Tutte le storie hanno un finale, bello o brutto che sia. E purtroppo anche quella di Salvatore Schillaci è arrivata al capitolo conclusivo. Sì perché Totò, il simbolo delle Notti Magiche di Italia 1990, ci ha abbandonati a soli 59 anni, meno di vent’anni dopo la fine del proprio percorso calcistico. Una carriera fatta di alti e bassi ricordata soprattutto per la meravigliosa aura che lo ha circondato e accompagnato in quell’estate italiana, ma costituita anche da un percorso con i club che lo ha portato dalla C2 ai palcoscenici più importanti del calcio mondiale.
Schillaci, da Palermo a Messina
Nato e cresciuto a Palermo, il giovane Salvatore nel 1980, a 16 anni, entra nelle giovanili dell’Amat Palermo, una piccola squadra di quartiere in cui inizia a farsi notare al fianco degli altri talenti locali, su tutti Carmelo Mancuso. Le prestazioni dei due sono diverse da quelle degli altri, tanto che il club rosanero si fa avanti nel tentativo di acquistare entrambi i giocatori. Tuttavia entrambi finiscono al Messina, che decide di versare nelle casse dell’Amat pochi milioni in più rispetto alle società concorrenti.
Sotto la guida del Professore Franco Scoglio prima e di Zdeněk Zeman poi, Schillaci si prepara a spiccare il volo verso il calcio che conta. Alla prima stagione in maglia giallorossa (1982-83) ottiene la promozione dalla C2 alla C1, mentre nell’annata 1985-86 contribuisce con 11 reti al salto dalla C1 alla B. Sembra il preludio a un’ascesa straordinaria, ma nel 1987 due interventi al menisco ne compromettono la stagione.
L’anno seguente però Totò si rifà con gli interessi, timbrando il cartellino ben 13 volte e lasciandosi definitivamente alle spalle gli infortuni. È nel 1988-89 però che arriva la svolta: sulla panchina del Messina non siede più Scoglio, un allenatore che Salvatore ha sempre definito come un padre, quello che più di tutti ha creduto in lui, quello che lo caricava dicendogli di essere meglio di Pelè. Al suo posto arriva Zeman, già all’epoca famoso per il gioco offensivo e i carichi di lavoro massacranti. Carichi che, come rivelerà Schillaci, si riveleranno fondamentali per il suo exploit, che lo porta a laurearsi capocannoniere di Serie B con 23 gol.
La chiamata della Juventus
A Messina era sbocciato un amore calcistico profondo tra il bomber di Palermo e l’allenatore boemo. Nell’estate del 1989 però arriva l’offerta della Juventus. Irrinunciabile. Il procuratore di Totò, Antonio Caliendo, che ha sia una grande fiducia nel suo assistito e una discreta faccia tosta, per primo telefonò all’allora presidente bianconero Giampiero Boniperti incolpandolo di non essersi accorto delle qualità espresse dall’attaccante siciliano. Dopo un primo momento di titubanza, il numero uno della Juventus si accorda con Caliendo che promette di parlare in prima persona con Salvatore Massimino, numero uno del Messina.
Sebbene in prima battuta risulta abbastanza contrariato, anche il patron messinese si lascia convincere da Caliendo, che a quel punto informa il proprio Totò del possibile trasferimento a Torino. Schillaci è incredulo, gli sembra impossibile che tutto ciò stia accadendo proprio a lui. Ma è tutto vero. A tre minuti dalla fine del mercato, nella sede della Lega a Milano le due parti si accordano e Schillaci firma il contratto. Dopo 256 presenze di cui 219 in campionato – il secondo più presente di sempre dietro Angelo Stucchi – e 77 gol – il secondo più prolifico di sempre dietro Renato Ferretti – Totò lascia Messina e approda in Serie A, pronto per vestire la gloriosa maglia della Juve, il tutto per 6 miliardi di lire. A 25 anni, quel calcio che tanto aveva sperato potesse dargli abbastanza da mettere il pane in tavola, gli presenta l’occasione della vita.
In coppia con Pierluigi Casiraghi il siciliano fa sin da subito faville e, sotto la guida di Dino Zoff, conclude una prima stagione in bianconero da incorniciare. Segna 15 gol in 30 match di campionato, alcuni di pregevole fattura come la rovesciata contro il Genoa del “suo” Scoglio, altri di rapina come quello segnato al grande Milan di Arrigo Sacchi.
Non solo gol da uomo d’area: quello di Schillaci era un reportorio ampio, che comprendeva anche il tiro da fuori e alcune soluzioni di potenza su calcio piazzato
Già, perché Totò aveva grandi colpi ma era soprattutto un bomber di razza, una di quelle punte che convivono con un’ossessione e che vivono per il gol, uno di quelli che compensano una tecnica rivedibile con un tempismo e una cattiveria invidiabili. Qualche anno dopo Pippo Inzaghi erediterà la torcia da goleador italiano non raffinato ma letale. La cavalcata d’esordio in Serie A si chiude soltanto al quarto posto ma, con altri 6 gol complessivi, Totò contribuisce alla doppietta Coppa Italia-Coppa UEFA, vinte rispettivamente contro Milan e Fiorentina e si guadagna una chiamata ancora più importante di quella fatta alcuni mesi prima dal suo procuratore.
Ignorato per tanti, troppi mesi, Totò-gol viene convocato in Nazionale per l’amichevole pre-mondiale contro la Svizzera giocata il 31 marzo a Basilea. Al momento della diramazione dei convocati per la spedizione azzurra, Schillaci sente anche il proprio nome. Il test è superato: Salvatore Schillaci, che fino all’estate 1989 ha giocato in B con il Messina, viene scelto da Azeglio Vicini per far parte della nazionale che giocherà il Mondiale in casa. Un sogno ad occhi aperti per il bomber dallo sguardo spiritato.
Le Notti Magiche di Italia 90
Dopo il successo di Spagna 1982 e la delusione di Messico 1986, complice sia una grande squadra che il fattore campo, l’Italia si presenta al torneo tra le favorite. Siamo nel girone con Cecoslovacchia, Stati Uniti e Austria, che affrontiamo all’esordio il 9 giugno. La coppia composta da Andrea Carnevale e Gianluca Vialli fatica e, sul risultato di 0-0, al 75’ arriva il momento di Schillaci che subentra proprio a Carnevale, che a sua volta reagisce male e manda a quel paese il ct. Gli bastano appena 3 minuti per incidere: cross di Vialli dalla destra, colpo di testa vincente di Totò che esulta correndo e urlando con le braccia al cielo.
All’esordio vinciamo noi e nel secondo incontro ci ripetiamo battendo 1-0 gli USA. All’ultima giornata ci giochiamo il primato nel gruppo con la Cecoslovacchia, anch’essa a punteggio pieno. Schillaci, che nel frattempo è diventato titolare, è scatenato, tanto che al 9’ ha già firmato il vantaggio azzurro. Finisce 2-0 per noi. Poi il siciliano punisce anche l’Uruguay agli ottavi (vinciamo 2-0) e firma il gol (1-0) decisivo contro l’Irlanda.
Approdiamo in semifinale con 5 successi su 5 e 0 gol subiti. Siamo trascinati dall’eroe che non ci aspettavamo, dall’uomo genuino, spontaneo e passionale che a suon di reti si è guadagnato l’affetto degli italiani, da nord a sud. In semifinale incontriamo l’Argentina di Diego Armando Maradona al San Paolo, lo stadio del Pibe de Oro. Al 17’ andiamo avanti, neanche a dirlo è Totò a segnare. Purtroppo il pareggio di Claudio Caniggia, sulla leggendaria uscita a vuoto di Walter Zenga che ha ispirato una delle più famose risse televisive, inchioda la gara sul risultato di 1-1 che si protrae fino ai rigori. I tiri dal dischetto risultano fatali: sbagliano Roberto Donadoni e Aldo Serena, mentre tra gli argentini non fallisce nessuno.
L’Italia, senza mai perdere, esce in semifinale. La consolazione per il 2-1 della finalina con gol di Roberto Baggio e Schillaci non cancella la grande delusione che si respira in tutto il Paese. Chiudiamo al terzo posto con il rammarico di aver sfiorato la finale in casa. Totò invece chiude con la Scarpa d’Oro con 6 gol e con il Pallone d’Oro del torneo, superando nomi illustri tra cui ovviamente Maradona. Titoli che insieme alle prestazioni fornite con Juve e Italia lo portano fino al secondo posto nella classifica finale del Pallone d’Oro FIFA, vinto dal campione del mondo in carica Lothar Matthäus.
Il declino di Totò-gol e il passaggio all’Inter
Dopo aver raggiunto il punto più alto della propria carriera, Schillaci inizia a perdere inesorabilmente colpi. In coppia con Baggio alterna buone prestazioni a partite deludenti, rendendosi anche protagonista di un episodio negativo con Fabio Poli del Bologna. Una minaccia – “ti faccio sparare” – che ne determina squalifica di una giornata e il rischio di un’azione legale.
Il declino di Schillaci è però solo all’inizio. La stagione si chiude con molti problemi fisici, un settimo posto in campionato e appena 8 reti all’attivo. Senza tralasciare le discriminazioni di matrice territoriale subite a Torino. Terrone, cornuto, mafioso, questi gli insulti che riceve l’attaccante bianconero. La crisi mentale del giocatore si rispecchia in campo e con l’arrivo di Giovanni Trapattoni le cose non migliorano. Il tecnico addirittura si rende responsabile di atteggiamenti denigratori, dicendogli “avete ucciso anche Falcone”, una frase cui, con notevole ironia, Totò risponde “Mister, io ero con Baggio. Chieda a lui, non ho ucciso nessuno”. Affiorano altri problemi proprio con il Divin Codino, suo compagno di stanza nei ritiri: quando questi lo infastidisce con dei colpetti sul giornale che stava leggendo, Schillaci lo ricompensa con una testata. Qualcosa si è rotto e Totò non è più il benvenuto a Torino.
La mancanza di serenità che si ripercuote sul prato verde e nei rapporti con l’ambiente, tant’è che nel 1992 l’avventura del palermitano in bianconero si conclude. Schillaci decide di ripartire dall’Inter e per un momento illude i tifosi di poter tornare a grandi livelli, ma i continui infortuni ne limitano le prestazioni. L’occhio della tigre è spento, in area non è più Totò-gol. Ad aprile 1994, due mesi prima del successo dell’Inter in finale di Coppa UEFA, Schillaci lascia il club e la Serie A. Con il solito grande candore, ammette di aver preso la sua decisione per soldi.
Totò-San alla conquista del Giappone
L’ultima tappa della carriera, infatti, è il Giappone, nello specifico lo Júbilo Iwata, squadra che gli fornisce – oltre a un contratto invidiabile – alcuni benefit anomali per l’epoca, quali una casa, un autista e un interprete. Schillaci è il primo italiano in assoluto a militare nel campionato giapponese, lega in cui firmerà più di 50 reti nel giro di quattro anni ma che, soprattutto, contribuirà a far conoscere nel mondo, attirando un sempre crescente interesse mediatico. Nel 1997 si toglie anche la soddisfazione di vincere il campionato ma, al contempo, rimedia un infortunio che lo porterà al definitivo ritiro del 1999.
Sentite i boati del pubblico ad ogni gol di Totò-San
Nonostante tutto però il siciliano manterrà i contatti con il Paese asiatico e continuerà a collaborarvi nel corso degli anni successivi, ergendosi così a testimonial del calcio italiano in Asia. Ancora oggi, nella terra del Sol Levante, Schillaci è visto come un simbolo per la capacità di fungere da ponte tra due culture così diverse, non solo a livello calcistico. Nel corso di questi quattro anni, Totò si esprime al meglio e viene contagiato dall’entusiasmo dei nipponici. Per i giapponesi la luce attorno all’idolo che fece sognare l’Italia intera nel Mondiale del 1990 non si era mai spento.
Puntero è gratis e lo sarà sempre. Vive grazie al sostegno dei suoi lettori. Se vuoi supportare un progetto editoriale libero e indipendente, puoi fare una piccola donazione sulla piattaforma Gofundme cliccando sulla foto qui sotto. Grazie!