Norman Mailer scriveva che tutti sanno chi sia Muhammad Ali. Una frase che si può applicare senza dubbio anche a Michael Jordan.
Esiste realmente qualcuno sulla faccia della terra che non sappia davvero chi sia Michael Jordan?
Direi di no. Forse, però, non tutti sanno che His Airness, dopo il ritiro da giocatore professionista, ha più volte provato ad avere successo anche come proprietario di una squadra. Gli è sempre andata parecchio male. Poi, nel 2021, ha deciso di lanciarsi nel campionato di corse automobilistiche NASCAR, creando un proprio team e la propria scuderia e, contro ogni pronostico, la cosa sta funzionando: per la prima volta nella sua vita da imprenditore sportivo sembra essere riuscito a creare un progetto vincente. Inoltre, il fatto che uno degli sportivi americani più famosi e amati della storia sia parte attiva della NASCAR sta generando per questo mondo nuove attenzioni e nuovi scenari commerciali.
Jordan proprietario: le esperienze negative in NBA
Michael Jordan non è mai stato uno come gli altri. Neanche quando si è trattato di ritirarsi, dal momento che lo ha fatto non una volta ma ben tre. Tra la prima e la seconda ha anche provato, con scarsi risultati, a diventare un giocatore di baseball. Tra il secondo e il terzo ritiro, ossia tra il 1998 e il 2001, ha invece vissuto la prima esperienza da proprietario e dirigente, prendendo in gestione la parte sportiva dei Washington Wizards. Le cose non sono andate molto bene, la squadra ha fatto registrare risultati talmente mediocri da fargli decidere di tornare in campo per risollevarne le sorti. Da proprietario, quindi, tornò giocatore per gli ultimi due anni di carriera, con una media punti superiore ai 20 per stagione ma senza mai raggiungere i playoff.
Nel 2006, quando era ormai effettivo il definitivo ritiro, ha avviato la sua principale esperienza come proprietario sportivo, quella alla guida degli Charlotte Bobcats (tornati a chiamarsi Charlotte Hornets durante l’era Jordan), squadra della Carolina del Nord, lo Stato dove non è nato ma in cui ha vissuto tutta l’infanzia fino a rappresentarne l’università sui campi della NCAA. Jordan è rimasto agli Hornets per 17 anni, i primi quattro da general manager e i successivi 13 come proprietario unico. Fino al 2023, quando ha venduto le quote di maggioranza. Anni in cui Jordan ha avuto un grosso impatto sul piano economico e societario, ma non su quello sportivo.
Se da un lato, come detto, ha cambiato il nome alla franchigia, riportando l’attuale – e più amato dai tifosi – nome Hornets e ha investito nelle strutture per permettere alla squadra di mantenere gli alti standard della NBA, dal punto di vista sportivo è invece andata malissimo. In 13 anni Charlotte non ha mai vinto una serie dei playoff e quando, nell’estate del 2023, MJ ha venduto le quote di maggioranza del club – per la non irrilevante somma di 3 miliardi di dollari – gli Hornets arrivavano da 7 anni di fila senza qualificarsi alla post season.
Un buon risultato economico quindi, ma un disastroso risultato sportivo. E, considerando che l’unica cosa che a Jordan piace più dei soldi è vincere, possiamo dire che fino ad allora la sua esperienza come dirigente di una società sia stata veramente pessima. Poi però è arrivata la NASCAR.
Team 23XI Racing
Nel 2021 Jordan, insieme al suo socio Denny Hamlin, ha acquistato per 20 milioni di dollari i diritti per far correre nei vari campionati NASCAR due vetture con i numeri 23 e 45, i due storici indossati da Michael nel corso della sua carriera NBA. Oltre alle macchine, i due hanno anche finanziato la costruzione di una serie di strutture per lavorare sullo sviluppo delle vetture in un’area da 114mila metri quadri. Nessuno ha mai diffuso la cifra ufficiale spesa, ma il socio di Jordan ha detto che è costata il doppio di quanto avevano previsto.
Inizialmente sembrava che Jordan avesse deciso di investire nella NASCAR più per fini sociali e di lotta al razzismo che per ragioni sportive. In quel momento infatti non esisteva nella NASCAR nessun team che fosse di proprietà di un afroamericano, tanto che lui stesso aveva detto chiaramente che l’investimento voleva proprio andare nella direzione della lotta al razzismo, vista la presenza storicamente molto bassa di afroamericani negli sport motoristici e, in particolare, nella NASCAR. Non a caso, per guidare la vettura venne scelto l’unico pilota afroamericano del circuito, Darrell Bubba Wallace Jr., una figura da sempre molto attiva nel difendere la causa dei neri in America.
Adesso però Jordan sembra averci preso gusto anche sul piano sportivo, perché le sue macchine, che ora sono guidate anche da altri due piloti – Tyler Reddick e Kurt Busch – stanno ottenendo grandi risultati. Nella gara corsa a Talladega, Alabama, per la prima volta da quando esiste la scuderia, Jordan ha assistito dal vivo alla vittoria di un suo pilota, nello specifico Reddick. Nell’intervista post gara, ancora in pista, Jordan, quasi commosso, ha detto:
Per me è come vincere una partita dei playoff, sono estasiato.
Per quanto possa suonare strano dirlo, queste soddisfazioni sono fondamentali perché Jordan possa risultare credibile anche come proprietario e dirigente. I suoi anni con scarsi risultati in NBA infatti gli hanno attirato molte critiche, ragion per cui His Airness non ha mai voluto rilasciare particolari dichiarazioni o interviste per parlare del perché non ottenesse risultati. Un tarlo che stava iniziando a rodere parecchio e il motivo per cui i successi nella NASCAR lo stanno particolarmente esaltando, tanto che ha già dichiarato:
Sono totalmente dentro questo progetto, mi piace un sacco e mi fa rivivere molta di quella competitività che vivevo nel basket.
Jordan non aspettava altro che avere finalmente dei buoni risultati da dirigente per poter togliersi qualche sassolino dalla scarpa, ma la sua presenza, il coinvolgimento e i successi dell’ex star dei Chicago Bulls non fanno bene solo al team e al suo ego estremamente competitivo, ma anche a tutta la NASCAR.
La crescita esponenziale del campionato NASCAR
Anche grazie alla presenza di Jordan, la NASCAR – che, per capirci, sono le classiche corse molto popolari negli Stati Uniti che si corrono nei circuiti ovali per centinaia di giri con incidenti estremamente spettacolari – sta conoscendo una nuova fase di popolarità e sviluppo. Anche in virtù della curiosità destata dalla presenza di Mj, Netflix ha lanciato lo scorso gennaio una serie tv dedicata al dietro le quinte del campionato, nello stile di Full Speed, che racconta la Formula Uno. Ma se questa serie e Netflix sono solo un indizio, una prova vera che le attenzioni attorno a questo sport e le ambizioni degli organizzatori stiano crescendo realmente arriva, come sempre, dalla vendita dei diritti tv.
Nel 2023 il campionato aveva addirittura visto calare il numero di spettatori, ma la presenza di Jordan e i suoi buoni risultati hanno permesso alla NASCAR di strappare un nuovo accordo, che partirà nel 2025, pari a 7,7 miliardi di dollari, il 40% in più di quello attuale. Una questione che a Jordan, ora che ha deciso di entrare definitivamente in questa nuova avventura, sembra stare parecchio a cuore, tanto che è pronto a fare causa a tutta la NASCAR con l’accusa di violare le leggi della legittima concorrenza.
I proprietari della NASCAR, storicamente, sono abituati a girare soltanto una parte degli introiti derivata dalla vendita dei diritti tv alle varie scuderie. Più che un accordo, si trattava di una concessione: le scuderie hanno sempre avuto poco spazio per provare a intavolare una trattativa, perché chi comanda la NASCAR le ha sempre minacciate – più o meno velatamente – di accettare quella proposta. Su chi si rifiutava pendeva la promessa del ritiro della licenza per correre. Fin qui ha sempre funzionato. Ora Jordan, sfruttando soprattutto il suo peso mediatico, sta provando a cambiare le cose. Se la causa lo vedrà perdente, dovrà accettare l’accordo o abbandonare il suo progetto; se dovesse vincere, invece, cambierebbe per sempre le dinamiche economiche della NASCAR. Cosa che, comunque, ha già iniziato a fare: Fox, NBC e Amazon sono tra i network che hanno comprato i diritti delle corse e la sola presenza di Jordan alle gare e la volontà di vedere cosa combina in questa sua nuova avventura ha attirato moltissime persone attorno al campionato, spingendo anche altre personalità dello show-business americano, come l’ex pugile Floyd Mayweather e il cantante Pitbull, a investire in alcune scuderie della NASCAR.
Inoltre la federazione che organizza il campionato ha iniziato a studiare nuove strategie per ampliare sempre di più il proprio mercato e il proprio bacino di appassionati, ad esempio portando le gare anche fuori dagli Stati Uniti. Ci sono già gare in Messico, Canada e Brasile, e il prossimo obiettivo è portarle anche in Europa, oltre a una serie di eventi d’esibizione in giro per gli Stati Uniti, finalizzati a mantenere viva l’attenzione degli americani.
Di recente ne è stato organizzato uno a Chicago. Una scelta non casuale, alla luce dell’amore che la città riversa costantemente per il più importante sportivo ad averla mai rappresentata. Un evento che ha fatto registrare quattro milioni di spettatori in tv, diventando il più visto dal 2017 ad oggi. Tutto questo ci racconta dell’incredibile voglia di Jordan di continuare a vincere: anche adesso che ha 61 anni, è ultra-miliardario ed è considerato in maniera pressoché univoca il miglior giocatore di sempre in NBA. Tutto ciò palesa però anche la necessità che hanno tutti gli sport di trovare nuove forme per richiamare l’attenzione su di sé. E in America poter contare su Jordan è un bel vantaggio.
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