Carlotta Ferlito, il coraggio di raccontare l’orrore della ginnastica

Carlotta Ferlito - Puntero

La storia che stiamo per raccontarvi oggi parte da Catania e precisamente inizia il 15 febbraio 1995 quando, da padre imprenditore edile e mamma farmacista, nasce Carlotta Ferlito, ex ginnasta italiana capace di far sentire la propria voce e far valere i propri diritti anche ben lontana dagli attrezzi e dalle esecuzioni di elementi che hanno caratterizzato e riempito la maggior parte della sua vita. In tenera età Carlotta si avvicina inizialmente agli sport acquatici, salvo poi doversene allontanare a causa dell’asma. Opta così per la ginnastica, nella quale muove i primi passi a solamente sei anni presso una società della sua città, la Katana, dando inizio a una carriera che la condurrà per ben due volte sul più prestigioso palcoscenico che tale realtà possa offrire, le Olimpiadi, disputate a Londra nel 2012 e a Rio nel 2016.

 

Dagli esordi nella ginnastica alla pioggia di medaglie

La crescita di Carlotta è rapida ed esponenziale, tanto che a solamente 8 anni si trasferisce già in una nuova società ad Acireale. Ma, cosa ben più importante, sempre nello stesso anno arriva la prima convocazione in Nazionale juniores. Il talento di Carlotta entra, purtroppo, in conflitto con ciò che può offrirle la sua regione di nascita, a tal punto da doversi allontanare per continuare a coltivare il suo sogno, che necessita di strutture adeguate e un focus totale sulla carriera. Al compimento del dodicesimo anno di età, ancora bambina, Carlotta si trasferisce a Milano, lontana dai suoi affetti.

Le soddisfazioni non tardano ad arrivare sin dai momenti immediatamente successivi al trasferimento: inizia a macinare vittorie su vittorie, ottenute sia individualmente che con la sua nuova squadra, la GAL Lissone. Quello che possiamo osservare oggi al termine del suo impegno a livello agonistico è un palmarès composto da 71 medaglie, di cui ben 23 ori, senza aver però mai ottenuto una di queste ai Giochi Olimpici. Prendendo atto dei freddi numeri, è opportuno ritenere clamoroso come la sua carriera sia terminata all’età di 24 anni quando il suo nome, all’interno dei documenti della Federazione Internazionale di Ginnastica, veniva accostato alla parola “ritirata”. Ma cosa è successo?

 

Il lato oscuro degli abusi

Quello di Carlotta è l’ennesimo caso che segue una spregevole regola: “parli e sei fuori”, un must a mo’ di minaccia che è ormai possibile riconoscere all’interno di molteplici settori lavorativi e sociali ma di cui lei non ha avuto paura. Il calvario della ginnasta inizia già nella sua Sicilia e non accenna a fermarsi una volta giunta nella città delle grandi opportunità. Le sue accuse nei confronti della Federazione Internazionale di Ginnastica sono inerenti alle violenze fisiche e psicologiche che ha dovuto subire insieme alle sue colleghe durante tutto il corso della sua carriera, che hanno alterato la percezione di sé stessa e del suo corpo.

Le accuse sono rivolte ai tecnici, cioè a coloro che dovrebbero essere un porto sicuro per gli atleti, a maggior ragione se si tratta di bambini e per di più lontani dai loro genitori, quando tutto sembra pesare il doppio e allo stesso tempo è forte la percezione di essere soli, senza nessuno che possa davvero essere d’aiuto. I nomi di tali tecnici non vengono mai menzionati, proprio come a non pronunciarsi è stata la stessa Federazione, limitatasi solamente a far recapitare a Carlotta una procedura federale e una querela per diffamazione, con la ginnasta che ad oggi non ha ancora ottenuto la comunicazione di avvio delle indagini.

Dal 2016, anno in cui Carlotta ha per la prima volta comunicato alla Federazione il verificarsi di tali eventi, l’ex atleta ha deciso di portare avanti la sua lotta quasi in sordina, senza darle molta rilevanza al cospetto dell’opinione pubblica. Fino a quando, forse infastidita dalle modalità con cui la vicenda era oggetto di monitoraggio, ha deciso di affidarsi proprio alla potenza che i social media possono avere in queste situazioni, decidendo di rendere di pubblico dominio la sua storia e la sua posizione in merito ad alcuni interventi in tv. Il quadro scaturito dalle sue parole è a dir poco orrendo:

La verità è che esiste un insieme di abusi psicologici che noi atlete siamo abituate a subire, è una cosa che nell’ambiente si sa. Ci viene improntato che quello sia il prezzo da pagare per gareggiare. Venivamo pesate più volte al giorno tutti i giorni, c’erano spessi commenti sulla forma fisica e sono stata chiamata più volte maiale, oppure mi veniva detto di tirare quei prosciutti, in riferimento alle mie gambe, quando dovevo stenderle. Se prendevi un chilo era una tragedia, ricordo che a soli nove anni chiamai mio padre per dirgli che ne avrei dovuto perdere uno perché cosi non andavo bene, lui mi disse che la prossima volta avrei dovuto tirare dentro la pancia. D’altronde cosa poteva dire, ero la sua bambina di nove anni. Prima delle Olimpiadi di Londra non andavo più a cena e non ho avuto il ciclo per sei mesi. Ho anche ricevuto e visto volare schiaffoni perché magari non riusciva un esercizio. Una volta implorai di non gareggiare perché troppo stanca, non mi ascoltarono e non ho mai capito il motivo: in quella stessa gara atterrai sul collo e rimasi immobile a terra, ancora oggi non riesco a rivedere il video della caduta. Dopo le Olimpiadi di Rio ho denunciato ma non è andata benissimo, ho ricevuto una procedura federale e mi sono trovata dinanzi ad un giudice che mi chiedeva il perché delle mie dichiarazioni. Da lì non ho più gareggiato a livello internazionale, dopo l’ultima mia competizione alle Universiadi scoppiai in lacrime al termine dell’esercizio, sapevo in cuor mio che quella sarebbe stata la mia ultima gara con la Nazionale. Avrei voluto raccontare ai miei figli di una grande festa con il palazzetto ad osannarmi il giorno del mio ritiro, invece racconterò che ho parlato e sono stata fatta fuori. Tutti sanno, ma nessuno parla.

L’esibizione valsa l’oro nel corpo libero alle Universiadi del 2019, ultima competizione della carriera di Carlotta

 

Modello per le donne

Il coraggio di Carlotta non è stato vano. Se da un lato abbiamo una faccia della medaglia scura e macabra, fatta di sepolture dei presunti fatti e di un sistema marcio, dall’altro abbiamo la componente di luce di chi, proprio grazie a Carlotta, ha trovato il coraggio di denunciare. Tra le denunce pervenute abbiamo quella di alcune sue colleghe, tra cui Vanessa Ferrari, ma anche di altre ragazze del mondo della ginnastica – in questo caso ritmica e non artistica – come Marta Pagnini, che ci mostrano un quadro sconcertante degli ambienti in cui vivono quotidianamente.

Oggi, lontana dai palazzetti, Carlotta ha costruito una nuova immagine di sé. Ha saputo sfruttare la sua notorietà ed è divenuta un’icona su Tik Tok ed Instagram, offrendo contenuti per la maggior parte rivolti al suo passato e, soprattutto, alla sensibilizzazione su temi che oggigiorno sono preponderanti nella nostra società, uno su tutti quello dei disturbi alimentari.

 


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