidare dalle sue sensazioni e, grazie anche a una Safety Car fortuita, si ritrova terzo. Nel frattempo, Norris è in evidente difficoltà, in balia delle condizioni estreme. Alla ripartenza, Max divora le due Alpine davanti a lui, prende la testa della corsa e inizia a stampare giri veloci che illuminano il tracciato di fucsia nel grigiore generale.

La sua gara non è normale: è ai limiti delle possibilità umane. Verstappen vince con 16 secondi di vantaggio, mentre Norris chiude solo sesto. Il vantaggio di Max in classifica sale a 72 punti, un margine che, con sole tre gare e una Sprint Race rimaste, significa solo una cosa: Max Verstappen sarà Campione del Mondo per la quarta volta consecutiva.

 

Max sbanca Las Vegas

La matematica arriverà al Gran Premio di Las Vegas, un circuito spesso criticato dall’olandese per la sua distanza dai canoni tradizionali della Formula 1. Ma sarà lì che Verstappen mostrerà le sue quattro dita, celebrando la consacrazione come uno dei piloti più forti di sempre. Il più forte del momento.

Max ha calato il suo poker vincente nella città del gioco d’azzardo, Las Vegas, dove solo chi osa può permettersi il lusso di sognare in grande. La vittoria del suo quarto Campionato del Mondo sembra aver convinto anche i più scettici sul suo status di pilota dominante, un’autentica leggenda della Formula 1. Ma forse è proprio questa nuova accettazione generale che potrebbe dare fastidio a Verstappen.

Da anni, l’olandese lascia intendere la sua voglia di abbandonare la massima serie automobilistica, un mondo sempre più lontano dalle caratteristiche del passato di cui si era follemente innamorato. Ha dichiarato più volte che sono poche le cose che lo tengono ancora legato al volante di una Formula 1, e tra queste, probabilmente, c’è proprio il suo ruolo di personaggio spigoloso, capace di dividere e far discutere.

Eppure, oggi gli occhi del mondo lo guardano in modo diverso: più rispetto, meno critiche, meno polemiche. Forse, senza il suo passatempo preferito di suscitare antipatie, Max potrebbe davvero considerare l’idea di lasciare vuoto quel sedile.

 

Verstappen il villain della Formula 1

Per ora, però, all’alba della prossima stagione, Max sarà ancora lì. Pronto a inseguire un altro titolo. Magari fronteggiando una Ferrari che sembra finalmente pronta a mettere le ali, o ingaggiando un duello generazionale all’ultimo respiro con Charles Leclerc, talento cristallino ancora in attesa della consacrazione definitiva. Oppure, in uno dei più classici sequel della storia della Formula 1, contro un Lewis Hamilton che da anni brama vendetta nei confronti di Max.

Non sappiamo quanto ancora Verstappen, il villain della Formula 1 monopolizzerà questo sport, uno sport a cui ha dedicato tutto se stesso. Un mondo in cui ha anteposto le esigenze della Red Bull persino a quelle del padre, Jos, ormai sempre più raro nel paddock dopo screzi interni al team.

Di Max, sappiamo poco. È un personaggio schivo, poco attivo sui social e per nulla amante dei riflettori fuori dalla pista. L’unica cosa certa è che dobbiamo godere del suo talento finché possibile, prima che sia troppo tardi. Prima di renderci conto che, in fondo, averlo odiato non è servito a nulla, se non a renderlo ancora più grande.