Famosa per le prelibatezze culinarie, citata e amata da Proust e Stendhal, nonché cuore di un’area che ha dato i natali ad Arturo Toscanini, Giuseppe Verdi e Francesco Mazzola detto Il Parmigianino, dagli anni ’90 Parma diventa celebre in Europa anche per la sua squadra di calcio. Una tranquilla società che fa su e giù tra serie B e C si trasforma prima in squadra simpatia, quindi in una formazione vincente e un modello societario da imitare a partire dalla fine degli anni ’80.
La svolta arriva nella stagione 1985-86 quando i gialloblù, guidati da un giovane e rampante allenatore di nome Arrigo Sacchi, centrano la promozione in B, arrivando l’anno successivo addirittura settimi e battendo in Coppa Italia per ben due volte il Milan di Nils Liedholm e del neo presidente Silvio Berlusconi. Proprio il magnate milanese si innamora del gioco moderno e propositivo del Vate di Fusignano: squadra corta e schierata a zona, che pressa a tutto campo con i terzini che spingono e si sovrappongono: Qualcosa di mai visto in Italia.
Proprio mentre Sacchi inizia il suo cammino vincente con il Milan, sulla panchina parmense si alternano un giovanissimo Zdeněk Zeman – anche lui pioniere della zona e di un calcio offensivo – e Giampiero Vitali che a fine stagione cede alle lusinghe del Como. Dopo di loro, per guidare l’undici gialloblù la società sceglie il veneto Nevio Scala, reduce dal miracolo Reggina con una promozione in B e una sfiorata in Serie A. Sarà il nome che cambierà per sempre la storia del Parma. La promozione solo sfiorata in Calabria diventa realtà già nel suo primo anno sulla panchina emiliana, nella stagione 1989-90. Con il nuovo tecnico, i ducali si apprestano, nella stagione 1990-91 a disputare la prima storica annata in massima serie. Sarà l’inizio di un continuo crescendo.
La prima volta in Serie A
Scala ha fin da subito le idee chiare e individua gli acquisti giusti per migliorare la rosa. I tre stranieri acquistati durante l’estate del 1990, nel rispetto del limite massimo previsto dalle norme dell’epoca, sono il portiere brasiliano Cláudio Taffarel dall’International di Porto Alegre, il difensore belga Georges Grün dall’Anderlecht e l’attaccante svedese Tomas Brolin dall’IFK Norrköping. Il battesimo nella massima serie non è dei migliori: al Tardini arriva la Juventus e finisce 2-1 per i bianconeri, con l’attaccante Alessandro Melli che sigla su rigore la prima rete ufficiale in Serie A nella storia del Parma. La prima vittoria arriva alla terza giornata, in casa contro i campioni d’Italia del Napoli: decisivo il gol del Sindaco Marco Osio. Due punti prestigiosi replicati anche all’ultima giornata di andata, quando Melli con una doppietta stende i campioni d’Europa del Milan guidati dall’ex Sacchi.
Le pesanti sconfitte nel girone di ritorno (5-0 contro la Juventus e 4-2 contro il Napoli) oltre ai ko contro Pisa e Lecce, retrocesse tra i cadetti a fine stagione, non influiscono negativamente sull’ottimo campionato d’esordio: gli uomini di Scala si piazzano quinti a pari merito con il Torino, precedendo Juventus, Napoli e Roma. Un vero miracolo del tecnico veneto che, pur con una rosa largamente composta da reduci dell’avventura in Serie B, introduce il Parma nel palcoscenico europeo. La stagione 1991-92 vedrà quindi i gialloblù impegnati su tre fronti: campionato, Coppa Italia e Coppa UEFA.
Il segreto della squadra, come detto, sono le idee di Scala, l’uomo che ha riportato in auge in Italia la difesa a 3, rivisitando i concetti tattici del tecnico belga Guy Thys. Per questo motivo si sceglie di dare fiducia al gruppo che ha conquistato l’Europa: l’ossatura della squadra rimane intatta, senza grandi acquisti ma soprattutto senza cedere nessuno dei big che si erano messi in luce nella loro stagione d’esordio. La Coppa UEFA sfuma al primo turno contro il CSKA Sofia a causa della crudele regola dei gol in trasferta, con il pareggio bulgaro a un minuto dalla fine dopo il vantaggio firmato dal Condor Massimo Agostini, mentre in campionato la squadra chiude al sesto posto ex aequo con i campioni d’Italia uscenti della Sampdoria.
Ma è in Coppa Italia che avviene il primo vero miracolo dei ragazzi di Scala che, dopo aver eliminato Palermo, Fiorentina, Genoa e Sampdoria – con la doppietta decisiva di Melli ai supplementari – si regalano la finale contro la Juventus di Giovanni Trapattoni e Roberto Baggio. È proprio il Divin Codino a decidere la gara d’andata con un calcio di rigore ma, una settimana dopo, al Tardini ancora Melli e Osio ribaltano la situazione e regalano il primo trofeo della storia del Parma. L’inaspettato successo qualifica alla Coppa delle Coppe i ducali, ormai da considerare una squadra di alta classifica anche in Serie A, pronta a piazzarsi con costanza tra le prime sei e, quindi, a competere per la qualificazione nelle coppe degli anni successivi.
La rosa si è confermata di valore, ragion per cui non servono grandi rivoluzioni. Dal mercato arriva un giovane colombiano che farà parlare di sé in campo e fuori, quel Faustino Asprilla che in campionato, grazie a una magia su punizione, permette ai ducali di battere il Milan interrompendo una serie di 54 risultati utili consecutivi dei milanesi. La stagione 1992-1993 è ancora migliore delle precedenti, nonostante la sconfitta in Supercoppa Italiana e l’eliminazione ai quarti di finale contro la Juventus in Coppa Italia. In campionato, trascinati dai 12 gol di Melli, i gialloblù concludono al terzo posto. E dopo il primo trofeo nazionale, arriva anche quello continentale: il 12 maggio 1993, a Wembley, il capitano Lorenzo Minotti alza al cielo la Coppa delle Coppe.
Entusiasmante il cammino a partire dai sedicesimi di finale, dove seppur con il brivido vengono eliminati i modesti ungheresi dell’Ujpesti, mentre agli ottavi è il turno del Boavista, regolato a domicilio con un’autorete e gol finale di Melli. Ai quarti, dopo lo 0-0 dell’andata, Melli e Asprilla stendono lo Sparta Praga e regalano la semifinale contro il temibile Atlético Madrid. Al Vicente Calderòn è ancora l’attaccante colombiano a ribaltare con una doppietta l’iniziale vantaggio di Luis García, vanificando il successo al Tardini dei Colchoneros, che lamenteranno presunti torti arbitrali.
I ragazzi di Scala staccano quindi il pass per Wembley, dove ad attenderli ci sono i belgi dell’Anversa. In finale Asprilla dà forfait per uno strano infortunio – mai del tutto chiarito, voci parlano di uno squarcio al polpaccio rimediato con un calcio al vetro di un autobus in Colombia dopo un litigio con l’autista – e il tecnico veneto manda in campo Marco Ballotta in porta, Minotti libero con Luigi Apolloni e Grün marcatori, Antonio Benarrivo e Alberto Di Chiara esterni, centrocampo affidato a Daniele Zoratto regista con Stefano Cuoghi e Osio ai suoi lati, mentre davanti accanto a Melli c’è Brolin.
Dopo 9′ è capitan Minotti, con un’acrobazia mancina, a portare avanti i suoi. La gioia dura poco, perché appena due minuti più tardi è l’ex Pisa Francis Severeyns a pareggiare i conti. Alla mezz’ora i ducali tornano avanti con il solito Melli. Da quel momento la partita sembra non finire più fin quando, a dieci minuti dalla fine, Cuoghi in contropiede mette al sicuro il risultato regalando il primo e inaspettato alloro europeo ai parmensi.
Parma dalle grandi firme: arrivano Zola, Dino Baggio e Stoichkov
La campagna acquisti della stagione 1993-1994 impreziosisce la rosa con una gemma: il patron Tanzi asseconda le ambizioni e il gioco splendido ed efficace di Scala strappando al Napoli Gianfranco Zola, l’erede designato nientemeno che di Diego Armando Maradona al San Paolo. Con il sardo tra gli undici titolari la società vuole alzare l’asticella, tanto che arriva immediatamente un altro trofeo: si tratta della Supercoppa Europea, disputata in un doppio confronto contro il Milan, finalista sconfitto nella precedente edizione della Champions League ma che si era assicurato il diritto a disputare la competizione a causa della squalifica dell’Olympique Marsiglia. Come avvenuto nel successo in Coppa Italia, è una rimonta al ritorno a garantire la gloria al Parma.
All’andata, infatti, un gol del francese Jean-Pierre Papin regala ai rossoneri il successo al Tardini, che sembra mettere un’ipoteca sul trofeo. A San Siro, tuttavia, Néstor Sensini prima e l’altro ex napoletano Massimo Crippa poi permettono ai gialloblù di ribaltare clamorosamente il match ai supplementari e consegnano al club il secondo trofeo europeo. In campionato, i 18 gol di Zola portano il Parma al quinto posto, mentre in Coppa Italia la finale viene solo sfiorata dopo l’eliminazione per mano dei futuri campioni della Sampdoria. Cocente invece la delusione in Coppa delle Coppe: i detentori del titolo, dopo aver eliminato anche Ajax e Benfica, arrivano per il secondo anno consecutivo in finale e vengono sconfitti dall’Arsenal e dal tiro da fuori al 20′ di Alan Smith dopo un palo colpito cinque minuti prima da Brolin.
Vista la volontà di puntare sempre più in alto, nell’estate del 1994 la società acquista due pezzi pregiati: Dino Baggio dalla Juventus e il portoghese Fernando Couto. Proprio il portoghese inaugura la stagione, battezzando l’esordio con un gol alla Cremonese e dando il via a un testa a testa in tutte le competizioni con la Juventus che uscirà vincitrice in campionato e in Coppa Italia, sconfiggendo il Parma in finale per 1-0 all’andata e per 2-0 al Tardini il ritorno.
La vendetta arriva però in Coppa UEFA: Zola e compagni raggiungono la finale contro la Juve dopo aver eliminato Vitesse, AIK, Athletic Bilbao, Odense e Leverkusen. Al Tardini è proprio l’ex Dino Baggio a regalare ai suoi il primo round. Nel match di ritorno – giocato a San Siro su richiesta della Juventus – Gianluca Vialli pareggia momentaneamente i conti della doppia sfida ma è ancora una volta il mediano della Nazionale azzurra, con un colpo di testa, a decidere la contesa: per il Parma è il quarto trofeo in quattro anni, un autentico capolavoro di programmazione e sagacia tattica, grazie alle idee estremamente moderne e proficue di un tecnico capace di cambiare radicalmente la storia del club.
Il Parma non è più una rivelazione, ma una splendida realtà che ormai mischia i meccanismi perfettamente oliati dopo sei anni di gestione di Scala a nomi sempre più prestigiosi. Tanto che Tanzi regala ai tifosi nientemeno che il Pallone d’Oro 1994 Hristo Stoichkov, arrivato in pompa magna dal Barcellona. Con lui anche i promettenti giovani Fabio Cannavaro e Filippo Inzaghi. Il bulgaro segna subito all’esordio a Bergamo ma l’annata non è delle migliori, né a livello personale né di squadra, alla luce del sesto posto e dell’immediata eliminazione in Coppa Italia ad opera del Palermo. In Coppa delle Coppe memorabile il ritorno degli ottavi, quando il 4-0 del Tardini permette ai ducali di ribaltare lo 0-3 subito dagli svedesi dell’Halmstad, prima di essere eliminati ai quarti di finale dal PSG di Raì.
A proposito di giovani promettenti, da ricordare la data del 19 novembre 1995. Con grande coraggio il tecnico veneto lancia tra i pali il giovanissimo Gianluigi Buffon, che contro i futuri campioni d’Italia del Milan sbarra la strada a George Weah e Baggio. A fine stagione Scala, l’artefice del miracolo, saluta il popolo gialloblù per far posto a un giovane Carlo Ancelotti, ex giocatore del vivaio che si è distinto in Serie B grazie alla promozione con la Reggiana dopo due anni di praticantato con il suo maestro Sacchi in Nazionale. Inizia l’era di un futuro grande allenatore, finisce l’avventura dell’allenatore più vincente della storia del club, che lascia il Parma con consapevolezza nei propri mezzi e un mix di campioni e giovani di altissimo livello che permetterà ai ducali di ottenere nuovi trionfi negli anni immediatamente successivi.
Separazione e declino
Dopo il ritorno di Ancelotti, infatti, saranno Alberto Malesani – vincitore nel 1999 di Coppa UEFA, Coppa Italia e Supercoppa Italiana – e Pietro Carmignani – con la vittoria della Coppa Italia nel 2002 – a regalare gli ultimi momenti di gloria al club ducale prima di un lungo periodo fatto di scandali, debiti, truffe e fallimenti. Un declino triste che non sarà diverso da quello di Nevio Scala, finito nel dimenticatoio senza motivi apparenti. Nella stagione successiva alla sua uscita di scena dal Parma non c’è un club pronto ad accoglierlo, tanto che l’allenatore veneto accetterà di entrare a stagione in corso sulla panchina del Perugia al posto di Giovanni Galeone, non riuscendo a condurre gli umbri alla salvezza.
Il suo profilo europeo, che già lo aveva visto trionfare da calciatore del Milan nella Coppa delle Coppe nel 1968 e, soprattutto, in Coppa dei Campioni nel 1969, gli apre la strada dei campionati esteri ma senza particolari estimatori né grandi successi. Nel 1997-98 arriva sulla panchina del Borussia Dortmund campione d’Europa in carica, si assicura la Coppa Intercontinentale ma chiude la Bundesliga al decimo posto, un piazzamento che finisce per minare la sua immagine. Allenerà il Beşiktaş – con un esonero – lo Shakhtar Donetsk, con cui vincerà campionato e coppa nazionale nel 2002 prima di essere allontanato dopo sole 9 giornate del successivo campionato con un discreto bottino di 20 punti su 27, e lo Spartak Mosca.
Quella nella capitale russa, iniziata sul finire del 2003, è l’ultima esperienza del tecnico veneto, conclusa con un ultimo amaro esonero a settembre dell’anno successivo. Scala torna nel mondo del calcio solo in un’altra veste e proprio per aiutare il Parma, nel 2015, a seguito della rifondazione e della rinascita in Serie D. Una società che si affida ai nomi che hanno fatto grande il club negli anni ’90 e che con il suo vecchio condottiero torna subito nel professionismo grazie alla promozione del 2016. Pochi mesi dopo, a dicembre, l’addio definitivo al mondo del calcio per disaccordi con la società a seguito dell’esonero del tecnico Apolloni e del ds Minotti, due suoi pupilli. Un’ultima, tardiva pagina del Parma che ha stupito il mondo.
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