Vincenzo Nibali, una carriera da vero squalo

Vincenzo Nibali - Puntero

Se nasci su un’isola e decidi di diventare uno sportivo, praticare una disciplina acquatica sembrerebbe la decisione più sensata, la scelta in fin dei conti sarebbe anche ampia. Eppure c’è chi ha pensato di percorrere una strada diversa, nel vero senso della parola. Stiamo parlando di Vincenzo Nibali, un atleta unico nel suo genere che grazie alla sua straordinaria determinazione ha conquistato le strade di tutta Europa entrando nella storia del ciclismo.

 

Cresciuto in sella

Il percorso di Vincenzo Nibali in sella è iniziato molto presto e, fin dai primi attimi, si è trattato di colpo di fulmine. Grande appassionato di ciclismo, il padre regalò al piccolo Squalo la sua prima bicicletta all’età di 2 anni, dando di fatto il via a quella che sarebbe stata una carriera straordinaria. Negli anni dell’infanzia, vissuti nella sua Messina, il ragazzo passava moltissimo tempo sulle due ruote, a volte scomparendo per giornate intere senza che i genitori sapessero nulla. Un legame morboso, quello descritto da sua madre:

Abbiamo fatto molti sacrifici per regalargli le prime biciclette e ci siamo accorti subito di quanto lui ci fosse legato. Da bambino era molto irrequieto e quella era la sua valvola di sfogo, non c’era modo di farlo scendere, girava intorno al nostro negozio per ore, sfrecciando tra i passanti. Una volta abbiamo scoperto che Vincenzo aveva preso un brutto voto in condotta, così il padre ha deciso di segare in più parti la sua bici. Ha passato tre giorni e tre notti a piangere senza rivolgergli la parola, era distrutto.

I genitori si accorsero rapidamente non solo che loro figlio era innamorato della bicicletta ma che effettivamente il ragazzo aveva qualcosa di speciale, decidendo quindi di supportarlo in vista di una carriera agonistica:

Vincenzo faceva delle scommesse con il padre e vincendo alcune gare di ciclismo ricevette in cambio dei premi, la sua predisposizione alla pedalata in salita si è notata subito, era diverso dagli altri bambini della sua età. Ma ciò che mi impressionò maggiormente fu un siparietto tra un dottore e mio figlio. Dopo essersi fatto male cadendo dalla bici all’età di 12 anni, Vincenzo si raccomandò con il medico di curargli la gamba nel migliore dei modi e di preservarla, disse che gli sarebbe servita integra per diventare un ciclista di livello.

Vincenzo Nibali - Puntero

Un giovanissimo Nibali in sella ad una mountain bike

 

Pedalando verso nord

Il percorso era segnato, davanti agli occhi di Nibali c’era un tracciato ben preciso da seguire, una serie di tappe che lo avrebbero portato nell’Olimpo del ciclismo. Per arrivare in alto, lo Squalo ha affrontato tante sfide in carriera, la più difficile e stimolante delle quali è stata, probabilmente, la prima:

Pur di inseguire il mio sogno e diventare un professionista mi sono allontanato dalla mia famiglia. A 15 anni sono partito per la Toscana e sotto la guida di Carlo Franceschi ho iniziato il mio percorso. Ho sacrificato molto per farcela e non nascondo che ci siano stati momenti difficili nel corso di quegli anni, ma sapevo di aver fatto la scelta migliore perché era ciò che desideravo davvero. L’esperienza in Toscana è stata una palestra di sport e di vita e devo ringraziare i miei genitori per non avermi mai fatto sentire il peso della lontananza, cosa fondamentale in quella fase della crescita. In poco tempo ho iniziato a viaggiare, sono diventato più responsabile e ho imparato a fare molte cose da solo, mi sono formato come persona e come atleta. Quella in Toscana è stata la mia leva militare.

Superati i primi due anni di “apprendistato” Nibali inizia a farsi notare, ottenendo dapprima 7 successi nella categoria allievi, quindi vincendo 19 corse nella categoria juniores tra il 2001 e il 2002, periodo in cui spicca il bronzo a cronometro nel mondiale di categoria disputato a Zolder, in Belgio. Ma ciò che fa la differenza è il percorso del biennio seguente. Entrato nella Toscana Mastromarco Under 23 nel 2003, Vincenzo si guadagna a suon di risultati la chiamata per la Nazionale di categoria, fino a raggiungere la convocazione all’Europeo del 2004 di Atene e al Mondiale di Verona dello stesso anno, manifestazione chiusa con un quinto posto nella prova in linea e un terzo posto nella prova a cronometro.

 

Professionismo e primi successi

Grazie alle sue prestazioni, nel 2005 Nibali giunge al primo punto di svolta della sua carriera. L’ex ciclista Giancarlo Ferretti decide infatti di inserirlo nella Fassa Bortolo, squadra di ciclismo professionistica con la quale conquista un secondo posto nella sesta tappa del Giro di Svizzera, un sesto alla Milano-Torino e un quarto nella prova a cronometro valida per il campionato italiano. Sfortunatamente però nello stesso anno del suo arrivo, la Fassa Bortolo chiude. Quello che per il neo-professionista Nibali è un fulmine a ciel sereno si trasforma prontamente in un’opportunità quando, nel 2006, approda alla Liquigas, team con cui conquista il primo successo da pro nella seconda tappa della Settimana Internazionale di Coppi e Bartali, un alloro seguito dalla vittoria al Gran Prix de Ouest-France a Plouay e dal sedicesimo posto alla prova a cronometro dei campionati del mondo.

Nella stagione seguente arrivano anche il primo posto nel Gran Premio Industria e Artigianato di Larciano e il successo nel Giro di Toscana ma, soprattutto, la partecipazione al Giro d’Italia come gregario di Danilo Di Luca e il secondo posto nella cronometro dei campionati italiani, piazzamento che lo rilancia tra i convocati per la prova a tempo dei Campionati del Mondo, chiusa in diciannovesima posizione. Gli anni 2000 di Nibali si concludono con l’undicesimo posto nel Giro d’Italia 2008, al quale partecipa da capitano della propria squadra al fianco di Franco Pellizzotti, un quindicesimo posto nella cronometro olimpica di Pechino 2008 – miglior italiano della prova – e un settimo posto al Tour de France 2009.

Risultati di buon livello, seppur non ancora clamorosi. Ma il bello deve ancora venire: lo Squalo – soprannome dato dal suo amico Eddy Lanzo perché imprevedibile e sempre all’attacco – sta solo aspettando il momento giusto per sferrare il colpo decisivo, tratto distintivo della sua carriera ciclistica. Un colpo che arriverà l’anno seguente.

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Vincenzo Nibali trionfa a Plouay nel 2006

 

Nibali I, re di Spagna

Messi in archivio i primi posti al Tour de San Luis, al Giro di Slovenia e al Trofeo Melinda,ma soprattutto il gradino più basso del podio in un Giro d’Italia corso come capitano in solitaria a causa della defezione di Pellizzotti, Nibali si concentra sul primo bersaglio grosso: la Vuelta del 2010. L’obiettivo è un piazzamento sul podio e difatti lo Squalo va vicino alla maglia rossa di leader generale in più di un’occasione. Poi la svolta: dopo tre giorni da leader, nella quattordicesima frazione Igor Antón cade e si ritira, lasciando a Nibali la maglia di leader con 4 secondi di vantaggio su Joaquim Rodríguez.

Si susseguono sorpassi e controsorpassi, lo spagnolo si prende la maglia rossa per poi cederla nuovamente a Nibali che, nonostante una foratura, completa una prestazione straordinaria nella cronometro di Peñafiel e si lascia alle spalle Ezequiel Mosquera, Peter Velits e lo stesso Rodríguez, scivolato fuori dal podio. Nella penultima tappa di Bola del Mundo, il secondo posto alle spalle di Mosquera – che in seguito risulterà positivo all’antidoping, vedendosi revocato il secondo posto finale e quel successo di tappa, assegnato proprio allo Squalo – è oro colato, è il piazzamento che vale la vittoria finale. Il 19 settembre 2010 Madrid si tinge di azzurro. Vincenzo Nibali vince il suo primo Grande Giro e diventa il quinto italiano a conquistare la Vuelta a España, interrompendo un digiuno che persisteva addirittura dal successo di Marco Giovannetti nel 1990.

Vincenzo Nibali - Puntero

Una foto che racconta molto di Vincenzo Nibali: la fatica sul suo volto, la maglia rossa di leader della Vuelta addosso

 

Un biennio straordinario

Nei due anni successivi al trionfo spagnolo lo Squalo ottiene un secondo posto al Giro d’Italia 2011 – chiuso dietro al compianto Michele Scarponi, che vince grazie alla squalifica di Contador – e un terzo posto al Tour de France 2012. Due ottimi risultati e allo stesso tempo due grandi delusioni, che tuttavia permettono a Nibali di entrare nella ristrettissima cerchia di italiani in grado di salire sul podio di tutti e 3 i Grandi Giri – l’unico altro a riuscirci è stato Felice Gimondi. Concluse le Olimpiadi di Londra, il 3 agosto viene ufficializzato il suo passaggio per la stagione seguente dalla Liquigas al Team Astana, squadra del campione olimpico Aleksandr Vinokurov.

Dopo aver scaldato i motori tra il Tour de San Luis in Argentina, il Tour of Oman e alcune gare in Italia, lo Squalo si presenta ai nastri di partenza del Giro del 2013 da vincitore della Tirreno-Adriatica. Il ruolino di marcia del messinese è straordinario: al termine dell’ottava tappa ritrova la maglia rosa a tre anni di distanza dall’ultima volta e da quel momento in poi rimane primo nella classifica generale fino alla conclusione della manifestazione. Dominata anche l’ultima tappa di montagna con traguardo posto sulle Tre Cime di Lavaredo, il siciliano arriva a Brescia in trionfo. Un terzo posto, un secondo posto e, alla sua quinta partecipazione, il tanto atteso alloro che vale la conquista dell’Italia davanti al colombiano Rigoberto Urán e all’australiano Cadel Evans. Nibali ha vinto il Giro d’Italia 2013, gettando così le basi per l’impresa dell’anno successivo.

Vincenzo decide, infatti, di rinunciare a correre il Giro 2014, così da poter arrivare al Tour de France con le energie giuste per scrivere un altro importante capitolo della sua incredibile storia. Dopo aver vinto la seconda tappa, con un sorprendente allungo sulle strade pianeggianti di Sheffield, si piazza al terzo posto nella quinta frazione tra le famigerate pietre del nord in un clima tutt’altro che estivo. Un risultato che gli fa guadagnare un consistente vantaggio nei confronti dei più accreditati rivali – Alberto Contador e Alejandro Valverde su tutti – per la vittoria finale, anche a causa del ritiro di Chris Froome. Il siculo perde la maglia gialla alla nona tappa ma la riconquista il giorno successivo, preludio al ritiro di Contador: Nibali ha il vento in poppa, c’è qualcosa di magico nell’aria.

I due favoriti non sono più d’intralcio e le ultime tappe si trasformano in una marcia trionfale. Lo Squalo, con i capolavori di Chamrousse e Hautacam, incrementa il distacco dagli avversari giorno dopo giorno, fino al trionfale ingresso a Parigi del 27 luglio 2014, giorno in cui viene incoronato vincitore della Grande Boucle diventando finalmente re di Francia. Una vittoria che fa di lui il settimo italiano trionfatore al Tour, il sesto ciclista di sempre in grado di vincere tutti e 3 i Grandi Giri e che, soprattutto, riporta l’Italia sul tetto di Francia a 16 anni di distanza dal trionfo di Marco Pantani, scomparso dieci anni prima.

Vincenzo Nibali - Puntero

Il massimo onore per un ciclista: Nibali festeggia la vittoria del Tour de France

 

Il dramma del “terzo Nibali” e il Giro del 2016

Tra una vittoria e l’altra, Vincenzo Nibali decide di dedicarsi anche agli altri. Nel 2015 infatti, sotto la supervisione tecnica di Lillo La Rosa e al fianco dei ds Pippo Cipriano e Marco Sgarrella, nasce la ASD Team Nibali, il cui presidente è sua moglie Rachele Perinelli. Una squadra dilettantistica dedicata ai più giovani che, come Nibali, coltivano la passione per la bicicletta e il sogno di diventare dei professionisti:

Investire sulla mia terra, la Sicilia, è una scelta coraggiosa. La distanza geografica con il grande ciclismo del Nord la paghiamo in termini di numero di corse e del conseguente livello dei partecipanti. Per questi motivi diamo la possibilità ai nostri ragazzi di testarsi fuori dalla nostra bellissima isola, in Italia e all’estero, grazie ai rapporti e ai contatti instaurati nel tempo. La distanza dalla propria famiglia accelera il processo di crescita ma è un passaggio obbligatorio: i tempi sono cambiati ma i ragazzi devono vivere in prima persona quello che io ho vissuto alla loro età.

Primo a entrare nella squadra, il classe 2002 Rosario Costa sembra avere tutte le carte in regola per diventare un ottimo ciclista. Il giovane è forte, determinato e soprattutto ben voluto sia da Vincenzo che dal padre, tanto da essere considerato “il terzo Nibali”. Finché un giorno il destino mostra a tutti di poter essere davvero crudele. Siamo nel maggio del 2016, in un pomeriggio qualunque Rosario e i suoi compagni di squadra si allenano sulla litoranea, poi il dramma: il ragazzo finisce sotto un camion. L’incidente, a soli 14 anni, gli costa la vita. Una tragedia imprevedibile e devastante.

Una perdita incolmabile per la famiglia, per gli amici e per Nibali, un dolore che scaricherà tutto sulla strada qualche giorno dopo. C’è un secondo Giro d’Italia da vincere. L’inizio non è dei più incoraggianti, tutt’altro. Lo Squalo fatica a trovare il giusto colpo di pedale e il nervosismo per non riuscire a mettere in difficoltà l’olandese Steven Kruijswijk, leader della classifica generale, è palpabile. Nibali è in difficoltà e la stampa non fa che rincarare la dose: come mai, in un Giro dove la concorrenza è tutt’altro che agguerrita, il siciliano non riesce a dominare? La diciottesima e quartultima tappa sembra l’ultimo atto dell’edizione 2016: sono ben 4:43 i minuti di ritardo da una maglia rosa freschissima e in palla.

Ma il giorno seguente la musica è diversa. Lo Squalo ha un’altra faccia, un’altra gamba. Impone un ritmo asfissiante sul Colle dell’Agnello (la terza salita più alta d’Europa dopo Iseran e Stelvio), un passo che comincia a far scricchiolare le sicurezze della maglia rosa. Allo scollinamento, in un clima surreale tra due muri di neve a bordo strada, Vincenzo è lucidissimo nell’infilare subito la mantellina e buttarsi in picchiata in discesa. Pochi chilometri più avanti infatti avrebbe trovato il suo angelo custode Michele Scarponi, già impegnato nella fuga di giornata.

Con uno dei gesti più eleganti della storia del ciclismo moderno, il marchigiano addirittura si stacca dal gruppo di testa e si ferma qualche minuto a bordo strada ad aspettare il compagno per aiutarlo nel falsopiano che avrebbe portato ai piedi della salita finale di Risoul. Il resto è storia. Kruijswijk non ha la stessa lucidità dello Squalo e cade in cima all’Agnello esausto per la fatica. Si rimetterà in sella ma sarà uno sforzo vano: è bastata una piccola crepa nel morale dell’olandese per mandare all’aria un Giro. Quella che per il corridore della Lotto-NLJumbo è una lenta agonia, per Nibali è una cavalcata trionfale. Uno a uno punta tutti i corridori davanti a lui e li supera senza troppe cerimonie, arrivando per primo sul traguardo.

Il più è fatto, non è ancora maglia rosa, passata sulle spalle del colombiano Esteban Chaves, ma il primato è lì, a 44 secondi. Il giorno successivo si respira l’aria delle grandi tappe: è tutto pronto per la ciliegina sulla torta, il grande ribaltone deve essere portato a termine. Nibali non delude le attese e sul Colle della Lombarda stacca di nuovo tutti. Arriverà al traguardo con quasi due minuti di vantaggio sui diretti avversari, quanto basta per chiudere una due giorni epica e mettere a tacere le critiche. Il secondo Giro è realtà e la dedica per la vittoria non può che andare a Rosario.

Vincenzo Nibali - Puntero

Vincenzo Nibali vince il suo secondo Giro d’Italia

 

Rimpianto a cinque cerchi

Il 2016 è però l’anno di un altro grande appuntamento, quello delle Olimpiadi di Rio. Nibali ha messo nel mirino un grande successo ai Giochi, l’unico alloro mancante nella sua leggendaria carriera: decide quindi di partecipare al Tour de France con l’unica intenzione di arrivare in forma all’appuntamento in terra carioca, senza ambizioni di classifica e come “gregario” di Fabio Aru. Il ct Davide Cassani include lo Squalo tra i convocati non solo per la prova in linea ma anche per la cronometro, il suo primo amore, per colmare il buco lasciato dall’infortunio dello specialista Adriano Malori.

La concentrazione del messinese sull’evento non è casuale, il percorso è chiaramente fatto dal sarto per le sue caratteristiche: dislivelli, un tratto di 2 km di pavé, un’ambientazione idilliaca con sguardo sul mare e il salmastro come nella sua Sicilia ma, soprattutto, le discese, vero punto di forza e marchio di fabbrica dello stile del fresco vincitore del Giro. Nibali è l’alfiere del ciclismo azzurro e tutta Italia è incollata alla tv per assistere a una gara in cui partiamo con i favori del pronostico.

Sabato 6 agosto 2016 il piano di gara disegnato congiuntamente con Cassani è piuttosto chiaro: lungo i 241,6 km del percorso, che prevede passaggi ripetuti in alcuni punti del tracciato, il siciliano non deve mordere il freno ma essere maturo e attendere il momento giusto per provare a staccare gli altri. Un piano portato avanti in maniera magistrale perché, dopo una fase di studio facilitata anche dai precedenti passaggi nei punti strategici, il momento giusto arriva: a 35 km dal traguardo il lavoro fatto dalla squadra italiana è perfetto, Damiano Caruso trascina i compagni fino all’ultima salita, quindi Aru, compagno di squadra nel Team Astana, lo supporta, avvisandolo poco prima della fuga: “attento, c’è poco grip”.

Ed ecco il momento dello Squalo, che attende un falsopiano, approfitta delle sue qualità in discesa e attacca, spaccando il gruppo di testa: una fuga a tre con il colombiano Sergio Henao e il polacco Rafał Majka, due avversari inferiori a lui, che può agevolmente scrollarsi di dosso nel tratto finale. A 11 km dal forte di Copacabana, punto di partenza e soprattutto di arrivo della corsa, arriva l’ultima grande discesa, il terzo passaggio sulla collina di Vista Chinesa: un colpo d’occhio pazzesco, che offre lo scorcio dello strapiombo sul lungomare di Rio. Un panorama che poteva essere d’oro ma non lo è, per Nibali, che scoprirà quanto l’avvertimento di Aru fosse corretto.

L’umidità data dalla vicinanza al mare e la voglia di un leone appena liberato dalla gabbia e pronto a prendersi la gloria sono un mix letale. Nibali cade, fratturandosi la clavicola e lasciando ai posteri tanta amarezza e l’iconica immagine che lo vede disteso sull’asfalto bollente, quasi in posizione di relax a imitare i bagnanti, puntini lontani sulle spiagge della megalopoli brasiliana, ben visibili da quella fatale discesa. Le Olimpiadi del 2016, connotate anche dall’inevitabile rinuncia alla successiva cronometro, rimarranno l’unico rimpianto di una carriera ai limiti della perfezione.

L’intera finale olimpica. Cliccando è possibile assistere agli ultimi 4 km circa della gara di Nibali, dalla fuga alla caduta

 

Nibali o Pantani?

Lo Squalo ha sempre cercato di annientare gli avversari, motivato dall’idea che un arrivo in volata fosse sinonimo di sconfitta. Uno spirito che gli ha permesso di diventare il quarto corridore – oltre a Gimondi, Eddy MerckxBernard Hinault – capace di vincere i tre Grandi Giri e almeno due Classiche Monumento, nello specifico due volte il Giro di Lombardia e una volta la Milano-Sanremo (risultato clamoroso se si considera il percorso e le caratteristiche tecniche del siciliano).

Secondo molti non è stato il più forte, il più talentuoso o il più longevo dei corridori italiani ma, grazie alla sua determinazione, è entrato nei libri di storia dello sport e dopo la vittoria del Tour de France nel 2014 una domanda è sorta quasi spontanea: Nibali o Pantani?

Radicalmente diversi come atleti e anche come persone: il ciclista maledetto contro il bravo ragazzo, il talento di Pantani contro la pervicacia agonistica di Nibali. Le chiavi di lettura sono molteplici, al siciliano è stato contestato il fatto che abbia vinto senza mai affrontare davvero Froome e Contador, dimostrando di essere il migliore di un gruppo di ciclisti forti ma non eccezionali, un giudizio che appare decisamente ingiusto. Vincenzo Nibali divorava le gare e riusciva a tirare fuori il meglio proprio quando gli altri arrancavano. Un qualcosa per cui è impossibile non rendergli merito, una strategia idonea a vanificare gli sforzi dei suoi rivali e a creare un divario incolmabile per tutti, permettendogli di raggiungere quelle vittorie che lo hanno consacrato come uno dei più grandi ciclisti italiani di sempre.

Vincenzo Nibali - Puntero

Solo e vincente, con tutti gli altri a distanza: un’immagine che rappresenta perfettamente la fame dello Squalo

 


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Di Alessandro Amici

Romano, 26 anni. Vivo la mia vita una partita di calcio alla volta.