Prima dell’inizio della stagione, il pessimismo attorno al Barcellona era palpabile. I mesi passati sono stati segnati dai soliti problemi che attanagliano il club catalano da diversi anni: la mancanza di un percorso di crescita chiaro per le stagioni a venire, il caos creatosi nel rapporto con Xavi (che a gennaio aveva annunciato l’addio alla fine della scorsa stagione, salvo poi cambiare idea e infine andarsene per davvero) e le difficoltà economiche che sommate alle rigide regole della Liga rendono difficile acquistare e poi registrare nuovi giocatori. Mai come nei mesi primaverili ed estivi il Barça è sembrato un club tirato da due poli opposti: da una parte la volontà di competere, sul campo e nell’immaginario collettivo, con il Real Madrid, e dall’altra la triste realtà, fatta di grosse difficoltà economiche e degli storici rivali che, dopo la vittoria della Liga e della Champions e l’arrivo di Mbappé, sembravano sempre più irraggiungibili.
Per sostituire Xavi la società ha deciso di puntare su Hans-Dieter Flick, una scelta che ha destato molto scetticismo sia nei tifosi che nei giornalisti. Flick veniva ingiustamente ricordato più per la deludente esperienza da commissario tecnico della Germania che per l’ottimo biennio sulla panchina del Bayern Monaco, con cui aveva vinto due volte la Bundesliga e una la Champions League (nel 2019/2020), e che, essendo il ruolo di allenatore di un club molto diverso da quello del CT di una nazionale, era l’esperienza più rilevante per giudicare la sua assunzione. Nonostante lo scetticismo e una serie di infortuni che hanno colpito alcuni giocatori importanti come Araújo, Christensen, de Jong, Gavi, Fermín López, Dani Olmo e ter Stegen, il Barça ha sorpreso tutti e ha iniziato la stagione alla grande. Dopo tredici partite di Liga la squadra si trova al primo posto con undici vittorie e due sconfitte (di cui la prima con l’Osasuna, contro cui Flick ha fatto un turnover massiccio, e la seconda nell’ultima partita con la Real Sociedad) e in Champions ha vinto tre gare, perdendo solo contro il Monaco (partita in cui dopo 10 minuti si è ritrovata in dieci per l’espulsione di Eric García).
Una squadra più fluida e meno prevedibile
Il cambiamento tattico è stato evidente fin dalla prima partita. In fase di possesso, dal 3-2-4-1 posizionale e a tratti troppo statico di Xavi, si è passati a una squadra leggermente più verticale, fluida e meno prevedibile nelle trame di gioco, capace di attaccare efficacemente sia in ampiezza, sia occupando lo spazio tra le linee, sia attaccando la profondità. L’ampiezza viene sfruttata prevalentemente a destra, dove giocano Koundé e Yamal. Se, con Xavi, Koundé faceva il terzo centrale e rimaneva bloccato, ora gli viene chiesto di spingere e non a caso in campionato i suoi tocchi nell’ultimo terzo di campo sono passati da 14,3 a 23,3 in media ogni 90 minuti. Con Yamal che riceve spesso largo e tende a rientrare sul mancino per illuminare coi suoi tiri e i suoi cross a giro (tra campionato e coppe ha già realizzato 6 gol e 8 assist e si approccia a distruggere i numeri della scorsa stagione, in cui aveva fatto 7 gol e 5 assist), la funzione di Koundé è prevalentemente quella di sovrapporsi esternamente così da portargli via un uomo e lasciargli più spazio per l’uno contro uno, rimanendo comunque disponibile per ricevere un passaggio e poi crossare dal fondo.
I giocatori che però hanno beneficiato maggiormente dell’arrivo di Flick sono altri due. Il primo è Robert Lewandowski, che aveva già lavorato con il tecnico tedesco ai tempi del Bayern e che, dopo un anno e mezzo al di sotto dei suoi standard, sta segnando ad un ritmo impressionante per un giocatore di 36 anni: 14 reti in Liga, 5 in Champions e, se escludiamo i rigori, un’irreale media di 1,1 gol ogni 90 minuti. Il secondo è Raphinha, che il Barça aveva pagato circa 58 milioni di euro dal Leeds nell’estate del 2022 e che, nonostante qualche buona prestazione qua e là, con il suo rendimento non aveva mai giustificato il prezzo speso per il cartellino. Con Xavi il brasiliano partiva prevalentemente largo per dare ampiezza, soprattutto quando giocava a destra e poteva rientrare sul sinistro per tirare o assistere i compagni. Flick invece lo ha schierato fin da subito in una posizione più centrale, a volte addirittura da mezzala o trequartista, ma di solito partendo da sinistra con il compito di venire senza palla dentro il campo, così da ricevere tra le linee o, soprattutto, per sfruttare le sue sorprendenti – e fino a questa stagione inesplorate – capacità di inserimento e attacco della profondità. Tante occasioni e gol del Barcellona sono arrivate da un passaggio in profondità verso Raphinha (o in alternativa verso Lewandowski), sia da parte dei centrocampisti che dei difensori, in particolare da Pau Cubarsì, che si sta confermando come uno dei centrali tecnicamente più dotati del panorama calcistico mondiale.
Uno dei tanti tagli in profondità di Raphinha, in questa situazione servito da un bel lancio di Cubarsì
L’imprevedibilità di Raphinha nei tagli, unita all’estro e alla creatività di Yamal, rendono il Barça una squadra incontenibile anche quando attacca in campo aperto, indipendentemente che sia un contropiede o una situazione creata tramite la costruzione dal basso, che prima attira e poi supera la pressione avversaria. Loro malgrado, l’hanno scoperto anche grandi squadre come il Bayern Monaco e il Real Madrid, alle quali un paio di settimane fa i blaugrana hanno segnato quattro reti ciascuna nel giro di quattro giorni (vincendo 4-1 in casa contro i bavaresi e 0-4 in trasferta contro i madrileni).
La continuità nelle prestazioni e nei risultati di questa squadra è ancor più impressionante se consideriamo che Flick non ha ancora avuto a disposizione Araújo, ha perso Christensen dopo una sola partita, non ha avuto de Jong per tutto agosto e settembre, ha recuperato da poco Gavi che era fuori da quasi un anno a causa della rottura del crociato, ha avuto a disposizione Fermín López e Dani Olmo a fasi alterne e ha perso ter Stegen per il resto della stagione in seguito alla rottura del tendine rotuleo del ginocchio destro, rimediata durante la partita vinta 1 a 5 contro il Villarreal. Al suo posto il Barça ha tesserato Wojciech Szczęsny, ma fino ad ora Flick ha sempre schierato Iñaki Peña.
In un contesto del genere, l’allenatore tedesco ha lanciato tanti giovani prodotti della cantera, soprattutto in una zona nevralgica come il centro del campo. Senza de Jong e Gavi e spesso anche senza Fermín López e Dani Olmo, il punto fermo del centrocampo è stato Pedri, al cui fianco hanno trovato spazio Bernal, Pablo Torre e Casadò. Se Bernal si è infortunato anche lui gravemente al ginocchio sinistro e rimarrà fuori per circa un anno e se Pablo Torre difficilmente troverà spazio dopo il ritorno a pieno regime di Dani Olmo, Fermín López, de Jong e Gavi, Casadò sembra destinato a continuare ad avere un ruolo importante davanti alla difesa, sia per la precisione nella trasmissione della palla che per le letture senza.
Pressing e linea altissima
Oltre alla fase di possesso, Flick è riuscito a dare un’identità ben definita e funzionale anche quando la squadra non ha il controllo del pallone. Quando perdono palla, i blaugrana vogliono recuperarla subito e attuano una pressione molto intensa, cercando sempre di rimanere corti, per ridurre al minimo gli spazi in cui gli avversari possono palleggiare.
Quando la squadra avversaria costruisce da dietro, la disposizione del pressing è atipica: Lewandowski, invece di andare su uno dei difensori centrali, marca a uomo il mediano avversario (quando invece l’avversario gioca con due mediani, come per esempio ha fatto il Bayern, è il trequartista a marcare l’altro centrocampista); le due ali, Yamal e Raphinha, si accentrano e pressano i centrali di difesa; i mediani stanno vicini alla linea difensiva che rimane molto alta.
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Proprio il lavoro della linea difensiva – solitamente formata da Balde, Iñigo Martínez, Cubarsí e Koundé – è fondamentale. Flick vuole che i suoi giocatori cerchino di mandare in fuorigioco gli attaccanti avversari quasi in qualunque situazione, sia a palla coperta che a palla scoperta. In Liga il Barcellona ha mandato gli avversari in fuorigioco 86 volte in tredici partite, più della seconda e della terza squadra in questa classifica messe assieme (Osasuna e Las Palmas, rispettivamente con 39 e 32 fuorigioco). Alla viglia del Clásico del 26 ottobre c’era molta curiosità per vedere come una linea difensiva così alta si sarebbe comportata contro il Real Madrid, una squadra nella quale giocano calciatori velocissimi e bravissimi ad attaccare la profondità come Mbappé e Vinicius.
Nonostante i rischi, la prestazione è stata ottima, coi giocatori del Real che sono andati ben 12 volte in fuorigioco (di cui 8 il solo Mbappé, un paio di pochissimi centimetri) e la squadra di Flick che, pur concedendo qualche chance, non ha subito gol. Ovviamente questo approccio è molto rischioso e bastano davvero pochi secondi di ritardo nel movimento di un difensore per concedere un’occasione a tu per tu col portiere e, in alcune situazioni, come nell’ultima partita persa contro la Real Sociedad, c’è stato più di qualche problema, ma nel complesso il giudizio sulla fase difensiva molto spinta del Barça non può che essere moderatamente positivo. Difendendo così, il Barça concede pochi tiri (8,85 in media ogni 90 minuti), che però sono ad alta – ma non altissima – pericolosità media (0,12 xG per tiro, rigori esclusi). Tuttavia, i rischi che si prende Flick sono calcolati perché questo modo di difendere permette spesso di conquistare il pallone in avanti e di avere la squadra già corta e ben settata per consolidare il possesso o per servire i giocatori offensivi in transizione.
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— La Pausa (@lapausa_pod) October 29, 2024
Dopo tre mesi di stagione quindi Flick e i suoi giocatori hanno sorpreso tifosi e critici con una serie di prestazioni e risultati convincenti. Il Barça crea tanto, segna tantissimo e soprattutto vince. Rispetto a qualche mese fa i rapporti di forza col Real Madrid sembrano essersi ribaltati, seppur solo dal punto di vista del campo. Il calcio ha una strana capacità di riscrivere le narrazioni e l’allenatore tedesco, tanto bistrattato questa estate, ora è stato messo su un piedistallo dagli stessi che ne criticavano l’assunzione. La stagione è ancora lunga, ma le premesse sono decisamente positive e il Barcellona sembra tornata essere quella squadra in grado di fare un gioco offensivo dominante e di valorizzare i giovani della cantera.
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