Daniele De Rossi e la Roma si dicono addio per la seconda volta. Ma stavolta non c’è uno Stadio Olimpico ad applaudire quello che è stato per anni Capitan Futuro e che si è messo al braccio la fascia di capitano, eredità di una leggenda come Francesco Totti. No, questa volta ci sono solo mugugni, dubbi, una tifoseria spaccata in due e un comunicato della società a sancire un esonero che sembrava impronosticabile.
La seconda parentesi di De Rossi alla Roma è stata quella di un amore struggente e passionale, ma del quale si è perso il controllo. Dopo l’esonero di José Mourinho la Roma aveva bisogno di una personalità forte e in grado di panificare agli umori contrastanti della piazza. Quella personalità, quell’uomo, è stato Daniele De Rossi. Nel film di Christopher Nolan Il Cavaliere Oscuro, c’è una frase diventata iconica: “O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo”. Probabilmente la migliore citazione d’autore per la storia che stiamo per raccontare, che pare davvero un film con un finale che non fa onore al legame tra i suoi protagonisti.
Atto I
Daniele De Rossi prende le redini della squadra a gennaio, arrivando dopo due anni e mezzo di gestione Mourinho. La Roma non naviga in acque limpide ma De Rossi inizia al meglio, inanellando una serie di vittorie interrotta solamente dalla sconfitta contro l’Inter di Simone Inzaghi, una partita che ha comunque ha regalato ai tifosi una prestazione di alto livello e incoraggiante per il futuro. I primi segnali, come detto, sono positivi, ma la stagione è lunga e sarebbe necessario mantenere la concentrazione alta.
La Roma si concede qualche passo falso ma anche picchi di ottimo calcio. Prima elimina il Feyenoord nei playoff di Europa League, quindi supera il Brighton grazie a un 4-0 all’andata che blinda la qualificazione, preludio al miglior momento stagionale, nel quale i giallorossi si concedono il lusso di vincere il derby ed eliminare senza appello il Milan dai quarti di finale di Europa League, tutto nel giro di appena dodici giorni. Nel frattempo la Roma scala posizioni in campionato e sogna la Champions League.
Non riuscirà ad arrivarci. Il finale di stagione porta in dote una flessione che viene motivata con la rosa corta e un doppio impegno particolarmente impegnativo in una fase di calendario non esattamente favorevole. Ma poco male: De Rossi ha dato i segnali che la Roma voleva e resterà l’allenatore anche per la stagione successiva.
Atto II
Per la prima volta in carriera De Rossi gestisce una squadra partendo dal ritiro estivo. Potrà avere voce in capitolo sul mercato e decidere quali giocatori avere e quali no. Si parte con un’idea chiara: confermare il 4-3-3 e mettere qualità sulle fasce, ma anche muscoli in mezzo al campo. Alcuni giocatori partono (Lukaku, Karsdorp, Spinazzola, Abraham, Aouar), ma il grosso della formazione titolare viene confermato. Si aggiungono nuovi calciatori, eppure il mercato va a rilento e la squadra fatica a trovare una dimensione.
Nelle prime uscite stagionali, ad eccezione di Artem Dovbyk, Enzo Le Fée e Matias Soulé, la Roma gioca praticamente con gli stessi effettivi della stagione precedente. E i risultati stentano ad arrivare, sebbene contro la Juventus, si veda una prestazione di buon livello. Nel frattempo iniziano ad alzarsi i primi malumori nei confronti dell’ex Capitan Futuro. La parte di tifo contraria all’ingaggio di De Rossi, da un lato timorosa di rovinare il rapporto, dall’altro dubbiosa perché l’allenatore è alla prima esperienza in A, torna alla carica. Qualche voce influente inizia ad analizzare con occhio più critico l’esperienza di De Rossi. E l’alone di bellezza e stupore dei primi mesi svanisce.
Titoli di coda
Genoa-Roma si gioca in un clima particolare. Sui giallorossi sembrano aleggiare fantasmi fastidiosi ma c’è la sensazione che, con una vittoria, tutto si possa rasserenare. La Roma approccia bene il match, crea varie occasioni, va in vantaggio con Dovbyk che si sblocca e, in generale, il linguaggio del corpo dei giocatori pare mostrare l’unità di intenti che serve per rimediare a un inizio di campionato stentato. Ma non tutti i film d’amore hanno il lieto fine. Ed evidentemente la storia tra De Rossi e la Roma appartiene a questa categoria.
Colui che, idealmente, cala il sipario è Koni De Winter. L’1-1 nel finale spezza le gambe alla Roma. E si capisce che qualcosa si è rotto. Quando finisce un film, di solito, si riaccendono tutte le luci in sala e la gente inizia ad andare via. Qui succede il contrario: è buio pesto ma tutti restano in scena per trovare il colpevole.
Scorrono i titoli di coda. De Rossi non è più l’eroe, bensì colui che ha collezionato solo 3 pareggi in 4 partite. Non ha tutte le colpe e i tifosi della Roma lo sanno. Ma così funziona il calcio, pare. E la storia d’amore finisce mentre pure l’estate scompare.
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