Baroni alla Lazio sta facendo un gran lavoro

Lazio Baroni - Puntero

Da Maurizio Sarri a Igor Tudor fino a Marco Baroni. Nel giro di pochi mesi la Lazio ha attraversato tre idee calcistiche, tre modelli di gioco diversi. Nonostante questi cambiamenti repentini, il progetto tecnico in essere vede i biancocelesti arrivare alla seconda sosta per le nazionali al terzo posto in classifica. Dopo il successo casalingo contro l’Empoli infatti la Lazio di Baroni registra un totale di 13 punti conquistati in 7 giornate di campionato, gli stessi della Juventus e della sorprendente Udinese.

 

Che la compagine capitolina potesse far bene, vista la qualità della rosa a disposizione, rientrava nell’ordine delle cose. Ma che i risultati fossero così buoni, per una squadra che in estate ha perso elementi quali Ciro Immobile, Luis Alberto, Felipe Anderson e Daichi Kamada, questo probabilmente no. Merito di questo avvio di stagione che ha visto la Lazio registrare anche due vittorie in Europa League (contro Dinamo Kiev e Nizza, con un bilancio complessivo di 7 reti fatte e una sola subita) va ascritto al lavoro svolto da Baroni.

 

Il marchio di Baroni

Reduce da due salvezze consecutive conquistate alla guida di Lecce e Verona (due vere imprese), il tecnico fiorentino ha voluto sin da subito imporre il proprio marchio alla formazione biancoceleste. Abbandonata la strada del 4-3-3 palleggiato di Sarri e quella della difesa a tre fluida di Tudor, ecco che Baroni ha abbracciato un 4-2-3-1 estremamente dinamico e verticale. A cambiare sono stati proprio i concetti offensivi. La manovra laziale ora comincia a svilupparsi con l’obiettivo di raggiungere quanto prima i quattro riferimenti offensivi.

 

La priorità è quella di servire gli attaccanti esterni, per aggirare in ampiezza il blocco difensivo avversario. Quando infatti non c’è campo sufficiente per andare in verticale, la Lazio ricorre al cross come arma di rifinitura privilegiata. Questo è stato forse il cambiamento più evidente rispetto a un anno fa. Contando infatti sia la gestione Sarri che quella di Tudor, gli aquilotti nello scorso campionato erano fra le ultime compagini del campionato per quanto riguarda i cross prodotti, con una media di 16 a partita (dati whoscored). In questo campionato invece la media è salita a 27.

 

Sviluppo sulle fasce e ricerca della qualità

Proprio questo dato rende bene l’idea di quanto siano importanti esterni, ali e terzini nel sistema di Baroni. In questo senso, il tecnico della Lazio può contare sui vari Mattia Zaccagni, Pedro, Gustav Isaksen, Tijjani Noslin e Loum Tchaouna, quasi tutti in grado di poter ricoprire più posizioni nel quartetto offensivo. Pur nella differenza delle loro caratteristiche si tratta di elementi tutti in grado di creare superiorità numerica, così come di tagliare centralmente per liberare la fascia alle sovrapposizioni degli esterni bassi. La batteria di questi ultimi comprende giocatori offensivi come Manuel Lazzari e Nuno Tavares. Proprio l’esterno portoghese si è rivelato essere una efficace arma offensiva nell’arsenale a disposizione di Baroni.

 

L’ex Olympique Marsiglia è infatti difficile da contenere quando scende sulla corsia sinistra, agendo all’esterno o muovendosi anche nei corridoi più interni del campo, andando a coordinarsi con Zaccagni. L’arrivo di Tavares, oltre ad aver avuto un impatto positivo sulla manovra biancoceleste, ha anche risolto l’annosa questione del terzino sinistro mancino di alto livello, che alla Lazio mancava da tempo.

Funzionali ad un possesso verticale sono anche i due mediani. A costo di avere qualche problema nella gestione delle transizioni avversarie, infatti, Baroni tende a riempire i posti di titolari del centrocampo con giocatori votati al palleggio e di buona qualità tecnica, come sono Nicolò Rovella e Mattéo Guendouzi. Il francese, in passato visto all’opera anche come trequartista (nel 3-4-2-1 di Tudor al Marsiglia) trova invece ora nella posizione di interno di centrocampo la sua collocazione ideale nella Lazio di Baroni. Agendo in questa posizione, l’ex Arsenal è in grado di sfruttare la sua tecnica e le sue qualità nel gioco associativo in fase di sviluppo della manovra, aiutando la squadra a connettere i sei giocatori dietro – i quattro difensori e i due interni di metà campo – con i quattro riferimenti più avanzati.

All’interno di questo contesto tattico è poi da sottolineare l’utilizzo che Baroni fa del trequartista e della punta centrale. I due giocatori titolari, il Taty Castellanos e Boulaye Dia, sono infatti due attaccanti. Con la rifinitura affidata soprattutto alle coppie esterne composte da terzino e ala, Baroni non ha bisogno di avere un numero 10 classico a ridosso del suo centravanti, preferendo invece un giocatore che sappia sì venire incontro per dialogare con i compagni sulla trequarti, ma che sia in grado anche di andare ad accoppiarsi alla prima punta per riempire l’area avversaria quando arrivano i palloni messi in mezzo dalle fasce. Per questo i due riferimenti centrali dell’attacco biancoceleste sono essenzialmente intercambiabili, in grado cioè di occupare gli stessi spazi e di svolgere le medesime funzioni all’interno della gara.

 

Cosa dicono le statistiche della Lazio

Che la fase offensiva della Lazio funzioni lo confermano i dati Opta. In base a questi, i biancocelesti si ritrovano nella parte alta delle graduatorie relative a non penalty expected goals prodotti (10,63), xG per tiro sempre escludendo i rigori (0,11) e percentuale di conclusioni che vengono indirizzate nello specchio della porta avversaria (13,27%). Se questa produzione offensiva ha per contraltare qualche rischio difensivo, soprattutto in transizione, Baroni accetta il compromesso. Tanto più che, a fronte di 11 reti incassate, il dato relativo agli expected goals concessi vede i laziali come la terza retroguardia della massima serie con 7,61.

L’atteggiamento generale in fase di non possesso non è improntato ad un pressing esasperato, con la squadra biancoceleste che predilige generalmente ripiegare su linee di campo medie, coprendo i corridoi centrali del campo e favorendo la creazione di spazio alle spalle dell’ultima linea avversaria, da attaccare poi con rapide verticalizzazioni.

Arrivati a questo punto del campionato, con appena 7 partite disputate, è presto per dire quali possano essere le reali ambizioni della Lazio di Baroni. Di certo la partenza è buona e il tecnico, pur lavorando in una città che chiede molto alle sue squadre, avrà la tranquillità di non dover per forza centrare un grande risultato. L’ambizione europea c’è ma l’importante è che non diventi un obbligo. Se l’ambiente riuscirà a lasciar lavorare Baroni con serenità, ecco allora che il tecnico toscano potrebbe finire per portare questa Lazio più in alto di quanto fosse possibile immaginarsi nel giorno del suo insediamento.

 


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