Quella volta che l’Inter arrivò ultima ma non retrocesse in Serie B

Inter Serie B - Puntero

Mai stati in B” è uno dei vanti e degli slogan più sbandierati dai tifosi dell’Inter, specie dopo i fatti di Calciopoli che hanno portato alla retrocessione d’ufficio in Serie B della Juventus. Un esito determinato dalla sentenza d’appello della Corte Federale del 25 luglio 2006 unitamente a 17 punti di penalizzazione, la revoca di due scudetti, la squalifica del campo per tre turni e una multa di 120.000 euro. I rivali milanisti, invece, hanno conosciuto l’onta della Serie B in due occasioni: nella stagione 1979-80 a causa del coinvolgimento nello scandalo Totonero del loro presidente Felice Colombo e nel campionato 1981-82, stavolta sul campo, a seguito del terzultimo posto in classifica con soli 24 punti in 30 partite.

Proprio Colombo è un cognome di particolare rilievo nella storia che stiamo per raccontarvi.
Una questione che i tifosi nerazzurri sono soliti derubricare come “leggenda metropolitana” al contrario dei sostenitori di Juventus e Milan, che tentano di togliere dalla bocca degli interisti quel lustro della mai avvenuta retrocessione. Secondo la ricostruzione, l’Inter nella stagione 1921-22 avrebbe dovuto retrocedere a causa dell’ultimo posto in classifica al termine del campionato. Ma cosa successe davvero?

 

1920, il Progetto Pozzo

Dopo la Prima Guerra Mondiale, il campionato italiano di calcio riparte nella stagione 1919-20 sotto l’egida della FIGC con quasi 70 società iscritte. Ad aggiudicarsi il titolo nel primo anno post-bellico è l’Inter – al secondo Scudetto dopo quello del 1910 – forte del contributo di giocatori di prim’ordine quali il bomber italo-svizzero Ermanno Aebi, quattro dei cinque fratelli Cevenini e il portiere Piero Campelli, che insieme ad Aebi. L’Inter sbaraglia la concorrenza di Genoa e Juventus nelle finali interregionali e, nella finalissima disputata a Bologna il 20 giugno 1920, supera non senza fatica la sorpresa Livorno per 3-2.

Tuttavia, gli anni che seguiranno non saranno così esaltanti per la Beneamata. Già nel luglio del 1920 l’affollamento della Serie A, allora chiamata Prima Divisione, è oggetto di grande discussione nell’assemblea federale. Un contesto che vede la partecipazione di oltre 150 delegati dei 47 club iscritti, prevalentemente liguri e piemontesi, che danno vita a una prima spaccatura in seno alla FIGC, creando la Lega Italiana del Gioco del Calcio.

La FIGC affida allora l’incarico di studiare un progetto di riforma a Vittorio Pozzo, già commissario tecnico della Nazionale italiana ma ancora lontano dai grandi successi internazionali che arriveranno negli anni ’30, con i due Mondiali vinti nel 1934 e nel 1938 e l’oro olimpico – l’unico nella storia calcistica azzurra – del 1936. Il tecnico si mette al lavoro e formula la sua proposta, che passerà alla storia come Progetto Pozzo: un torneo di Serie A con 24 squadre suddivise in due raggruppamenti, Centro-Nord e Centro-Sud, con la finale secca a mettere di fronte le due formazioni vincitrici. In attesa che si prenda una decisione sul nuovo format, il campionato 1920-21 parte con una struttura elefantesca e bizzarra.

Al via si presentano infatti 88 squadre – il più elevato numero di partecipanti di ogni tempo alla nostra massima serie – suddivise in diversi gironi. Al termine di una stagione estenuante per numero di gare disputate, a spuntarla è l’Unione Sportiva Pro Vercelli, che ha assunto questa denominazione a seguito della fusione con l’U.S. Vercellese. I piemontesi, dopo aver superato nelle finali zonali il Bologna, si aggiudicano il sesto Scudetto della loro storia battendo per 2-1 il Pisa. Con i toscani ancora inebriati dopo aver inflitto ai rivali storici del Livorno un’umiliante sconfitta nel sentitissimo derby toscano il 24 luglio 1921 in quel di Torino.

Nello stesso giorno della finale, sempre a Torino, l’inatteso colpo di scena: l’assemblea federale si riunisce per ratificare il Progetto Pozzo, ma l’obiettivo fallisce clamorosamente. Un incontro tra le piccole società, che si erano coalizzate per dare battaglia alle big, aveva fatto saltare la riforma del calcio italiano. Al momento della votazione il risultato è di 113 voti contrari a fronte dei 65 favorevoli: la formula Pozzo non diventerà realtà. A questo punto la spaccatura diventa insanabile: le società maggiori si svincolano dalla FIGC e fondano la Confederazione Calcistica Italiana, in sigla CCI. Presidente della neonata Confederazione è l’avvocato Luigi Bozino, già dirigente della U.S. Pro Vercelli Campione d’Italia in carica.

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Una formazione dell’Inter campione d’Italia 1919-20

 

Lo scisma del 1921-22

L’annata 1921-22 è a dir poco particolare. Come accennato prima, le società più ricche ora aderenti alla CCI organizzano un campionato parallelo, la Prima Divisione. La FIGC, invece, si ritrova a gestire una Prima Categoria di valore ridotto, con contendenti provinciali non paragonabili alle confederate. La Serie A col modello a girone unico come la conosciamo oggi sarebbe nata solo nel 1929-30, campionato peraltro vinto proprio dall’Inter, trascinata dai goal di Giuseppe Meazza. Fino ad allora, non sarebbe esistita la denominazione Serie A o Serie B, ma solo Prima e Seconda Divisione.

La stagione 1921-22 è talmente tormentata che, di fatto, si giocano due distinti campionati di massima serie. Sono quindi due squadre diverse a laurearsi campioni d’Italia: la Pro Vercelli, che sconfigge la Fortitudo Roma nel campionato CCI, e la Novese, che si assicura l’unico Scudetto della sua storia nello spareggio con la Sampierdarenese al culmine del torneo disputato sotto l’egida della FIGC. Il settimo titolo della Pro Vercelli, che eguaglia provvisoriamente il primato del Genoa, sarà il canto del cigno per la società piemontese: da quel momento in poi non riuscirà più a vincere nessun Tricolore. La tribolata stagione vede anche l’introduzione di una nuova competizione di successo, la Coppa Italia. Ad aggiudicarsi la prima edizione, a sorpresa, è il club ligure del Vado dopo i tempi supplementari contro l’Udinese.

Si tratta di uno scisma senza eguali nel calcio italiano. Una spaccatura nata dalla richiesta delle big del Nord alla FIGC di poter disputare un campionato con meno squadre coinvolte. Un’istanza in grado di scatenare la rivolta delle medio-piccole, soprattutto del Sud, tanto da portare a un vero e proprio terremoto interno.
E così, mentre il torneo FIGC va in archivio senza emozionare neanche gli organizzatori, quello della concorrente CCI si afferma con il nome di Prima Divisione e schiera tutti i club più forti d’Italia. Nel dettaglio, le ventiquattro società settentrionali formano la Lega Nord e vengono divise in due gruppi, con l’accortezza di distribuire in gironi diversi le formazioni della stessa città o di zone limitrofe. Una suddivisione finalizzata ed evitare la creazione di una sorta di “Serie A e Serie B geografiche” già sul nascere.

Ogni girone si articola su partite di andata e ritorno. Al termine del campionato, la prima classificata si qualifica per la finale contro la prima dell’altro gruppo, mentre le ultime giocano gli spareggi interdivisionali contro le migliori della Seconda Divisione. Altra musica, invece, nella Lega Sud, dove non si riescono a organizzare due gironi omogenei e tutto viene gestito su base regionale, proprio come ha sempre fatto la tanto vituperata FIGC. Al Nord il campionato è un successo e anche nel Mezzogiorno il pubblico risponde bene, sebbene in alcune regioni – la Sicilia su tutte – le violenze tollerate in campo portano le squadre più tecniche a minacciare il ritiro.

L’Inter fa parte dei “ribelli” e quindi prende parte al torneo della CCI. Ma visto che la partecipazione al “falso campionato” li avrebbe estromessi dal giro della Nazionale, i migliori giocatori nerazzurri, che solo due anni prima hanno vinto lo Scudetto, si accasano in altre squadre militanti nella divisione FIGC. L’Inter perde in questo modo il suo uomo di maggior talento, Luigi Cevenini III detto Zizì, reduce dai 31 gol nella stagione precedente. Assieme ai suoi fratelli Aldo (I) e Mario (II), anch’essi in forza ai nerazzurri, Zizì raggiunge il quinto componente della dinastia, Carlo, già membro dei campioni FIGC della Novese, società di Novi Ligure. Assieme a loro saluta i milanesi anche l’attaccante Giuseppe Asti.

Proprio a causa di queste defezioni, la rosa nerazzurra è talmente rimaneggiata da arrancare in campionato. L’Inter arriva ultima nel suo girone con soli 11 punti, frutto di 3 vittorie e 5 pareggi in 22 giornate, con 29 gol fatti e 66 subiti. Si tratta, senza ombra di dubbio, del peggior risultato di sempre del club dalla sua fondazione avvenuta nel 1908. Il futuro è in bilico: il regolamento della CCI prevedeva inizialmente la retrocessione diretta delle ultime due classificate dei gironi zonali di Prima Divisione, a fronte della promozione delle prime due formazioni della Seconda Divisione.

In un secondo momento viene invece stabilito di procedere con diversi spareggi per ciascuna zona geografica. Le ultime del torneo più prestigioso contro le prime dell’antenata della nostra Serie B. Ma non andrà esattamente così perché i due enti contrapposti, FIGC e CCI, riallacciano il dialogo e in tempi rapidi si giungono a un’intesa: i club “secessionisti” rientrano in FIGC in cambio di una riduzione parziale delle squadre partecipanti, sulla base dei titoli sportivi e, soprattutto, della solidità economica. Questo accordo è il famoso Compromesso Colombo.

 

Il Compromesso Colombo

L’incarico di trovare una soluzione allo scisma è affidato al direttore della Gazzetta dello Sport Emilio Colombo. La sua proposta di riforma dei campionati, presentata il 22 giugno 1922, prenderà il nome di Compromesso Colombo o anche Lodo Colombo e stabilisce, tra gli altri, alcuni punti di particolare rilevanza:

  1. CCI e FIGC sarebbero state riunificate mediante lo scioglimento della CCI e il reintegro delle società secessioniste nei ranghi federali;
  2. Il campionato 1922-23, ora denominato Prima Divisione, sarebbe stato composto nella zona settentrionale da 36 squadre suddivise in tre gironi. La gestione operativa sarebbe stata demandata integralmente alla Lega Nord e alla Lega Sud della disciolta CCI, ora integrate nell’organigramma della FIGC;
  3. Le società affiliate alla FIGC sarebbero state ridistribuite su quattro livelli: in particolare, sempre con riferimento al Nord, la Prima Categoria sarebbe stata scissa in Prima e Seconda Divisione a carattere nazionale e gestite dalla Lega Nord, mentre i comitati regionali federali avrebbero continuato a organizzare i campionati regionali, dove le precedenti categorie Promozione e Terza Categoria sarebbero state trasformate in Terza e Quarta Divisione;
  4. La FIGC avrebbe riconosciuto piena validità al titolo di campione d’Italia guadagnato dalla Pro Vercelli nel concluso torneo confederale.

Fissato dunque a 36 il numero delle partecipanti al nuovo campionato, Colombo individua le squadre ammesse mediante i seguenti criteri:

  • 12 club provenienti dalla disciolta CCI. Nello specifico, le prime sei classificate di ciascuno dei due gironi del Nord (Pro Vercelli, Novara, Bologna, Mantova, Andrea Doria e Juventus nel Gruppo A, Genoa, Alessandria, Pisa, Modena, Padova e Casale nel Gruppo B);
  • 12 provenienti dalla Prima Categoria della FIGC, ovvero i campioni e i vicecampioni di ciascuno dei sei gironi regionali (Sampierdarenese e Speranza Calcio in Liguria, Novese e U.S. Torinese in Piemonte, Esperia Como e Cremonese in Lombardia, Petrarca Padova e Udinese in Veneto, SPAL e Virtus Bolognese in Emilia, Pro Livorno e Lucchese in Toscana);
  • 6 come ulteriore riconoscimento del tasso tecnico del concluso torneo della CCI, prese dalle squadre classificate fino al nono posto di ciascuno dei due gironi (Verona, U.S. Milanese e Milan nel gruppo A, Legnano, Savona e Torino nel gruppo B);
  • 6 club determinati da incontri di spareggio tra squadre federali e confederali;

L’esito del Compromesso Colombo è una schiacciante vittoria delle grandi società sulla federazione. La progettata riduzione a 24 squadre del torneo a partire dal 1923 comporta de facto la totale accettazione del Progetto Pozzo da parte della FIGC, con due anni di ritardo. Intanto, delle 36 società ammesse al campionato 1922-23, ben 23 provengono dalle fila della disciolta Confederazione e solo 13 dal debole torneo federale. Le piccole società amatoriali sono definitivamente indirizzate verso il dilettantismo locale, mentre si aprono le porte a un torneo professionistico fra le squadre metropolitane. Quello che nel giro di pochi anni si concretizzerà nella Serie A. Nell’ultimo punto si accenna allo spareggio tra le squadre di Prima e Seconda Divisione, una formula molto simile ai moderni playout. È proprio questo spareggio che dà origine alla storia sul presunto salvataggio dell’Inter dalla Serie B soltanto grazie al Compromesso Colombo.

Le sei squadre a cui fare disputare gli spareggi della FIGC sarebbero state individuate a loro volta in un turno preliminare – in gara secca e campo neutro per abbreviare i tempi – tra le terze e quarte classificate dei sei raggruppamenti regionali, togliendo ogni possibilità di salvezza a numerose squadre peggio piazzate nel campionato federale ma che, comunque, non erano retrocesse sul campo. Le sei partecipanti confederali sarebbero state invece le restanti quattro società ad avere acquisito sul campo il diritto a partecipare alla Prima Divisione CCI della stagione successiva (le decime e undicesime classificate dei due gironi di Lega Nord).

A queste squadre si sarebbero aggiunte le due vincitrici degli spareggi salvezza-promozione già previsti dal regolamento del campionato CCI, modificato secondo la Norma Campi nel 1921. Si tratta di scontri interdivisionali tra le ultime classificate dei gironi settentrionali della Prima Divisione, ovvero Vicenza e Inter, e le prime classificate della Seconda Divisione, nello specifico Derthona e Sport Club Italia. La Norma Campi è una regola transitoria proposta dall’avvocato Campi durante una riunione del direttorio della Lega Nord piuttosto controversa, in quanto deliberata senza informare le dirette interessate.

Tanto da suscitare la giusta protesta dei delegati delle società di Seconda Divisione, sul piede di guerra perché avevano aderito alla CCI dopo aver preso visione dello statuto che conteneva una disposizione contraria. Nonostante il suggerimento di Campi di dare maggior peso alle partecipanti al CCI – con 24 ammesse dalla Prima Divisione, le due migliori classificate della Seconda Divisione e solo 10 della FIGC – si sarebbe disputata una serie di spareggi che avrebbe riguardato, per l’appunto, anche i nerazzurri.

 

Gli spareggi

Apparentemente, la strada si mette parecchio in salita per l’Inter. Perché i nerazzurri, anziché giocare un solo spareggio come originariamente previsto dal regolamento confederale, dovranno disputarne due. La sfida del turno preliminare CCI è il derby in gara secca contro lo Sport Club Italia, secondo classificato della Lega Nord della Seconda Divisione CCI. Ancora oggi, tra i tifosi dei club rivali del Biscione, si insinua il sospetto che ci fosse qualcosa di organizzato, con l’Inter che avrebbe truccato l’esito dello spareggio, sebbene non esistano prove di alcun tipo a sostegno di questa tesi.

La gara è fissata per il 2 luglio 1922 e dovrebbe disputarsi nello Stadio di via Goldoni, il terreno di gioco dei nerazzurri. Il condizionale è d’obbligo, perché di fatto sono passati tre mesi dalla fine del campionato CCI e per lo Sport Club Italia è un vero problema mettere insieme 11 giocatori: molti sono infatti impegnati nel servizio militare, senza dimenticare la crisi societaria che porterà allo scioglimento della sezione calcistica della polisportiva meneghina. È per questo motivo che l’avversario comunica anticipatamente all’Inter la propria rinuncia alla partita. I nerazzurri vincono così a tavolino 2-0 e avanzano agli spareggi misti con squadre della FIGC. A questo punto è tutto pronto per l’ultimo atto: nelle domeniche del 9 e 16 luglio si svolgono le sfide valide per l’assegnazione degli ultimi sei posti disponibili per la stagione entrante.

In base al regolamento, si tiene conto solo dell’esito finale delle due gare, indipendentemente dal numero di gol segnati: si considerano 2 punti per ogni vittoria, 1 per ogni pareggio e 0 per ogni sconfitta e in caso di ulteriore parità si procede con una nuova sfida secca per dipanare eventuali dubbi. Per il secondo turno degli spareggi l’Inter pesca la Libertas Firenze, che nel turno preliminare FIGC ha sconfitto un’altra società milanese, l’Enotria Goliardo, per 2-1. Nel match di andata, giocato a Milano il 9 luglio 1922, l’Inter travolge con un perentorio 3-0 i fiorentini grazie alla doppietta di Tullio Aliatis e al gol Aebi, mentre il ritorno a Firenze termina 1-1, con vantaggio toscano firmato al 29’ da Giulio Mattei e decisivo pareggio a un quarto d’ora dal termine siglato ancora da Aebi. Un gol che regala la Prima Divisione ai nerazzurri.

A prescindere dalle polemiche sull’esito della sfida con lo Sport Club Italia, la decisione di Colombo sugli spareggi appare comunque discutibile, avendo estromesso d’ufficio dalla massima serie molte squadre sotto l’egida FIGC che avevano pieno diritto a parteciparvi, senza concedere loro la possibilità di salvarsi mediante un torneo di qualificazione. Anche nei ranghi confederali c’erano storture, come il coinvolgimento negli spareggi di ammissione di formazioni già certe della salvezza al termine della stagione precedente – Brescia, Spezia, Venezia e Livorno – e la condanna di Inter e Vicenza, ultime classificate, a due turni di spareggi per evitare la discesa tra i cadetti in luogo dell’unico turno originariamente previsto.

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Una curiosa foto in cui compare (sulla destra) Ermanno Aebi, eroe della salvezza nerazzurra del 1922

 

Mai stati in Serie B, quindi?

Possiamo quindi dire che l’Inter non è mai stata ufficialmente in Serie B? Sicuramente sì, ma occorre procedere con cautela. La versione più chiacchierata dei fatti è che l’Inter, nella stagione 1921-22, arrivò ultima nel Girone A di Prima Divisione del campionato CCI e che, con la riunificazione dei tornei, evitò la B grazie al Compromesso Colombo. Tuttavia, la CCI aveva già stabilito nell’estate del 1921 che le ultime classificate nei due gironi avrebbero dovuto giocarsi la permanenza in Prima Divisione in uno spareggio con le vincenti della Seconda Divisione.

Insomma, anche il regolamento originale del 1921 garantiva all’ultima classificata – l’Inter, per ciò che ci interessa – di non retrocedere direttamente e di giocarsi le proprie chance con uno spareggio. Benché la Norma Campi fosse stata particolarmente contestata e avesse mutuato l’iniziale piano CCI che prevedeva la retrocessione diretta per le ultime classificate, rappresentando l’argomentazione più fondata tra quelle sostenute dai tifosi rivali della Beneamata. Adesso sappiamo anche quanto successo dopo: se è vero che il primo spareggio è stato vinto solo per ritiro dell’avversario, è altresì un fatto che per effetto – e non merito – del Compromesso Colombo l’Inter dovette affrontare un ulteriore e successivo dentro o fuori per qualificarsi alla Prima Divisione 1922-23, stavolta imponendosi sul campo contro i fiorentini della Libertas.

L’Inter dunque non è mai finita in Serie B né in una serie equivalente, pur disputando i playout e rischiando la retrocessione. E per quanto previsto dal regolamento, quindi, l’Inter si è guadagnata il diritto di fregiarsi ancora oggi, unico club in Italia dopo Calciopoli, dello slogan: “Mai stati in B”.  

 


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Di Filippo Pelucchi

Ex studente di filosofia. Le mie passioni principali sono fare ricerca e scrivere. Classe '99, milanista di nascita e anche un poco idealista. Giocatore preferito: Andrea Pirlo.