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Il 2024 di Jannik Sinner è stato molto vicino alla perfezione

Il 2024 di Jannik Sinner ha segnato l’ingresso di una nuova leggenda nell’olimpo dello sport italiano. Al di là del suo indiscusso talento sportivo, ciò che colpisce di Sinner è l’aspetto: se non fosse quello che è, lo immagineresti come quel cugino dall’aria impeccabile che vive in qualche borgo incantato dell’Europa centrale e che rivedi solo nelle settimane d’estate al mare. Supera abbondantemente il metro e novanta, non porta barba, e in spiaggia si presenta con il cappello a visiera curva, calzini bianchi che sfiorano i polpacci e una maglia di Lukas Podolski dai tempi bavaresi. Non è uno di tante parole, ma ha quel tipo di sicurezza che ti lascia un filo di soggezione, quella stessa forza di volontà che lo ha reso ogni anno il migliore della classe.

Eppure, dietro questa precisione quasi scolastica, Sinner sa sorprendere. Ha un lato guascone, capace di una battuta secca e brillante che rompe il ghiaccio. Un lato che ti fa sentire che il tempo vola in sua compagnia, proprio come quelle vacanze estive che sembrano sempre troppo brevi. Ma a differenza delle vacanze, il segno che lascia Sinner è destinato a durare ben più a lungo.

Onori e oneri della fama

Fortunatamente, San Candido è un paesino italiano di poco più di tremila anime e Sinner nello sport riesce a destreggiarsi alla grande, come dimostra questo incredibile 2024. A 23 anni, è il numero uno del mondo, vincitore di Australian Open e US Open, e artefice di due leggendarie Coppe Davis consecutive, che stanno regalando all’Italia tennistica un rinnovato entusiasmo in questo primo scorcio degli anni Venti. Ormai tutti conosciamo i suoi numeri e siamo certi che nel futuro prossimo il suo palmarès continuerà a crescere.

Eppure, sembra che non riusciamo a cogliere appieno la portata generazionale del suo tennis. I suoi trionfi, sempre più frequenti, finiscono per apparire quasi normali. Questo, in fondo, è il destino dei più grandi: rendere ordinarie decine di vittorie, mantenere uno standard di gioco altissimo e reggere la pressione dei palcoscenici più importanti al mondo. In questa capacità di superare continuamente l’ordinario, Sinner si eleva al rango di icona, avvicinandosi a quell’idea di sovrumano che solo i campioni più straordinari riescono a incarnare.

Dall’altro lato, la sua rapida ascesa ha comportato un’esposizione mediatica intensa. Troppo spesso, oltre ai meritati elogi, Sinner diventa bersaglio delle critiche nostrane. Gli vengono imputati i mancati successi sulla terra rossa o a Wimbledon, oppure uno stile considerato austero, dentro e fuori dal campo. Al contempo, si oscilla tra il voler proteggere un talento così prezioso e il suggerirgli di curare maggiormente la propria immagine pubblica.

Va ricordato, però, che stiamo parlando di un ventitreenne, al quale non si può certo imputare una mancanza di professionalità o forza mentale. Al contrario, è proprio questa solidità psicologica che rappresenta la chiave dei suoi successi. Ed è questa stessa tenuta che continuerà a essere il motore del suo percorso, rendendolo una pietra miliare per il tennis italiano anche negli anni a venire.

Jannik sciatore

Come accade a molti grandi atleti, anche Jannik Sinner, durante l’infanzia, ha esplorato passioni sportive diverse prima di scegliere la sua strada definitiva. Nel suo caso, complice il contesto naturale e culturale delle sue origini, è stato inevitabile l’incontro con lo sci. Dimostrando un talento innato, si fa notare presto, tanto da vincere il Gran Premio Giovanissimi del 2009. A soli 8 anni, Jannik appare già come una promessa dello sci nazionale, lasciando intravedere un futuro radioso.

Tuttavia, il destino, Deo gratias, gli indica un sentiero diverso, portandolo verso il tennis. Lo sci, che rimane tutt’ora una sua grande passione, non diventa però il centro della sua vita. Come lui stesso ha dichiarato, i rischi elevati di infortuni gravi e il margine d’errore ridotto durante le competizioni lo spingono a fare una scelta ponderata. Così il tennis, inizialmente relegato al ruolo di attività secondaria, diventa la sua bussola, la stella polare che guida la sua adolescenza. Presto, il suo talento unico si manifesta anche con la racchetta in mano, consolidando la reputazione di “fenomeno raro”. Perfino il complesso e doloroso distacco dalla famiglia, un passaggio spesso cruciale nella vita di un giovane atleta, non sembra scalfire il suo percorso sportivo.

Ordinario, austero, fenomeno

A 14 anni, Jannik realizza che è il momento di osare, di salire su quel treno che passa una sola volta nella vita. Come ha raccontato in un’intervista all’Equipe, il distacco dagli affetti e dalle montagne che lo avevano visto crescere non è stato privo di sofferenza. Tuttavia, con il senno di poi, lo definisce un motore di crescita decisivo, una spinta fondamentale per forgiare la sua determinazione e maturità. Lontano dai genitori, con l’adolescenza ancora in pieno sviluppo e una racchetta come unica costante, si prepara ad affrontare il destino. Jannik è consapevole di possedere un talento raro, ma sa anche che solo una forza mentale d’acciaio e un perfetto equilibrio tra corpo e mente possono portarlo ai vertici del tennis mondiale.

Questa consapevolezza diventa il suo mantra, un credo che non si limita ad abbracciare, ma che interiorizza e trasforma in forza personale. In un’epoca in cui i social celebrano nostalgicamente atleti dalle potenzialità straordinarie ma dalla costanza altalenante, Sinner si distingue per un’anormalità quasi disarmante nella sua apparente ordinarietà. Non ha la teatralità di Djokovic, il look ribelle di un giovane Nadal versione pirata o l’orecchino iconico di Agassi. Se ci andassi a mangiare una pizza, probabilmente ti racconterebbe con semplicità della sua giornata di allenamenti e del suo pranzo a base di carni bianche e verdure. Asciutto, riservato, quasi austero, rappresenta un’alternativa rivoluzionaria in un mondo che sembra sempre più schiavo di apparenze ed eccessi.

Il grigio che sorprende

Jannik è il grigio che sorprende, un’esplosione di razionalità che ci coglie impreparati. A differenza del suo rivale e amico Alcaraz, capace di toccare vette mozzafiato ma anche di incappare in inattesi momenti di cedimento, Sinner è una roccia granitica, un’idea di certezza in uno sport dove tutto può mutare rapidamente e spesso in modo doloroso. Dal suo ingresso nella classifica ATP nel febbraio del 2018, a soli 17 anni, fino al consolidamento nella top 80 mondiale alla fine del 2019, il suo percorso è stato una scalata costante. Ogni passo è accompagnato da una metodicità e da una capacità di adattamento che lo rendono unico.

Miglior esordiente dell’anno

Il 2019 si chiude con un riconoscimento significativo: miglior esordiente dell’anno. Solo qualche mese dopo, Sinner diventa il più giovane italiano di sempre a vincere un match in un torneo del Grande Slam, battendo Max Purcell al primo turno degli Australian Open. Quell’anno segna anche il suo esordio al Roland Garros, dove, a soli 18 anni, raggiunge i quarti di finale demolendo Zverev con un netto 6-3 6-3 4-6 6-3. Il suo cammino si interrompe contro Rafa Nadal, il re indiscusso della terra rossa, che, pur vincendo con un convincente 7-6 6-4 6-1, non può fare a meno di riconoscere il potenziale del giovane sfidante.

Paragonare la carriera di Sinner a quella di Nadal offre spunti intriganti. Entrambi incarnano una resistenza mentale rara, seppur con percorsi opposti. Nadal, fin dall’infanzia, ha ricevuto un’educazione rigorosa dal suo zio e coach Toni, che non esitava a impartire lezioni di vita anche con metodi poco ortodossi. Sinner, al contrario, ha dovuto costruire il suo percorso più tardi e in autonomia, affrontando sfide che lo hanno reso indipendente. In campo, però, i due condividono la stessa ferrea concentrazione: Jannik sa che ogni punto può cambiare le sorti di un match e che il focus deve essere totale.

Coach Cahill

Negli ultimi anni, ha affinato anche i dettagli tecnici, come il servizio, un colpo in cui era inizialmente meno efficace e che ora è diventato una delle sue armi principali. Dal giugno del 2022, sotto la guida di Darren Cahill, il giovane talento ha ulteriormente arricchito il proprio bagaglio tecnico e mentale. L’ex tennista australiano, dopo aver allenato leggende come Agassi, Murray e Halep, considera Sinner il suo ultimo assistito, un sigillo finale su una carriera di coaching stellare. Un connubio, quello tra Cahill e Jannik, che promette di continuare a scrivere pagine indimenticabili nel mondo del tennis.

Sinner spiega il suo approccio mentale durante un’intervista a Sky Sport

 

Federico Buffa e i muscoli

Su YouTube è facilmente reperibile un’intervista in cui Federico Buffa dialoga con Jannik Sinner all’interno di un progetto curato da Lavazza. Uno degli elementi che cattura subito l’attenzione è l’elegante musicalità con cui Buffa pronuncia il cognome del tennista, sospeso in uno splendido limbo tra la “s” e la “z”. Tuttavia, ciò che resta impresso è soprattutto il ritratto che L’Avvocato dipinge del bolzanino: difficile da incasellare, eppure perfettamente definito nel suo connubio di fisicità imponente (un metro e novantadue) e una mobilità laterale degna di Ingemar Stenmark.

Verso la fine della conversazione, è invece Jannik a offrire un’interessante riflessione sulla sua struttura fisica, soffermandosi sulla necessità di uno sviluppo muscolare equilibrato. Consapevole di dover guadagnare qualche chilo per affrontare al meglio le lunghe stagioni, sa anche che un’eccessiva massa muscolare rischierebbe di compromettere la rapidità nei cambi di direzione e aumenterebbe il rischio di infortuni. Un pensiero lucido, che riflette la sua costante ricerca di perfezione atletica.

Il 2024 di Jannik Sinner

Il 2024 è stato un anno straordinario per Sinner: due tornei del Grande Slam, le ATP Finals, la seconda Coppa Davis consecutiva e il primato nel ranking mondiale. Un’annata detonante, impreziosita da trionfi, ma anche segnata da momenti difficili, come infortuni e dolorose rinunce. A maggio, un fastidio all’anca lo costringe a dare forfait agli Internazionali d’Italia, privandolo dell’opportunità di giocare davanti al pubblico di casa. Un’occasione ritrovata solo in novembre, quando ha potuto esibirsi nelle gloriose ATP Finals di Torino.

A luglio, si presenta a Wimbledon come numero uno del mondo ma durante i quarti di finale contro Medvedev, è colpito da improvvisi giramenti di testa. Nonostante la sua determinazione a proseguire il match in condizioni precarie, viene sconfitto al quinto set. Come se non bastasse, un attacco febbrile gli impedisce di partecipare alle Olimpiadi di Parigi in piena estate. Persino nella cavalcata vincente all’US Open, a settembre, è costretto a fronteggiare un infortunio al polso in semifinale, riuscendo comunque a recuperare rapidamente e trionfare. Episodi che, seppur in parte, hanno influenzato l’ultima parte dell’anno, evidenziando però anche la straordinaria resilienza fisica e mentale di Jannik.

Il trionfo di Melbourne

Il momento più iconico del 2024 arriva il 28 gennaio a Melbourne, dove conquista l’undicesimo titolo in carriera: un Australian Open destinato a rimanere nella memoria collettiva. La finale contro Medvedev è un condensato di tennis epico, omerico, durato quasi quattro ore. Dopo aver perso i primi due set in maniera netta, Sinner orchestra una delle più grandi rimonte della storia: 3-6, 3-6, 6-4, 6-4, 6-3. Con oltre trecento minuti di battaglia, il giovane italiano scrive una pagina di storia diventando il terzo connazionale a vincere un Grande Slam, dopo Pietrangeli e Panatta.

E non si ferma qui. A fine marzo trionfa al Master 1000 di Miami, raggiungendo la seconda posizione mondiale, superando Alcaraz e spingendosi verso un orizzonte mai esplorato da un tennista italiano. A giugno tocca il punto più alto della carriera: Djokovic annuncia il suo ritiro dal Roland Garros, e Jannik diventa il numero uno del mondo. Eppure, Parigi e Londra rimangono un tabù, pur lasciando intravedere margini di miglioramento.

Settembre segna il suo ritorno in vetta. All’US Open, nonostante il polso dolorante, schianta Fritz in finale con un perentorio 6-3, 6-4, 7-5, esibendo una condizione fisica e mentale stellare. Fritz, lo stesso avversario che poche settimane dopo subisce un’altra netta sconfitta alle ATP Finals. Nel complesso, il 2024 porta il bottino di Sinner a 18 titoli, quasi la metà conquistati in questo anno magico. A coronamento, la Coppa Davis di Malaga, che tanti speravano fosse un’ultima celebrazione per Nadal e la Spagna, si trasforma invece in una cavalcata trionfale per Sinner, Berrettini e il team italiano. È la seconda Coppa Davis consecutiva per l’Italia, la terza in assoluto, e un altro capitolo di storia scritto dal bolzanino.

Il 2025 alle porte

Con il 2025 ormai alle porte, cresce l’attesa per ciò che Sinner sarà in grado di fare. Il ragazzo di San Candido inizierà la stagione da numero uno in carica, con l’obiettivo di confermarsi e conquistare finalmente Londra e Parigi, due mete dove finora ha raggiunto “solo” le semifinali. Oltre ai tornei dello Slam, sarà fondamentale mantenere il livello anche nei circuiti minori, mentre la rivalità con l’amico Alcaraz promette nuove scintille. Sarà inoltre interessante osservare l’evoluzione del suo fisico: troverà quell’equilibrio perfetto tra forza e agilità che potrebbe spingerlo a superare i suoi limiti?

Ma più di ogni altra cosa, sarà un piacere seguire il suo percorso, sportivo e umano, con la stessa serenità di chi guarda un cagnolino chill che spopola sui social: il tennis generazionale di Sinner è una boccata d’aria fresca per lo sport italiano. Continuerà a crescere, sbagliare, migliorare, ma soprattutto ci regalerà la bellezza del gioco. Oltre i numeri e i trofei, godiamoci ogni momento di questa straordinaria avventura.

Sinner e Medvedev si sfidano nella meravigliosa finale dell’Australian Open 2024: il match in versione integrale

 

I riflettori addosso

La fama sportiva va di pari passo con l’esposizione mediatica, un riflettore a volte cercato, altre imposto, che avvolge i campioni in una narrazione costruita tanto dalla loro grandezza quanto dal voyeurismo del pubblico. È un impulso quasi morboso, quello dell’uomo comune, di sbirciare nella vita privata di personaggi apparentemente inarrivabili. Sinner, da fuoriclasse, non sfugge a questa dinamica. Il suo rapporto con i media, però, si distingue: è guardingo, a tratti diffidente, una partita a scacchi giocata su un equilibrio precario. Fuori dal campo, il campione del tennis si rivela riservato, quasi riluttante sotto i riflettori, una figura che sembra più a suo agio nei panni dell’antieroe, mentre sul rettangolo di gioco si trasforma, lasciando esplodere il suo talento.

Non è un assiduo frequentatore dei social network, ha rifiutato l’invito per un’apparizione a Sanremo perché “ha di meglio da fare” e raramente si lascia andare a dichiarazioni superflue. Quando finisce sulle prime pagine dei giornali, è spesso trascinato suo malgrado, magari per le intemperanze di Kyrgios, le nostalgie di Pietrangeli o i commenti al vetriolo di altri pseudo-esperti del tennis. Il caso che ha più messo alla prova la sua figura pubblica, però, è stato quello della presunta positività ai controlli antidoping, un intrigo che ha generato teorie degne di un film di Kubrick.

Il caso doping

L’episodio risale a Indian Wells, dove nelle analisi delle urine di Sinner è stata rilevata una quantità infinitesimale di Clostebol, un anabolizzante. L’origine? Un massaggio praticato dal suo ex fisioterapista Giacomo Naldi, che avrebbe involontariamente contaminato con la sostanza delle ferite non ancora cicatrizzate sul corpo del tennista. L’ITIA lo aveva inizialmente assolto, riconoscendo l’assenza di colpa o negligenza. Tuttavia, la WADA ha impugnato la decisione, portando il caso davanti al TAS di Losanna.

Le conseguenze potrebbero essere pesanti: se il tribunale riconoscesse colpa o negligenza, Sinner rischierebbe una squalifica da uno a due anni; in caso di dolo, la sanzione potrebbe estendersi fino a quattro anni. Nel frattempo, gli sono stati sottratti i punti del ranking e il montepremi di Indian Wells, nonostante fosse già stato scagionato. La sentenza è attesa per l’inizio del 2025, ma il tennista, sereno e sicuro della propria innocenza, ha dichiarato di confidare in un’assoluzione.

Come spesso accade in queste situazioni, il dibattito si è polarizzato. Da un lato, le principali testate sportive italiane si sono schierate apertamente a suo favore; dall’altro, alcuni media e personaggi pubblici, pur non accusandolo esplicitamente, hanno sollevato dubbi sull’equità della giustizia sportiva. Tra le voci critiche spicca un tweet del canadese Shapovalov, che, pur senza attaccare direttamente Sinner, ha sollevato il tema di un presunto doppio standard nei giudizi antidoping, in base alla fama degli atleti coinvolti.

Sinner, fedele al suo stile, ha preferito lasciar parlare il campo. Con poche dichiarazioni pubbliche, ha continuato a concentrarsi sul suo tennis, affidando al gioco la risposta più eloquente. E, in tutta onestà, a noi sta benissimo così.

La residenza a Montecarlo

Un altro tema ricorrente nella narrazione attorno a Sinner riguarda la sua residenza fiscale. Il tennista vive a Montecarlo, scelta che lo accomuna a colleghi come Djokovic, Medvedev e Zverev, mentre oltreoceano atleti americani come Fritz, Tiafoe e Shelton optano per stati come la Florida o il Texas, noti per i loro regimi fiscali vantaggiosi. In Italia, però, dove l’abitudine di occuparsi delle questioni altrui prevale spesso sullo sguardo verso le proprie, il dibattito si è acceso immediatamente. Tra i tanti commentatori spiccano figure come Aldo Cazzullo, Gianni Alemanno e persino Adriano Panatta, che si sono espressi con un coro unanime di elogi al talento di Jannik, accompagnati però dal consueto “sì, ma Montecarlo…”.

Anche in questo caso, il rumore mediatico sembra sproporzionato. La decisione di vivere a Montecarlo, oltre agli evidenti vantaggi fiscali, trova una giustificazione più ampia: la città è un polo tennistico di eccellenza, dotata di strutture all’avanguardia e di un clima ideale. Per un atleta costantemente in viaggio, Montecarlo rappresenta un punto d’appoggio strategico, un rifugio tra un torneo e l’altro. Tuttavia, di fronte a un atleta straordinario e un ragazzo dal carattere genuino, la caccia al minimo passo falso diventa quasi inevitabile.

In un mondo che tende a ingigantire qualsiasi dettaglio, Jannik Sinner risponde con sobrietà. La sua riservatezza, tanto criticata quanto ammirata, è una scelta consapevole, un modo per tenere le distrazioni lontane e lasciare che sia il tennis a parlare. E finché continuerà a esprimersi con la stessa forza e determinazione, tutto il resto sarà solo rumore di fondo.

Francesco Mura

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Francesco Mura

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