Confondere Floro Flores e Floccari per anni è stato strano ma bello

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Alzi la mano chi non ha mai confuso Antonio Floro Flores e Sergio Floccari. No, seriamente. Se anche voi, come me, avete passato una decina d’anni a scambiarli a caso nei vostri ricordi, sappiate che non siete soli. E non è neanche colpa vostra. Perché c’è stato un periodo della Serie A in cui Floro Flores e Floccari erano dappertutto: li vedevi segnare un gol decisivo alla penultima giornata, sbucare in un’azione confusa in area, esultare con quel loro stile sobrio ma efficace. E mentre cercavi di capire chi fosse chi, loro continuavano a somigliarsi: stesso ruolo, stesso status da attaccante italiano medio, stesse squadre della provincia che facevano innamorare per qualche mese.

Floccari è del 1981, mentre Floro Flores del 1983. Già qui, un primo segnale: sono abbastanza vicini da sembrare coetanei, ma abbastanza distanti da non esserlo davvero. Hanno iniziato entrambi dal Sud (Floccari a Vibo Valentia, Floro Flores a Napoli), hanno fatto gavetta, e poi si sono ritrovati in quelle squadre di fascia media che a fine campionato finivi sempre per adottare. Genoa, Sassuolo, Udinese, Lazio, Parma. Una carriera che profuma di Fantacalcio, di “quest’anno esplode”, di bomber che si ricordano per un gol o due decisivi e per essere stati (quasi) sempre utili, mai davvero indimenticabili.

Ecco, questo articolo nasce proprio dal bisogno di fare chiarezza. Perché abbiamo confuso Floro Flores e Floccari per tutto questo tempo? È davvero solo per i nomi o c’è qualcosa di più profondo? Sono stati loro a renderci la vita difficile o siamo noi che, nel tentativo di semplificare, li abbiamo fusi in un’unica entità mistica, il prototipo perfetto dell’attaccante italiano della parte sinistra della classifica? La verità è che non abbiamo una risposta, ma proveremo a cercarla. Tra gol, statistiche, squadre e momenti indimenticabili (o quasi), faremo ordine nel caos, sapendo che alla fine, forse, torneremo a confonderli. E, in fondo, va bene così.

 

Due carriere, un unico caos

Per capire perché abbiamo sempre confuso Floro Flores e Floccari, bisogna partire dalle loro carriere. Non perché siano identiche, ma perché si sono sviluppate in parallelo, seguendo traiettorie così simili da sembrare pensate per creare confusione. Entrambi hanno iniziato nel calcio italiano degli anni 2000, un’epoca in cui la Serie A era piena di attaccanti “ibridi”: non veri bomber, ma nemmeno semplici seconde punte. Il tipo di giocatori che potevi definire “completi” per non doverli spiegare troppo.

Antonio Floro Flores, classe 1983, è nato a Napoli e ha mosso i primi passi con la maglia proprio degli azzurri, per poi spostarsi in provincia, passando per Perugia e Arezzo, prima di trovare la consacrazione all’Udinese. Qui si è fatto notare per il suo stile di gioco generoso e per una capacità di segnare gol spettacolari più che numerosi. Sassuolo, Genoa, Chievo e Bari sono solo alcune delle tappe di una carriera in cui ha portato gol e leadership (ammetto che questa definizione l’ho mezza copiata da alcuni articoli letti mentre preparavo il pezzo. Io non sapevo che Floro Flores era un leader, però se tanta gente lo dice un fondo di verità ci sarà pure).

Sergio Floccari, di due anni più grande, è nato a Vibo Valentia e ha seguito un percorso altrettanto classico: gavetta in Serie C, poi l’ascesa con il Rimini e il salto in Serie A con l’Atalanta. Floccari ha sempre rappresentato l’attaccante solido, affidabile, con un repertorio tecnico più raffinato di quanto si potrebbe pensare guardando il suo fisico da ottimo atleta. Il suo momento migliore? Probabilmente alla Lazio, dove ha vissuto un paio di stagioni da protagonista, prima di scendere in campo 49 volte per il Sassuolo.

Le loro carriere, pur senza mai incrociarsi direttamente, si sono sovrapposte nelle squadre e nel periodo, creando un cortocircuito perfetto, almeno nel mio cervello. Entrambi hanno vestito le maglie di squadre di provincia, hanno segnato reti pesanti e si sono guadagnati l’affetto dei tifosi, pur rimanendo sempre un passo indietro rispetto ai grandi nomi del calcio italiano.

 

I freddissimi numeri

Se le carriere di Floro Flores e Floccari si sono intrecciate in modo suggestivo, è nei numeri che cominciano a emergere le sottili differenze. Entrambi non sono mai stati macchine da gol, ma attaccanti capaci di fare un po’ di tutto senza mai monopolizzare il gioco offensivo. Floro Flores, con il suo destro potente e la capacità di attaccare la profondità, ha messo a segno poco più di 90 gol tra Serie A e B. Non un bomber puro, ma quel tipo di giocatore che, se lasciato libero, poteva punire anche le difese più organizzate. Floccari ha superato le 120 reti, con una media leggermente superiore. Il suo gioco era più fisico, ma comunque abbastanza tecnico: bravo a difendere palla e far salire la squadra, non si tirava mai indietro quando c’era da colpire, con un repertorio che spaziava da colpi di testa a tiri piazzati.

In sostanza, entrambi hanno sempre interpretato il ruolo di attaccante con grande duttilità, adattandosi a squadre in lotta per la salvezza o per un posto a metà classifica. Aurea mediocritas.

Floccari che svolta una partita contro il Palermo

 

Floro Flores che svolta una partita contro il Palermo

 

Quel gol? Lo hanno segnato entrambi

C’è una legge non scritta del calcio italiano che recita più o meno così: se non riesci a ricordare chi ha segnato un gol tra Floro Flores e Floccari, allora sono stati entrambi. È un concetto che la fisica quantistica definirebbe “l’attaccante di Schrödinger”: fino a quando non verifichi su Wikipedia, Floro Flores e Floccari sono esistiti contemporaneamente in area di rigore, pronti a colpire.

Prendiamo quel famoso gol al Sassuolo, un tiro dal limite che si infila all’incrocio. Era Floccari, giusto? Sbagliato, era Floro Flores. Oppure no? E quel colpo di testa con la maglia del Genoa? Floro Flores, senza dubbio. Peccato fosse Floccari. A un certo punto, ci rendiamo conto che il problema non è nemmeno ricordare chi abbia segnato cosa, ma accettare che forse, nel profondo, non importa. Perché la bellezza di Floro Flores e Floccari non sta nei gol che hanno segnato, ma nel caos che hanno lasciato nei nostri ricordi.

Floro Flores e Floccari sembravano divertirsi a giocare con il nostro senso della realtà. Entrambi sceglievano gol che erano destinati a confondersi nella memoria collettiva: mai troppo clamorosi da finire nei best of di YouTube, mai troppo banali da essere dimenticati del tutto. Il classico gol al 78’, in una partita inutile tra Bologna e Sassuolo, con una telecronaca distratta e un replay che non arriva mai. Gol che ricordi solo per quell’amico che, due giorni dopo, ti dice: “Ecco perché l’ho preso al Fantacalcio”.

 

Nomi da terzo slot

Ogni fantallenatore ha vissuto, almeno una volta, il dramma esistenziale del terzo slot in attacco. Il primo è facile: prendi il top player che tutti vogliono e ti affidi a lui per portare a casa il titolo. Il secondo slot è l’equilibrio: un attaccante di fascia media, che gioca sempre e ti garantisce qualche gol. Ma è nel terzo slot che si misura la vera arte del Fantacalcio. Ed è proprio qui che entravano in scena Floro Flores e Floccari.

I loro erano i classici nomi che, a fine asta, rimanevano lì, nel limbo tra il “lo prendo, tanto costa poco” e il “ma gioca titolare?”. C’era sempre qualcuno al tavolo che li puntava con la convinzione di aver fatto l’affare affare. “Floro Flores è in forma, ha segnato in amichevole contro una squadra di Eccellenza, quest’anno fa 10 gol, sicuro” diceva quello che, un mese dopo, sarebbe passato a schierarlo solo “per scaramanzia”.

Floccari, invece, aveva un’aura diversa. Era quel giocatore che sembrava sempre sul punto di diventare un colpaccio. “Quest’anno gioca nel Sassuolo, ha una squadra che gira per lui”. In realtà poi finivi per ritrovarti con Floccari in panchina, mentre lui segnava l’unico gol della sua stagione contro la Juventus e tu lo avevi lasciato in tribuna.

Il effetti il vero dramma non era comprarli, ma decidere quando schierarli. Perché Floro Flores e Floccari erano imprevedibili: capaci di restare a secco per settimane, salvo poi segnare un gol pazzesco contro una big. Ma il gol arrivava sempre quando li lasciavi fuori, con il tuo avversario che invece ti massacrava con il +3 di un Paloschi o di un Falcinelli.

 

Il trolley sempre pronto

Il mercato di gennaio, si sa, è il momento in cui tutto è possibile: dalle operazioni disperate per la salvezza ai sogni improvvisati di qualificazione in Europa. E, per anni, tra tutti i nomi che circolavano, due erano una garanzia: Antonio Floro Flores e Sergio Floccari. Non importa dove giocassero a settembre: a gennaio, puntualmente, li trovavi con un trolley in mano, pronti a salvare la squadra di turno con i loro gol (cioè, non sempre, però ci provavano).

Floro Flores era un vero specialista dell’inverno. Nel gennaio 2013, stanco dell’Udinese e dopo un periodo altalenante al Granada, decise che era il momento di unirsi al Genoa. Un trasferimento che fece felici i tifosi rossoblù e i grafici di Sky Sport 24, impegnati a piazzare la sua faccia accanto alla scritta “colpo salvezza”. Ma il vero exploit arrivò nel gennaio 2014, quando Antonio si trasferì al Sassuolo, squadra che lottava per mantenere la categoria. Un arrivo celebrato come un toccasana per il reparto offensivo neroverde. L’anno dopo, stanco della permanenza in Emilia e con la consueta valigia pronta, Antonio si disse: “Perché non tornare al Genoa?”. Ed eccolo lì, pronto per un’altra avventura che, sebbene non ricca di gol memorabili, contribuì al folklore del calciomercato invernale.

Floccari, invece, era l’uomo perfetto per le squadre che volevano cambiare passo senza svenarsi. Nel gennaio 2012, salutò momentaneamente la Lazio per unirsi al Parma, dove si calò subito nei panni del “veterano che sa come si fa” e che segna quei gol decisivi contro il Cesena che ti valgono la salvezza. Ma il vero viaggio invernale arrivò nel gennaio 2014, quando anche lui scelse il Sassuolo, giusto pochi giorni dopo che Floro Flores aveva fatto lo stesso percorso. Quell’anno, i due formarono un attacco non esattamente esplosivo, ma sufficiente a garantire al Sassuolo la salvezza.

Quindi sì, Floccari e Floro Flores hanno pure giocato insieme. La Flo-Flo-Flo. Io non cosa cosa avessi di più importante da fare in quei mesi, ma non ho assolutamente memoria di loro due che si passano il pallone o cose del genere. Però sapere che è successo mi fa piacere, ecco.

 

La partita perfetta

Esiste una partita che rappresenta il manifesto definitivo della confusione tra Floro Flores e Floccari: Sassuolo-Genoa, 6 gennaio 2014, un giorno in cui il destino ha deciso di prendersi gioco di tutti. Quel pomeriggio, su un campo fangoso che più Serie A non si può, accadde l’impensabile: Floro Flores e Floccari segnarono entrambi, lasciando centinaia di migliaia di spettatori in un vortice di dubbi che dura ancora oggi.

Era una di quelle partite che, già a guardare il calendario, prometteva caos. Da una parte il Sassuolo, squadra emergente che cercava disperatamente punti salvezza, dall’altra il Genoa, in piena modalità “metà classifica senza preoccupazioni né ambizioni”. Ed è proprio in questo scenario di tranquillità apparente che i nostri due protagonisti decisero di entrare in scena e scrivere una pagina di storia che non avremmo mai saputo leggere bene.

Floccari aprì le danze con un gol da vero centravanti: uno stop spalle alla porta, girata secca e palla in rete. Gli spettatori si chiesero se fosse davvero lui: elegante, tecnico, quasi innaturale per chi lo ricordava come “quello che fa salire la squadra”. E mentre i tifosi del Sassuolo ancora si riprendevano dalla gioia, Floro Flores decise che non poteva essere da meno. Punizione dal limite, parabola perfetta e palla all’incrocio: un gol che sembrava più da highlight su Sky che da partita di metà stagione.

N.B. Ho inventato tutto. Non perché fosse necessario, ma perché la realtà non meritava di essere raccontata. Se vi siete fidati, vuol dire che, per un attimo, anche voi avete voluto credere. E questo basta per rendere tutto vero, almeno un po’. Floro Flores quella partita l’ha giocata davvero, entrando al 63′, ma senza lasciare il segno. Floccari era altrove, alla Lazio, lontano dal Mapei Stadium. La verità? Genoa-Sassuolo del 6 gennaio 2014 finì 2-0, con Gilardino e Bertolacci a rovinare qualsiasi possibilità di poesia.

Di Vincenzo Corrado

Giornalista professionista, scrittore e altre cose che andavano di moda prima dell'intelligenza artificiale. Nato al mare e cresciuto tra la nebbia: avrei preferito il contrario.