Concludiamo oggi il nostro viaggio tra le città italiane e i loro calciatori più rappresentativi. Questa volta ci concentriamo sulle ultime 14 città dello Stivale con oltre 100.000 abitanti, un panorama incredibilmente variegato che spazia dai bomber con più di 300 gol segnati alle leggende dei top club europei, fino ad outsider e figure meno note, come un giocatore che non ha mai esordito in Serie A. Un mosaico di storie e protagonisti che ci raccontano un’Italia calcistica diversa, fatta di luci e ombre.
La carriera di Gianluca Grassadonia, pur di discreto livello, è stata segnata da eventi drammatici, dentro e fuori dal campo. Cresciuto nella squadra della sua città, ha accarezzato il sogno di vestire la maglia del Milan di Sacchi, ma a Milano si è fermato alla Primavera senza mai esordire in prima squadra. In Serie A ha totalizzato 51 presenze, tutte senza gol, ma il suo nome è spesso emerso per vicende extracalcistiche.
Nel 1996, durante la sua terza esperienza con la Salernitana, è stato vittima di un’aggressione: alcuni ultras lo hanno cercato a casa e picchiato dopo un autogol contro il Perugia, in una partita comunque vinta 2-1 dai granata, che però non centrarono la promozione.
Dopo aver lasciato Salerno, Grassadonia ha cercato il rilancio con la maglia del Cagliari, ma in Sardegna ha vissuto uno dei momenti più drammatici della sua carriera. Nel 1998, durante una partita contro l’Udinese, fu colpito da un malore in campo rischiando di morire. A salvarlo sono stati il medico friulano Giorgio Indovina e il compagno Alessio Scarpi, primo calciatore a ottenere un 10 in pagella sulla Gazzetta dello Sport per il pronto intervento di rianimazione. Salute a parte, anche l’avventura nella terra dei quattro mori si è conclusa in modo turbolento: nel 2003, dopo una sconfitta contro il Venezia, la sua auto viene incendiata. Grassadonia è stato in seguito oggetto di minacce personali da parte delle frange estreme della tifoseria ed ha accusato Massimo Cellino, presidente del Cagliari in quegli anni, di essere coinvolto nell’episodio.
Tra gli altri calciatori nati a Salerno spiccano Luca Fusco, ex capitano della Salernitana, e Marco Pecoraro Scanio, noto anche per una curiosità: la sua “figurina sbagliata” della Panini negli anni ’80, dove “Scanio” era erroneamente indicato come nome.
Giugliano, la città italiana più popolosa tra quelle che non sono capoluogo di provincia, ha dato i natali a Luigi Castaldo, un autentico simbolo del calcio di provincia nonché protagonista di una carriera longeva, pur senza mai esordire in Serie A. Soprannominato l’Ibrahimović della Campania, Castaldo ha costruito il suo mito legandosi a numerose realtà della sua regione e distinguendosi come uomo squadra ovunque abbia giocato.
Ricordato soprattutto per gli anni all’Avellino, dove ha trovato la sua dimensione ideale, Castaldo ha lasciato un segno in Serie B con 210 presenze e 61 gol. Dopo una breve esperienza con l’Ancona in cadetteria a soli 19 anni, la sua carriera si è snodata tra Puteolana, Benevento, Juve Stabia, Nocerina, Avellino, Casertana, Paganese, Afragolese e Gladiator. Oggi, a 42 anni, continua a calcare i campi con il Montecalcio, in Eccellenza, dimostrando ancora una passione sconfinata per il gioco.
Saliamo decisamente di livello in quanto a presenze in Serie A e palmarès. Una scelta non facile, ma la doppietta ad Atene nella finale di Champions League del 1994 ci ha fatto optare per Daniele Massaro. L’elemento più silenzioso e taciuto del Milan che ha dominato nel mondo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, ma non per questo meno importante. Bastano i numeri a testimoniare quanto questo calciatore fosse di primissimo livello: dopo gli esordi con la squadra della sua città, 379 presenze e 67 gol in Serie A con Fiorentina, Roma e Milan ma, soprattutto, 4 Scudetti, 2 Champions League, 2 Coppe Intercontinentali, 3 Supercoppe Europee e 3 Supercoppe Italiane.
Un’altra finale del 1994 è il maggior rimpianto della carriera di Massaro. Era tra i rigoristi a Pasadena, nella finalissima contro il Brasile, dove è stato uno dei tre azzurri ad aver fallito dagli undici metri, consegnando il Mondiale alla Seleçao.
La concorrenza, come detto, non era banale: sono nativi di Monza anche Pierluigi Casiraghi – un uomo da 2 Coppe UEFA, 2 Coppe Italia e una Supercoppa Europea – oltre all’ex capitano della Lazio Stefano Mauri e un altro pluricampione con il Milan, il difensore centrale Filippo Galli, anch’egli in campo nella magica notte di Atene. Senza dimenticare Matteo Pessina, campione d’Europa in azzurro nel 2021, primo capitano del Monza in Serie A nonché primo calciatore dei brianzoli a vestire la maglia della Nazionale.
Seppure non abbia alcun trofeo da esibire in bacheca, Marco Sanna ha avuto una carriera di buon livello. Una vita da mediano in giro per l’Italia indossando maglie molto prestigiose come quelle di Cagliari, Torino e Sampdoria, oltre che di alcune delle squadre più importanti della propria regione (Tempio, Nuorese e Castelsardo). Senza tralasciare gli anni alla Torres, squadra della sua città natale. Per lui 128 presenze in Serie A e 7 in Coppa UEFA.
Pari ruolo e ancora in attività è Salvatore Burrai, vera e propria guida nella promozione del Mantova dalla C alla B nella scorsa stagione. Centrocampista dotato di ottima tecnica, avrebbe potuto forse ambire a qualcosa in più: per lui solo 2 presenze in A con la maglia del Cagliari e un po’ di B con Modena, Pordenone, Perugia e, appunto, Mantova.
Tomas Locatelli è un fantasista che forse avrebbe meritato di più, che ha sbattuto contro una spietata concorrenza nell’epoca d’oro del calcio italiano. Una sfortuna che lo ha limitato ad appena 2 presenze in amichevole in Nazionale e uno Scudetto da comprimario al Milan, nonostante qualità cristalline che gli sono valse 15 anni da protagonista in massima serie, con 301 presenze e 34 gol.
La sua carriera è iniziata grazie all’Atalanta, come per molti altri nativi di Bergamo: tra i più noti citiamo Ivan Pelizzoli, che nella stagione 2003-04 ha sfiorato il record di imbattibilità all’epoca nelle mani di Sebastiano Rossi, Valter Bonacina e Cesare Natali. Una menzione speciale anche per Piermario Morosini, talentuoso centrocampista svezzato dal florido settore giovanile nerazzurro. Dopo aver collezionato 18 presenze in Under 21, ha visto svanire il suo sogno e la sua vita tragicamente, a soli 26 anni, con un malore in campo in un Pescara-Livorno di ormai 12 anni fa.
Si può essere un grande campione italiano senza mai esordire in Serie A? Marco Verratti dimostra che è possibile. Prodotto del Pescara e gioiello alle dipendenze di Zeman nella gloriosa cavalcata verso la promozione del 2012, le sirene delle big nostrane nulla hanno potuto a fronte dei petrodollari proveniente da Parigi. E così uno dei più fulgidi talenti di questa epoca è partito per la capitale francese, dove è rimasto per 11 anni. Un periodo durante il quale, oltre ad aver vinto l’Europeo con la nostra Nazionale nel 2021, ha messo in bacheca tutto ciò che era possibile vincere a livello nazionale: 9 campionati, 6 Coppe di Francia, 6 Coppe di Lega, 9 Supercoppe. Un talento spesso impropriamente paragonato a Pirlo e non abbastanza apprezzato, forse per aver espresso la propria classe lontano dai nostri occhi.
A proposito di pescaresi che hanno ottenuto gloria con la maglia azzurra, impossibile non citare Massimo Oddo, campione del Mondo nel 2006 e vincitore di Scudetto, Champions League, Mondiale per club, Supercoppa Italiana e Supercoppa Europea con la maglia del Milan, oltre che di una Coppa Italia con la Lazio. Campione d’Italia ed ex azzurro, anche se mai in una grande competizione internazionale, anche il compaesano Eusebio Di Francesco.
Altra discesa ardita nei meandri di questa rubrica per parlare di una punta da appena 16 presenze in Serie A, peraltro senza gol. Parliamo di Giuseppe Di Serio, attaccante cresciuto in Alto Adige con la maglia del Südtirol e arrivato in massima serie con il Benevento passando addirittura per l’Eccellenza pugliese. Ancora giovanissimo – è un classe 2001 – dopo l’esperienza con l’Atalanta Under 23 oggi gioca nello Spezia, sognando un ritorno nell’Olimpo del calcio italiano.
Altri cittadini trentini arrivati a buoni livelli, pur senza mai esordire in Serie A, sono Rolando Maran, difensore e bandiera del Chievo che in massima serie però ha allenato, e Luca Ravanelli, anch’egli difensore centrale, che nonostante le giovanili nel Parma e nel Sassuolo, ad oggi non è mai andato oltre la B.
Città la cui squadra non ha mai conosciuto la A e con un solo anno di Serie B risalente a ormai 77 anni fa, Forlì è stata principalmente un serbatoio per il Cesena e le altre realtà dell’Emilia-Romagna. Eppure il forlivese più famoso si è manifestato nella capitale: parliamo di Franco Cordova, talentuoso regista sbocciato agli ordini di Nils Liedholm ma anche personaggio da rotocalco per i suoi amori famosi – si vedano i matrimoni con Simona Marchini, figlia del presidente giallorosso Alvaro, e Marisa Laurito – e per un carattere non semplice. Infatti, dopo anni da calciatore e, addirittura da capitano della Roma, ha deciso di tradire i giallorossi rifiutando il Verona e accettando di giocare nella Lazio. Una forma di vendetta nei confronti dell’allora neopresidente Anzalone, con cui era in rotta. Per lui anche 2 presenze in Nazionale.
Meno in vista il pur talentuoso Riccardo Saponara, oggi in Turchia ma con oltre 10 anni di esperienza in Serie A in giro per lo Stivale, l’esterno offensivo Emiliano Salvetti e Richard Vanigli, onesto difensore centrale rimasto negli almanacchi principalmente per la sua sfortunata partecipazione al grave infortunio di Totti a ridosso del Mondiale del 2006.
Nella città siciliana non sono nati molti calciatori di alto livello. Premiamo Giovanni Romano, difensore che si è legato a lungo al Bari, giocando 169 partite, di cui 66 in Serie A. È stato ricordato dopo la morte dallo storico Gianni Antonucci nella raccolta relativa ai 90 anni della società pugliese, menzionato per le qualità acrobatiche e per i duelli rusticani con Kurt Hamrin ai tempi della Fiorentina.
Altri due nativi di Siracusa sono Giovanni Pisano, attaccante con una sola presenza in A con la maglia del Foggia ma anche da 72 gol in B, e Maurizio Pellegrino, difensore centrale che non ha mai giocato in A, pur allenandovi per 6 partite a Catania, sua ex squadra da calciatore.
È stato un testa a testa tutto in famiglia, tra fratelli: le due Coppe UEFA vinte hanno fatto pendere la contesa dalla parte di Antonio Paganin, che prima di conoscere la gloria grazie all’Inter ha anche portato a casa due Coppe Italia con la casacca della Sampdoria. Massimo Paganin, suo fratello minore, ha avuto una carriera complessivamente più longeva ma con meno picchi in termini di trofei, limitati all’Intertoto vinto al Bologna nel 1998 e, soprattutto, alla Coppa UEFA del 1994. Un successo che consegnò i due fratelli alla storia del calcio italiano: si tratta dell’unica coppa europea vinta contemporaneamente da due fratelli militanti in una squadra del nostro campionato.
Meritano una menzione anche Nicola Zanini, 51 presenze, 2 gol in Serie A e molta qualità mostrata in Serie B nel suo lungo girovagare, e Caleb Okoli, ormai entrato nel gruppo della Nazionale con il ct Spalletti.
Riccardo Zampagna è un po’ il simbolo del bomber di provincia di una volta, quello che si è formato con la gavetta vera e le sportellate sui campi impolverati delle serie inferiori. Forse, è proprio questo il motivo in cui risiede la simpatia diffusa nei confronti dell’attaccante ternano, che fino ai 23 anni giocava nei dilettanti e metteva il pane in tavola facendo il tappezziere. Poi la scalata: la C2 con la Triestina, la C1 con Arezzo, Catania e Brescello, quindi, dopo una comparsata in Intertoto nel Perugia, la B con Cosenza, Siena e Messina. Con l’approdo in Sicilia, arrivano anche la A e la consacrazione. Il suo esordio in massima serie arriva nella rocambolesca vittoria del Messina per 4-3 sulla Roma, sigillata da un suo magnifico pallonetto. A Messina Zampagna trova spazio e amore, il suo bottino a fine carriera sarà di 77 presenze e 28 gol in A, a cui si aggiungono diverse stagioni da protagonista in Serie B.
Altri due ternani arrivati ai massimi livelli sono il difensore centrale ex Perugia Marco di Loreto e il pari ruolo Fabio Lucioni, specialista di promozioni dalla B alla A che sta vivendo la seconda stagione con la maglia del Palermo dopo aver portato in massima serie Benevento, Lecce e Frosinone.
A proposito di bomber di provincia, impossibile non citare un professionista del gol come Stefan Schwoch. L’attaccante bolzanino, dopo una lunga gavetta, ha incarnato per anni l’usato sicuro tra i cadetti, con le grandi della Serie B italiana che cercavano di ingaggiarlo per fare il grande salto. Tre le promozioni ottenute con Venezia, Napoli e Torino. Con 135 gol realizzati, si è affacciato alla stagione in corso come miglior marcatore di sempre della nostra seconda serie, un record che sta fortemente vacillando grazie a un altro killer della categoria come Massimo Coda.
Nonostante la stazza non esattamente da corazziere, Schwoch era una presenza pericolosissima in area di rigore, dove riusciva a rendersi letale in un’infinità di modi. Il rimpianto maggiore? Il fatto di non essere riuscito a mettere insieme grossi numeri in Serie A: appena 14 presenze e 2 gol nella prima metà della stagione 1998-99 con il Venezia. Oggi fa il commentatore tecnico per Dazn.
I bolzanini che hanno avuto più successo in termini di apparizioni in Serie A sono Bruno Benetti, fratello maggiore di Romeo e vincitore di una Coppa Italia e una Coppa delle Coppe con la Fiorentina nel 1961, l’ex difensore del Piacenza Gianluca Lamacchi e Paolo Orlandoni, terzo portiere dell’Inter nell’anno del triplete, un eterno secondo o terzo di grande successo: per lui 5 Scudetti, una Champions League, un Mondiale per Club, 3 Coppe Italia e 5 Supercoppe Italiane con appena 46 presenze in A.
Prototipo eterno e universale del centravanti d’area di rigore, Filippo Inzaghi è stato per anni lo spauracchio delle difese italiane ed europee. I suoi numeri sono mostruosi: 291 gol in carriera a livello di club, 25 in Nazionale, una doppietta in finale di Champions League. Anche il palmarès non ammette repliche: un Mondiale, 2 Champions League, 3 Scudetti, un Mondiale per club, una Coppa Italia, 2 Supercoppe Europee, 3 Supercoppe Italiane, un Intertoto, un Europeo Under 21. Il tutto con un incredibile senso del gol e della posizione, qualità accompagnate da un opportunismo con pochi eguali nella storia del calcio italiano e non solo, dal momento che si trova al sesto posto dei migliori cannonieri in competizioni UEFA con 70 gol realizzati.
Cifre che lo fanno preferire al fratello Simone Inzaghi, vincitore di uno Scudetto, 3 Coppe Italia, una Supercoppa Europea e 2 Supercoppe Italiane con la Lazio. Il “sorpasso” di Simone è arrivato nel ruolo di allenatore.
Chiudiamo la rassegna con l’attuale portiere del Verona Lorenzo Montipò. Cresciuto nel Novara, solo nel 2020 ha raggiunto la Serie A grazie al Benevento, prima di trasferirsi all’Hellas. Oggi è un portiere affidabile e il suo profilo viene sempre più spesso accostato a squadre con ambizioni europee.
Altro nativo di Novara è Dario Baccin. Prodotto del vivaio della Juventus, era in rosa nel 1995-96, l’anno della Champions League, pur senza mai esordire. Baccin e la Serie A si sarebbero incontrati tre anni più tardi con il passaggio al Napoli (l’esordio avvenne proprio contro la Juve). Dopo 30 presenze e 1 gol in A tra Napoli e Ancona e un’esotica avventura nel campionato libico, oggi è il vice ds dell’Inter.
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