L’Ancona è fallito quattro volte in 20 anni

Ancona - Puntero

Ogni estate molte delle squadre che ne hanno diritto ingaggiano una lotta contro il tempo per iscriversi alla Serie C.  L’antagonista numero uno di piccole realtà di provincia e di grandi piazze che si trovano in difficoltà economiche è la Covisoc. Le società che non presentano in tempo le fidejussioni sono costrette a ripartire dai dilettanti. Ne sa qualcosa l’Ancona, fallito e rifondato per ben quattro volte negli ultimi venti anni, nonostante la sua storia racconti di tante stagioni tra Serie B e C e di due esperienze in Serie A. Anche se queste ultime hanno avuto risvolti tragicomici.

 

La prima volta in Serie A

Nella stagione 1991-92 i dorici, con Vincenzo Guerini in panchina e la coppia d’attacco composta da Mauro Bertarelli e il Cobra Sandro Tovalieri, entrambi finiti a un passo dalla doppia cifra, centrano per la prima volta nella loro storia la promozione in Serie A arrivando terzi alle spalle di Brescia e Pescara: la festa scatta il 7 giugno 1992, dopo un pareggio per 1-1 al Dall’Ara di Bologna, con il decisivo e storico centro di Franco Ermini.

Il debutto nella massima serie dell’Ancona genera ovviamente curiosità tra gli addetti ai lavori. Il patron Edoardo Longarini e il presidente Camillo Fiorini puntano alla salvezza ripartendo dalla conferma di Guerini e si presentano di ritorno dal calciomercato senza Tovalieri e Bertarelli, ceduti rispettivamente a Bari e Sampdoria, ma con quattro stranieri – massimo consentito per l’epoca e con la limitazione di poterne schierare solo tre contemporaneamente – che sembrano delineare grandi ambizioni: l’argentino Oscar Ruggeri, nazionale argentino e Campione del Mondo nel 1986, il nazionale cecoslovacco Miloš Glonek, l’ungherese Lajos Détári, reduce da due buone stagioni con il Bologna, e l’attaccante Sergio Zárate – fratello maggiore di Mauro, futuro giocatore di Lazio, Inter, Fiorentina e Cosenza – detto El Ratòn e divenuto rapidamente idolo della Gialappa’s.

Tuttavia l’approccio con la massima serie è da dimenticare: nonostante l’ottimo avvio di Détári, autore del primo storico gol dorico in Serie A e a segno in tutte le prime cinque giornate, l’Ancona esce da queste sfide con la miseria di 2 punti: dopo il tonfo per 4-1 nell’esordio a Torino e la sconfitta interna in rimonta per 3-2 con la Sampdoria, a Firenze i biancorossi vengono spazzati via con un perentorio 7-1 che non lascia spazio a repliche. Nei successivi due match ecco i primi punti, con l’1-1 interno con il Napoli e il pirotecnico 4-4 a Marassi contro il Genoa.

Ancor più clamoroso è il fatto che nelle prime cinque giornate siano stati meno i punti realizzati degli autogol messi a segno, ben quattro: Massimo Gadda a Torino, Ruggeri contro la Samp, Marco Pecoraro Scanio – fratello del futuro leader dei Verdi e anche lui destinato alla politica – a Firenze e Sean Sogliano a Genova. Il primo successo arriva alla settima giornata, il 25 ottobre 1992, un 3-0 rifilato al Foggia a tinte albicelesti con la doppietta di Zárate e il gol di Ruggeri. Arriveranno altre tre vittorie nel girone d’andata, tutte al Del Conero e maturate contro Brescia, Inter e Udinese. Al giro di boa i dorici si trovano in forte difficoltà: 11 sconfitte, 10 punti realizzati – la vittoria vale due punti – e penultimo posto a -5 dalla zona salvezza.

Ma se l’andata è stata fallimentare, il ritorno è anche peggiore: solo due successi, un 2-1 che sa di vendetta sulla Fiorentina – che a fine anno retrocederà clamorosamente – e un 5-3 sull’altrettanto derelitto Pescara, maturato al terzultimo turno, a retrocessione già matematica per entrambe le squadre, che lascerà negli occhi e nel cuore dei tifosi un ultimo spettacolare successo, grazie alla tripletta del Condor Massimo Agostini e ai gol di Sebastiano Vecchiola e di Ermini, a chiudere un cerchio dopo il sigillo decisivo per la promozione. Di questa stagione rimarrà solo la gioia della prima volta e l’amarezza di una competitività mai trovata, oltre che l’aver ammirato l’ultimo gol in carriera del fuoriclasse olandese Marco van Basten che di testa trafisse l’estremo difensore Alessandro Nista, primo – al Pisa nel 1987 – e ultimo portiere battuto in Italia dal Cigno di Utrecht.

Il grande successo dell’Ancona sull’Inter nel segno di Détári

 

Crisi e risalita

La mesta retrocessione e il ritorno in Serie B fanno da cornice ad una crisi economica preoccupante ma che non demoralizza i tifosi anconetani: la stagione 1993-94 è comunque molto positiva, con l’ottavo posto tra i cadetti ma, soprattutto, una storica cavalcata in Coppa Italia che, tra sorteggi favorevoli e scalpi eccellenti, porta fino alla doppia finale contro la Sampdoria di Roberto Mancini, Attilio Lombardo e Ruud Gullit. Dopo lo 0-0 dell’andata, i blucerchiati riusciranno ad avere la meglio solo nel secondo tempo del ritorno, imponendosi alla fine con un tennistico 6-1. Il gol della bandiera dell’Ancona porta la firma del centrocampista Fabio Lupo, unico giocatore di Serie B ad aver segnato in una finale di Coppa Italia.

E se il sesto posto nel campionato seguente sembra il preludio ad un ritorno in A, nel 1996 arriva la doccia gelata: retrocessione in Serie C1 e inizio di un saliscendi che farà dell’Ancona un “club ascensore” tra la seconda e la terza serie fino al nuovo millennio, con tanto di rischio di retrocessione in C2 nel 1999, quando i dorici si salvano solo ai play-out. Le cose tuttavia cambiano quando, nel 2000, i ragazzi allenati da Fabio Brini tornano in Serie B, trovando subito una certa stabilità e un posto fisso nella colonna di sinistra della classifica. A metà campionato 2001-02 Brini viene esonerato e arriva nientemeno che l’attuale ct Luciano Spalletti, mentre nella stagione 2002-03 il presidente Ermanno Pieroni decide di affidarsi a un tecnico d’esperienza come Gigi Simoni per centrare il bersaglio grosso.

Viene messa a disposizione del tecnico una rosa costruita per la promozione, con l’acquisto di calciatori del calibro di Alessio Scarpi in porta, Giacomo Dicara e Daniele Daino in difesa, Giampiero Maini, Oscar Magoni, Angelo Schenardi e Tiziano De Patre a centrocampo e, soprattutto, attaccanti di grande spessore per la categoria come Spadino Robbiati, Mattia Graffiedi, il Toro di Sora Pasquale Luiso – che lascerà in prestito a gennaio, rimpiazzato da Igor Budan – e Maurizio Ganz, miglior realizzatore con 11 centri in campionato. Nomi altisonanti per la cadetteria che, oltre agli ottavi di finale di Coppa Italia contro il Milan futuro campione d’Europa, portano l’Ancona al quarto posto in classifica dietro alla sorpresa Siena, alla Sampdoria e al Lecce. Un piazzamento che vale il ritorno in Serie A.

Tutti i gol dei marchigiani nella cavalcata verso la Serie A

 

Il secondo tragico Ancona

La seconda stagione in massima serie inizia proprio contro i campioni d’Europa già incrociati in Coppa Italia l’anno precedente, bagnando il battesimo nel campionato italiano di Kakà, che fa stropicciare gli occhi agli appassionati con le sue accelerazioni e un “sombrero” sul neo-acquisto Daniele Berretta nell’azione che propizia il secondo gol di Shevchenko. Sulla panchina non siede più Simoni, clamorosamente esonerato in estate: al suo posto Pieroni vorrebbe Carlo Mazzone, una garanzia per chi cerca la salvezza. Tuttavia c’è un problema bilaterale, figlio del suo passato da bandiera dell’Ascoli, società rivale dell’Ancona: i tifosi non lo vogliono e lui non vuole tradire i bianconeri. Si inizia, quindi, con il suo storico vice Leonardo Menichini.

La squadra non viene costruita esattamente con criterio: l’Ancona è un’accozzaglia di calciatori ultratrentenni, molti dei quali hanno già ampiamente imboccato il viale del tramonto. Ne nasce un incredibile viavai che porterà ad un numero record di 55 giocatori tesserati nel corso dell’intera stagione, tra gli acquisti durante la sessione estiva, in cui si segnalano, tra gli altri, gli arrivi di Milan Rapaić, già pupillo di Pieroni quando era il ds del Perugia, Fábio Bilica, Daniel Andersson, Mauro Milanese e il giovane Goran Pandev, le cessioni di gennaio, compresi alcuni nuovi acquisti deludenti come Dario Hübner, Eusebio Di Francesco, William Viali e il giovane Alessandro Potenza, e i rimpiazzi formati da Dino Baggio, Magnus Hedman, Luigi Sartor, Luis Helguera, Luciano Zavagno, oltre al cavallo di ritorno Sogliano, già in rosa alla prima avventura in A undici anni prima.

Ma il giocatore più rappresentativo della tragicomica avventura in massima serie è Mário Jardel. Ex bomber implacabile di Grêmio, Porto, Galatasaray e Sporting Lisbona, vanta in bacheca una Libertadores, una Supercoppa Europea – con doppietta decisiva al Real Madrid nel 2000 – e due titoli di capocannoniere della Champions League. Nel 2002, però, a causa di un divorzio doloroso e della mancata convocazione nella Seleçao che avrebbe vinto il Mondiale, Jardel vive un periodo di crisi personale molto forte, culminato nell’abuso di alcol e di droga. Ad Ancona arriva un uomo in evidente difficoltà, anche dal punto di vista fisico. Iconica la sua presentazione prima del match contro il Perugia quando, confuso dai colori sociali identici delle due squadre, sbaglia curva e va a salutare i tifosi ospiti. La sua esperienza italiana termina con la rescissione del contratto dopo tre anonime presenze.

Tragicomica sarà anche la stagione della squadra: la proprietà esonera Menichini dopo sole quattro partite rimpiazzandolo con Nedo Sonetti, che non migliora la situazione: al termine del girone d’andata i dorici sono ultimi con soltanto 6 punti in classifica. La prima vittoria arriva addirittura ad aprile, quando sulla panchina siede un altro tecnico subentrato, Giovanni Galeone: 3-2 al Bologna con doppietta di Rapaić e gol di Cristian Bucchi, arrivo silenzioso di gennaio ma capace di performare ben più di compagni maggiormente quotati ma ormai a fine carriera. Arriverà solo un altro successo, contro l’Empoli, un 2-1 con gol di Milanese e di Vincenzo Sommese su rigore, in quella che è, ad oggi, l’ultima partita di Serie A allo Stadio Del Conero.

90° Minuto, uno scialbo 0-0 tra squadre di bassa classifica e Jardel: Serie A

 

Il calvario dei fallimenti

La retrocessione dai contorni umilianti non è però la notizia peggiore. In estate infatti il patron Pieroni viene arrestato per truffa aggravata, la società fallisce e riparte dalla Serie C2, con allenatore Pierluigi Frosio e il romantico ritorno di Vecchiola.

Sembra l’inizio della risalita: due anni dopo i dorici salgono in C1 e tornano addirittura in Serie B nel 2008, trascinati dai gol della Vipera Salvatore Mastronunzio. La permanenza tra i cadetti dura però solo due stagioni: dopo una salvezza ai play-out contro il Rimini – grazie proprio ad un gol di Mastronunzio nel finale del match di ritorno – e una salvezza sul campo ancora nel segno della Vipera, nell’estate 2010 arriva un nuovo fallimento. Stavolta la caduta è più dolorosa, il club deve ripartire dai dilettanti, dall’Eccellenza marchigiana. C’è da rimboccarsi le maniche, ad Ancona ci sono abituati: i biancorossi tornano tra i professionisti grazie a due promozioni in quattro anni e si stabilizzano in Lega Pro. Fino al 2017.

La stagione 2016-17 è l’annus horribilis: ultimo posto in campionato e altro fallimento. Stavolta la caduta è rovinosa, il club deve ripartire dalla Prima Categoria, il settimo livello del calcio italiano. Per farlo viene scelta la prima storica denominazione del club, quella del 1905, ossia U.S. Anconitana. Salvatore Mastronunzio, reduce da tre anni di squalifica per calcioscommesse, è il faro del nuovo progetto tecnico: la Vipera è un vero lusso per la categoria, in due anni macina gol e promozioni.

Nell’estate del 2021 la società dorica decide per la fusione con il Matelica e viene ammessa alla Serie C. E l’anno seguente si torna a sognare davvero: prima un onorevole piazzamento al sesto posto e l’accesso ai playoff, poi l’arrivo dell’imprenditore malese Tony Tiong, che acquista il club. Il progetto è ambizioso, la squadra sembra puntare in alto, tanto da esonerare il mister Gianluca Colavitto a due giornate dalla fine e in piena zona playoff, affidando la guida ad un giovane tecnico in rampa di lancio, Marco Donadel. I dorici arrivano fino al primo turno della fase nazionale dei playoff e si arrendono solo al cospetto del Lecco – che salirà in Serie B – senza mai perdere.

Sembra il preludio alla svolta ma non sarà così, perché la stagione 2023-24 porta in dote solo cocenti delusioni: ad ottobre salta Donadel, quindi tocca al cavallo di ritorno Colavitto a marzo. Alla fine Roberto Boscaglia salva la squadra. Ma c’è ancora il solito fantasma, che ha già più volte infestato le Marche: il bonifico di Tony Tiong non arriva. La Covisoc ufficializza l’esclusione dal campionato. Arriva il quarto fallimento in 20 anni. L’Ancona è escluso dalla Serie C, ancora una volta.

Ancona - Puntero

La “Vipera” Mastronunzio, simbolo dell’ultimo periodo felice nell’odissea dorica

 


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Di Stefano Cabrini

Amante del calcio puro e ignorante. Viaggiatore seriale, meta preferita: anni '90. Non ricordo con cosa ho pranzato ieri ma conosco il nome del magazziniere del Piacenza 1995/96.