La sentenza Diarra può cambiare il calcio per sempre

Sentenza Diarra - Puntero

Il mondo del calcio sembra procedere sempre più spedito verso lo scoppio di un conflitto senza precedenti che coinvolgerebbe club, federazioni e giocatori, tra cause legali promosse dalla FIFPro contro la FIFA, richiami sempre più espliciti allo sciopero da parte di giocatori molto importanti e rivendicazioni dei proprietari che da anni vorrebbero vedere le imposte sul reddito scaricate sui giocatori per alleggerire i propri bilanci.

Le posizioni dei tre attori in questione sembrano più che mai inconciliabili, senza dimenticare un certo grado di incomunicabilità che non favorisce alcuna mediazione. Da un lato i giocatori, veri protagonisti e motore del prodotto calcio, che come detto minacciano ormai apertamente lo sciopero e chiedono la riduzione del numero di incontri. I calendari dei giocatori di buon livello, infatti, hanno ormai toccato le 60 partite a stagione, con tempi di recupero sempre più compressi e il conseguente aumento esponenziale del rischio infortuni. Dall’altra parte della barricata invece, ci sono la FIFA e le federazioni collegate, che per raccogliere sempre più denaro e distribuirlo alle federazioni stesse e ai club, aumentano il numero delle competizioni e le partite da disputare nei tornei già esistenti.

Il terzo attore della vicenda sono i club, veri e propri buchi neri che bruciano quantità di denaro mostruose ogni anno, frutto di un sistema che per conformazione non può che essere un generatore di debito. Ciò determina una sempre maggior fame di introiti, come dimostra la questione della SuperLega: in poche parole, le società accettano questo sistema per incassare maggiori emolumenti, pur esponendosi a rischi sempre più grandi di perdere per infortunio i propri giocatori per lungo tempo.

 

La sentenza della Corte di Giustizia sul caso Diarra

In questo clima di tensione è arrivata, dopo dieci anni di controversie, una sentenza che potrebbe riscrivere completamente gli equilibri di potere nel calcio, impattando il mondo del pallone con una forza addirittura superiore a quanto fece la celebre sentenza Bosman nel 1995. La vicenda inizia nell’estate del 2014, quando Lassana Diarra, all’epoca legato da un accordo triennale con la Lokomotiv Mosca, rescinde per questioni economiche. Il club moscovita, dal canto suo, sostiene che il giocatore abbia interrotto il contratto senza giusta causa, scegliendo di portare la questione di fronte alla Camera di Risoluzione delle Controversie della FIFA al fine di ottenere un risarcimento danni dal giocatore.

Diarra intanto viene cercato da un’altra squadra, disposta a ingaggiarlo a una condizione: la FIFA dovrebbe garantire circa il suo stato di free agent e in merito al fatto che eventuali penali o danni in favore del club russo, non sarebbero ricaduti sul club acquirente. La FIFA non dà parere favorevole e l’affare di conseguenza non va in porto. A questo punto è Lassana Diarra a intraprendere un’azione legale e cita in giudizio la FIFA e la federazione del club acquirente per il mancato guadagno.

Il 3 ottobre la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è definitivamente pronunciata a favore di Diarra, dichiarando come le disposizioni della FIFA siano contrarie alle leggi europee in termini di limitazione alla libera circolazione, in particolare asserendo che “le norme in questione sono tali da ostacolare la libera circolazione dei calciatori professionisti che desiderano sviluppare la propria attività andando a lavorare per un nuovo club”.

Allo stato attuale infatti, è virtualmente impossibile per un calciatore lasciare il club di appartenenza a meno che non paghi una somma corrispondente all’ammontare dei suoi stipendi fino alla fine del contratto – come successo a Rafael Leão quando si trasferì dallo Sporting Lisbona al Lille, in maniera ritenuta illegittima dalla FIFA – oltre a un risarcimento danni. Senza contare che il nuovo club di destinazione potrebbe essere esposto a sanzioni sportive, che possono portare fino all’annullamento del tesseramento. Con quest’ultima sentenza, invece, la Corte di Giustizia ha spazzato via molte di queste misure, sancendo che il principio della libertà di movimento si oppone alle regole scritte dalla FIFA.

 

Le possibili conseguenze

È complesso prevedere ora cosa accadrà al sistema del player trading e in generale al calciomercato ma sembra evidente che l’impatto sarà molto significativo. Attualmente l’esito più probabile è che diventi obbligatorio inserire in ogni contratto professionistico una clausola rescissoria che permetta di sciogliere il contratto in qualsiasi momento versando la cifra indicata. Ciò consentirebbe al calciomercato – e quindi ai club che di questo vivono – di continuare a esistere e sostenersi, pur spostando notevolmente gli equilibri di potere. Il sistema calcio farebbe così un passo ulteriore verso il modello sportivo americano, dove il player empowerment ha nel tempo ridisegnato completamente l’assetto del professionismo e con esso i salari e il modo di acquisire e cedere i giocatori. Tuttavia potrebbe anche essere il giusto casus belli per far deflagrare un conflitto latente e portare stravolgimenti che attualmente non riusciamo nemmeno a figurarci.

 


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