Le Olimpiadi sono finite. Per due settimane abbiamo tifato per grandi campioni e scoperto atleti di cui non conoscevamo l’esistenza prima dei Giochi. Essere umani speciali, in grado di emozionarci facendo ciò a cui hanno dedicato l’intera esistenza. Prima di iniziare questo lungo quadriennio che sarà contraddistinto da domande esistenziali quali “Come gestirò gli orari delle gare a Los Angeles?” oppure “Come sta andando la scherma azzurra, visto che si vede in tv solo ogni quattro anni?” o ancora, “Che starà facendo Carambula?”, proviamo a osare un bilancio, con il pagellone degli atleti italiani impegnati nella spedizione parigina.
A volte siamo condizionati dal numero di medaglie ma nel caso dell’atletica è necessaria un’analisi più ampia: finalmente siamo entrati nell’atlante mondiale di questo sport, dopo anni da meri spettatori dei campioni e dei risultati altrui. In tal senso, è giusto partire proprio da quegli atleti che hanno sfoderato ottime prestazioni pur non raccogliendo medaglie. Come Dariya Derkach, che si è spinta fino agli ultimi tre salti della finalissima del triplo, conclusa con l’ottavo posto, o Daisy Osakue, che ha ottenuto lo stesso risultato nel lancio del disco.
C’è poi la figlia d’arte Larissa Iapichino, splendida quarta nel salto in lungo. E, ancora, Sara Fantini, finalista nel lancio del martello, Pietro Arese, ottavo con record italiano nei 1.500 metri, e la coppia azzurra arrivata alla finale di lancio del peso, con l’undicesimo posto di Zane Weir e il quinto di Leonardo Fabbri, forse l’unico da cui era lecito attendersi qualcosina in più – assieme a Lorenzo Simonelli – ma tradito dalla pioggia e dall’emozione della prima volta.
Inutile dire che i riflettori e le aspettative erano puntati su altri componenti della spedizione. Marcell Jacobs si presentava a Parigi con l’onore – che la capacità critica tipicamente italiana ha saputo trasformare in onere – di dover difendere il clamoroso oro conquistato a Tokyo. Checché se ne dica, il suo season best di 9”85 e il quinto posto in finale sono un risultato a dir poco eccellente, come eccellente e pieno di rimpianti è stato il quarto posto della 4×100 metri maschile, anch’essa chiamata a difendere l’oro di Tokyo e che ha pagato la scarsa vena di Filippo Tortu nell’ultima frazione. Il portabandiera Gianmarco Tamberi, invece, ha sofferto la sfortuna tipica di chi perde la fede nuziale, abdicando per le coliche renali nel salto in alto, disciplina in cui invece Stefano Sottile ci ha regalato emozioni forti, concludendo con un quarto posto inatteso e al tempo stesso beffardo.
Per circostanze sfortunate sono saltate le previsioni favorevoli nella marcia, dove ci presentavamo con i campioni olimpici in carica. Nella prova individuale Massimo Stano ha patito un infortunio che ne ha condizionato le prestazioni, portandolo a un comunque ottimo quarto posto, mentre Antonella Palmisano si è ritirata dopo le difficoltà incontrate nella prova femminile che, come abbiamo scoperto in seguito, sono state determinate dal Covid. Due problemi che hanno frustrato i pronostici della vigilia nella staffetta di marcia mista, con la nostra coppia che ha chiuso al sesto posto.
La prima medaglia della spedizione in ordine cronologico è di quelle che fa ben sperare: Mattia Furlani, classe 2005, ha portato a casa il bronzo nel salto in lungo, con l’argento sfumato per appena 2 centimetri. Giovane età e fluidità nel salto sembrano un ottimo viatico per il futuro. A seguire, un bronzo anche nel salto triplo maschile grazie a Andy Díaz Hernández e, soprattutto, l’argento nei 10.000 metri per Nadia Battocletti. La mezzofondista trentina è stata la vera MVP azzurra nella regina degli sport, capace di regalare momenti di grande orgoglio sportivo anche nella finale dei 5.000 metri, conclusa con uno strepitoso quarto posto e addirittura con il bronzo virtualmente al collo per due ore a causa di una squalifica – poi revocata – alla keniota Faith Kipyegon, seconda.
Bilancio: 3 medaglie (1 argento e 2 bronzi).
Partendo dal lato meramente sportivo, Diego Lenzi è stato eliminato ai quarti di finale nella categoria +92 kg nonostante un’ottima prestazione e, in generale, una buona Olimpiade. Per contro, due dei nostri atleti partivano con i favori del pronostico: Irma Testa (57 kg donne) e Aziz Abbes Mouhiidine (92 kg uomini). Per entrambi è arrivata una sorprendente eliminazione al primo turno sul quale, però, hanno pesato giudizi arbitrali discutibili per non dire vergognosi. Sulla questione di Angela Carini abbiamo già detto la nostra e si ritiene di confermare generosamente l’assenza di giudizio.
Bilancio: 0 medaglie
Sono lontani i tempi in cui nel canottaggio la facevamo da padroni. Oggi la geografia di questo sport è cambiata, la scuola italiana rimane comunque molto valida e qualche risultato lo abbiamo portato a casa, sia con riferimento alle due medaglie d’argento – il quattro di coppia con Andrea Panizza, Luca Chiumento, Giacomo Gentili e Luca Rambaldi e il doppio pesi leggeri con Stefano Oppo e Gabriel Soares – che ad alcuni piazzamenti ragguardevoli, come la finale raggiunta dall’otto femminile o la medaglia di legno del quattro senza maschile.
A dare prestigio all’Italia del remo è arrivato l’oro nel kayak slalom di Giovanni De Gennaro, che può anche recriminare per la sfortuna nel kayak cross, dove purtroppo la sua corsa alla seconda medaglia si è fermata ai quarti, per la precisione contro la canoa del polacco Mateusz Polaczyk, con cui ha incocciato perdendo il tempo necessario a piazzarsi nei primi due e accedere alle semifinali. Buona anche la prestazione di Stefanie Horn nel femminile, quinta nel kayak e fuori ai quarti nel kayak cross. Un’altra sorpresa è arrivata dalla sprint, dove nel doppio da 500 metri categoria C2 è arrivato un meraviglioso argento con Gabriele Casadei e Carlo Tacchini.
Bilancio: 4 medaglie (1 oro e 3 argenti).
C’è un retrogusto amaro nella spedizione parigina del ciclismo italiano, iniziata con un risultato di tutto riguardo, ossia l’argento con miracolosa rimonta di Filippo Ganna nella cronometro su strada, alle spalle del dominatore dei Giochi Remco Evenepoel. Nella gara in linea il più atteso dei nostri era Alberto Bettiol, che purtroppo ha deluso e non è risultato mai realmente in corsa per una medaglia. Nel femminile due buoni piazzamenti per Elena Longo Borghini – ottavo posto nella prova a tempo, nono nella prova in linea – su cui tuttavia erano riposte speranze di podio.
Nessuna medaglia nella BMX e nella mountain bike ma è giusto segnalare l’ottima prestazione nel cross country di Luca Braidot, che ha chiuso la prova con un quarto posto in rimonta. Il rammarico più grande arriva dalla prova a inseguimento a squadre su pista, dove il quartetto composto da Ganna, Simone Consonni, Francesco Lamon e Jonathan Milan non è riuscito a ripetere l’impresa che ha emozionato l’Italia quattro anni fa, perdendo in semifinale contro l’Australia, capace di sfilarci anche il record del mondo. I nostri ragazzi hanno comunque ottenuto una buona medaglia di bronzo nel rematch contro la Danimarca, bissando il successo di tre anni fa.
Purtroppo l’impresa non è riuscita nell’inseguimento femminile: sconfitta contro la più quotata Gran Bretagna dopo aver condotto a lungo un’ottima finale per il terzo posto. Dal ciclismo femminile su pista è arrivato però uno dei risultati più inattesi, l’oro nella Madison – o Americana – conquistato da Chiara Consonni e Vittoria Guazzini.
A proposito di pista, era l’ultima volta per Elia Viviani, portabandiera a Tokyo e prossimo al ritiro. Non è riuscito a difendere il podio nell’Omnium – nono posto – ma nell’ultima gara della sua carriera ha portato a casa un preziosissimo argento, seppur con qualche rimpianto, nella Madison in coppia con Simone Consonni, che da par suo dà ulteriore lustro alla famiglia: tutte le tre medaglie arrivate dalla pista portano la firma sua o della sorella Chiara.
Bilancio: 4 medaglie (1 oro, 2 argenti e 1 bronzo).
La grande sorpresa di questa spedizione olimpica sono state le Fate, che hanno portato medaglie inattese. Già nel concorso a squadra l’argento conquistato da Angela Andreoli, Alice D’Amato, Manila Esposito, Elisa Iorio e Giorgia Villa era parso un risultato enorme, cui si sono aggiunte notevoli prestazioni a livello individuale, con D’Amato quarta nell’all around, quinta nelle parallele asimmetriche e sesta nel corpo libero, oltre ai buoni piazzamenti di Manila Esposito.
Ma il vero capolavoro, alla luce dei pronostici della vigilia, è quello firmato nella finale della trave femminile del 5 agosto: nonostante la presenza di rivali leggendarie come Rebeca Andrade e, soprattutto, Simone Biles – caduta durante l’esibizione – sono arrivate due medaglie inattese, il bronzo per Esposito e, soprattutto, l’oro per D’Amato, che può essere legittimamente considerata l’MVP della spedizione azzurra a Parigi 2024. Tra gli uomini buon undicesimo posto di Yumin Abbadini nell’all around.
Passando alla ritmica, maiuscola prova di Sofia Raffaeli, bronzo nell’all around individuale, persino con qualche rammarico dopo il primo posto nelle semifinali. Non deludono neanche le Farfalle, ormai una certezza: nell’all around a squadre bissano il bronzo di Tokyo alle spalle delle invincibili cinesi e delle israeliane, forse eccessivamente premiate al termine della prova con nastri e palle. Un’Olimpiade da ricordare per il nostro movimento e soprattutto per il capitano Alessia Maurelli, che oltre al bronzo si porta in Italia un bel brillante, frutto della proposta di matrimonio ricevuta proprio al termine della premiazione.
Bilancio: 5 medaglie (1 oro, 1 argento e 3 bronzi).
Difficile essere troppo severi con lo sport che, numeri alla mano, ha maggiormente contribuito al nostro medagliere. Ma non possiamo fare mistero del fatto che ci aspettavamo qualcosina in più. Vero, sono arrivati gli ori di Nicolò Martinenghi nei 100 metri rana e di Thomas Ceccon nei 100 dorso, oltre all’argento della 4×100 stile libero maschile e al solito, intramontabile Gregorio Paltrinieri, che ha portato a casa un bronzo negli 800 metri e un argento nei 1500 metri.
Le 4×100 miste, in particolare, hanno deluso e non poco: squalificata la staffetta femminile, addirittura fuori dalla finale quella maschile nonostante la presenza di due campioni olimpici. Senza contare l’amaro in bocca dei due quarti posti di Simona Quadarella, che ha dovuto comunque confrontarsi con distanze in cui un gradino del podio era riservato a un mostro sacro come Katie Ledecky – salita a 9 ori individuali ai Giochi al pari di Larisa Latynina, Paavo Nurmi, Carl Lewis, Mark Spitz e Caeleb Dressel e seconda solo all’irraggiungibile Michael Phelps.
Capitolo a parte merita la questione Benedetta Pilato, oggetto di polemiche in tv e sui social. Si tratta di una promessa del nuoto che, pur avendo iniziato da neanche un anno a confrontarsi con la distanza dei 100 rana, è parsa subito estremamente competitiva. La bagarre mediatica innescata dalle domande piuttosto inadeguate della giornalista Elisabetta Caporale e dell’ex campionessa olimpica di scherma Elisa Di Francisca è una tempesta che è passata in fretta e la ragazza fa bene a essersi giocata al meglio una chance che capita a pochi eletti, quella di rappresentare il proprio Paese ai Giochi Olimpici. D’altra parte, dire che c’era la legittima speranza che andasse a medaglia non è reato, soprattutto alla luce di una condotta di gara che l’ha vista in zona podio fino alla fine della seconda vasca, chiusa con un ritardo di appena un centesimo rispetto alla terza classificata.
Nel discusso guano della Senna, invece, è arrivata la soddisfazione di un bronzo nella 10 chilometri femminile grazie a Ginevra Taddeucci, in un emozionante arrivo in volata con le prime due classificate. Onorevole sesto posto per Giulia Gabbrielleschi. Delusione cocente nel maschile, dove Paltrinieri è crollato nel finale e Domenico Acerenza è stato bruciato in volata, assicurando all’Italia quello che, in ordine cronologico, è risultato il ventesimo quarto posto a Parigi.
Bilancio: 6 medaglie (2 ori, 2 argenti e 2 bronzi).
La rimonta d’oro di Thomas Ceccon nei 100 metri dorso
Il voto può apparire generoso ma, per quanto la nostra tradizione sia di ben altro lignaggio, non ce la sentivamo di punire con un’insufficienza uno sport che ha portato in dote cinque medaglie. Tuttavia la delusione è palpabile. In particolare le delusioni sono arrivate dal fioretto, vanto storico della scherma azzurra: nel maschile sono arrivati due argenti, grazie a Filippo Macchi nell’individuale e nel concorso a squadre – dove potremmo discutere la scelta di escludere proprio Macchi nel corso della finale per far posto all’esperto Alessio Foconi, che ha incassato un parziale di 5-0. Guillaume Bianchi ha fatto bene nella prova individuale, dove invece il numero uno al mondo Tommaso Marini ha deluso con un’eliminazione agli ottavi nonostante il momentaneo vantaggio per 10-3.
Ma il vero flop è arrivato dal fioretto femminile: nonostante ci presentassimo ai Giochi con tre top 4 nel ranking mondiale – Arianna Errigo, Martina Favaretto e Alice Volpi – e pur al netto della straordinaria Lee Kiefer, l’argento a squadre e, soprattutto, la clamorosa assenza di medaglie nel concorso individuale sono due ferite difficili da rimarginare, con Volpi ai piedi del podio dopo essere caduta proprio al cospetto di Kiefer in semifinale.
Chiudono senza medaglie la spada maschile – sconfitta a sorpresa ai quarti nella competizione a squadre dalla Repubblica Ceca – e la sciabola femminile, mai realmente competitiva. Bronzo per l’intramontabile Luigi Samele nella sciabola, mentre l’unico oro è arrivato dalle ragazze della spada. Dopo una campagna sfortunata nella competizione singola, in cui sono state eliminate tutte e tre alla stoccata supplementare, Rossella Fiamingo, Giulia Rizzi e Alberta Santuccio si sono rifatte alla grande, trovando il decisivo aiuto in finale di Mara Navarria, teoricamente una riserva ma nei fatti determinante per piegare la Francia e ridare dignità alla spedizione della scherma azzurra.
Bilancio: 5 medaglie (1 oro, 3 argenti e 1 bronzo).
In ordine cronologico è necessario partire dal judo, dove il bottino è stato piuttosto deludente rispetto alle aspettative, soprattutto con riferimento a quelle riposte su Assunta Scutto – numero uno del ranking mondiale nella sua categoria ma sconfitta prima ai quarti di finale e poi ai ripescaggi – e su Odette Giuffrida, oggettivamente non aiutata da alcune decisioni arbitrali. Buona la prestazione di Manuel Lombardo e Antonio Esposito, entrambi sconfitti nella finale per il bronzo, l’unico podio arriva da Alice Bellandi, che nella categoria -78 kg si è assicurata un oro meraviglioso.
Il gruppo si è comunque parzialmente riscattato con l’ottima prova a squadre – sulla cui costruzione ci riserviamo dei dubbi, alla luce dell’esclusione di alcune categorie ma soprattutto della scelta di disputarla al meglio dei sei incontri e svolgere un’eventuale spareggio, anziché optare su una competizione al meglio dei sette match – nella quale l’Italia ha sfiorato la medaglia, uscendo a testa altissima contro la Francia in semifinale e perdendo solo agli spareggi – in cui è stata sorteggiata la categoria di Veronica Toniolo, che purtroppo era infortunata a un braccio – nella finale per il bronzo. Nel complesso, però, qualcosa in più era lecito attendersi.
Nel taekwondo c’era grande attesa per Vito Dell’Aquila, che purtroppo non è stato fortunato: durante la sfida vinta nei quarti di finale ha riportato una lesione muscolare. Ha comunque tentato di scendere in pedana per la semifinale ma, sconfitto, ha dovuto rinunciare alla finale per il terzo posto. Il campione del mondo nella categoria -80 kg, Simone Alessio, si è fermato ai quarti di finale ma grazie ai ripescaggi è riuscito a strappare un onorevole bronzo. Nella lotta, clamoroso flop per Frank Chamizo che, dopo le polemiche e il ripescaggio ai Giochi, è stato eliminato addirittura nel turno preliminare.
Bilancio: 2 medaglie (1 oro e 1 bronzo).
Qui il problema ha origini antecedenti ai Giochi. Basket, basket 3×3, calcio, hockey, pallamano, rugby: ben sei sport di squadra in cui l’Italia non si è qualificata. Nel beach sono arrivati due ottavi di finale con tre coppie partecipanti tra maschile e femminile. Un risultato piuttosto buono, era difficile immaginare ambizioni più alte rispetto a un piazzamento discreto.
Nella pallanuoto il Setterosa ha ottenuto una qualificazione ai quarti dopo un girone poco brillante, andando immediatamente a sbattere contro i più quotati Paesi Bassi. Si tratta di una generazione nuova e che sulla carta non è destinata a regalare successi in serie, sebbene si potesse fare qualcosa di più nella prima fase, vedi la sconfitta per 9-8 con la Francia nella prima gara, maturata nonostante il vantaggio alla fine del terzo quarto e ben quattro rigori a favore (falliti). Diverso il discorso del Settebello: è vero, anche loro sono usciti ai quarti di finale dopo la caduta ai rigori contro l’Ungheria, ma sul verdetto pesa infinitamente una decisione arbitrale a dir poco controversa.
Sul risultato di 3-2 per i magiari, gli azzurri hanno trovato il gol del pareggio con Francesco Condemi, sennonché, dopo revisione VAR, il gol è stato annullato, con tanto di espulsione per il nostro giocatore. Il motivo è presto detto: gli arbitri hanno valutato come volontario un movimento assolutamente fortuito, con il nostro centrovasca che, dopo aver rilasciato il pallone in occasione del tiro, ha casualmente urtato il volto di un difensore avversario. Dal potenziale 3-3, gli azzurri si sono ritrovati sotto di un uomo e nei 20 secondi di inferiorità numerica l’Ungheria ha realizzato il 4-2, spezzando l’equilibrio di un match equilibratissimo.
Per quanto riguarda la pallavolo, le premesse erano sicuramente ottime. Tuttavia l’Italvolley maschile ha smottato pericolosamente ai quarti contro il Giappone prima di regalarci una rimonta indimenticabile – da 0-2 con tre match point per i nipponici a 3-2 – e poi perso senza appello in semifinale, concedendo un 3-0 netto ai padroni di casa della Francia. Anche nella finale per il terzo posto gli azzurri non sono mai stati in partita, incassando l’ennesima delusione olimpica della propria storia.
A far tornare il sorriso agli italiani ci hanno pensato le ragazze, semplicemente perfette. Un torneo dominato dall’inizio alla fine, concluso con sei vittorie in sei partite e concedendo un set solamente nel primo incontro del girone, quello teoricamente più semplice contro la Repubblica Dominicana. Si tratta di un risultato storico e, a suo modo, la chiusura di un cerchio: sin dai tempi della Generazione di Fenomeni la pallavolo italiana ha dato la caccia all’oro olimpico. All’epoca si trattava della squadra maschile e alla sua guida c’era Julio Velasco. Che a novembre è tornato in sella con la squadra femminile, riprendendosi quella gloria che 28 anni fa, ad Atlanta, era sfuggita: prima medaglia per l’Italvolley femminile, primo oro per la pallavolo azzurra. Meritata, straordinaria, bellissima.
Bilancio: 1 medaglia (1 oro)
Da Parigi ’24 a Parigi ’24. Ma in mezzo c’è stato un secolo, perché l’ultima medaglia azzurra nel tennis olimpico risaliva all’edizione francese dei Giochi del 1924 (bronzo di Uberto de Morpurgo). Una spedizione che ricorderemo a lungo nonostante le premesse catastrofiche, con il forfait di Jannik Sinner che, a due giorni dall’inizio dei Giochi, ci ha privato della nostra stella nell’individuale e della coppia con il numero uno nel ranking per il doppio. Anche lungo la competizione, l’eliminazione prematura del doppio composto da Simone Bolelli e Andrea Vavassori – tra i favoriti per la vittoria – e di Jasmine Paolini agli ottavi del singolo femminile sembravano il preludio a una delusione cocente, che nessuno si aspettava alla luce della crescita del movimento.
E invece in due giorni sono stati cancellati cento anni di storia. Bronzo nell’individuale maschile per Lorenzo Musetti, fermato in semifinale solo dall’imbattibile Novak Djokovic e capace di piegare l’ottimo canadese Félix Auger-Aliassime nella finale per il terzo posto, addirittura oro nel doppio femminile per Jasmine Paolini e l’indomabile Sara Errani, che con il suo gioco a rete è stata decisiva, a 37 anni compiuti, per regalare all’Italia un risultato che solo pochi anni fa sarebbe parso fantascientifico.
Bilancio: 2 medaglie (1 oro e 1 bronzo).
Nella pistola ad aria da 10 metri abbiamo sognato a lungo l’oro, concludendo comunque con l’argento di Francesco Nilo Maldini e il bronzo di Paolo Monna, finiti dietro solo all’implacabile cinese Xie Yu, capace di salire di colpi nel momento di maggior tensione. Una grandissima rimonta di Silvana Maria Stanco ci ha donato l’onore di un argento nel trap, mentre il risultato più prestigioso è stato l’oro conquistato nello skeet misto da Gabriele Rossetti e Diana Bacosi, freddissimi nel piegare in finale gli Stati Uniti della leggenda Vincent Hancock, quattro volte campione olimpico individuale nello skeet – per chi se lo stesse chiedendo, la differenza tra skeet e trap sono le postazioni: nel trap sono cinque postazioni in linea, nello skeet sono otto disposte a semicerchio.
Il bottino italiano avrebbe potuto anche essere più ricco se non fosse stato per le cattive condizioni di salute di Bacosi alla vigilia dello skeet individuale femminile e di alcune finali sfortunate, come quella di Tammaro Cassandro, quarto nello skeet individuale dopo aver guidato a lungo la classifica in finale, e quella di Massimo Spinella, sesto nella pistola a fuoco rapido da 25 metri. Entrambi hanno pagato l’emozione nel momento clou. Proprio Cassandro, in coppia con Martina Bartolomei, è stato il primo degli esclusi per la finale per il bronzo.
Nessuna medaglia nell’arco, nonostante il tentativo di Mauro Nespoli di scrivere la storia come primo azzurro sul podio per quattro Giochi di fila: troppo forte il “mostro finale” di questo gioco, la Corea del Sud, che come al solito ha dominato. A eccezione della sconfitta per 6-2 contro la Francia nella competizione a squadre – vinta proprio dagli asiatici in finale contro i nostri carnefici – sul cammino degli italiani si sono sempre parati atleti coreani: Kim Je Deok ha eliminato Federico Musolesi ai sedicesimi, mentre Lee Wooseok, dopo aver estromesso Alessandro Paoli nello stesso turno, ci ha precluso le chance di medaglia battendo proprio Nespoli ai quarti. E ancora, la Corea del Sud ha fermato ai quarti la nostra squadra mista, composta da Nespoli e Chiara Rebagliati, eliminata ai sedicesimi nel tabellone individuale, stavolta da un’avversaria romena, Mădălina Amăistroaie.
Bilancio: 4 medaglie (1 oro, 2 argenti e 1 bronzo).
Categoria residuale che in ogni edizione regala soddisfazioni inattese, principalmente perché arrivano da sport abbastanza lontani dal mainstream. Parigi 2024 non fa eccezione, soprattutto grazie alla vela, con l’oro nel windsurf IQFoil di Marta Maggetti e quello ottenuto da Caterina Banti e Ruggero Tita nel multiscafo misto Nacra 17, mentre nel kite Riccardo Pianosi si è fermato ai piedi del podio. Un’altra medaglia è arrivata dal sollevamento pesi, dove all’ultima alzata Antonino Pizzolato si è regalato il bronzo nella categoria 78 kg, mentre nel pentathlon moderno maschile il gradino più basso è stato occupato da Giorgio Malan.
Nei tuffi, invece ben tre quarti posti: nel trampolino sincro 3 metri, due ottime prestazioni chiuse ai piedi del podio, sia al femminile per la coppia composta da Elena Bertocchi e Chiara Pellacani che al maschile, con Lorenzo Marsaglia e Giovanni Tocci. Anche nel trampolino da 3 metri individuale medaglia di legno per Pellacani, che chiude i Giochi con due quarti posti dal sapore amaro ma con prestazioni di altissimo livello.
Nella staffetta mista del triathlon un onorevole sesto posto per Alice Betto, Alessio Crociani, Gianluca Pozzatti e Verena Steinhauser, mentre nel badminton è arrivato il primo storico successo ai Giochi grazie a Giovanni Toti – no, non lui, un altro Giovanni Toti. Prima volta anche per un azzurro in finale nello skateboard, con Alex Sorgente ottimo sesto nella categoria park. Senza dimenticare il record europeo nell’arrampicata speed fatto segnare da Matteo Zurloni, un 4.94 valso l’accesso ai quarti di finale, dove il suo percorso si è fermato per appena due millesimi di ritardo rispetto all’avversario.
Bilancio: 4 medaglie (2 ori e 2 bronzi)
Marta Maggetti, campionessa olimpica nel windsurf IQFoil
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