Fantasmi, alieni e maledizioni nello sport

Paranormale - Puntero

Come tutti gli argomenti in cui è difficile distinguere nettamente realtà e immaginazione, il paranormale è sempre stato un motivo di discussione capace di attirare interesse e creare fazioni. Ci sono quelli che “non è vero ma ci credo” e ci sono gli scettici che dileggiano ogni ipotesi che vada oltre una plausibile spiegazione logica o scientifica.

Inevitabilmente nel tempo anche lo sport ha incrociato il paranormale, tra leggende, anatemi, episodi apparentemente inspiegabili e bislacchi termini come “paleocontatto” o “post-mortem”. Ecco alcuni dei casi più memorabili.

 

La Maledizione del Bambino

Uno degli argomenti che più spesso legano lo sport al paranormale è quello delle maledizioni, generalmente derubricate a superstizione ma capaci di tenere i tifosi in apprensione quando sono scagliate contro la loro squadra. Tra tutte, la più chiacchierata delle maledizioni è quella denominataCurse of the Bambino, in italiano “Maledizione del Bambino“. L’origine del nome viene dall’indiretto protagonista di questa storia: Babe Ruth.

Nato nel 1895 a Pigtown, sobborgo di Baltimora, con il nome George Herman Ruth, il mito del baseball viene soprannominato Babe – “bambino”, appunto – per l’impossibilità di scindere la sua infanzia dall’età adulta. Non perché sia affetto dalla Sindrome di Peter Pan ma per il motivo esattamente opposto, giacchè si rivela un adulto estremamente precoce, che inizia a fumare a 7 anni e a delinquere poco dopo. Fin quando, nel tentativo di recuperarlo, il parroco di Pigtown lo avvicina al mondo del baseball.

Mai idea fu più azzeccata. Babe Ruth arriva in MLB a 19 anni con i Boston Red Sox come lanciatore e in poco tempo diviene uno dei migliori giocatori al mondo. Nel giro di quattro anni i Red Sox vincono tre volte le World Series e si affermano come la migliore franchigia dell’epoca. Tuttavia nel 1920, con l’intento di finanziare le proprie attività teatrali, il proprietario dei Red Sox Harry Frazee decide di cedere Ruth ai New York Yankees, una franchigia sino a quel momento derelitta. Una condotta offensiva per gli dei del baseball, che avrebbero sancito l’inizio di una maledizione per i Red Sox. Da lì al resto della carriera, Ruth avrebbe conquistato altre quattro volte le World Series con gli Yankees nel suo nuovo ruolo di esterno, e la squadra della Grande Mela sarebbe diventata la più vincente della storia della MLB con 27 titoli.

Dal canto loro, invece, i Red Sox avrebbero patito gli effetti della maledizione soffrendo un digiuno di ben 86 anni senza titoli. Non solo: nelle appena quattro occasioni in cui arriva a giocarsi le World Series, Boston soffre sconfitte identiche nella sostanza: perdendo in rimonta la decisiva Gara 7. Della maledizione si inizia a parlare solo dagli anni ’90, grazie al libro Curse of the Bambino di Dan Shaughnessy, che avrà grande eco nella narrativa sportiva americana. Ma com’è stata sconfitta questa maledizione? Grazie ad un evento apparentemente insignificante ma capace di soffiare sul fuoco del paranormale.

Nel 2004, durante un match di regular season giocato nel mitico Fenway Park di Boston, un lancio venne trasformato in un fuoricampo dal battitore dei Red Sox Manny Ramírez. Il fuoricampo finì sugli spalti e colpì il viso di un bambino, facendogli perdere due denti. Il ragazzo ricevette subito visite e sostegno da parte di Ramírez e compagni. Durante le visite al ragazzo tuttavia si scoprì un dettaglio curioso: il bambino viveva in una fattoria di Sudbury che era stata l’abitazione di Babe Ruth ai tempi della sua militanza a Boston. Si ritiene che quell’episodio, con la povera vittima che fungeva da “trasposizione” del Bambino, ebbe l’effetto di scacciare la maledizione.

Tre mesi dopo, nelle Championship Series, i Red Sox furono protagonisti di una rimonta da 0-3 a 4-3 proprio contro i New York Yankees talmente epica da divenire oggetto del film-documentario di ESPN Four Days in October. Arrivata alle World Series, Boston si laureò campione con un secco 4-0 sui St. Louis Cardinals e proprio Manny Ramírez venne nominato MVP.

Paranormale - Puntero

Il leggendario Babe Ruth ai tempi dei Red Sox

 

Maledizioni nel calcio

Anche il mondo del calcio ha conosciuto le sue maledizioni e la più celebre è senz’altro laMaledizione di Béla Guttmann. Guttmann è stato un grande allenatore ungherese, sopravvissuto all’Olocausto dopo essere stato perseguitato in quanto ebreo. Considerato uno dei più influenti allenatori della storia del calcio ed unico ad aver raggiunto la finale sia di Coppa dei Campioni che di Copa Libertadores, aveva fama di avanguardista in materia di tattica e di gestione psicologica del gruppo, ma anche quella del tipo bislacco e soprattutto estremamente attaccato al denaro. E proprio i soldi generarono il presunto incantesimo.

Dopo il dominio del Real Madrid nei primi cinque anni dalla creazione della Coppa dei Campioni, Guttmann concorda con la dirigenza del Benfica, squadra di cui è allenatore, un sostanzioso premio in denaro in caso riuscisse a interrompere l’egemonia delle Merengues. E così è: nel 1961, dopo cinque successi consecutivi del Real Madrid, è proprio il Benfica ad alzare al cielo la coppa dalle grandi orecchie. Nella stagione successiva il tecnico ungherese contratta con la proprietà un nuovo premio considerevolmente più alto laddove dovesse riuscire nel bis.

Anche in questo caso i dirigenti accettano, ma per un motivo preciso: sono assolutamente certi dell’impossibilità che il Benfica vinca nuovamente. Dovranno ricredersi, perché nel 1962 sarà ancora il Benfica a laurearsi campione d’Europa. Al momento di riscuotere il premio, tuttavia, la società si oppone all’esborso precedentemente concordato. Per questo motivo Guttman decide di lasciare il club lusitano, non prima di aver scagliato l’anatema:

Da qui a cento anni nessuna squadra portoghese sarà per due volte di fila campione d’Europa e senza di me il Benfica non vincerà mai una Coppa dei Campioni.

Da allora sono passati 62 anni e il bilancio in Europa del Benfica è amarissimo: non solo non è arrivata la Coppa dei Campioni, ma neanche le altre coppe europee. Le Águias hanno infatti disputato ben 8 finali, perdendole tutte. Alla morte di Guttman nel 1981, la Perla Nera Eusébio, il più grande calciatore di sempre del Benfica, si è recato innanzi alla tomba dell’allenatore che lo ha lanciato nel calcio che conta per “chiedergli la grazia”. La stessa cosa è avvenuta alla vigilia della finale di Coppa dei Campioni del 1990 contro il Milan. Non è servito, la maledizione è rimasta viva e vegeta. Ancora oggi migliaia di tifosi del Benfica portano fiori sulla tomba di Guttmann prima di importanti sfide europee per cercare di annullare l’incantesimo, apparentemente destinato a durare altri 38 anni.

Paranormale - Puntero

Lo straordinario Béla Guttmann in posa con la coppa dalle grandi orecchie assieme ad Eusébio

 

Un altro famoso caso di superstizione nel calcio ha riguardato Aaron Ramsey. Il gallese ex Arsenal, passato anche dalla Juventus, ha vissuto i primi anni della sua carriera con un curioso fardello: si diceva che ad ogni suo gol corrispondesse la morte di un personaggio famoso. È capitato con Steve Jobs e Whitney Houston, Mu’ammar Gheddafi e addirittura Osama Bin Laden. E ancora: gli attori Robin Williams e Paul Walker, Alan Rickman e Richard Attenborough, i cantanti David Bowie e Chester Bennington. Tutte queste morti, avvenute poche ore prima o dopo un gol segnato da Ramsey, ne hanno tratteggiato indelebilmente la maledizione.

Innumerevoli sono poi, anche per pregiudizio razziale, le storie di maledizioni legate a calciatori di origine africana con richiami a macabri riti voodoo per varie ragioni, da Romelu Lukaku ad Asamoah Gyan. Due storie di questo tipo meritano, però, una menzione: la prima riguarda una presunta maledizione lanciata da Cyrille Makanaky, centrocampista della nazionale camerunense a Italia ’90 e campione africano del 1988. Prima di chiudere la carriera, Makanaky gioca in due diversi momenti in Ecuador, con la maglia del Barcelona de Guayaquil. Al momento del secondo addio, il club si rifiuta di versargli una somma pari a circa 200.000 euro e la leggenda narra di una maledizione lanciata dal centrocampista nei confronti della sua ex squadra. Sta di fatto che, nonostante Makanaky abbia più volte ribadito di non aver mai praticato la stregoneria, il digiuno di successi lungo 14 anni del Barcelona ha alimentato il mito.

Paranormale - Puntero

Cyrille Makanaky con la maglia della nazionale del Camerun

 

Un caso più recente è quello, fatto di accuse ed estorsioni, che riguarda Paul Pogba. Nell’estate del 2022 il centrocampista avrebbe subito il tentativo di estorsione da un gruppo di amici e dal fratello Mathias: 13 milioni di euro, uno per ogni anno di carriera, come ringraziamento per la protezione ricevuta grazie ai cosiddetti marabù, gli stregoni voodoo. Alla vigilia del mondiale in Qatar la vicenda è divenuta di dominio pubblico, con Paul Pogba accusato di aver pagato uno stregone per un maleficio nei confronti di Kylian Mbappé. Pogba ha ammesso di aver pagato uno stregone ma non contro il compagno di Nazionale, pur senza precisare il motivo. Sta di fatto che, non appena la protezione di amici e marabù è venuta meno, Pogba ha saltato il Mondiale e quasi tutta la stagione per infortunio, quindi al rientro è stato squalificato per quattro anni per doping.

 

Porta stregata

A proposito di Africa, c’è stato almeno un caso in cui il concetto di porta stregata, tanto spesso citato nella narrativa calcistica, ha avuto un’applicazione letterale. È quanto avvenuto nel campionato del Rwanda a dicembre 2016 durante il match tra Mukura Victory e Rayon Sports. Un episodio che ha ricevuto forti critiche in patria e, in generale, nell’Africa centrale, in quanto ritenuto strumentale a gettare discredito non solo sul movimento calcistico ma persino sugli usi e costumi popolari. In particolare, i protagonisti dell’episodio sono il portiere del Mukura e Moussa Camara, attaccante del Rayon Sports.

Ad inizio match le telecamere indugiano sul portiere dei gialloneri che infila un oggetto non meglio identificato sotto il palo della propria porta. Scaramanzia o stregoneria? Sta di fatto che a dieci minuti dal termine del primo tempo, sul risultato di 1-0 per il Mukura, Camara colpisce di testa a botta sicura ma il pallone colpisce la traversa. È l’inizio di uno strano “balletto” tra i due protagonisti della vicenda perché immediatamente dopo, mentre il portiere avversario è a terra, Camara tenta di rovistare sotto il palo opposto, non trovando nulla ma scatenando un accenno di rissa.

Sul finire del tempo, tuttavia, mentre il portiere è alle prese con un rilancio a pallone in gioco, Camara si lancia verso il palo giusto, raccoglie l’oggetto e di corsa lo consegna alla propria panchina, attirando le ire degli avversari e costringendo l’arbitro ad ammonire lui e il portiere. Sin qui solo una stranezza, se non fosse che nel recupero, alla prima occasione utile, Camara sigla il gol del pareggio.

Si tratta davvero di un caso di porta stregata? La federazione calcistica rwandese la pensa così e multa i giocatori: 100.000 franchi rwandesi (poco più di 100 euro) per stregoneria, con tanto di minaccia ai club di una penalità di tre punti ed una multa di 2,9 milioni di franchi rwandesi (circa 3.000 euro) in caso dalle prove emergesse un loro diretto coinvolgimento. Un episodio che ha divertito il pubblico europeo ma al tempo stesso ha contribuito ad alimentare i pregiudizi nei confronti dei popoli del Continente Nero.

Superstizione o stregoneria? Ecco quanto accaduto in Rwanda

 

Storie di fantasmi

Molte storie si sono raccontate circa la presenza di fantasmi in strutture designate per ospitare attività sportive. Si va dal presunto fantasma di un soldato che si aggirava nel vecchio Wembley, avvistato persino dal leggendario Bobby Moore, alle presenze infestanti il Ghazi Stadium di Kabul, dove i talebani effettuavano esecuzioni pubbliche contro i loro nemici politici. Una circostanza che ha costretto l’amministrazione pubblica a sostituire il manto erboso per cancellare il sangue versato.

Un caso lievemente diverso ma egualmente famoso riguarda il basket NBA e nello specifico lo Skirvin Hotel di Oklahoma City. Durante un match tra i Thunder ed i Cleveland Cavaliers di febbraio 2016, Kyrie Irving viene sostituito per strani sintomi influenzali che l’ex prima scelta al draft attribuisce alla presenza di strane cimici sul suo letto. Quella che inizialmente sembra una delle tante sparate del bizzarro campione inizia a diventare fonte di indagini paranormali alla luce delle dichiarazioni di altri cestisti, quali Ron Artest, Eddy Curry e Tim Hardaway Jr., con quest’ultimo che si rivela il più dettagliato nelle spiegazioni.

In un’intervista al Players’ Tribune del 2019, il cestista dei Mavs riferisce che, in occasione di una trasferta della sua squadra, l’atmosfera all’albergo era inquietante fin dall’atrio ma che il peggio sarebbe avvenuto in camera al momento di addormentarsi, quando ha iniziato a sentire rumore di passi e voci di bambini uscire dai muri. La leggenda racconta che il signor Skirvin, proprietario originario dell’hotel, ebbe un figlio da una relazione extraconiugale con una cameriera. Per evitare scandali, l’avrebbe rinchiusa in una stanza dell’ultimo piano. La cameriera, di nome Effie, sarebbe caduta in una profonda depressione, gettandosi dalla finestra assieme al suo bambino, ragion per cui da quel giorno i loro spiriti infestano l’albergo come ritorsione nei confronti della famiglia Skirvin.

Paranormale - Puntero

L’esterno dello Skirvin Hotel, oggi entrato a far parte della famiglia Hilton

 

Altro racconto paranormale piuttosto noto è quella del Frontier Field, arena della squadra di baseball dei Rochester Red Wings, impegnata nei minors statunitensi. Durante la costruzione nel 1996 furono rinvenute ossa umane e di lì a poco gli operai iniziarono a riferire di fenomeni di infestazione, tanto da spingerli a coinvolgere una squadra specializzata nell’individuazione di spiriti, la Rochester Paranormal. Durante le indagini, la squadra riferì di aver incontrato spiriti appartenenti a vecchi abitanti della zona, riportando foto con teste fluttuanti e fantasmi che fecero della struttura il primo stadio al mondo ufficialmente dichiarato infestato.

Una storia di fantasmi applicata al calcio è quella che riguarda il cosiddetto “fantasma di Valencia, nata a seguito di quanto emerso durante l’incontro tra i padroni di casa del Levante ed il Malaga del 1° maggio 2005. Sul risultato di 1-0 per gli ospiti, un difensore di casa commette una leggerezza inspiegabile, facendosi portare via la palla al limite dell’area. Il portoghese Duda, saltato il portiere, ha una facile occasione per chiudere il match ma temporeggia, quasi spaventato di tirare in porta, quindi scarica su un compagno sprecando l’occasione per il raddoppio. Intervistato a fine match, Duda dichiara di non aver calciato a causa della presenza di un fantasma sulla linea di porta. Una boutade per giustificare un errore imperdonabile, probabilmente, che tuttavia ha dato adito a molte voci, indagini e anche sfottò nei confronti del portoghese.

Tutto finito? No, perché sedici anni dopo il calciatore dell’Atletico Madrid Ángel Correa, nel medesimo stadio, sbaglia un gol incredibile a tre metri dalla linea, calciando alto sopra la traversa. Alla richiesta di spiegazioni, l’argentino afferma di aver sentito qualcosa attraversare il suo corpo, come una presenza che l’ha spinto all’errore. Da Valencia assicurano trattarsi del fantasma di un tifoso del Levante, scomparso in un incidente stradale nel 2003 mentre andava a vedere una partita di campionato e che da allora frequenta lo stadio nella sua nuova veste.

Uno youtuber spagnolo ha analizzato il gol sbagliato da Duda

 

Serie A-lien

Parlando di paranormale è impossibile non citare l’argomento più discusso e diffuso a riguardo: gli UFO. Più di un presunto avvistamento è stato riportato da tifosi e finanche da calciatori (chi ha detto Chris Smalling?), pur rivelandosi complessivamente episodi di facile spiegazione logica.

Tuttavia è opportuno menzionare uno degli avvistamenti più noti della storia del cosiddetto paleocontatto, che peraltro riguarda proprio l’Italia. È il 27 ottobre 1954, il calcio è ben distante dalla fruizione televisiva e dall’esposizione mediatica odierna ma è già il principale intrattenimento popolare, col pubblico che si reca in massa anche a eventi sportivi teoricamente minori. Anche se è una tarda mattinata infrasettimanale, per la precisione un mercoledì. Allo stadio Comunale di Firenze, oggi noto come Artemio Franchi, è in programma un match di una competizione arrivata alla quarta edizione, il Campionato Cadetti, precursore del Campionato Primavera nel quale si mischiano i giovani prospetti delle squadre di Serie A e B con alcune squadre delle categorie inferiori.

Sarà per l’aria che si respira complessivamente attorno alla Fiorentina, che non a caso vincerà lo scudetto la stagione seguente, o per il primato dei gigliati nel Campionato Cadetti o, ancora, per il fatto che si tratti di un derby, fatto sta che al Comunale ben 10.000 spettatori accorrono per assistere a Fiorentina-Pistoiese. Nel primo tempo è una semplice partita di calcio ma le cose cambiano di lì a poco. La storia viene scritta a secondo tempo iniziato, poco dopo le 14.15, quando lo sguardo dei tifosi si scolla dal campo e si sposta verso il cielo, seguito a ruota da quello dei calciatori in campo. Nel cielo di Firenze ci sono degli UFO. Le forme percepite dalla gente sono variabili ma sono tutti concordi: quelle sono navicelle aliene.

L’arbitro sospende la partita e nel referto riporta esattamente quello che hanno visto tutti: oggetti non identificati sui cieli di Firenze. Un avvistamento che ovviamente non si limita allo Stadio Comunale: tutta la città vede gli UFO, soprattutto nei dintorni del Duomo. Ad un certo punto gli UFO volano via, lasciando cadere i cosiddetti capelli d’angelo, filamenti che vengono utilizzati come oggetto per tentare di dare una spiegazione razionale ad un evento che di razionale non ha nulla.

Le fonti governative parlano di un fenomeno noto come ballooning, dato da una massiccia invasione di ragni capaci di creare delle ragnatele e utilizzarle per “volare” nel cielo. Ma le analisi rivelano una composizione chimica diversa da quella delle ragnatele. E d’altronde nessuno ha visto ragni, gli oggetti sono troppo grandi e luminescenti per esserlo. L’argomentazione ufficiale quindi cambia e fa riferimento ad un’esercitazione militare con l’uso di chaff, un sistema elettronico utilizzato per il disturbo dei radar che spiegherebbe la luminescenza degli oggetti volanti. La motivazione ed il cambio di versione appaiono a tutt’oggi poco convincenti e fanno dell’evento un must nelle argomentazioni in favore della vita extraterrestre, dal momento che risulta l’avvistamento ufficiale con il maggior numero di testimoni di sempre.

Chi meglio di Giacobbo per raccontarci quanto avvenuto a Firenze?

 


Puntero è gratis e lo sarà sempre. Vive grazie al sostegno dei suoi lettori. Se vuoi supportare un progetto editoriale libero e indipendente, puoi fare una piccola donazione sulla piattaforma Gofundme cliccando sulla foto qui sotto. Grazie!

 

Sostieni Puntero

Di Manuel Fanciulli

Laureato in giurisprudenza e padre di due bambini, scrivo di sport, di coppe e racconto storie hipster. Cerco le risposte alle grandi domande della vita nei viaggi e nei giovedì di Conference League.