Il Campobasso sogna con il paisà Matt Rizzetta

Campobasso Calcio - Puntero

Campobasso è uno dei cinque capoluoghi di regione a non aver mai conosciuto la gloria della Serie A. Una città che ha vissuto un rapporto con il calcio piuttosto controverso, fatto di sogni all’epoca della Serie B e di continue e rovinose cadute. Ma stavolta le cose paiono diverse e i tifosi rossoblù, che quest’anno riassaporeranno il professionismo, possono guardare al domani con rinnovata fiducia. E chissà, auspicando di raggiungere, in un futuro non troppo lontano, vette ancora inesplorate.

 

Origini del Campobasso Calcio e primi problemi societari

La storia del calcio a Campobasso parrebbe iniziare, a livello amatoriale, nel 1917. Il condizionale è d’obbligo, tutto ciò che resta a comprova di questo primo seme piantato sul suolo del capoluogo molisano altro non è che una vecchia foto di una squadra in tenuta bianconera. Solo due anni più tardi arriva la fondazione ufficiale dell’U.S. Campobasso, primo sodalizio cittadino riconosciuto con presidente Mercurio Magno. Una storia, quella del Campobasso, che parte ben lontana dalle luci dei riflettori e che in pochi anni conoscerà i primi momenti di buio intenso.

Dopo un iniziale decennio destinato ad attività prettamente locale, l’inserimento in un sistema più ampio come quello federale arriva in occasione della stagione 1929-30, nella quale il Campobasso milita nel girone campano della Terza Divisione, di fatto il quinto livello del calcio italiano. Sarà una fase di storia estremamente controversa, nella quale ai primi risultati positivi sul campo faranno immediatamente da contraltare brutte cadute a livello societario: già nel 1930 la squadra sale di categoria e nel 1934 ottiene anche la promozione in Prima Divisione, nella quale disputerà appena un campionato. Non solo sul campo arriva la retrocessione ma ne segue lo scioglimento della società.

Dopo un anno di totale inattività, nel 1936 viene fondato il Fascio Giovanile Campobasso, un nome che rimanda evidentemente al regime e che non riscuote particolare fortuna: disputa una sola stagione in Seconda Divisione, quindi un nuovo scioglimento e un altro anno di inattività. Situazione perfettamente identica a quella del Dopolavoro Ferroviario Campobasso, fondato nel 1938: un campionato di Seconda Divisione e subito lo scioglimento. Che stavolta è più duraturo: dal 1939 al 1948 il calcio scompare totalmente dalla città.

 

Lunga scalata verso la Serie B

La storia dell’U.S. Campobasso riparte nel 1948, lontano dal professionismo: i Lupi molisani vivranno ben 22 anni nel quarto livello del nostro calcio – che nel periodo di militanza rossoblù cambia svariate denominazioni, ossia Lega Interregionale, IV Serie, Campionato Interregionale e Serie D – prima di retrocedere mestamente nel girone campano-molisano di Promozione nel 1970, epoca in cui ancora non esisteva il campionato di Eccellenza. Eppure, nonostante l’inizio decisamente stentato, sono proprio gli anni ’70 quelli della svolta.

Nella terribile stagione 1969-70 esordisce in prima squadra un ragazzo del vicino paese di Ururi, che nel giro di qualche anno si prenderà il cuore di tutti i tifosi campobassani. Si tratta di Michele Scorrano, professione difensore centrale e ottimo colpitore di testa nonostante la stazza non esattamente da corazziere. Il popolo rossoblù ancora non lo sa, ma Scorrano diventerà il simbolo della squadra, di cui si guadagnerà la fascia di capitano e diventerà recordman assoluto di presenze. Saranno 500 le volte in cui onorerà i colori della squadra, una cifra inavvicinabile per qualunque altro calciatore dei Lupi.

A livello di squadra ecco il riscatto: nel 1972, a seguito di un ripescaggio, il Campobasso torna in Serie D, dove sin da subito si contraddistingue come una squadra di alta classifica. Dopo un quinto e un secondo posto, e nonostante una stagione avviata non nel migliore dei modi con tanto di esonero dell’allenatore Fernando Veneranda in favore di Costanzo Balleri, il Campobasso riesce a vincere il campionato, grazie a una difesa pressoché impenetrabile: guidata da Scorrano, la retroguardia molisana conclude la stagione con soli 12 gol subiti, che valgono la prima volta in Serie C da quando la società è stata rifondata. E ad eccezione della sola stagione 1976-77, in cui è arrivata una salvezza risicata, anche in terza serie – che dalla stagione 1978-79 diventa Serie C1 – il Campobasso si afferma come squadra di medio-alta classifica, in continuo progresso.

Dopo due quarti e un terzo posto, nel 1981-82 il Campobasso è in lizza per i primissimi posti. Il 30 maggio 1982, allo Stadio Giovanni Romagnoli, un centro di Primo Maragliulo permette di stendere la Reggina e mantenere il punto di vantaggio sulla Nocerina. Vale il secondo posto alle spalle dell’Arezzo e la promozione in B, con i Lupi trascinati dal Rivera del Sud, quel Guido Biondi che, nonostante sia un centrocampista, si laurea capocannoniere della squadra grazie alle qualità balistiche da fermo e al quale verrà in seguito dedicato lo stadio della natia Lanciano a causa della prematura scomparsa per una malattia incurabile.

Tra i cadetti, il Campobasso vive un sogno lungo cinque anni, con qualche picco degno di nota: nella stagione 1983-84, la seconda tra i cadetti, i Lupi concludono il campionato con un onorevole quinto posto al pari di Arezzo e Padova, in quella che sarà la quindicesima e ultima stagione di Scorrano in rossoblù prima di cedere la fascia a Marco Maestripietri. Un risultato mai più raggiunto in campionato ma non il momento più incredibile della storia del club: a seguito della promozione in Serie B, il presidente Antonio Molinari vuole un nuovo stadio, che si chiamerà Nuovo Romagnoli e avrà 25.000 posti a sedere. Un impianto che verrà inaugurato nel corso della stagione 1984-85 per una partita speciale: Campobasso-Juventus.

Non si tratta di un’amichevole ma di un ottavo di finale di Coppa Italia disputato il 13 febbraio 1985. Il richiamo di pubblico è enorme e lo stadio è gremito oltre la capienza massima, tanto che si parla di 26.000 presenze. Il Nuovo Romagnoli neanche è completamente terminato, tanto che in stagione non ospiterà altri match e diventerà ufficialmente la casa del Campobasso a partire dal campionato seguente. Ma il richiamo è troppo importante, una partita contro la squadra più tifata d’Italia e della regione, campionessa d’Italia in carica e che nel corso dell’anno vincerà addirittura la Coppa dei Campioni. Non è solo una festa, è l’occasione di scrivere una pagina indelebile di storia.

Una giornata storica: l’esordio nel nuovo stadio con il clamoroso successo sulla Juventus

 

E il Campobasso la coglie, perché, incredibilmente, il match si conclude 1-0 per i padroni di casa: al 38’ è Guido Ugolotti, dentro l’area di rigore, a far partire un destro che, leggermente deviato, si infila alle spalle del portiere bianconero Luciano Bodini. Per le regole dell’epoca, quella deviazione è sufficiente a impedire a Ugolotti di finire negli almanacchi di una giornata speciale: a finirci sarà Stefano Pioli, cui viene assegnata l’autorete. E due settimane dopo al Comunale di Torino il Campobasso va di nuovo avanti con Carlo Perrone. Poco conta che alla fine passeranno i bianconeri grazie al 4-1 finale, rimane un giorno di gloria senza precedenti per i Lupi. E anche senza eguali in futuro, perché da lì si inizia a scendere.

Il campionato si chiude con un tredicesimo posto, cui fa seguito il decimo nella stagione 1985-86. L’annata 1986-87 invece inizia decisamente male: nei primi dieci turni, il Campobasso non vince mai, rimediando la miseria di 4 punti e chiudendo il girone d’andata al penultimo posto con soli 12 punti. Un andamento che costa la panchina al tecnico svedese Tord Grip, rimpiazzato da Giampietro Vitali. Con il nuovo tecnico le cose vanno meglio: il Campobasso totalizza 21 punti, chiudendo il campionato a quota 33, un buon bottino nell’epoca dei due punti, ma che non basta per la salvezza diretta, perché i rossoblù se ne mettono dietro solo tre e arrivano a pari punti con la Lazio, penalizzata per il Totonero-bis, e il Taranto.

Ne nasce un clamoroso spareggio a tre, da disputarsi a Napoli tra il 27 giugno e il 5 luglio. Nel primo match il Campobasso è spettatore interessato: a spuntarla è il Taranto, che sconfigge la Lazio 1-0. Gli ionici si assicurano la salvezza pareggiando 1-1 con il Campobasso nel secondo match del 1° luglio: molisani in vantaggio con Luca Evangelisti, pareggio tarantino con Sergio Paolinelli. Si decide tutto all’ultimo scontro, il 5 luglio 1987 e la situazione per il Campobasso non è così brutta. Avendo pareggiato contro il Taranto, infatti, basterebbe un pari per spingere la Lazio in Serie C1. Ma il pari non arriva, il gol al 53’ di Fabio Poli permette ai capitolini di salvarsi e condanna i rossoblù alla terza serie. Sembra solo un momento no, un incidente di percorso. E invece sarà l’inizio di un calvario interminabile.

 

Record di fallimenti

Quello che sembrava solo un arrivederci diventa rapidamente un addio senza possibilità di sanatoria. Nel suo primo anno in terza serie, il Campobasso chiude al quarto posto ma già nel 1989, a soli due anni dalla retrocessione in C1, arriva un altro spareggio maledetto. Stavolta è una sconfitta senza appello: l’11 giugno 1989, a Catanzaro, i molisani subiscono un perentorio 4-1 dal Monopoli e salutano anche la terza serie, retrocedendo in C2. È il preludio a un disastro praticamente senza precedenti nel mondo del calcio in Italia, perché un anno dopo i Lupi retrocedono anche in Interregionale. Ma non è ancora finita: il principale campionato dilettantistico non sarà disputato, perché la società fallisce per bancarotta e i rossoblù, con la nuova denominazione di F.C. Campobasso, sono costretti a ripartire dalla Prima Categoria, settimo livello del calcio italiano e che nell’arco di un anno sarebbe divenuto addirittura l’ottavo.

A prendere in mano il calcio nel capoluogo del Molise è Carlo Scasserra, fratello di Gino Scasserra, che aveva legato il suo nome ai Lupi come calciatore. Il Campobasso riparte: tre anni, tre campionati vinti e il ritorno a lambire il professionismo, per disputare quel Campionato Nazionale Dilettanti che – quando si chiamava Interregionale – non era stato possibile onorare. A guidare la squadra un altro storico elemento dei tempi d’oro, quel Marco Maestripietri che aveva ereditato la fascia di capitano da Scorrano ed era tornato come allenatore. Ma qui si ripresentano i problemi: i costi sono elevati e dopo un primo campionato di buon livello arriva la retrocessione del 1995, scongiurata solo grazie a un ripescaggio.

A promettere mari e monti agli ignari tifosi del Campobasso sarà il nuovo proprietario, un avvocato italo-inglese di nome Giovanni Di Stefano. Legale noto come Avvocato del Diavolo – che sarà anche il nome di un documentario in suo onore – per i suoi rapporti con alcuni dei più efferati boia dello scorso secolo: ha fatto parte del pool di avvocati di Saddam Hussein e, soprattutto, ha creato una rete di fitti rapporti nei Balcani, difendendo in aula Slobodan Milošević e diventando addirittura socio in non meglio precisati affari del terribile Arkan, al secolo Željko Ražnatović. Di Stefano arriva con propositi roboanti, addirittura promettendo la Serie A in cinque anni: sarà una delle tante truffe della sua lunga carriera criminale, dato che già nel 1996 abbandona la società e la condanna al secondo fallimento in pochi anni.

Fortunatamente la caduta è meno rovinosa che in passato: l’A.C. Campobasso, rifondata dall’ex portiere rossoblù Adelmo Berardo riparte dall’Eccellenza. E il primo anno è subito trionfale, con la vittoria del campionato e della Coppa Italia Dilettanti del Molise. L’anno successivo, nel Campionato Nazionale Dilettanti, viene sfiorato il bis: Coppa Italia Dilettanti vinta ma secondo posto e promozione tra i professionisti sfumata. Nel 1999 entra in società anche il patron della Salernitana Aniello Aliberti e il salto in avanti si nota subito: nel 2000 arriva la vittoria del campionato e il ritorno in C2, dove già al primo anno i rossoblù centrano il secondo posto, perdendo poi le semifinali dei playoff a causa della sconfitta interna su rigore contro il Sora. Il futuro sembra luminoso, è finalmente tornata la luce? Ovviamente no.

Passa appena un anno e quel secondo posto con promozione sfiorata gira drasticamente: nel 2002 arriva un ultimo posto senza appello e la retrocessione in CND, che ancora una volta non troverà esecuzione: terzo fallimento in appena 12 anni e per un anno il calcio a Campobasso sparisce. Tornerà solo nel 2003, quando una fusione tra la Polisportiva Polesiana e la Primavera Campobasso riporta i rossoblù in Eccellenza con il nome di Polisportiva Nuovo Campobasso. Al comando della società ci sono tre teste: i proprietari dei due club oggetto della fusione, rispettivamente Luigi Iacampo e Paolo Rizzi, e l’avvocato che ha lavorato per giungere alla chiusura dell’accordo, Claudio Palladino.

Ne segue un decennio di progressione costante, anche grazie al subentro nel 2007 del nuovo proprietario Ferruccio Capone, a scongiurare l’ennesimo fallimento: la promozione arriva al secondo anno, cui fanno seguito cinque campionati di Serie D e il ripescaggio in Lega Pro Seconda Divisione nel 2010. I rossoblù fanno le cose con calma, non vogliono forzare i tempi memori dei problemi finanziari del passato e si issano per tre stagioni a metà classifica della quarta serie del nostro calcio. Ma le cose precipitano di nuovo, la società è indebitata e Capone è costretto a passare la mano a Giulio Di Palma, per tentare di salvare il club. I debiti con l’erario sono altissimi, superano i 700.000 euro e la fidejussione presentata non viene ritenuta sufficiente: nel 2013 il Campobasso fallisce ancora.

Grazie ad un’associazione di tifosi, il club riparte con l’originario titolo di U.S. Campobasso 1919 dall’Eccellenza, ottenendo immediatamente la promozione in Serie D e riuscendo a tornare al terzo livello del nostro calcio, in Serie C, nel 2021, a 32 anni dall’ultima volta. Ma purtroppo non è un ritorno alla normalità, i Lupi disputano solo un campionato in Serie C e nel 2022 falliscono di nuovo, per la quinta volta in 32 anni, un record pressoché senza precedenti.

 

Matt Rizzetta, un paisà per i Lupi

È vero, forse sognare fa male quando cadi così tante volte. Ma stavolta il progetto Campobasso sembra destinato a qualcosa di più grande. Nell’estate del 2022 l’imprenditore italo-americano di origini molisane Matt Rizzetta ha messo le mani sul Campobasso. O meglio, a diventare proprietario della società è stato il North Sixth Group, società di cui Rizzetta è proprietario, una holding attiva in vari ambiti dell’entertainment, tra cui il calcio. Anche in Italia, perché già nel 2021 Rizzetta si era affacciato al calcio nostrano acquisendo una percentuale di quote dell’Ascoli.

A muovere Rizzetta è un affare di cuore, quello di dare un motivo di orgoglio in ambito calcistico a tutti i molisani in giro per il mondo, compresi quelli emigrati nel Dopoguerra e stabiliti negli States esattamente come avvenuto alla sua famiglia. La nuova proprietà ha agito con decisione e serietà, tanto da disimpegnarsi nel corso di quest’anno dall’Ascoli – nel frattempo retrocesso in Serie C – nonostante la lontananza dei rossoblù dai vertici del calcio italiano, dal momento che nel 2022 il Campobasso è ripartito dall’Eccellenza.

I Lupi hanno vinto in maniera netta gli ultimi due campionati, assicurandosi addirittura la Poule Scudetto di Serie D con un dominio quasi mai visto: due vittorie su due nel girone, vittoria in semifinale sulla Cavese con un 5-2 in trasferta all’andata, roboante 5-1 in finale sul Trapani il 16 giugno 2024 a Grosseto, con le doppiette di Niccolò Romero e Alessio Rasi e il gol di Antonio Di Nardo. Anche quest’anno le ambizioni sono di alto livello, con molti acquisti interessanti. Alla corte di un tecnico di categoria come Piero Braglia sono arrivati, tra gli altri, il centrale scuola Milan Davide Mondonico, l’attaccante Riccardo Forte, in doppia cifra l’anno scorso al Sestri Levante, la punta ex Virtus Entella Alessandro Faggioli, i terzini Christian Celesia e Kevin Haveri, l’ex Avellino Sonny D’Angelo e l’esperto Mario Prezioso, prodotto del vivaio del Napoli con oltre 200 presenze in C.

Al fianco di North Sixth Group ci sono altri due imprenditori americani, Kelly Ripa e Mark Consuelos. Quest’ultimo è anche un conduttore televisivo negli Stati Uniti ed è recentemente balzato agli onori della cronaca per la sua amicizia con l’attore – e proprietario del Wrexham – Ryan Reynolds, il quale, durante il programma televisivo Live with Kelly and Mark, condotto proprio da Consuelos, ha indossato in diretta la maglia del Campobasso a seguito di un simbolico scambio di casacche. L’obiettivo è un onorevole campionato di terza serie e, perché no, magari sognare un colpaccio e una promozione in Serie B.

Per la gente di Campobasso, la speranza è poter vivere un domani più tranquillo dopo tre decenni infernali. Nel tempo il grande calcio ha solo sfiorato la casa del Campobasso, ospitando cinque partite in campo neutro del Napoli e una sfida della Nazionale allenata da Giovanni Trapattoni – proprio il tecnico della Juventus nella partita inaugurale dell’impianto – il 3 giugno 2003, un’amichevole vinta 2-0 contro l’Irlanda del Nord con gol di Bernardo Corradi e Marco Delvecchio, organizzata per raccogliere fondi dopo il tremendo terremoto che ha colpito il Molise l’anno precedente.

Quello che un tempo si chiamava Stadio Nuovo Romagnoli, proprio quest’anno è divenuto Stadio Antonio Molinari, in onore del presidente del grande Campobasso degli anni ’80, scomparso nel 2015, sebbene solo due mesi dopo, per ragioni di sponsorizzazione, è stato ribattezzato Avicor Stadium Selvapiana. Sempre a inizio 2024 la curva nord è stata dedicata al capitano Michele Scorrano, scomparso per una brutta malattia nel 2009. Nella speranza che questi due grandi simboli rossoblù possano guidare dall’alto la propria gente verso i grandi palcoscenici vissuti assieme negli anni ’80.

Campobasso Calcio - Puntero

Il capitano Leonardo Nonni alza al cielo la coppa: il Campobasso vince lo scudetto dilettanti (Fonte: pagina Facebook del Campobasso)

 


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Di Manuel Fanciulli

Laureato in giurisprudenza e padre di due bambini, scrivo di sport, di coppe e racconto storie hipster. Cerco le risposte alle grandi domande della vita nei viaggi e nei giovedì di Conference League.