Quando si pensa alle squadre italiane che hanno vinto di più in Europa la nostra attenzione si concentra ovviamente su Juventus, Inter e Milan. Ma se vi chiedessimo qual é la squadra italiana più vincente in ambito internazionale dopo le 3 big nominate prima? Non stiamo parlando né del Napoli, né delle due romane, ma di un club che è appena tornato in Serie A. Stiamo parlando del Parma: il quarto club italiano più vincente in Europa con 4 trofei: una Coppa delle Coppe, 2 Coppe UEFA e una Supercoppa europea.
Oggi ripercorreremo la storia dei ducali, partendo dall’inizio, passando per il momento di massimo splendore, continuando nell’oscurità degli anni ’10, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Nascita del club
Il Parma nasce ufficialmente il 16 dicembre 1913 con il nome di Parma Foot Ball Club. Figura importante di questo periodo è sicuramente Ennio Tardini, avvocato e consigliere comunale che nel 1922 fece costruire lo stadio cittadino che oggi porta il suo nome. L’esordio in massima serie avviene nel 1925-26. In quella stagione il Parma giungerà però al penultimo posto, davanti al solo Mantova, con appena 12 punti conquistati. Da qui in poi, i crociati disputeranno moltissimi campionati nelle serie inferiori.
Negli anni ’50 il Parma vince la Serie C trascinata dalle reti dei due cecoslovacchi Čestmír Vycpálek e Július Korostelev. In quella squadra ci sono anche gli emiliani Edmondo Fabbri, che diventerà successivamente ct della Nazionale, e William Bronzoni, tutt’oggi capocannoniere all time dei crociati con 78 reti.
Dopo questa promozione il Parma rimarrà in cadetteria fino alla stagione 1964-65, terminata all’ultimo posto. L’anno successivo si tenta di risalire immediatamente in B, ma l’annata risulta disastrosa. Non avendo i mezzi per poter allestire una squadra con cui vincere il torneo, si decide di puntare su giocatori locali. Partita come la squadra da battere, la formazione emiliana termina al penultimo posto e retrocede per la prima volta nella sua storia in quarta serie. Nelle stagioni successive si tenta di risalire in C, non riuscendoci. Oltre alle deludenti prestazioni sul campo, la situazione economica degli emiliani è preoccupante. La società non ha soldi e gli spalti dello stadio Tardini sono quasi sempre vuoti.
Il 2 gennaio 1968, il Tribunale di Parma mette il club in liquidazione. Una cordata di industriali della città decide di rilevare la società, ma le cose non migliorarono. Il campionato 1968-69 è nuovamente fallimentare: la salvezza giunge solamente all’ultima giornata e durante il campionato, il Parma subisce una umiliante sconfitta contro il ben più modesto San Secondo. Nonostante la salvezza conquistata sul campo, per il tribunale la situazione è molto grave. La società viene considerata insolvente e dichiarata poi definitivamente fallita.
L’eredità dei crociati verrà raccolta dalla Parmense, che dal 1970 cambierà denominazione in Parma Associazione Calcio. Gli anni ‘70 saranno segnati da un saliscendi tra la Serie B e la Serie C. Gli anni ’80 sono quelli della presidenza di Ernesto Ceresini, vera e propria leggenda crociata, della promozione in B sotto la guida di un giovanissimo Arrigo Sacchi, e del lancio di promettenti allenatori come Zdeněk Zeman e Nevio Scala. Ma sul finire del decennio una tragedia scuote il club, aprendo però anche le porte all’età dell’oro.
È la stagione 1989-90 e il Parma disputa la Serie B. Sono i primi giorni di febbraio quando una notizia terribile annichilisce l’ambiente gialloblù: il presidente Ceresini è morto. Una notizia che sconvolge tutti, dai dirigenti ai giocatori, che arriva alla vigilia della partita con il Como e che lascia un vuoto enorme, perché Ceresini è stato il presidente per antonomasia del Parma, una persona stimata da tifosi e avversari, che ha condotto la squadra dalla Serie C fino alle porte della massima serie.
La squadra ovviamente accusa il contraccolpo, ma da questa tragedia trova la forza per disputare un campionato meraviglioso, ottenendo una storica promozione in Serie A, che arriva nel derby contro la Reggiana, realizzando il sogno del mai dimenticato presidente.
Era Tanzi
La promozione in Serie A coincide con l’acquisto del Parma da parte del colosso caseario Parmalat di proprietà di Callisto Tanzi. L’esordio in massima serie si conclude con un ottimo sesto posto, che consente ai gialloblu di qualificarsi alla allora Coppa Uefa. Nella stagione successiva il Parma vince il suo primo trofeo nazionale, la Coppa Italia contro la Juve, e l’anno successivo il primo trofeo internazionale, la Coppa delle Coppe 1993 contro l’Anversa.
Ora, per capire il percorso di questo Parma è bisognoso fare una parentesi sulla società proprietaria del club: la Parmalat. Le due storie viaggiano su binari paralleli, sono storie di vertiginose salite, ma anche di altrettante vertiginose cadute. Nata del 1961 a Collecchio, in provincia di Parma, l’azienda viene fondata da Callisto Tanzi con il nome originario di Dietalat e parte come un piccolo caseificio. Gli anni ’70 sono quelli della crescita ruspante dell’azienda. Si ha una fortissima domanda di latte e Callisto Tanzi ha la sua prima intuizione geniale: venderlo porta a porta.
Tuttavia è grazie ai suoi viaggi in Svezia che Tanzi rivoluziona completamente il mondo del latte e dell’alimentare. L’imprenditore torna dalla Scandinavia con due importanti scoperte: la prima è il tetrapack, che andrà a sostituire la tradizionale bottiglia in vetro, mentre la seconda è la lunga conservazione mediante il metodo UHT, Ultra High Temperature, un processo di esposizione del latte ad altissime temperature che permettono di mantenere invariate le sue caratteristiche organolettiche e di durare più a lungo.
Da qui in poi la Parmalat cresce e si espande, acquisisce tutta una serie di imprese in Europa, in Sudamerica e in Africa, legate sì al settore caseario, come Latte Oro e Latte Berna, ma anche diversificando, andando a investire nello sport, con il Parma Calcio e con la sponsorizzazione Ferrari, nella televisione, con Odeon TV, e nel turismo con Parma Tour. In questo periodo la Parmalat è il quarto gruppo alimentare in Europa, composto da 213 società in 30 paesi.
Con un fatturato di quasi 8 miliardi di euro, la Parmalat è l’azienda leader per fatturato nel settore alimentare. Il prossimo step è la quotazione in borsa. Tuttavia nel mondo finanziario si respira scetticismo attorno alla Parmalat, per via di alcuni capitali sospetti immessi nelle aziende satellite, soprattutto nella filiale di Parmalat Brasil, attraverso dei fondi, tra cui il famoso Fondo Bonlat da 3,95 miliardi di euro o il Fondo Epicurum da 600 milioni di euro. Per ovviare al problema, Tanzi decide di acquistare un’azienda che è già quotata: la Finanziaria CentroNord, entrando così nel mondo dei mercati della Borsa.
Ma torniamo al calcio. La Parmalat e il Parma, investono. Vengono acquistati Faustino Asprilla, scoperto dall’Atlético Nacional, ma soprattutto Gianfranco Zola dal Napoli. Nel 1994 il Parma ottiene anche la Supercoppa UEFA battendo il Milan in finale ma perde contro l’Arsenal in Coppa delle Coppe mancando il bis. In questi anni il Parma è una squadra forte, competitiva, con un dna europeo, c’è Asprilla, c’è Zola, c’è Dino Baggio, c’è Fernando Couto, a Collecchio girano talento e denaro. Nell’annata 1994-95 i ducali competono su tre fronti contro la Juve di Gianluca Vialli e Roberto Baggio: vengono sconfitti in campionato e Coppa Italia, ma trionfando ancora in Europa, ottenendo la prima Coppa UEFA.
Sono gli anni della grande espansione di Parmalat e gli anni dei grandi investimenti anche sul piano sportivo. La creatura di Tanzi è pronta a fare l’ennesimo step. Vengono acquistati Lilian Thuram e Hernán Crespo, vengono lanciati Gianluigi Buffon e Fabio Cannavaro, in panchina c’è Carlo Ancelotti.
La stagione 1996-97 è un successo. Il Parma arriva secondo in campionato e si qualifica per la prima volta alla Champions League, mentre nel 1999 vengono messe in bacheca la seconda Coppa UEFA e la seconda Coppa Italia. I primi anni 2000 sono invece turbolenti, presagio di ciò che succederà nel giro di pochi anni, nonostante arrivi la terza Coppa Italia, ad oggi ultimo trofeo del club.
Crac Parmalat
È il 2003. Parmalat agli occhi di tutti è un’azienda in salute, solida, un gioiellino italiano che è riuscito a farsi largo nei mercati internazionali. Tuttavia c’è un enorme crepa nel quadro perfetto di Tanzi. Una crepa nascosta sapientemente, con più mani di vernice. La CONSOB si pone una semplice domanda: perché un’azienda che sprizza salute, dichiarante miliardi di euro in liquidità, continua a chiedere prestiti? Ma soprattutto perché, se l’impresa ha bisogno di liquidi, non attinge dai fondi Bonlat o Epicurum?
Presto iniziano le indagini. Tanzi capisce subito che è finita, ma comunque prova a chiedere aiuti ad alcuni politici, tra cui Silvio Berlusconi. Di lì a poco viene scoperchiato il vaso di Pandora: si scopre che il Fondo Epicurum non è mai esistito e quindi non sono mai esistiti nemmeno i 600 milioni depositati al suo interno. Pochi giorni dopo Parmalat non riesce a pagare un bond da 150 milioni e questo insospettisce ancora di più le autorità finanziarie.
Dopo due settimane crolla pure la menzogna del Fondo Bonlat, al seguito di un’indagine alla Bank of America, dove il conto era registrato. Semplicemente, molti dei bonifici emessi da Parmalat erano falsi. Viene addirittura trovato un conto alle Isole Cayman di una azienda affiliata a Parmalat chiamata Buco Nero S.p.A.: Tanzi viene indagato per falso in bilancio e da lì a poco sarà costretto a vendere tutto ciò che possiede.
Il 1 gennaio 2004 Tanzi cede il Parma, determinando un ridimensionamento delle risorse e delle ambizioni della società, che durante quella stagione riesce comunque a qualificarsi per la Coppa UEFA, chiudendo al quinto posto. Il club rischia il fallimento, ma si salva diventando Parma Football Club e slegandosi completamente dal tracollo di Tanzi e della Parmalat. La squadra tuttavia viene smembrata, vengono venduti Adriano, Anthony Šerić e Hidetoshi Nakata. I gialloblu vivono una pessima stagione, chiudendo al diciassettesimo posto in campionato e salvandosi per il rotto della cuffia. Ma il peggio deve ancora venire.
L’era Ghirardi
Il 25 gennaio 2007 il Parma viene rilevato dall’imprenditore Tommaso Ghirardi, che acquista il club dall’amministratore straordinario Enrico Bondi. La prima stagione di Ghirardi alla guida della società coincide con l’esordio da allenatore di Stefano Pioli, che tuttavia verrà esonerato dopo poche partite. In questa stagione il Parma si troverà quasi sempre in difficoltà, ottenendo la salvezza soltanto a fine maggio.
Il primo mercato targato Ghirardi è importante: arrivano Stefano Morrone, Damiano Zenoni, Reginaldo, McDonald Mariga, Bernardo Corradi e Cristiano Lucarelli, quest’ultimo a gennaio. La stagione è un fallimento totale. Il Parma cambia tre allenatori e chiude al penultimo posto, retrocedendo per la prima volta dopo 18 anni di Seria A ininterrotta. La permanenza in Serie B dura solo un anno. È Francesco Guidolin a riportare il Parma in A e nella stagione del ritorno in massima serie chiude all’ottavo posto.
Nei primi anni ’10 i ducali si assestano a metà classifica, schierando anche giocatori importanti come Amauri, Antonio Cassano, Marco Parolo, Jonathan Biabiany e Sebastian Giovinco. La stagione 2013-14 è quella del centenario. Il Parma ottiene 15 vittorie, trascinato dai 12 gol di Cassano che permettono al club di chiudere al sesto posto che vale l’Europa League e che vede tornare i gialloblù in Europa per la prima volta nell’era Ghirardi.
Ma quello che dovrebbe essere il punto di svolta del nuovo Parma, il primo passo per la rinascita di un club importante nella storia del nostro calcio, in realtà è il preludio della caduta inesorabile dei ducali nell’abisso più buio.
Manenti e il fallimento
Il Parma è arrivato sesto in campionato, qualificandosi quindi per l’Europa League. Il tanto agognato ritorno in Europa però non avverrà mai. La società, infatti, non riesce a ottenere la licenza UEFA per poter partecipare alla competizione a causa del mancato pagamento dell’IRPEF entro i termini stabiliti. In Europa quindi ci andrà il Torino di Alessio Cerci e Ciro Immobile, settimo nella stagione precedente.
Ghirardi si dimette dopo il “disastro-licenza”, salvo poi tornare a settembre. Il mercato estivo ha visto partire Amauri, Parolo, Walter Gargano, Ezequiel Schelotto, Gianni Munari e Marco Marchionni, e alla seconda giornata arriva la notizia dell’aritmia cardiaca di Biabiany, che lo terrà fermo tutto l’anno. Il Parma va malissimo in campionato: subisce sei sconfitte consecutive, perde 7-0 contro la Juve e 5-4 contro il Milan nella partita del celebre gol di tacco di Jérémy Ménez.
Dal punto di vista societario il Parma sta anche peggio. Emergono notizie di stipendi non pagati la stagione precedente, Ghirardi vorrebbe cedere il club ma non si trovano acquirenti, probabilmente ci saranno sanzioni dalla UEFA. Il proprietario lascia ufficialmente a dicembre, cedendo la società a una cordata russo-cipriota rappresentata dai fratelli Giordano, che affidano la presidenza a uno sconosciuto, Ermir Kodra.
I guai non sono finiti, anzi. A gennaio Cassano dichiara di voler mettere in mora la società per gli stipendi non pagati, il Parma nega, e soli 3 giorni dopo Fantantonio rescinde il suo contratto. Pochi giorni dopo anche Francesco Lodi mette in mora il club.. Inizia un il fuggi fuggi dei giocatori da Collecchio, dopo la partita persa contro il Cesena il ds Pietro Leonardi ha un malore, arriva la penalizzazione di 1 punto, nel mentre la nuova cordata vorrebbe già cedere il club e tirarsi fuori il prima possibile da questo buco nero.
Il 6 febbraio 2015, dopo tre mesi di presidenza, la cordata russo-cipriota cede a sua volta il Parma al prezzo simbolico di 1 euro a una cordata italiana. Il nome del nuovo proprietario sarà di dominio pubblico dopo poco tempo: Giampietro Manenti, amministratore delegato di Mapi Group.
È in questo momento che la nostra storia ne partorisce una seconda, surrogata ad essa, ma che nella memoria collettiva degli appassionati di calcio è tremendamente più impattante e vivida. Giampietro Manenti si presenta in maniera trionfale a Parma, ergendosi a salvatore della squadra. Lui, un imprenditore italiano che ha fatto fortuna in Slovenia e che ha scelto di tornare in patria per risollevare i ducali dall’abisso in cui stanno precipitando.
L’amore di Manenti per il calcio non inizia con il Parma. Nel 2013 aveva provato ad acquistare la Pro Vercelli, salvo poi sparire poco tempo dopo. Il nostro si rifà vivo per acquistare il Brescia, parla di accordo imminente. I fatti lo smentiranno. Appena arrivato a Parma rilascia subito dichiarazioni importanti: annuncia di impegnarsi a versare i 15 milioni necessari a pagare gli stipendi arretrati ed evitare quindi la messa in mora della società entro il 16 febbraio.
I giornalisti sono perplessi – storico è lo scontro tra Manenti e Mario Gerevini del Corriere della Sera – mentre il nuovo presidente appare invece rilassato, nonostante l’enorme quantità di debiti del club, e soprattutto fiducioso, data la solidità della sua Mapi Group: un gruppo forte, in espansione su più settori, dalle consulenze alla comunicazione, grazie alla sua costola Mapi Channel. Arriva il giorno della verità. Il 16 febbraio non viene effettuato alcun bonifico per salvare il Parma dall’istanza di fallimento. Il giorno dopo Equitalia avvia una procedura di pignoramento e vengono sequestrati beni intestati al club, tra cui anche auto e furgoni.
Manenti tratta e riesce a ottenere una proroga per il pagamento fissata al 18 febbraio. L’imprenditore si dimostra come sempre tranquillo, evita le domande ma controbatte, parla di tempi tecnici, dichiara di avere pronti i soldi in una valigia, si incontra con il sindaco di Parma. Manenti capitalizza l’attenzione mediatica di quel periodo, diventando un meme.
Ovviamente, il sedicente proprietario non rispetta neanche il termine del 18 febbraio. Continuano a venire sequestrati beni del club, tra cui anche le panchine del Tardini e i mobili degli spogliatoi, i giocatori si rifiutano di scendere in campo. La Lega Serie A decide di finanziare il Parma con 5 milioni provenienti dalle altre società per permettergli almeno di terminare la stagione.
Questa vicenda surreale, fatta di promesse non mantenute, di siparietti con i giornalisti, di sparate alla stampa, si chiude definitivamente il 18 marzo con l’arresto di Manenti, accusato di reimpiego di capitali illeciti, poiché aveva provato a ottenere quasi 5 milioni da versare nel club mediante delle carte di credito clonate. Il giorno successivo arriva il verdetto: il Parma è ufficialmente fallito con oltre 200 milioni di debiti e messo all’asta per 20 milioni. Non si presenterà nessun acquirente, ragion per cui il club sparirà dal professionismo e dovrà ripartire dai dilettanti.
Ripartire
Dalle ceneri di quel Parma si forma una nuova società: la S.S.D. Parma Calcio, inserita nel campionato di Serie D. Figura più importante di questo periodo è sicuramente il capitano Alessandro Lucarelli. Il nuovo Parma ottiene subito la promozione in C, tornando quindi nei professionisti dopo un solo anno, venendo sostenuta da un numero impressionante di tifosi e disputando un campionato perfetto, terminato senza subire nemmeno una sconfitta.
La stagione 2016-17 è di nuovo da ricordare per i ducali, che chiudono al secondo posto, sconfiggono l’Alessandria in finale play-off e tornano in Serie B. Dopo due anni passati in cadetteria, il sogno di capitan Lucarelli diventa realtà. Il Parma torna in Serie A nella stagione 2018-19, dove chiude al tredicesimo posto. La permanenza in massima serie dura sino alla stagione 2020-21 in cui ducali arrivano ultimi e tornano in B. Dopo tre stagioni in cadetteria, il Parma è tornato in massima serie al termine della stagione 2023-24, dopo aver dominato il campionato e ottenuto la promozione con 3 giornate di anticipo, 76 punti realizzati (record in Serie B) e venendo sconfitto solamente 4 volte.
È l’ultima pagina di una storia ancora in divenire, fatta di vertiginose salite, seguite da altrettanto vertiginose cadute. Quella del Parma è una storia tremendamente italiana. Fatta di aiuti, debiti, favori, drammi e miracoli. Ma è anche una storia classica, che rimanda molto alla vicenda mitologica di Icaro, condannatosi con le sue stesse mani pur di raggiungere il sole.
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