Quando l’Italia disertò una partita di beneficenza con Maradona

Maradona Terni - Puntero

Il 20 giugno scorso Stefano Tacconi è stato dimesso dall’ospedale dopo la ricostruzione chirurgica di un’arteria femorale. Per la seconda volta l’ex leggenda juventina ha resistito ai colpi della malattia che nel 2022 ha fatto tremare l’intero movimento calcistico, riunito in preghiera a vegliare su di lui già durante il suo primo ricovero, mentre faceva il possibile per sfuggire alla morte. La sua sensibilità e onestà hanno permesso all’ex portiere di ritagliarsi un posto nel cuore di molti colleghi e appassionati di calcio. E i due sostantivi usati per descriverlo non sono casuali, come dimostra ciò che successe nel lontano 1989, quando scese in campo a Terni per beneficenza assieme a Diego Armando Maradona.

I due, già avversari di mille battaglie in Serie A, si ritrovarono ancora una volta a incrociare i guantoni ma il ring non fu né Napoli né tanto meno Torino: la scelta cadde sullo stadio Libero Liberati di Terni, teatro prefissato per una partita tra Italia e Argentina, un’iniziativa benefica il cui ricavato sarebbe stato devoluto all’Associazione Sportivi Disabili d’Italia e all’ospedale pediatrico di Buenos Aires. Sembra l’inizio di una bellissima storia, con una cornice di tifo importante e i migliori calciatori del mondo in campo. Tutto perfetto fin qui, se non fosse che l’intera Nazionale italiana declinò, neanche troppo gentilmente, l’invito.

 

L’iniziativa

Il 22 maggio 1989 la stagione sportiva si stava avviando verso la conclusione. Un anno più tardi si sarebbe svolto il Mondiale in Italia ma, a proposito di emozioni iridate, se quelle notti magiche erano ancora avvolte nel mistero, avviluppate nelle speranze di milioni di italiani sognanti, il Mondiale messicano era un ricordo ancora vivido. Il gol del siglola Mano de Dios avevano rubato l’occhio di milioni di spettatori e si apprestavano a diventare frammenti di imperitura memoria nella coscienza collettiva degli amanti del pallone.

Venite tutti allo stadio, giocheremo Italia-Argentina, un match di beneficenza per i bambini in difficoltà.

Questo fu l’appello di Stefano Tacconi, reduce da una faticosa stagione che si sarebbe conclusa col quarto posto conquistato tra i pali della sua Juventus. Uniti per la Vita – questo il nome della partita di beneficenza – fece registrare un incasso di 130 milioni di lire, con ben 13.000 persone a gremire gli spalti del Liberati di Terni. “Verrà anche lui, Maradona”. E in effetti, dopo una stagione passata a rincorrere l’Inter – poi vincitrice – in campionato, Maradona fu presente. E non solo lui. Pedro Troglio, Gustavo Dezotti, Claudio Paul Caniggia, Jorge Burruchaga: c’erano tutti. Nery Pumpido, il portiere, si presentò nonostante avesse perso la coincidenza per Roma, anche a costo di entrare in campo al 56′. Si poteva dire di no a Maradona? Evidentemente sì.

 

Un “no” che brucia

Effettivamente la cosa ha dell’incredibile: ci sarebbe stata l’opportunità, già di per sé allettante, di scendere in campo a tu per tu con quello che viene definito il Dio del calcio, per di più a fin di bene, in occasione di una partita di beneficenza. Migliaia di persone non aspettavano altro che vedere la Nazionale italiana giocare contro quella di Diego. Eppure già dal mattino su Terni iniziò a soffiare un vento di negatività. Al fax dell’hotel in cui alloggiavano – o avrebbero dovuto alloggiare – le due squadre, arrivò un fiume di rinunce. La FIGC, infatti, aveva intimato alle squadre di A di rifiutare l’invito di Tacconi e Maradona: la gara non era ufficiale quindi non s’aveva da fare.

La Serie A sarebbe terminata di lì a un mese, questo è vero, ma una partita di beneficenza, per giunta in Italia, avrebbe davvero messo a rischio la naturale conclusione del campionato? Ma, soprattutto, i calciatori argentini non dovevano portare a termine le rispettive competizioni nazionali? Le domande s’intrecciano tra loro ma restano senza risposta. Devolvere il ricavato all’Associazione Sportivi Disabili d’Italia e all’ospedale pediatrico di Buenos Aires è davvero un’azione tanto banale da poter essere snobbata con così tanta semplicità?

 

Le risposte della Serie A

Ciò che salta all’occhio è la grande fantasia dimostrata da società e calciatori nell’accampare le scuse più disparate. Da chi disse di avere un matrimonio improvviso a chi annunciò misteriosi infortuni comparsi come per magia durante la notte. Fino a quelli che, come Andrea Carnevale, Fernando De Napoli, Giuseppe Bergomi, Roberto Tricella, Giovanni Francini e Renato Buso, si tirarono indietro all’ultimo secondo dopo aver confermato da settimane la propria presenza. Tacconi tentò all’ultimo istante di contattare i calciatori del Pisa ma si trovò dinanzi il muro innalzato dal patron Romeo Anconetani. Trapattoni, allenatore dell’Inter che fino a quel momento si trovava in testa alla classifica, sottolineò con un certo fastidio la richiesta del portiere juventino, di fatto negando la presenza dei suoi calciatori.

Il campionato è alla stretta finale e i giocatori si stancano, questa partita non era prevista, non possiamo rischiare infortuni o dare vantaggi.

Questa la scusa del Trap che pensò in primis agli interessi della propria società, andando a inseguire un titolo che di lì a un mese sarebbe stato nerazzurro. La Sampdoria, in finale di Coppa Italia, non liberò Gianluca Vialli e Roberto Mancini, così come la Juventus, che non lasciò partecipare alcun calciatore. L’unico a presentarsi fu Tacconi, che disobbedì al divieto della sua stessa società.

 

La soluzione più logica

Era lunedì. Il giorno preferito da ogni calciatore perché fa rima con “giorno libero”. La Ternana all’epoca militava in Serie C2 e insieme all’allenatore Claudio Tobia si trovava sugli spalti del Liberati, pronta ad assistere alla gara di beneficenza che si sarebbe svolta nel loro stadio. Ed ecco dove nacque l’idea di Tacconi. Tramite lo speaker dello stadio chiamò a rapporto tutti i calciatori della Ternana presenti sugli spalti e chiese loro di cambiarsi e scendere in campo per la partita. E quindi si ritorna alla gravosa domanda: come si può rifiutare l’invito a giocare davanti a 13.000 persone contro Dios? La squadra umbra non lo fece e accettò con entusiasmo. La partita si trasformò da Italia-Argentina a Ternana-Argentina con l’aggiunta di Tacconi tra i rossoverdi.

Lo spettacolo ovviamente non mancò. Dezotti e Burruchaga si inventarono portieri in attesa dell’arrivo del ritardatario Pumpido. Maradona, assieme ai suoi due fratelli – per la prima volta tutti assieme sullo stesso campo – diede ripetutamente assaggi della propria classe, sotto gli occhi estasiati non solo degli spettatori ma anche dei calciatori della Ternana, che mai si sarebbero aspettati di condividere il palcoscenico coi campioni del mondo in carica.

Maradona Terni - Puntero

Una fase di gioco tra Argentina e Ternana

 

Le reazioni

Il tabellino finale parla chiaro: l’Argentina di Bilardo vinse per 7-2. Un dominio sudamericano inframezzato dalla gioia di una doppietta per Giorgio Eritreo. Lui che, come tanti, fino a poco prima se ne stava tranquillo sugli spalti, in attesa di godersi dal vivo Maradona e compagni. Al 67′ Tacconi lasciò il campo per concedere il palcoscenico al collega della Ternana, Roberto Renzi. Dopo essere uscito tra gli applausi colmi di rispetto e orgoglio del pubblico, l’estremo difensore juventino si lasciò andare a un duro sfogo ai microfoni dei vari giornalisti presenti:

È una vergogna. Ho passato la mattina al telefono e ho capito solo alla fine quello che stava succedendo, i “no” fioccavano uno dietro l’altro. Maradona, con cui pure mi sono spesso beccato e che doveva andare a conoscere la figlia, ha trovato il tempo per venire: non i miei colleghi. La categoria ci fa una magra figura, meglio stendere un velo pietoso e vergognarsi con i bambini argentini.

E come se non bastasse, ci pensò Maradona a rincarare la dose. Scuro in volto, visibilmente deluso dal comportamento di calciatori e società con cui condivideva il campo da ormai cinque anni, proferì queste parole verso i cronisti:

I nostri colleghi italiani hanno dimostrato di non avere cuore. Erano stanchi? Lo siamo anche noi, ma siamo qui.

Era davvero stanchezza? Forse è meglio pensarla così. D’altronde a cosa dovremmo credere? Impossibile che una partita di beneficenza per ragazzini giovanissimi, disabili o in fin di vita, possa venire snobbata. Allora meglio credere alle favolette. A quelle della spossatezza e dei matrimoni spuntati dal nulla. Agli impegni inderogabili e agli infortuni guariti miracolosamente in pochi giorni.

Forse sarà stata la presenza di Dios a Terni ad aver reso possibile lo svolgimento della seguente giornata di campionato nonostante tutti questi disagi. Forse il lunedì è semplicemente un giorno maledetto. Ciò che è chiaro è che in quell’occasione Stefano Tacconi prese sulle spalle l’immagine dell’intera Italia calcistica.

Un servizio dell’epoca, con un giudizio severo sul comportamento dei calciatori azzurri

 


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Di Thomas Novello

Studente di Editoria e Giornalismo e aspirante scrittore a tempo perso. Famoso su X (fu Twitter) per proteggere Diego "el más grande" Ribas Da Cunha e Berbatov.