Palermo, orgoglio della Trinacria. È la squadra siciliana con più presenze in massima categoria, quella ad avere ottenuto il miglior piazzamento in Serie A, l’unica ad aver partecipato a competizioni internazionali. Una società storica, che ha potuto vantare ottimi organici e lanciare calciatori dal grande potenziale, tra i più forti del nostro campionato. Ma ci sono stati anche periodi bui, con presidenti borderline e fallimenti societari.
In una Serie A sempre più polarizzata verso nord, come quella della stagione in corso, i rosanero mancano terribilmente ai massimi livelli del nostro calcio.
Le origini
Il Palermo nasce il 1º novembre 1900, data di fondazione dell’Anglo-Palermitan Athletic and Football Club per mano di Ignazio Majo Pagano e della comunità inglese presente in città. I primissimi vagiti del neonato club si intersecano con quelli di un’altra società siciliana, il Messina.
Fino alla nascita della società peloritana, il Palermo disputa partite solamente contro formazioni composte dai soldati delle navi inglesi ormeggiate nel porto della città, alla luce dell’assenza di altre squadre siciliane. Tutto cambia col finire del 1900, quando un amico di Majo Pagano, Alfredo Marangolo, torna dall’Inghilterra e fonda il Messina Football Club. Il 18 aprile 1901 si disputa quindi il primo derby siciliano, terminato 3-2 in favore del Palermo. Le Aquile, nei loro primi anni, scendono in campo con una divisa rossoblù. Il passaggio al caratteristico rosanero avviene solo nel 1907.
Fino alla Prima Guerra Mondiale, dopo essersi assicurato in due occasioni anche la Whitaker Challenge Cup, il Palermo è il dominatore della Lipton Challenge Cup, una competizione fra squadre siciliane e campane che la formazione rosanero vince per ben cinque volte sulle sette edizioni disputate.
La prima promozione in serie B arriva nella stagione 1930-31. Già nel suo primo anno di serie cadetta, la formazione neopromossa sfiora la Serie A giungendo terza in classifica dietro a Fiorentina e Bari, approdandovi l’anno seguente, al termine di un torneo dominato in lungo e in largo. Arrivano ad essere addirittura 14 le giornate consecutive di imbattibilità, in una stagione contraddistinta dal trasferimento nel nuovo stadio: il Littorio, odierno Renzo Barbera.
I siciliani rimangono in Serie A per quattro stagioni, prima di scendere in B e vivere un momento di grave difficoltà economica che porterà all’esclusione della squadra nella stagione 1940-41.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale il Palermo riparte dalla Serie B, centrando la promozione con il presidente Stefano La Motta nella stagione 1947-48. Sei anni dopo, alla retrocessione del 1954, segue un riassetto societario e una fase di saliscendi fra cadetteria e massima serie. Un periodo contraddistinto da alcuni giocatori simbolo come Enzo Benedetti, capitano dal 1955 al 1962, e Santiago Vernazza, attaccante argentino e quarto miglior marcatore della storia del club rosanero con 54 reti in 121 presenze. Sul finire degli anni ’50 il Palermo si affaccia anche alle prime competizioni internazionali: la Coppa delle Alpi e la Mitropa Cup.
L’era Barbera
Nel 1970 la società viene rilevata dall’imprenditore Renzo Barbera, già conosciuto nel panorama calcistico del capoluogo siciliano grazie alle sue esperienze con la Juventina Palermo e la Juve Bagheria. Nei dieci anni di gestione del presidentissimo rosanero, il Palermo disputerà una sola stagione in Serie A nel 1972-73. Ma addirittura due finali di Coppa Italia, entrambe conquistate durante la militanza tra i cadetti. La prima nel 1973-74, in cui il Palermo accede alla finale del 23 maggio contro il Bologna. Si gioca a Roma e sono molti i tifosi giunti nella capitale per sognare ad occhi aperti. Sogni che sembrano prendere forma dopo il vantaggio rosanero al 32’ con Sergio Maestrelli. Ma proprio quando sembra fatta, arriva il pari dei felsinei grazie ad un rigore generosamente concesso dall’arbitro Sergio Gonella e trasformato da Beppe Savoldi. Siamo al 90′. Nonostante l’assedio siciliano nei supplementari e l’iniziale vantaggio ai rigori, gli errori di Salvatore Vullo ed Erminio Favalli negli ultimi due tiri della serie condannano i rosanero.
Passano cinque anni e le Aquile si ripetono. Nella stagione 1978-79 il cammino è prestigioso: ai quarti cade la Lazio ai rigori, mentre in semifinale tocca al Napoli, sconfitto 2-1 a domicilio nel match di ritorno. In finale c’è la Juventus e il Palermo passa in vantaggio al 1’ con Vito Chimenti, subendo ancora il pari nel finale, all’83’, con gol di Sergio Brio. Stavolta il sogno si spegne ancor prima dei rigori, al 117’, con il gol dell’ex Franco Causio che regala la coppa alla Juventus. Ma l’era Barbera non è solo la doppia finale di Coppa Italia: nel 1973 il Palermo riceve la Stella d’Oro al Merito Sportivo. Renzo Barbera, sportivo e appassionato al punto da ipotecare la villa di famiglia per investire sui rosanero, viene idolatrato da tifosi e calciatori, prima di cedere il passo al costruttore Gaspare Gambino nel 1980.
Seguiranno due anni senza sussulti e con il rischio di retrocessione in C per i 5 punti di penalizzazione dovuti allo Scandalo Totonero, prima che la società passi nelle mani di Roberto Parisi. Nonostante le premesse e il fallimentare ingaggio del quotato allenatore Gustavo Giagnoni, anche il successore Graziano Landoni delude. I rosanero retrocedono in Serie C1 per la prima volta nella storia, al termine del campionato 1983-84.
Le tinte rosa si spengono, lasciando spazio ad un periodo nerissimo e fatto di terrore: la stagione seguente è segnata dall’omicidio del presidente Parisi e del suo autista ad opera della mafia, nell’agguato di via Calcante.
Il Palermo passa quindi nelle mani di Salvatore Matta e Franco Schillaci. In campionato i rosanero allenati da Tom Rosati vengono promossi in B all’ultima giornata, grazie a una vittoria nel finale di partita contro il Messina, in uno stadio La Favorita stracolmo e grazie al gol di Totò De Vitis.
Con il ritorno in cadetteria si pensa in grande. Il ds è Giacomo Bulgarelli, mentre in panchina siede l’argentino Antonio Angelillo, che sarà sostituito da Fernando Veneranda dopo una sconfitta per 1-0 nel derby con il Catania. I rosanero faticano per tutto il torneo e si salvano all’ultima giornata, con il primo e unico gol in B del giovane Giovanni Tarantino che vale il 2-1 sul Monza e il sedicesimo posto finale.
Primo fallimento e rinascita
Nonostante la salvezza raggiunta all’ultima giornata, attorno al Palermo si addensano nubi molto scure. La società viene coinvolta nel Totonero-bis ma, soprattutto, si è fortemente indebitata, tanto da dover cedere a campionato in corso i gioielli De Vitis e Pietro Maiellaro per provare a sanare un minimo la situazione finanziaria. La campagna abbonamenti, portata avanti in fretta e furia dai presidenti, non era finalizzata a “preparare un Palermo più forte e combattivo”, come proclamato, bensì a scongiurare un fallimento sempre più vicino. In estate si gioca la Coppa Italia ma i giocatori della prima squadra non vedono soldi da mesi e si rifiutano di scendere in campo. A fronteggiare il Genoa sono quindi i ragazzi della Primavera, che riescono a strappare un pareggio, prima di cadere contro l’Atalanta al turno successivo, nonostante il bagno di folla de La Favorita.
Il Palermo è in grande difficoltà anche per la necessità di rifinanziare un mutuo da 2 miliardi garantito dalla federazione: i rosanero devono versare 160 milioni per lo stadio e dimostrare di non avere altre pendenze inderogabili con i suoi tesserati, con la Lega che preannuncia il pugno di ferro. Matta e Schillaci lanciano quindi l’appello per salvare la società: il primo a muoversi è Salvino Lagumina con la sua Sicindustria, seguito poi dall’intermediazione politica del ministro Carlo Vizzini e del sindaco Leoluca Orlando.
Il termine ultimo per l’iscrizione è il 1° settembre. Assieme a una cordata di industriali, Lagumina mette insieme 500 milioni per salvare la squadra ma al Palermo ne arrivano solamente 400, che verranno polverizzati in un’infinità di acconti. I creditori continuano a palesarsi, così la cordata di industriali decide di sostenere una nuova gestione e di non continuare ad accollarsi i debiti di Schillaci, che viene quindi intimato a cedere la società. Il presidente spara però una cifra folle: 2 miliardi, a fronte di 22 miliardi di debiti dichiarati, cifra probabilmente più bassa del reale e non verificabile, a causa del ritiro dei libri contabili da parte della Guardia di Finanza per lo Scandalo Totonero-bis.
Il 1° settembre Lazio e Cagliari, anch’esse in difficoltà, pagano e si mettono in regola, mentre il Palermo ottiene una proroga: termine inderogabile il 9 settembre, nei calendari campeggia una X al posto dei rosanero. Ma emergono dettagli inquietanti: Schillaci formalmente detiene l’86% ma in realtà ha pagato solo il 10% a ICEM, la ditta del compianto Parisi. Il resto sono tutte cambiali. I giorni passano, Lagumina e gli industriali riescono a mettere assieme 1,5 miliardi per l’iscrizione, l’assessore regionale Nicola Ravidà si impegna a erogare alla neonata società un mutuo da 10 miliardi a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle bancarie, mentre Superpila, Vini Corvo e Italkali si offrono come sponsor.
La Lega, oltre alla quota per l’iscrizione, chiede però esplicitamente anche il saldo di tutti i debiti contratti dalla gestione Schillaci: 2 miliardi per il mutuo della federazione, 800 milioni da versare ai giocatori, il pagamento di fisco, oneri sociali e il ripianamento dei debiti pregressi anche verso altre società, per un totale di circa 7 miliardi. Il 9 settembre il ds Bulgarelli si reca dal presidente della Lega Antonio Matarrese per comunicargli che la Cassa di Risparmio ha promesso una fideiussione. Matarrese gli risponde che è carta straccia e ritiene insufficienti le garanzie prodotte sul piano delle iniziative e dell’impegno, sia del mondo politico locale che di quello imprenditoriale. Il Palermo sparisce, radiato da ogni campionato.
La nuova società rinasce ufficialmente il 7 gennaio 1987 e, grazie a una deroga concessa dallo stesso Matarrese, ricomincia dalla C2 approfittando del posto vacante lasciato dalla fusione tra Venezia e Mestre. La prima amichevole si gioca il 18 agosto 1987 contro i brasiliani dell’Atletico Mineiro davanti a 50mila spettatori, molti di più rispetto alla capienza de La Favorita. Il presidente è Salvino Lagumina, il vicepresidente Gianfranco Vizzini, il direttore sportivo Franco Peccenini, la panchina va a Pino Caramanno. Lo sponsor è lo stesso Comune, che con il sindaco Orlando si è attivato per far ripartire la storia del Palermo.
La squadra, un organico giovane con elementi di categoria, tra cui calciatori destinati alla Serie A come Antonio Manicone e Domenico Di Carlo, stravince il campionato e si toglie l’incredibile soddisfazione di battere in amichevole l’Ajax per 4-0, un mese prima finalista in Coppa delle Coppe.
Dopo tre stagioni in C1 e il passaggio della presidenza a Giovanni Ferrara, il Palermo torna in B nella stagione 1990-91 dopo il secondo posto alle spalle della Casertana. I rosanero restano in cadetteria solamente un anno, retrocedendo per la classifica avulsa, ma riusciranno a centrare una promozione immediata l’anno successivo, vincendo il proprio girone di C1 e la Coppa Italia di Serie C.
Dopo qualche stagione a metà classifica arriva il settimo posto nel 1995-96. Era il Palermo dei picciotti: Gaetano Vasari, Francesco Galeoto e Giacomo Tedesco. Nel 1997, però, ancora un doppio salto indietro: in due anni il Palermo finisce in C2, per poi venire ripescato.
Solo con il nuovo millennio il popolo siciliano tornerà a sognare.
Tutti i gol del “Palermo dei Picciotti”, stagione 1995-96
Gli anni 2000
Il campionato 1999-2000 si rivela fallimentare per il Palermo. I rosanero sono una delle formazioni più quotate per la promozione, ma non arrivano nemmeno a giocare i playoff, sorpassati dall’Arezzo di Serse Cosmi. Senza dimenticare che, nel corso della stagione, un nuovo scandalo si abbatte sulla società, nuovamente sotto l’occhio della magistratura per alcuni trasferimenti fittizi.
Nel 1989 il Palermo ha prelevato tale Roberto Ercole per 200 milioni dalla Vis Pesaro. Interrogato dalla Guardia di Finanza, il ragazzo ammetterà di aver giocato effettivamente per la Vis, salvo poi smettere nel 1990. Altro caso sospetto è l’acquisto di tale Alessio Tei per più di 100 milioni: unico problema, Tei non è un calciatore, bensì un autista di ambulanze.
Nonostante le delusioni sul campo e i problemi legali, nel 2000 arriva la svolta con l’acquisto della società da parte di Franco Sensi, patron della Roma, per poco meno di 20 miliardi di lire. Il presidente incaricato è il sindacalista Sergio D’Antoni, che promette subito il ritorno in B e la promozione in massima serie in breve tempo. Come allenatore viene scelto Giuliano Sonzogni, in dirigenza torna Giorgio Perinetti, allontanatosi durante la precedente gestione. Ed effettivamente i rosanero tornano in B l’anno successivo, vincendo il proprio girone dopo una cavalcata iniziata a settembre e resistendo alla rimonta del Messina.
Sensi ha allestito una squadra forte, con l’acquisto per 2 miliardi – record per la Serie C – di Cristian La Grottería, ma anche grazie a Massimiliano Cappioli e Daniele Di Donato, oltre ai giovani Maurizio Ciaramitaro e Franco Brienza. Al ritorno tra i cadetti, il Palermo acquista il brasiliano Marco Aurélio. Arrivano anche Andrea Guerra, Stefano Guidoni, Luigi Malafronte e quel Giuseppe Mascara che diventerà una leggenda dei rivali del Catania e che, proprio contro il Palermo, realizzerà il gol più bello della storia dei derby siciliani. Le Aquile disputano un buon campionato, ottenendo la salvezza con tre turni d’anticipo e chiudendo al decimo posto.
Si tratta dell’ultima stagione dell’era Sensi, che cede la società a Maurizio Zamparini per circa 20 milioni di euro. Appena insediatosi, Zamparini avvia la rivoluzione. Il nuovo ds è Rino Foschi e in estate arrivano 14 giocatori, di cui 13 dal Venezia, ex squadra del patron friulano. Alle porte della stagione lo stadio La Favorita viene ribattezzato Renzo Barbera, lo storico presidente rosanero deceduto a maggio di quell’anno. Il Palermo in campionato inizia malino, racimolando una sola vittoria nelle prime quattro gare. Ecco che comincia la girandola degli allenatori, un tratto distintivo di Zamparini, presidente dall’esonero facile: inizialmente in panchina siede Ezio Glerean, poi sostituito da Daniele Arrigoni che a sua volta viene rimpiazzato da Nedo Sonetti, La squadra si riprende dopo il brutto avvio e sfiora la A, sogno sfumato con la sconfitta nello scontro diretto con il Lecce.
Ma è solo il preludio al ritorno nella massima serie al termine del campionato 2003-2004, a 31 anni dall’ultima volta, dopo una campagna acquisti imponente. 13 nuovi giocatori in estate, tra cui Eugenio Corini, Luca Toni e i ritorni di Vasari e Ciccio Brienza, quindi altri cinque a gennaio, tra cui spiccano Fabio Grosso, Giuseppe Biava e Jeda. Il Palermo domina, trascinato dalle 30 reti del capocannoniere Luca Toni, e chiude al primo posto in coabitazione con il Cagliari. Nell’ultima giornata, disputata in casa contro il Bari, Vasari realizza l’ultima rete stagionale per i rosanero.
Un gol ininfluente ai fini della classifica, ma non per Vasari che, esultando, mostra una maglia raffigurante il volto di suo padre. A lui aveva promesso di portare il Palermo in Serie A, poco prima della sua morte.
I fasti dell’era Zamparini
Durante la sua prima stagione in Serie A, sulla panchina del Palermo siede Francesco Guidolin. Un allenatore di prestigio ed esperienza che l’anno prima ha condotto la squadra alla promozione e che in carriera ha già allenato in A, centrando addirittura la qualificazione in Coppa Uefa con l’Udinese. In estate approdano in Sicilia Andrea Barzagli, Cristian Zaccardo, Simone Barone e Stefano Morrone, mentre saluta la bandiera della squadra Vasari. Il Palermo vince all’esordio contro il Siena grazie al gol di Toni e alla prima sosta di campionato ha 9 punti ed è ancora imbattuto. Al giro di boa è quinto e a fine campionato centra il sesto posto, risultato che vale il ritorno in Europa a 37 anni di distanza dall’ultima volta.
La stagione successiva si apre con le dimissioni di Guidolin, che passa al Genoa senza mai allenarlo, visto lo scandalo che determinerà la retrocessione in C1 dei liguri. Anche Toni saluta, passando alla Fiorentina per 10 milioni di euro. In panchina ecco Luigi Delneri, l’allenatore del Miracolo Chievo. In Coppa UEFA il cammino è ottimo: nei preliminari il Palermo spazza via i ciprioti dell’Anorthosis, battuti 2-1 all’andata e 4-0 al ritorno, quindi ottiene il primo posto nel girone, al pari con l’Espanyol e davanti a Lokomotiv Mosca, Brøndby e Maccabi Petah Tiqwa. Dopo aver eliminato ai sedicesimi lo Slavia Praga grazie alla regola dei gol in trasferta, agli ottavi è lo Schalke a spegnere il sogno: non basta l’1-0 al Barbera, in Renania finisce 3-0 per i tedeschi.
In Serie A i rosanero terminano all’ottavo posto ma le sentenze relative a Calciopoli modificano la classifica, facendo salire il Palermo in quinta posizione. Arriva la seconda qualificazione consecutiva alla Coppa UEFA, mentre in Coppa Italia la strada si interrompe in semifinale contro la Roma. La stagione 2006-07 è quella del ritorno di Guidolin a Palermo. Sul fronte mercato, nonostante alcune cessioni dolorose come quelle di Grosso e Barone, arrivano Mattia Cassani, Fábio Simplício, Mark Bresciano e soprattutto Amauri, senza dimenticare l’acquisto, a gennaio, di uno degli attaccanti più forti della storia del club, l’uruguagio Edinson Cavani, ventenne proveniente dal Danubio.
In campionato il Palermo parte benissimo: a metà novembre è in testa alla classifica con l’Inter, a gennaio staziona al terzo posto a +15 sulla quinta ma poi qualcosa si rompe. È il 2 febbraio 2007 e si gioca Catania-Palermo, i rosanero vincono il derby 1-2 ma nessuno ricorda il risultato di quella partita. Perché il match, già interrotto per il lancio di lacrimogeni, si conclude con il peggiore degli epiloghi. Scene di guerriglia urbana che nulla hanno a che fare con il calcio.
Durante gli scontri tra le forze dell’ordine e gli ultras del Catania muore il poliziotto Filippo Raciti. Una vicenda che porta alla sospensione di tutti i campionati italiani per una settimana, oltre all’annullamento di un’amichevole della Nazionale.
Alla ripresa, il Palermo entra in una crisi di risultati che lo fa scivolare al settimo posto. Zamparini esonera Guidolin e chiama la coppia composta da Renzo Gobbo e Rosario Pergolizzi, salvo tornare sui suoi passi a due turni dalla fine, una scelta saggia che porta i rosanero al quinto posto. In Europa l’andamento è peggiore dell’anno precedente e, dopo aver eliminato il West Ham ai preliminari, il Palermo esce dalla competizione con un penultimo posto in un girone con Newcastle, Celta Vigo, Fenerbahçe ed Eintracht.
L’anno seguente le cose peggiorano ulteriormente: in Coppa UEFA arriva un’inopinata eliminazione ai rigori al primo turno con il Mladá Boleslav, mentre la stagione, contraddistinta dagli acquisti, tra gli altri, di Giulio Migliaccio, Federico Balzaretti e Fabrizio Miccoli, vede alternarsi in panchina Stefano Colantuono e il solito Guidolin, poi esonerato nuovamente a discapito di Colantuono. A fine campionato arriva un modesto undicesimo posto, preludio al profondo rinnovamento per la stagione 2008-09: il ds Foschi cede il posto a Walter Sabatini, che cede 17 giocatori e ne acquista 18, tra cui Cesare Bovo, Simon Kjær, Fabio Liverani e Antonio Nocerino, cui a gennaio si aggiungeranno anche Abel Hernández e Michel Morganella.
La stagione inizia con il confermato Colantuono in panchina, anche se per poco: bastano l’eliminazione in Coppa Italia per mano del Ravenna – squadra di C1 – e la sconfitta alla prima di campionato per far scatenare il patron.
Zamparini decide di assumere Davide Ballardini come nuovo allenatore. Tuttavia, dettaglio non irrilevante, lo fa all’insaputa di Sabatini. Il nuovo tecnico comincia bene, mettendo insieme 12 punti nelle sue prime cinque partite, ma l’ottavo posto finale non basterà per una conferma in panchina l’anno successivo.
Di tutt’altro spessore è la stagione 2009-2010, caratterizzata dall’acquisto di Javier Pastore per 6,5 milioni. In panchina viene scelto il tecnico dei rivali del Catania, Walter Zenga. Il Palermo parte con un andamento ondivago, è solido in casa e fragile in trasferta. Tutto cambia a novembre, quando l’Uomo Ragno viene esonerato mentre si trova al dodicesimo posto e viene sostituito da Delio Rossi, che fa rifiorire la squadra. Il Palermo lotta addirittura per la Champions, soccombendo al cospetto della Sampdoria di Antonio Cassano e Giampaolo Pazzini. Un quinto posto che, comunque, vale il ritorno in Europa a tre anni dall’ultima volta. Numeri che vanno a segnare il record di imbattibilità casalinga, di punti (65), di vittorie (18) e di gol realizzati (59).
Senza dimenticare che il Palermo ha messo in mostra diversi giovani gioielli in rampa di lancio, quali Pastore, Nocerino, Hernández, ma soprattutto gli straordinari Cavani e Kjær. Questi ultimi, i due pezzi pregiati della rosa, salutano per portare circa 30 milioni nelle casse del presidente Zamparini: Cavani viene ceduto al Napoli per 17 milioni, mentre Kjær finisce in Germania, al Wolfsburg, per un’operazione da 12,5 milioni di euro.
A rinforzare l’organico arrivano Massimo Maccarone, Mauricio Pinilla e i giovani sloveni Armin Bačinovič e Josip Iličić dal Maribor, visionati durante la sfida valida per i preliminari di Europa League propedeutica al girone che vedrà l’inopinata eliminazione dei rosanero.
In campionato le cose partono male, con un punto in tre partite. Arrivano anche una lettera di Zamparini al presidente dell’AIA Marcello Nicchi per denunciare presunti torti arbitrali subiti e le dimissioni di Walter Sabatini per motivi personali. Siamo agli inizi di novembre, proprio il mese in cui la squadra torna a macinare gioco, gol e risultati. Anche grazie al 3-1 nel derby col Catania con la tripletta di Pastore, primo di sempre a portare a casa il pallone nella stracittadina sicula. A febbraio la squadra di Delio Rossi si trova a -2 dalla zona Champions, ma in poco tempo tutto precipita. Tre sconfitte di fila, tra cui il 7-0 interno contro l’Udinese, costano la panchina al tecnico riminese, rimpiazzato da Serse Cosmi.
L’esperienza del nuovo allenatore non va meglio e dura estremamente poco: quattro partite e tre sconfitte, l’ultima delle quali un pesante 4-0 nel derby col Catania. Circostanze che convincono Zamparini a richiamare Delio Rossi, capace di condurre la squadra all’ottavo posto. Il cammino in Coppa Italia, invece, è estremamente positivo: eliminate Chievo, Parma e Milan, il Palermo approda alla terza finale della sua storia, soccombendo 3-1 al cospetto dell’Inter nonostante il momentaneo 2-1 all’88’ di Ezequiel Muñoz. Un risultato che, grazie alla qualificazione in Champions dei nerazzurri, vale comunque un posto in Europa League.
La finale di Coppa Italia è un traguardo prestigioso ma, al tempo stesso, rappresenta il culmine dell’era Zamparini. Un risultato che sancisce l’inizio della fine: nella stagione 2011-12, oltre ai soliti cambi in panchina – inizio con Stefano Pioli, immediata sostituzione con Devis Mangia, quindi chiusura con Bortolo Mutti – arriva una salvezza risicata, un sedicesimo posto molto modesto. Le cose vanno ancora peggio nella stagione successiva: torna Perinetti come ds, l’allenatore è Giuseppe Sannino e la squadra viene rivoluzionata dall’arrivo di molti nuovi acquisti, tra i quali spicca Paulo Dybala.
Succede di tutto, in un surreale clima di caos continuo. La panchina di Sannino salta dopo sole tre giornate e al suo posto arriva Gian Piero Gasperini. Passano altre due partite e Zamparini nomina come amministratore delegato l’ex Catania Pietro Lo Monaco, un arrivo che comporta le dimissioni di Perinetti. A febbraio i rosanero sono ultimi, Gasperini viene esonerato ma anche con il sostituto Alberto Malesani le cose non migliorano: tre pareggi in tre partite e torna Gasperini, assieme a un ritiro punitivo per toccare le coscienze dei calciatori. La squadra però non si risolleva e torna addirittura Sannino per chiudere la stagione. Un valzer continuo e confuso che non può che determinare un esito nefasto: la retrocessione.
Saliscendi dalla B
In estate i siciliani salutano Iličić, passato alla Fiorentina, e Miccoli, svincolato. In attacco arriva Andrea Belotti e trova un ruolo fondamentale in rosa Franco Vázquez, di rientro dopo il prestito al Rayo Vallecano. Nonostante l’inizio stentato in Serie B con il neo-allenatore Gennaro Gattuso, alla prima esperienza in Italia dopo aver allenato gli svizzeri del Sion, sotto la guida del subentrato Giuseppe Iachini emerge tutta la qualità di una rosa troppo forte per la categoria. I rosanero vincono il campionato grazie alla qualità dei loro avanti: 14 reti per Hernández, 12 per Kyle Lafferty, 10 per Belotti, senza dimenticare le determinati doti tecniche di Dybala e Vázquez.
Iachini pare aver trovato anche il feeling con il presidente, non solo guadagnandosi la conferma in A ma, addirittura, riuscendo a terminare la stagione. Un’anomalia con Zamparini.
Anche in massima serie il Palermo di Iachini continua a stupire, chiudendo il campionato all’undicesimo posto. L’estate 2015, però, coincide con l’esodo verso Torino di Dybala e Belotti: il primo finirà per diventare La Joya della Juventus, il secondo col tempo diventerà capitano dei granata. Due cessioni importanti che non vengono rimpiazzate in una campagna acquisti insufficiente. Stavolta Iachini non dura, andando incontro all’esonero dopo 12 turni e rimpiazzato dal redivivo Ballardini, che, tuttavia, non instaura un buon rapporto con il gruppo.
In particolar modo il tecnico finisce per litigare con il capitano della squadra, il portiere Stefano Sorrentino: prima dell’ultima di andata con il Verona emerge l’indiscrezione che l’estremo difensore non giocherà dall’inizio perché accusato di scarso impegno e indiziato per essere in testa a una fronda interna che vorrebbe il ritorno di Iachini. Scende in campo Zamparini che ne impone l’utilizzo. Con profitto, visto che il portiere campano risulta decisivo nel successo per 1-0 al Bentegodi. Tuttavia, il post-partita è rovente: il capitano accusa pubblicamente Ballardini, affermando che la squadra potrebbe giocare e vincere anche da sola. Per tutta risposta, il tecnico minaccia il portiere di querela. L’esonero è inevitabile.
Zamparini ha in mente di ingaggiare un nome piuttosto suggestivo, l’allenatore argentino Guillermo Barros Schelotto. Ma nell’attesa di risolvere la questione legata ad alcuni ritardi per il tesseramento, la panchina passa di mano in mano: una partita a Fabio Viviani, un’altra a Giovanni Bosi e altre tre a Giovanni Tedesco, prima di rivedere ancora Bosi alla guida per un altro incontro. Dopo un valzer durato sei turni, la UEFA si esprime non riconoscendo la validità del patentino di Schelotto. Zamparini è costretto a cambiare i suoi piani, pur continuando nel suo personalissimo stillicidio di allenatori: alla fine della stagione saranno ben nove gli avvicendamenti sulla panchina rosanero.
Chiusa la parentesi Schelotto, torna Iachini ma solo per tre partite. Alla 29a giornata tocca a Walter Novellino, a sua volta esonerato dopo quattro turni, portando Zamparini a scegliere, per le ultime e delicatissime sei partite della stagione, di richiamare Ballardini nonostante la burrascosa fine del rapporto, avvenuta appena 13 partite e sei cambi di allenatore prima. C’è una salvezza da conquistare e il Balla accetta di stringere un patto di non belligeranza con Sorrentino: arriveranno 11 punti che permetteranno ai rosanero di ottenere la salvezza all’ultima giornata.
La confusione regna sovrana nel campionato 2016-17: persi Vázquez, finito al Siviglia, e Alberto Gilardino, ceduto all’Empoli, dopo due giornate Ballardini si dimette e la panchina finisce nelle mani di Roberto De Zerbi, che si è messo in mostra con un calcio arioso e divertente in C, al Foggia. L’approccio, tuttavia, è un disastro. Alla settima sconfitta interna consecutiva, con 5 punti in 12 partite, anche De Zerbi perde il posto e fa spazio a Corini, già calciatore del Palermo agli albori dell’era Zamparini. Nel corso della stagione arrivano altri due allenatori – Diego López e Diego Bortoluzzi – e, soprattutto, si chiude l’era Zamparini. Il 27 febbraio il patron annuncia le proprie dimissioni e l’ingresso di nuovi investitori in società, il fondo anglo-americano Integritas Capital rappresentato da Paul Baccaglini, ex personaggio radiofonico e televisivo con un passato a Le Iene. In questo marasma completo dal punto di vista tecnico e societario, senza dimenticare un mercato bulimico e poco funzionale, sul campo è pressoché impossibile aspettarsi risultati positivi: la squadra chiude al penultimo posto e lascia la Serie A. Ma il fondo non è ancora stato toccato.
Tuttolomondo e secondo fallimento
Siamo rimasti al passaggio da Zamparini ad Integritas Capital, nella persona di Paul Baccaglini. Quella che dovrebbe essere la nuova proprietà, nel concreto, non subentrerà mai. Il termine per rilevare la società, fissato al 30 aprile 2017, non viene rispettato e, nonostante ulteriori proroghe, a luglio Baccaglini decade dalla carica di presidente a causa del naufragio della trattativa. I rosanero si trovano, quindi, nuovamente in difficoltà e a peggiorare le cose è la procura di Palermo, che presenta un’istanza di fallimento, ritenendo che la vendita del marchio Palermo prima alla Mepal e poi alla Alyssa, due società facenti parte del gruppo Zamparini, sia stata fatta solamente per generare crediti inesistenti.
Intanto, sul campo, il Palermo si laurea campione d’inverno tra i cadetti ma nel girone di ritorno inanella una serie di risultati negativi che costano il posto al mister Bruno Tedino in favore di Roberto Stellone. Ne scaturisce un quarto posto che determina la qualificazione ai playoff: il Palermo raggiunge la finale contro il Frosinone, vincendo 2-1 in casa ma cadendo per 2-0 in Ciociaria, risultato che decreta la mancata promozione Serie A.
Passano pochi mesi e a dicembre 2018 ecco l’annuncio della cessione del Palermo a un nuovo investitore, un gruppo inglese: la Sport Capital Investments. I britannici confermano l’acquisizione del 100% delle quote del Palermo, nominando come nuovo presidente l’imprenditore Clive Richardson. La vita di Sport Capital ai comandi del Palermo sarà tuttavia molto breve: il 5 febbraio 2019, dopo due mesi tutt’altro che indimenticabili, gli inglesi mollano, restituendo la società rosanero nelle mani di Daniela De Angeli, storica segretaria di Zamparini.
Il Palermo, intanto, disputa un ottimo campionato nonostante i giocatori rimangano a lungo senza percepire lo stipendio, tanto che per evitare penalizzazioni in classifica si ricorre all’aiuto dell’imprenditore Dario Mirri, che versa nelle casse rosanero circa 3 milioni di euro utili a pagare i calciatori. Il 3 maggio, quindi, ecco una nuova cessione societaria: questa volta alla Sporting Network, facente capo alla Arkus Network dei fratelli Walter e Salvatore Tuttolomondo.
Sul campo, il Palermo chiude al terzo posto, a -3 dalla promozione diretta, ma la situazione precipita: dieci giorni dopo la chiusura della stagione, il Tribunale della FIGC sancisce la retrocessione dei rosanero all’ultimo posto in campionato per illecito amministrativo.
Il Palermo presenta un ricorso che la Corte Federale accetta solo in parte: non più la retrocessione, ma una penalizzazione di 20 punti che impedisce alla squadra di partecipare ai playoff.
Sarà solo un passaggio intermedio che sposta la lancetta della fine un po’ più avanti. Le Aquile non salvano la categoria, dal momento che il 4 luglio la società rosanero viene esclusa dalla Serie B 2019-20 per la mancata presentazione della fideiussione necessaria per iscriversi al campionato, oltre al mancato pagamento degli stipendi ai calciatori negli ultimi tre mesi e di vari debiti sportivi. In aggiunta a ciò, la COVISOC contesta anche una sospetta ricapitalizzazione per più di 8 milioni di euro.
Ma com’è possibile che una società appena passata nelle mani di un nuovo e facoltoso proprietario rischi il fallimento in pochi mesi? Semplice: la Arkus Network dei Tuttolomondo non verserà mai un centesimo nelle casse del Palermo, arrivando addirittura a prosciugarle in favore delle tasche dei nuovi proprietari o di società fittizie a loro riconducibili. Si verrà addirittura a scoprire che Salvatore Tuttolomondo non ha mai rivestito alcun incarico formale all’interno della galassia Arkus, pur controllandone di fatto tutte le società. L’appello del Palermo non porta gli effetti sperati e tre mesi dopo, il 18 ottobre 2019, la società rosanero fallisce ufficialmente. Le Aquile sono costrette a ricominciare dalla Serie D.
Rinascita e nuove speranze
La nuova società prende il nome di SSD Palermo, guidata da quel Dario Mirri che aveva già tentato di aiutare il club nella precedente stagione, nonché pronipote del presidentissimo Renzo Barbera. La prima stagione del neonato Palermo vede immediatamente i siciliani conquistare la promozione in Serie C, dopo aver dominato il proprio girone. Il campionato 2020-21 è quello del ritorno al professionismo e dell’esplosione del giovane Lorenzo Lucca, che a Palermo troverà la sua stagione più prolifica con 13 reti.
Un’annata complessivamente altalenante, contraddistinta dai due derby vinti con il Catania e dal settimo posto finale, grazie ai 14 punti conquistati nelle ultime sei giornate. Una posizione che varrebbe i playoff, se non fosse per l’Avellino: gli irpini scavalcano i siciliani in virtù della regola del miglior piazzamento.
Sarà il preludio al tanto agognato ritorno in Serie B, che arriva nella stagione 2021-22: dopo il terzo posto – nel segno di uno straripante Matteo Brunori, autore di 29 reti che lo portano a sfiorare il record di Luca Toni – ai playoff il Palermo elimina Triestina, Virtus Entella e FeralpiSalò, prima di approdare alla finalissima contro il Padova. I siciliani si impongono sia all’andata che al ritorno, entrambe le volte per una rete a zero: all’Euganeo con gol di Roberto Floriano, al Barbera con il centro su rigore del solito Brunori.
Sebbene a tutt’oggi sia ancora il presidente, Dario Mirri ha ceduto la proprietà del club al City Football Group dello sceicco Manṣūr bin Zāyed Āl Nahyān, già proprietario di Manchester City, Troyes e Girona, tra le altre. Sotto la proprietà emiratina, il Palermo non è ancora riuscito a compiere l’ulteriore salto per tornare in Serie A, classificandosi nono nel campionato 2022-23 e sesto in quello 2023-24, dove il cammino ai playoff si è interrotto innanzi al Venezia, poi promosso in massima serie.
Nonostante non siano mai arrivati trofei, ad eccezione di una Coppa Italia di Serie C, quella del Palermo è una storia gloriosa e capace di far sognare migliaia di tifosi. Un bellissimo fiore nel desertico calcio meridionale, contraddistinto da progetti vincenti, scouting e valorizzazione dei giocatori. Due anni fa è venuto a mancare lo storico patron Zamparini, rendendo ancor più sbiadito l’ultimo ricordo nella massima serie dei siciliani.
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