Talvolta dietro il concetto di sport c’è più di una semplice competizione. Lo sport è passione, agonismo, sacrificio, può essere gioia e lacrime ma anche un semplice hobby. La storia che stiamo per raccontarvi, però, ci ricorda come la vera essenza racchiusa all’interno di queste cinque lettere sia solo una: unione. Torniamo indietro al 2021, quando l’Italia e il mondo intero si apprestano a spogliarsi di tutte le difficoltà incontrate a causa dell’emergenza Covid. A farla da padrona, nella fase che lentamente riporterà tutti alla normalità, sarà la voglia di stringersi forte, abbracciarsi stretti, vivere insieme. E proprio lo sport quell’anno giocherà un ruolo fondamentale nella soddisfazione di tale intento, con un effetto ancora maggiore sulla nostra penisola grazie all’impresa della Nazionale di calcio agli Europei e alle innumerevoli medaglie e soddisfazioni giunte dalle Olimpiadi di Tokyo.
Tra le tante vittorie, medaglie e storie che meritano di essere raccontate, ce n’è una che spicca su tutte. Ci riferiamo all’oro olimpico ex aequo di Gianmarco Gimbo Tamberi e del qatariota Mutaz Essa Barshim nel salto in alto. Allo Stadio Olimpico di Tokyo le qualificazioni sono in programma il 30 luglio, mentre il 1° agosto è il giorno dell’attesissima finale: alla vigilia dell’appuntamento Tamberi e Barshim sono due dei grandi favoriti per la gloria finale. E non deluderanno le aspettative.
Nessuno dei due è mai riuscito a salire sul gradino più alto del podio nelle edizioni dei Giochi precedenti a quella nipponica, sebbene vi sia una differenza di risultati che pende nettamente a vantaggio di Barshim, capace di aggiudicarsi l’argento sia a Londra 2012 che a Rio 2016. Per l’originario di Civitanova Marche, invece, il miglior piazzamento olimpico è il ventiquattresimo posto di Londra 2012. A pesare notevolmente, sia sul morale che sul bagaglio di esperienza olimpica, è la mancata possibilità di gareggiare a Rio 2016, quando un brutto infortunio alla caviglia sul finale del meeting di Montecarlo, vinto col record italiano fissato a 2,39 metri, lo ha tenuto lontano dall’attività agonistica per diversi mesi.
Prima il record italiano e poi il dramma a poche settimane da Rio 2016
Nel periodo successivo a questo tremendo schiaffo, dopo l’iniziale e inevitabile scoramento, Gimbo è riuscito a mostrare a se stesso e al mondo intero la mentalità di un vero campione, la tenacia che conduce a non mollare mai e lavorare per raggiungere i propri obiettivi, i propri sogni. Emblematica la scritta sul gesso alla caviglia immediatamente dopo l’operazione: “Road to Tokyo 2020”. Quella strada è stata lunga ma Tokyo è finalmente arrivata. Il 1° agosto 2021 in tredici si contendono le medaglie e, come di consueto, l’alzarsi dell’asticella fa selezione. Sono ben sei gli atleti che tentano di saltare alla misura di 2,39 metri: una gara serratissima se si pensa che cinque anni prima a Rio erano bastati un salto da 2,38 metri per l’oro al canadese Derek Drouin e un “modesto” salto da 2,33 metri per il bronzo, vinto da Bohdan Bondarenko.
Tale misura si rivela tuttavia proibitiva per tutti, nessuno riesce a superarla. Come sempre accade in casi analoghi, per stilare la classifica finale occorre compiere un piccolo passo indietro. Si prende in considerazione la misura precedente, in questo caso 2,37 metri. Sono tre i saltatori ad averla superata alla prima prova: Tamberi, Barshim e Maksim Nedasekaŭ, atleta bielorusso che, a differenza del percorso illibato dei suoi avversari, nel corso della gara ha commesso un errore all’altezza di 2,35 metri. Un errore che risulta fatale e lo “condanna” al bronzo finale.
Per l’oro è una storia a due ed è qui che avviene l’inimmaginabile, l’essenza di ciò che stiamo raccontando. Il giudice di gara si avvicina ai due contendenti, visibilmente incerti sul regolamento da applicare a quel punto: nella storia del salto in alto ai Giochi Olimpici mai si era verificata la condizione di pareggio e a regnare sovrano è il dubbio sulla prosecuzione della gara. Il giudice comunica in prima battuta la possibilità di ricorrere al jump-off, un salto aggiuntivo per decretare il vincitore. È qua che Barshim sorprende tutti, anche il suo grande amico: “È possibile avere due ori?“. La risposta affermativa conduce a un veloce cenno d’intesa tra i due atleti che si abbracciano e poi si lanciano nei festeggiamenti, pazzi di gioia.
Recap della gara e tripudio finale per Tamberi e Barshim
La rivincita di Tamberi si è compiuta, l’Italia si commuove con lui davanti al teleschermo nel caldo rovente della prima giornata di agosto, assistendo nel giro di pochi minuti non solo alla storica vittoria di Gimbo ma anche a una delle più grandi imprese dell’atletica leggera e dell’intero sport italiano: nella finale dei 100 metri, per la prima volta nella storia delle Olimpiadi, ai blocchi di partenza c’è un azzurro, Marcell Jacobs. Che di lì a pochi secondi diventerà addirittura l’uomo più veloce al mondo, in una corsa che si arresterà solamente quando arriverà proprio Tamberi ad abbracciarlo. È l’abbraccio di un compagno di squadra e, in quel momento, di una nazione intera, un’immagine destinata a persistere per sempre nella mente di tutti gli italiani.
Tamberi invade la pista e attende Jacobs per un abbraccio storico: è il giorno di gloria dell’atletica azzurra
Il primo incontro tra Tamberi e Barshim risale al lontano 2010, quando entrambi parteciparono ai Mondiali juniores di atletica leggera nella cittadina di Moncton, in Canada. A vincere fu il qatariota che a distanza di anni ha rivelato come, dopo la gara, nei pressi dell’ingresso di un ristorante gli si avvicinò di colpo Tamberi, all’epoca ancora a lui sconosciuto, per complimentarsi del risultato. Un gesto cavalleresco che fece riflettere Barshim, vista la rarità di episodi di questo genere. Da quel giorno in poi i due avrebbero consolidato il loro rapporto a suon di gare l’uno contro l’altro ma, soprattutto, di vicinanza e solidarietà nei momenti complicati.
Basti solo pensare a quanto accade nel 2017: meeting di Parigi, Tamberi non riesce a superare la misura d’entrata in gara pari a 2,20 metri, ancora condizionato fisicamente e mentalmente dal crack alla caviglia patito nell’anno precedente. Barshim, vincitore della gara, decide di recarsi nella camera d’albergo dell’italiano per rincuorarlo e sostenerlo, predicando calma e pazienza. È stato lo stesso Tamberi a sottolineare l’importanza del supporto dell’amico-rivale nel suo momento più buio:
Il giorno dopo Mutaz ha iniziato a bussare alla mia porta. Volevo solo che se ne andasse ma lui insisteva per parlarmi, così ho ceduto e l’ho lasciato entrare. Abbiamo parlato e ho pianto davanti a lui. Ha cercato di calmarmi e mi ha detto che non dovevo affrettare le cose e che nessuno si aspettava che avrei presenziato a gare valide per la Diamond League. Ma al tempo stesso avrei dovuto prendermi il mio tempo, senza aspettarmi troppo in poco tempo da me stesso.
Un infortunio, quello di Tamberi, che ha seriamente rischiato di comprometterne la ripresa, non tanto per limitazioni fisiche quanto per il condizionamento mentale che ha minato la bontà delle sue prestazioni, come ha rivelato Gimbo al termine dell’ultima tappa della Diamond League 2018:
Quando mi sono infortunato ero vicino al mio grande sogno. Dopo è cambiato tutto, ho dovuto iniziare una nuova carriera. Sarebbe stato meglio se avessi avuto quell’infortunio scendendo le scale, perché per due anni ho avuto paura di farmi male di nuovo mentre saltavo.
L’anno dopo i ruoli si invertono, con Barshim alle prese con lo stesso infortunio subito da Gimbo che, a sua volta, ricambia cordialità e vicinanza, dandogli simbolicamente appuntamento a Tokyo. È proprio la reazione di Barshim che riaccende la scintilla in Tamberi: ai Mondiali di Doha del 2019, davanti al pubblico di casa, il qatariota si assicura l’oro, una dimostrazione di forza e di capacità di reazione arrivata in meno tempo rispetto a quello sin lì servito al nostro atleta, che fa tesoro del successo dell’amico e capisce che è il momento di cambiare approccio, di tornare a saltare come un tempo. E di riprendere quella strada verso Tokyo impressa sul gesso tre anni prima:
Sono stato davvero felice che Mutaz abbia vinto a Doha. Lui lo ha fatto e io no, ha vinto il Mondiale dopo un anno dall’infortunio. Mi ha motivato e mi sono detto che avrei potuto imparare da lui. Avevo tanto lavoro da fare per ripulire gli errori del 2017 e del 2018, commessi perché avevo paura.
Il resto è storia nota e indimenticabile. Il legame ancora oggi è solido e i due hanno partecipato reciprocamente anche ai loro matrimoni, ricordandoci che vincere è bello, farlo insieme ancora di più ma, soprattutto, che l’amicizia è un tesoro inestimabile.
Il gesso conservato a imperitura memoria: Gimbo si è ripreso tutto, dopo cinque anni di sofferenza
Se ve lo state chiedendo, la risposta è sì: Tamberi e Barshim prenderanno entrambi parte alle Olimpiadi di Parigi. Per Tamberi, uno dei due portabandiera azzurri, spiccano i due ori agli Europei del 2022 e del 2024 a Roma e soprattutto quello ai Mondiali del 2023, mentre per Barshim il bottino è di due vittorie, ottenute ai Mondiali 2022 e ai Giochi Asiatici 2023, ai quali si aggiunge anche il bronzo ai Mondiali 2023.
Insomma, l’apice della gloria raggiunto a Tokyo non sembra aver saziato le ambizioni di nessuno dei due, pronti a darsi nuovamente battaglia all’ombra della Tour Eiffel. Una sfida che questa volta, come dichiarato dallo stesso Barshim, non prevedrà la speciale “carta amicizia”:
Io e Gimbo ne abbiamo parlato a cena, sappiamo che la storia non si ripeterà. A Parigi andremo per un solo oro.
Un’immagine storica e che rimarrà unica: stavolta a Parigi Tamberi e Barshim non accetteranno un oro in comune
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